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giovedì 18 giugno 2015

Acqua. Lo Cascio: "I problemi di oggi, "frutto" del passato"

COMUNICATO STAMPA.

I risultati delle analisi diffusi dall’amministrazione confermano il sospetto che aleggiava già da alcuni giorni in merito alla causa del colore e della presenza di sedimento nell’acqua di Lipari: le interazioni tra il nuovo dissalatore e una rete idrica vetusta.
Al di là delle possibili soluzioni, che auspico vengano al più presto illustrate e discusse in consiglio comunale, in un paese spesso senza memoria è opportuno fare un passo indietro e riportare la questione nei termini esatti in cui andrebbe collocata.
Per anni abbiamo lottato contro la sciagurata “emergenza idrica e fognaria”, che non esito a definire una vera e propria speculazione ai danni del nostro territorio, avallata dai governi nazionali che si sono succeduti dal 2002 al 2012. Perché l’abbiamo avversata? Forse non volevamo un depuratore o un dissalatore? Ovviamente no.
Il progetto originario, varato negli anni dell’amministrazione Giacomantonio, prevedeva non soltanto la realizzazione di questi impianti, ma quella di piccoli dissalatori in ogni isola (ottenendo la loro piena autonomia rispetto alle forniture a mezzo nave), quella di una rete fognaria nelle frazioni che ancora oggi ne sono prive (Acquacalda, Pianoconte, Quattropani), il ciclo dell’acqua (consentendo di disporre di cospicue risorse idriche per l’agricoltura, tema decisamente attuale) e soprattutto il rifacimento delle reti idriche del territorio comunale.
A fronte del budget tutto sommato modesto che era stato previsto per questi fondamentali interventi, lo “scippo” governativo dell’appalto e la sua assegnazione alla Sogesid gestita dall’avvocato Pelaggi – figura ben nota alle cronache giudiziarie – ha procurato un sensibile incremento delle risorse, che però sono servite a realizzare un numero decisamente inferiore di opere pubbliche: solo due depuratori e due dissalatori, mentre della rete idrica non se ne parlava più, come se per incanto non presentasse alcun problema.
Oggi, invece, il problema lo paghiamo con gli interessi. Qualsiasi ipotesi di intervento, infatti, presenterebbe dei costi notevolmente maggiori rispetto a quindici anni fa, e comporterebbe disagi prolungati alla cittadinanza (se si pensa soltanto alla riapertura delle strade e ai cantieri).
È ovvio che questo tutto ciò sia avvenuto con precise complicità politiche locali, che certamente non posso addebitare all’attuale amministrazione, insediatasi quando l’“emergenza” volgeva ormai alla fine. Tuttavia, ritengo che questa avrebbe potuto e dovuto opporsi quando i giochi non erano ancora del tutto conclusi (alcune opere dovevano essere messe a bando) e soprattutto fare leva su governi “amici” – in primis, quello nazionale – per ottenere una sostanziale revisione delle priorità per la gestione del servizio idrico, includendovi innanzitutto il rifacimento della rete.
Adesso, dopo tredici anni e decine di milioni di euro spesi pressoché invano, siamo nuovamente in “emergenza idrica”, ed è emergenza vera, sulle cui possibili soluzioni – mi auguro – l’amministrazione vorrà confrontarsi con il consiglio comunale. Quello che si paventa – rientro a regime con forniture a mezzo nave – presenta infatti un costo esorbitante (circa 13 euro a metro cubo) che sancisce meglio di qualunque altra considerazione il fallimento della politica delle “emergenze”.
E una volta risolto o quanto meno attenuato il problema del ferro, rimangono ancora altri punti di rilievo: il quantitativo di acqua previsto e il calendario delle forniture (in particolare al di fuori della stagione estiva), chiaramente inadeguati per un paese che vorrebbe definirsi civile. 
Pietro Lo Cascio

consigliere comunale de La Sinistra

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