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domenica 5 luglio 2015

Christian Riganò va in panchina...da allenatore. Conseguito il patentino a Coverciano. Potrà guidare una squadra anche in Lega Pro, oppure fare il secondo in A o B

Intervista rilasciata da Christian Riganò al quotidiano La Nazione
Il bomber va in panchina e non ha il muso lungo, perché dopo numerosi tentativi è riuscito nella straordinaria impresa di autopensionarsi: possono bastare 26 anni in area di rigore, con partenza da Lipari e arrivo a Incisa. In mezzo altre 15 squadre, compresa la Fiorentina, e più di 250 gol segnati in modalità killer trasversale, dalla serie A alla seconda categoria. Tutte le volte lo stesso piacere, senza distinzione di razza. «Buttarla dentro è sempre bello...».
Christian Riganò si è diplomato allenatore a Coverciano. Potrà guidare una squadra anche in Lega Pro, oppure fare il secondo in serie A e B. Il primo passo verso un’altra dimensione, poi si vedrà. Ma com’è nata l’idea? Dice il bomber: «Era l’unico modo per smettere di giocare. Ci avevo già provato quattro o cinque volte. Ora ho la licenza Uefa A, per regolamento nessuno mi potrà più tesserare come calciatore, sennò perderà le partite a tavolino. Problema risolto».
Anche perché a 41 anni è arrivato il momento di cambiare mestiere...
«Ci metterò tutta la passione che ho. Sono stato un giocatore normale, ma in campo lottavo sempre, su ogni pallone. Vorrei avere calciatori che la pensano come me. Il modulo? Dico 4-3-3, ma ovviamente dipenderà dall’organico».
Complimenti: parla proprio come un allenatore.
«Eh, magari. Per ora sono qua che aspetto».
Preferenze?
«Nessuna. Da calciatore ho fatto la gavetta e non mi spaventa certo cominciare dal basso anche in panchina, dico dal basso senza offesa, penso per esempio all’Eccellenza o alla serie D. Per me la categoria non è un problema. Anzi, potrebbe essere il modo giusto per fare esperienza, un passo alla volta. Certo che se dovesse capitare una buona occasione io risponderei presente..».
Ora che è dall’altra parte quale consiglio darebbe a un suo calciatore?
«Gli direi di essere sempre sincero con me. Non mi piacciono gli atteggiamenti plateali in campo o i messaggi indiretti».
Lei ha mai sbagliato atteggiamento con qualche allenatore?
«Sono sempre stato abbastanza disciplinato. Ricordo però che a Taranto una volta Buso mi tirò addosso la lavagna negli spogliatoi: mi avevano espulso alla fine del primo tempo, lui non la prese benissimo».
Il suo nuovo lavoro la porterà magari lontano da Firenze...
«Eh, Firenze. La mia città. Qui ho trovato mia moglie e la madre dei miei gemelli. Qui sono arrivato tredici anni fa e nessuno ancora mi chiama Christian... Ancora oggi quando vado in giro mi sento urlare ’ciao bomber’, o ’grande Riga’... E’ incredibile. E sento il rispetto della gente che mi ha capito, perché sono stato un giocatore normale e mi hanno messo fra quelli speciali».
Il ricordo più bello e quello più brutto.
«Tutti i giorni per me sono stati belli. Quando in C2 arrivai allo stadio, per la prima volta, trovai un sacco di gente e il Ciuffi mi chiese se ero gobbo prima di mettermi la sciarpa viola... E giù applausi, non so quanta gente c’era, ma tanta. Capii di essere arrivato in un posto unico. Il momento più brutto è stato l’infortunio contro il Torino, nel giugno del 2004: capii che avrei saltato gli spareggi contro il Perugia per andare in A».
A proposito di bomber: Gomez arriva da due anni difficilissimi. Lei ci punterebbe ancora?
«Io l’ho sempre difeso, sono convinto che uno che ha segnato così tanto non può dimenticarsi come si fa. Certo che ora deve dimostrare che può tornare quello che era, è passato troppo tempo senza le risposte giuste».
Molti accusano i Della Valle di evitare strategicamente legami con Firenze e con i giocatori che hanno portato in alto il nome della Fiorentina. Lei che rapporti ha con loro?
«Io posso solo ringraziarli, con me sono stati sempre corretti. E mi hanno aiutato anche per cominciare questa nuova fase della mia vita. La dico grossa? Un giorno mi piacerebbe allenare la Fiorentina...».

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