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martedì 18 ottobre 2016

AMP. Lino Natoli: " Serve una riserva marina.. oppure servono maggiori controlli sui vincoli esistenti?"

di Lino Natoli
Chi in questi giorni scrive o parla a proposito della riserva marina non perde occasione per contestare a chi lo ha preceduto di non sapere quello che scrive o che dice. Se dovessi credere a tutti dovrei concludere che nessuno ne sa niente e così cadrei nello stesso errore. Dunque mi limito a porre delle domande: perché avremmo bisogno di una riserva marina? La domanda potrebbe apparire ingenua, addirittura – alle orecchie più sensibili – persino provocatoria. Eppure continuo a chiedermelo.
Me lo chiedo perché già le nostre coste, il mare, gli isolotti, i fondali sono soggetti a svariate forme di tutele e divieti. Sono pochi o poco rispettati? Se sono pochi allora sarebbe bene che chi è favorevole alla riserva ci spieghi quali altri divieti e vincoli vorrebbe imporre. Se sono poco rispettati bisognerebbe chiedere più controlli agli organi preposti alla tutela del territorio e non invocare l’istituzione di un altro ente. Nelle Isole Eolie l’uso indiscriminato delle coste, dei fondali, delle risorse ittiche non è consentito. Per informazioni chiedere a diportisti, pescatori, diving e organizzatori di escursioni. La prima causa di inquinamento delle nostre coste è dovuta al fatto che non esiste un piano regolatore dei porti.
Nell’ordine, per questo motivo, fermandoci alla sola isola di Lipari, abbiamo distrutto Marina Corta, Sottomonastero, Marina Lunga, Pignataro e, di tanto in tanto, siamo tentati dal distruggere anche le spiagge di Canneto. In questo non vi è una specifica responsabilità politica, anche a certa sinistra illuminata ho sentito dire che i piani regolatori sono residuati di certa cultura stalinista. Non esiste ancora un impianto di depurazione fognaria, non si vede neanche l’ombra di una efficace raccolta differenziata dei rifiuti. Possibile che la riserva marina sia la soluzione di tutti i nostri problemi? Possibile ma non certo.
Non divago, torno sull’argomento con un’altra cautela: si potrebbe evitare di ideologizzare la questione? È in qualche modo possibile evitare di mettere sulla sinistra della lavagna i favorevoli, sulla destra i contrari e nel cestino i dubbiosi? Tra i puri di cuore i favorevoli, tra i beceri interessati i contrari e tra gli inutili gli incerti? Possibile ma difficile. Perché l’argomento prende, infervora soprattutto gli intransigenti, quelli che vogliono le spiagge libere ma non vogliono riportare a casa l’ombrellone, rimpiangono la foca monaca ma non esitano ad entrare nelle grotte con i gommoni, amano visceralmente la natura ma poi postano su facebook la predatoria raccolta di decine di chili di funghi. Sorvoliamo: chi non ha peccato scagli la prima lenza con una decina d’ami.
Dunque, perché non chiedere l’intensificazione dei controlli ed invocare invece l’istituzione di un nuovo ente che amministri le zone a, b e c. Alle quali forse poi si aggiungeranno le b1, b2, e d. e che comprenderanno sette isole tra le quali destreggiarsi come in una intricata battaglia navale? Un nuovo ente, tradotto in linguaggio comune significa incarichi, stipendi, privilegi, burocrazia. Significa che ci sarà un consiglio di amministrazione, degli impiegati, la possibilità per pochi, i veri cultori dell’ambiente, di poter godere di ciò che al popolo bue e sporcaccione sarà negato per sempre. Quando si dice che la riserva porterà nuove possibilità di sviluppo si pensa al proprio?
D’altro canto, la costituzione di un nuovo ente scaricherà di colpo molte delle responsabilità di controllo e tutela che adesso sono di pertinenza degli organismi pubblici, e questo è un miraggio non da poco. Dunque, da una parte la possibilità di acquisire lo sviluppo di nuovi incarichi, dall’altro il progetto di sottrarsi alle proprie responsabilità ed oneri.
Chiarisco: sono favorevole all’istituzione di vincoli ancora più stringenti degli attuali, di studi sull’ecosistema ancora più approfonditi ma vorrei che fossero gli organi dello stato a farli rispettare, le università ad indagare e non pseudo intellettuali e pseudo cultori dell’ambiente riuniti in un organismo burocratico destinato a consumare risorse anziché produrle. Purtroppo non ho soltanto il sospetto che un nuovo ente faciliterà la proliferazione di marche da bollo, versamenti, tasse e sanzioni anziché fauna ittica. Lo spettro che mi vince è l’idea che un giorno mentre le golette dei privilegi godranno delle nostre coste, noi saremo costretti ad ammirarle da una congrua ed igienica distanza. A quel punto tutto sarà compiuto ed il progetto finalmente realizzato.
Leggo, tra le motivazioni favorevoli, che la riserva oltre a produrre sviluppo economico, ma già su questo ho espresso le mie perplessità, eviterebbe l’inquinamento prodotto dai diportisti e dalle piccole imbarcazioni che offrono escursioni. Abbiamo dei dati precisi su questo? È possibile che 60/70 giorni di attività l’anno determinino danni così ingenti da compromettere l’ecosistema, distruggere fondali marini, depauperare la fauna, soffocare la posidonia (laddove esiste)? Sono più ecologici gli orribili campi boa che degradano interi tratti di mare o forse sono più redditizi? Infine si lamenta la diminuzione di fauna ittica per via della pesca intensiva. Se è così non serve una riserva, serve intervenire sulla pesca stabilendo prescrizioni e limiti ancora più severi e fare in modo che vengano rispettati.
Non sono per niente convinto della necessità di istituire una riserva con annesso corollario burocratico, ma se qualcuno ha delle argomentazioni valide sono disposto a cambiare idea. Le motivazioni favorevoli che sino ad oggi ho sentito mi preoccupano, sia per gli scarsi contenuti sia per i toni. Pazienza, finirò nella parte sbagliata della lavagna, ma non vorrei deludere qualcuno, ricordo che la patente di ambientalista si acquisisce soltanto con i comportamenti e non con i pregiudizi.

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