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mercoledì 8 marzo 2017

In omaggio alle donne per l'Otto Marzo (di Sylvie Le Cornec)

1917: DONNE IN LOTTA
Gli uomini sono andati al fronte, le fabbriche si sono riempite di operaie. All'inizio dell'anno 1917, la penuria alimentare, le condizioni di lavoro, insieme alle ineguaglianze di stipendi scatenano intensi movimenti sociali. In primavera, le Francesi fanno sciopero.
« Se le donne che lavorano nelle fabbriche si fermassero 20 minuti, gli alleati perderebbero la guerra ! » Questa battuta di Joseph Joffre, pronunciata nel 1915, anticipa il terrore che susciterà un movimento sociale che nessuno aveva visto venire. Nel 1917, 430.000 donne lavorano nelle fabbriche di armi, se la Francia e l'Inghilterra hanno attinto manodopera dagli imperi coloniali, le donne costituiscono la prima riserva.
In piedi dalle dieci alle quattordici ore al giorno, le operaie delle fabbriche di munizioni effettuano un lavoro sfibrante – le leggi di salubrità sono sospese. La situazione non è molto più brillante nell'industria vestiaria, che vede fiorire il lavoro a domicilio. Queste cucitrici che si spossano sulle loro Singer per 2 franchi la giornata sono qualificate « vittime più lamentevoli della guerra » dal sindaco di Lione, Edouard Herriot. Una precarietà aggravata dall'esplosione del costo della vita. Il carbone inglese non attraversa più la Manica mentre l'inverno è il più freddo della guerra – la Senna è presa nel ghiaccio, le temperature rimangono sotto zero fino ad aprile.

In due mesi, il prezzo delle verdure si è quintuplicato ; i terreni incolti si sono trasformati in ortaggi di fortuna. Certo, per molto tempo, rispetto alla sorte dei poilus (nome dato ai soldati francesi della prima guerra mondiale), era considerato fuori luogo lamentarsi. Il femminismo, fiorente alla Belle Epoque, ha messo le sue ambizioni fra parentesi all'appello dell'unione sacra – così come hanno fatto i sindacati.
Nel mese di gennaio 1917, l'atmosfera non è più alla lotta di classe. Eppure, un primo movimento di sciopero scoppia a Parigi ; nella fabbrica Panhard-Levassor, due operaie finiscono in carcere in seguito a tafferugli. Stupore. Anche a Renault, e in diverse sartorie, le donne sono la punta dell'agitazione. C'è da dire che gli uomini che non sono al fronte, sono o vecchi o troppo giovani, o personale con competenze specifiche che sono scampati alle trincee grazie alle loro competenze specifiche e che non hanno interesse a farsi notare.
I lavoratori coloniali beneficiano di stipendi molto più elevati di quelli del proprio paese di origine. La differenza salariale tra uomini e donne, invece, è dal 20 al 30 % e fino al 40 % nella metallurgia, dove gli industriali trattengono dallo stipendio delle operaie la loro formazione alle macchine. In basso nella  
gerarchia sociale, le donne sono poco considerate dai sindacati, che ritengono che esse tirano le remunerazioni verso il basso ; così, il movimento spontaneo e fuori quadro sorprende tutti. Imbarazzato, il Governo evoca « movimenti isolati », rialza gli stipendi minimi nelle fabbriche di guerra, costituisce comitati di arbitraggio e installa delegati di atelier.
Un impedimento morale è saltato : fare sciopero in tempi di guerra. A questa prima scossa segue in primavera un episodio memorabile.
L'11 maggio, le 250 sarte dell'atelier « Jenny » sui Champs Elysées, sono informate che il loro stipendio settimanale sarà "amputato" del sabato pomeriggio, per compensare la riduzione degli ordini. Per loro, che le cadenze infernali forzano a mangiare un boccone in fretta e furia a mezzogiorno (sono chiamate per questo motivo « midinettes ») - perdere una mezza giornata di stipendio è altrettanto inaccettabile, anche in considerazione che le loro analoghe inglesi hanno il sabato pomeriggio non lavorativo e pagato : è la « settimana inglese ». Decidono quindi di entrare in sciopero e si portano verso le Grands Boulevards, dove trascinano altre sarte. Questa brusca riapparizione della lotta sociale nella vita parigina, al femminile per di più, stupisce. (foto)
Il giornale « L'Humanité » descrive : « un lungo corteo avanza. Sono le « midinettes » parigine con le loro camicette fiorite con lillà e mughetto, corrono, cantano, ridono, eppure non è ne Santa Caterina, ne la fine della Quaresima . E' sciopero». Per la soddisfazione delle loro rivendicazioni andranno per strada tutte le professioni femminili della capitale, che sfileranno sotto segni distintivi improvvisati : giarrettiere di seta per le corsettaie, piume di struzze per le piumaie, stampati di prestito di guerra per le impiegate di banca... In totale, ci saranno più di 100.000 scioperanti in ben 73 settori di attività, di cui i due terzi nell'abbigliamento e la metallurgia.
Le interruzioni di lavoro sono spontanee, brevi, spesso esclusivamente femminili. I cortei pieni di cappelli, fiocchi tricolori e di fiori, sono allegri e si canta : «
* on s'en fout/on aura la semaine anglaise/on s'en fout/on aura nos vingt sous ». La stampa saluta la « grazia e lo chic » delle manifestanti qualificate di « charmantes » e « sympathiques ».
Ma il tono cambia quando il movimento guadagna altre grande città del paese quale Rennes, Bordeaux, Tours, Marseille, e sopratutto le fabbriche di armamento. Le « midinettes » non spaventavano, le operaie delle fabbriche di armamento invece si. Gli slogan sono cambiati : « I padroni al fronte ! » « invece delle granate … i nostri poilus ». Gli uomini, anche se minoritari, sono considerati i capi, essendo inimmaginabile che le donne possano organizzarsi da sole. In due mesi, 390 donne saranno arrestate. Un giornale satirico canzonatorio scrive che le operaie trovano sempre abbastanza soldi per truccarsi.
I pochi pacifisti e internazionalisti non riusciranno ad inflettere il movimento ; ma la simultaneità con gli ammutinamenti e la rivoluzione russa getta il panico. Il ministro dell'interno, confesserà che le truppe erano state posteggiate nei pressi di Parigi « pronte ad intervenire se la situazione l'avesse richiesto ». Questa grande paura delle autorità partecipa alla drammatizzazione degli eventi. Eppure i movimenti rimangono più corporativisti che politici e ricadono una volta raggiunto lo scopo.
Il 29 maggio, la camera dei deputati vota la settimana inglese nelle industrie dell 'abbigliamento, degli asili nido e del personale specializzato – le sovrintendenti di fabbriche – sono impostati negli atelier.
L'uguaglianza salariale… aspetterà (e tutt'ora – un secolo dopo - è lontana di essere raggiunta. N.d.T.) ma quest'irruzione femminile dopo tre inverni di guerra, così improvvisa, resterà come un 'esperienza inedita di autonomia e di emancipazione.

*« Ce ne freghiamo/otteremo la settimana inglese/ce ne freghiamo/avremo i nostri venti soldi »

Testo ampiamente ispirato da un articolo di Timothée Vilars uscito nel hebdo francese L'Obs del 22 dicembre 2016 tradotto da Sylvie Le Cornec, in omaggio alle donne per l'8 marzo.

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