L'1 giugno 2019, grazie all'Associazione culturale Nostros, forse moltissimi liparesi hanno realizzato di avere vissuto tanti anni a fianco di un autentico eroe della resistenza al nazismo senza saperlo ma conoscendo il prof. Vito De Vita come uno stimato professore che aveva datto la guerra e la prigionia , era tornato a Lipari, si era sposato ed aveva messo al mondo cinque figli. Io stesso, pur essendo le nostre famiglie molto vicini avevo di lui questa limitata conoscenza. Forse, a mia parziale discolpa, perchè dai 10 anni ai 50 ero rimasto fuori di Lipari e vi tornavo solo per le vacanze estive. Per questo quando scrissi il libro "A egregie cose" non parlai di lui, Certo era uno stimato professore ma non potevo parlare di tutti i professori ed i professionisti avrei dovuto scrivere una enciclopedia. Ma di un eroe si. Un eroe che non aveva temuto di sacrificare la propria vita per protestare contro una grave ingiustizia verso 21 suoi compagni desisgnati dai nazisti alla decimazione. Un eroe, se mi è lecito parele un parallelo, sullo stesso piano di Massimiliano Kolper che offrì la propria vita in cambio di quella di un padre di famiglia e dorse soprattutto per questo la Chiesa lo ha fatto santo.
Il convegno di Lipari ha avuto momenti culturali e momenti celebrativi. Qui pubblicheremo la relazione centrale della Professoressa Elvira Casaceli e l'appassionata testimonianza di Michele Montagano, l'unico superstite dei 44 eroi che, pur avendo più di 90 anni, ha voluto partecipare di persona all'evento e alcune fotografie della manifestazione a cominciare dalla targa ricordo che ho pubblicato in apertura a fianco ad una foto di Vito De Vita di quegli anni.
Sopra il Tavolo della Presidenza del Comvegno con al centro Michele Montagamo; sotto la sala del Convegno.
IL PROF. VITO DE VITA, UN EROE AD UNTERLUSS !
della Professoressa Elvira CasaceliChe cosa intendiamo per storia contemporanea? La risposta non è ancora oggi semplice ed accettata da tutti, in Francia ,per esempio, si va consolidando quella che i francesi chiamano “storia molto contemporanea” praticamente identificata con lo studio del Ventesimo secolo e a sua volta distinta in due sottoinsiemi: la storia del tempo presente e la storia dell’immediato. L’ambito cronologico della prima sarebbe racchiuso in quel periodo per il quale vi sono ancora testimoni viventi, mentre per la seconda ci si dovrebbe riferire agli ultimissimi anni appena trascorsi, a una storia che può essere “costruita nel momento in cui accade”(L.Wirth) e riferendosi alla storia del tempo presente René Rémond afferma:”E’ storia contemporanea in senso proprio ogni sequenza del passato della quale sopravvivono attori o testimoni..: fintanto che vive tra noi un uomo o una donna che ha vissuto un momento del passato, questo momento fa parte del contemporaneo”. In questa prospettiva, l’evento che stiamo vivendo oggi ha una valenza straordinaria per riflettere sul Novecento e sulla fase più drammatica di quel secolo, cioè il trentennio tra il 1915 e il 1945, infatti è presente tra noi, un testimone, Michele Montàgano ed è lui a rendere spiritualmente presenti tutti i 44 eroi di Unterluss e oggi, in modo particolare il prof. Vito de Vita. Questo momento di memoria assume un significato profondo e straordinario anche perché sappiamo tutti molto bene che oggi, in un mondo globale siamo posti di fronte all’impossibilità materiale di un archivio mondiale: i documenti conservati presso gli Archivi nazionali di Washington ( i più ricchi del mondo) custodiscono pezzi importanti di tutte le storie nazionali. anche della nostra.. ma non bastano ad affrontare la complessità del Novecento, cioè una serie di eventi concomitanti e complessi come mai era accaduto nella storia dell’Umanità ..basta ricordarne alcuni: il crollo del sistema economico e monetario internazionale con la ridefinizione degli equilibri geopolitici mondiali, l’ascesa della potenza americana; la disfatta dello Stato liberale in Germania e in Italia e la sua crisi in altri paesi; le due guerre mondiali; il confronto tra democrazia e totalitarismo, l’apparizione del nucleare; l’organizzazione scientifica del lavoro e la razionalizzazione produttiva; la subordinazione delle élite intellettuali alla macchina propagandistica delle comunicazioni di massa; la dissoluzione di tutti i valori sociali, politici e culturali ereditati dall’Ottocento.
Oggi noi vogliamo fare Memoria, consapevoli che la Memoria storica non è solo testimonianza del passato ma insegna anche la fecondità del sacrificio e celebra il trionfo della spiritualità in quanto pone attenzione alle vite di Uomini e Donne, superando una improbabile e forse insignificante addizione di avvenimenti…..Fare Memoria storica , ricordare la Storia, raccontare la storia è come mettere in ordine in un raccolto, costruire un enorme granaio, un Bene comune per tutti…un patrimonio prezioso per l’attuale , durissimo inverno dello spirito.
E cominciamo il nostro racconto in quella che , come dicevo prima , gli storici francesi chiamano Storia del tempo presente: c’è un anno preciso ed è il 1943, a Gennaio le truppe dell’Asse avevano perso tutta la Libia e si trovavano arroccate in Tunisia, assalite a ovest anche dagli Americani sbarcati l’8 Novembre 1942 in Algeria e Marocco. Italiani e Tedeschi riuscirono a resistere in Tunisia fino al 13 Maggio 1943,giorno in cui dovettero arrendersi: per gli Alleati, da quella posizione, le porte della Sicilia e dell’Italia erano ormai spalancate. Le sconfitte dell’Asse fecero emergere in tutta la sua drammatica realtà l’inadeguatezza italiana a sostenere uno sforzo bellico prolungato. A partire dagli inizi del 1943, esponenti di casa Savoia, le massime autorità militari e alcuni membri del governo fascista cominciarono a fare pressione sul re, Vittorio Emanuele III, perché portasse fuori dalla guerra un paese ormai stremato. A rendere più urgente questa decisione contribuivano anche segnali politici interni: nel marzo 1943 gli operai delle più grandi fabbriche di Torino, Milano e Genova( duecentomila operai) entrarono in sciopero, bloccando la produzione bellica…le loro rivendicazioni erano salariali.. ma era la prima volta , dopo vent’anni di fascismo, che una lotta operaia di così grande portata riusciva ad affermarsi. A livello politico per Mussolini fu una sconfitta rovinosa….anche i tedeschi cominciarono a preoccuparsi per un possibile crollo del loro alleato e cominciarono , in un clima di reciproco sospetto, ad elaborare piani per l’occupazione dell’Italia e dei Balcani, proprio per fronteggiare l’eventualità di un ritiro italiano dalla guerra. Tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943 l’Italia viene sconfitta in Africa e in Russia… due sconfitte determinanti,..nmentre diventa sempre più evidente la tragedia dei civili con i bombardamenti a Torino , a Milano, dove duemila tonnellate di bombe trasformarono la città in un enorme incendio… ma anche Genova, Foggia e Roma… Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 gli anglo-americani sbarcano in Sicilia, la conquistano e la situazione precipita: l’incontro tra Mussolini ed Hitler a Feltre non ebbe gli effetti desiderati, anzi i tedeschi manifestarono la loro ferma intenzione di assumere il totale controllo militare del fronte italiano per farne una linea avanzata di difesa dei confini della Germania… di fronte a questa possibilità Vittorio Emanuele III, per non essere coinvolto nella imminente rovina del regime, decise, al termine di una riunione del Gran consiglio fascista dove era stato votato un ordine di sfiducia nei confronti del duce, di destituire Mussolini e di arrestarlo.
Il re scelse come nuovo capo del governo il vecchio maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Il meccanismo che doveva portare l’Italia fuori dalla guerra si era ormai messo in moto: il 3 Settembre veniva firmato a Cassibile l’armistizio con gli Anglo-americani: l’8 Settembre alle 19. 42 , tramite la radio, Badoglio annuncia ufficialmente che è stato chiesto l’armistizio e ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare.
Inizia così una ulteriore tragedia che è tutta italiana e che ha segnato e segna ancora la nostra storia.. infatti cosa suscita la laconica e in qualche modo contraddittoria comunicazione di Badoglio in milioni di italiani stremati dai bombardamenti, dalla fame, dalla povertà? Ma quello che è più grave che cosa accadrà a circa due milioni di giovani o giovanissimi militari dislocati, in Italia, nei Balcani, nella Francia meridionale ? Militari tra cui vi era il sottotenente Vito De Vita uno dei tanti ,tantissimi giovani a cui viene improvvisamente comunicato un armistizio che in realtà non chiude la guerra ma sostituisce un nemico con un altro… Ancora oggi parlare dell’8 Settembre è difficile per gli storici …basti pensare che, durante la guerra, in nessun paese c’è stato un 8 settembre simile a quello italiano con lo sfascio dello Stato, dell’esercito.. Tutto accaduto nel giro di poche ore e.. con la gravissima latitanza del governo..!!
Il risultato fu il caos e lo sbandamento dell’esercito e mentre le truppe italiane ricevevano ordini generici e contraddittori, i nazisti applicavano il piano Alarico che prevedeva l’occupazione dell’Italia e l’annientamento delle forze armate, .. il sottotenente De Vita sarà catturato a Pola il 13 settembre del 1943 ed immediatamente trasportato con il carro merci nel campo di concentramento di Brema. Le truppe italiane intanto prive di una guida si comportano in modo diverso: in Abruzzo la divisione “Legnano” si sciolse subito, in altre aree ( Potenza, Alto Adige, Napoli, Milano)lo sbandamento fu grave, altrove invece i presidi più forti si opposero con le armi: a Gorizia, a Cuneo, a Trieste, a Savona, a La Spezia, a Viterbo si combattè fino a quando la sproporzione di forze impose la resa. Il risultato fu 650.000 soldati e ufficiali catturati e portati dai tedeschi nei campi di prigionia. Il 9 settembre il Comando Supremo tedesco emanò una direttiva sul trattamento dei soldati italiani che se si rifiutavano di combattere a fianco dei tedeschi ..: dovevano essere disarmati e considerati prigionieri di guerra, ma soltanto cinque giorni dopo, per ordine di Hitler, i prigionieri di guerra italiani vennero denominati INTERNATI MILITARI ITALIANI, Hitler in prima persona decise di escludere i prigionieri di guerra dallo status giuridico previsto dalla Convenzione di Ginevra che permetteva ispezioni della Croce Rossa internazionale e la tutela di uno Stato neutrale..
Comincia così il calvario degli internati militari italiani, i 716.000 deportati che saranno definiti gli “schiavi di Hitler”, manodopera a basso costo, destinati a morire per fame, stenti, malattie.. tra questi il sottotenente De Vita che nel momento cruciale della scelta se unirsi alle forze tedesche o scegliere l’internamento nei campi di prigionia, scelse insieme alla maggioranza dell’esercito italiano di dire No!
Scrive Parodi : fu uno straordinario referendum popolare contro il nazifascismo.. una Resistenza consapevole, senza armi , pagata con la vita.. ed Alessandro Natta aggiunge: tra gli INTERNATI MILITARI ITALIANI, soldati e ufficiali, che continuamente venivano chiamati dai Tedeschi “traditori”, nacque un dibattito appassionato, un confronto aperto che condannava decisamente il fascismo, su tutta la linea , sia come ideologia sia come soluzione politica. Chiusi nei campi di concentramento, spogliati della divisa, affamati , umiliati, ogni giorno costretti ad affrontare situazioni che nulla hanno di umano.. i militari italiani hanno saputo dimostrare dignità, coraggio umano e una eroica resistenza.
Primo Levi a proposito del campo di concentramento nazista sostiene : “il sistema nazista è un unicum, sia come mole sia come qualità…in nessun altro luogo e tempo si è assistito a un fenomeno così imprevisto e così complesso, mai tante vite umane sono state spente in così breve tempo e con una così lucida combinazione di ingegno tecnologico, di fanatismo e di crudeltà”
Nel diario del prof. De Vita c’è una pagina di altissima prosa su cosa diventava” il male di vivere” nel campo di concentramento: ”il sole sempre malato, il cielo plumbeo, pesante , caliginoso, anche in pieno giorno incuteva un senso di scoramento e di terrore che si acuiva ancor più guardando, attraverso i vetri rotti ed affumicati delle baracche, il reticolato di filo spinato disposto in triplice linea e le torrette con le mitraglie… i soliti giorni grigi ed umidi, fatti di ore tutte spaventosamente uguali…si vive in uno stato di apatia e di incoscienza, dovuto alla crescente debolezza fisica, alla continua e sistematica denutrizione, al tremendo vuoto spirituale per la mancanza di notizie dei nostri cari,.. al passato sempre dolorosamente presente su cui si ritornava ad ogni occasione…realtà tragica questa che si rispecchiava in quegli atti di automi, in quegli atteggiamenti da ebeti e da allucinati, in quelle ore passate, distesi sul pagliericcio, in uno stato di torpore, in una foschia grigia della mente che invadeva l’animo e lo intristiva, facendo vedere le cose fasciate di lutto.. quasi che per noi non ci fosse più la speranza di un domani”
Gli INTERNATI MILITARI ITALIANI affrontano cinque fasi: la prima è quella dello spostamento in condizioni disumane, su carri merci, e una volta giunti in GERMANIA per gli ufficiali le destinazioni erano gli Oflag e per i soldati gli Stalag; la secondafase, dal dicembre ‘ 43 a metà gennaio’ 44, è quella della vita nel lager.. con la continua pressione psicologica ad opera di delegazioni di ufficiali repubblichini che, con inviti pressanti, volevano spingere gli irriducibili ad optare e a collaborare con i tedeschi; la terza fase, da gennaio a luglio 1944, è la fase dell’attesa, che consente agli INTERNATI MILITARI ITALIANI spazi per nutrire la mente, l’orgoglio, l’anima e nasceranno attività di studio , iniziative culturali; la quarta fase ha una data: il 20 Luglio 1944 quando arriva un nuovo tradimento da parte di Mussolini che, per interessi personali, firma un accordo con Hitler e gli INTERNATI MILITARI ITALIANI vengono smilitarizzati e trasformati in lavoratori civili.
Mussolini in realtà cede consapevolmente alla Germania una massa di schiavi da sfruttare senza limiti, fino alla loro morte. Si delinea così un nuovo dramma: gli INTERNATI MILITARI ITALIANI si sentono e sono militari, fedeli ad un giuramento fatto,.. per i tedeschi diventano civili che hanno perduto il loro status di militari. Per i tedeschi bisognava ora convincere tutti a cedere ed accettare lo stato di civilizzazione ed andare a servire il governo nazista,.. si usa così un metodo già assodato: si stabilisce un progressivo e continuo peggioramento della vita nei lager, si riducono le razioni alimentari, si aumentano il numero delle conte, cioè ore sotto la neve e il gelo, si ricorre a pene fisiche sempre più dure.. ma la determinazione degli irriducibili INTERNATI MILITARI ITALIANI è granitica: Guareschi la riassume nella famosissima frase: ”Non muoio neanche se mi ammazzano”.!!!
La quinta fase è quella della metà dicembre del 1944, quando la maggioranza degli internati italiani sono concentrati a WIETZENDORF per essere sotto stretta sorveglianza… per capire meglio la situazione che sono costretti a vivere ascoltiamo le parole scritte nel diario dal prof. De Vita: “ Non erano solo i colpi di frustra.. quelli , pazienza, si sopportavano facendo forza su noi stessi….era più straziante il tormento dell’anima, l’umiliazione scottante, quel continuo annichilimento della nostra dignità di uomini, il tremendo e cinico annullamento della nostra personalità, della nostra umanità…da quel momento siamo stati cose importune, non da uccidere, ma da distruggere con un tormentoso stillicidio spirituale, torturando la carne e macerando lo spirito, in una tremenda , spasmodica agonia..” .. non ci sono altre parole da aggiungere per capire quale eroismo hanno dimostrato i 44 eroi di UNTERLUSS…. Tutti appartenenti ai 214 ufficiali italiani mandati il 17 febbraio del 1945 a lavorare a DEDELSTORF per ripristinare un campo di aviazione.. la reazione degli Internati Militari Italiani è immediata: scrivono una protesta facendo riferimento all’articolo 27 della Convenzione di Ginevra e ribadiscono di essere militari che mantengono fede al giuramento e chiedono di essere rimandati in un campo di concentramento per prigionieri di guerra.
Per 5 giorni ogni mattina arriva la chiamata al lavoro ma gli ufficiali incrociano le braccia.. nessuno di loro poteva immaginare la risposta della Gestapo che arrivò ben presto:.. il 24 febbraio, una adunata improvvisa .. i 214 non hanno neanche il tempo di prendere i loro effetti personali ed escono mezzi nudi o coperti di cenci, molti sono scalzi, è scattata la reazione tedesca ed è implacabile.. : un colonnello della Gestapo con un interprete, un genovese che aveva optato di collaborare, urla che il governo tedesco respinge ogni richiesta e condanna chi ha avuto l’ardire di rifiutare l’obbligo del lavoro e ordina una decimazione dimostrativa: tra i 214 ufficiali saranno scelti 21 per la fucilazione. Immediatamente il colonello della Gestapo passa in rassegna il gruppo e alza il braccio per 21 volte davanti ai prescelti che vengono messi da parte mentre agli altri viene ordinato di tornare nelle baracche ma prima a tutti viene gridato: “Guardate bene in faccia questi vostri compagni perché non li vedrete mai più”!
E’ bastato un attimo e senza dire una parola 35 ufficiali si fanno avanti e dichiarano che si offrono al posto dei 21…tra questi eroi Vito De Vita e Michele Montagano che oggi abbiamo l’onore di avere qui con noi. I tedeschi sono esterrefatti ..non sanno come gestire una situazione del tutto inaspettata.. ma accettano lo scambio.. ed accade un altro fatto imprevisto.. dal gruppo dei 21 si staccano 9 detenuti e chiedono di unirsi ai 35….alla fine i volontari, gli eroi sono 44.
Aspetteranno in un cortile , al freddo, per 6 ore, sanno che devono essere fucilati, il terrore è negli occhi di tutti.. alle 16.30 arriva nel cortile un trattore con un rimorchio, i 44 vengono caricati sul carro , li segue una scorta armata, escono dal campo senza nessuna comunicazione,,,, nessuno parla ma i 44 eroi sono convinti che sarebbero stati fucilati ed abbandonati nel bosco….un’ora di viaggio, poi all’improvviso compare il reticolato di un nuovo lager.. è l’inferno di UNTERLUSS, un campo di rieducazione al lavoro ma con una finalità di sterminio.
Scrive Luzi: “ vedemmo ancora esseri viventi, viventi perché ancora respiravano, ma erano resti umani ridotte a larve, erano ossa rivestite da pelle aggrinzita e invecchiata per le sofferenze subite e per la mancanza di alimento” scrive il sottotenente De Vita nel suo diario : “ ho fatto , abbiamo fatto tutti i mestieri: lo scaricatore di porto, l’imbianchino, lo sterratore, il carbonaio, il minatore, il giardiniere, lo spazzino, il servo, lo sguattero, il mendicante, la bestia da soma… abbiamo quotidianamente schiacciato da 500 a 1000 pidocchi.. si trovavano a gruppi perfino nelle unghie delle mani, nei buchi dei bottoni, dentro i piccoli anelli delle catenine…
Abbiamo buscato manate, schiaffi, spintoni, calci, pugni, bastonate con randelli, tubi di gomma, pezzi di ferro, corde, martelli, calci di fucile…”
Sono parole essenziali, precise, inequivocabili ….per 6 settimane i 44 eroi vivranno indicibili pene, obbligati al lavoro coatto, ma nessuno di loro pentito della scelta compiuta.. prima che finisse la quinta settimana due dei 44 moriranno, al termine della settima settimana tutti i reduci saranno ricoverati in ospedali alleati tra grandi sofferenze, tre moriranno, altri, come il prof De Vita, dovranno combattere con una febbre altissima ed un gravissimo deperimento organico.
Il ritorno in Italia degli eroi di UNTERLUSS, sarà tra l’estate del 1945 e il 1946.
Quali parole avrebbe scelto il prof. De Vita per concludere questo momento di Memoria? Mi sono interrogata a lungo..perchè sapevo che non ero capace di trovare parole.. quelle giuste… quelle capaci di rispettare il lungo silenzio del prof. DeVita… il pudore con cui ha portato il peso di tanto dolore…..Poi ho capito che sarebbe stato proprio il prof. De Vita a consegnarci l’ultimo messaggio…. Quelle del suo diario…ascoltiamolo:
“ A volte mi sembra un sogno.. ma quando la notte mi sveglio di soprassalto con forti brividi, al solo rievocare qualche episodio, allora sì, dico e penso che è stata vera quella triste tragedia così dolorosamente vissuta.
Adesso sono contento, .. perché dopo tale esperienza vedo molte cose nella loro giusta visuale, ne scorgo molte altre che prima non mi sognavo neppure.
La vita è un gran dono Divino, ma è soprattutto un dovere. Nulla di grande mi aspetto da me stesso, nulla affatto dagli altri.
Vorrei acquistare un po’ di fiducia soprattutto negli altri e credere nella bontà umana…, togliermi dall’anima provata questo velo di tristezza e vivere la mia vita spensierato, tranquillamente felice, e soprattutto compreso.
Ho la coscienza tranquilla perché ho compiuto il mio dovere.. sarei felice se potessi aver collaborato con il mio piccolo sacrificio al rinnovamento della nostra Patria Santa e Martoriata.”
La testimonianza di Michele Montagamo
Resistenza ad oltranza (per leggere la testimonianza cliccare sul link a sinistra)La biografia di Vito De Vita
Vito De Vita nasce a Messina nel 1920, secondo di sette figli di una famiglia modesta. Il padre Biagio è un piccolo artigiano mentre la madre Letteria Nicosia è casalinga. Si diploma al Liceo Classico presso i Salesiani, iscrivendosi successivamente in Lettere Classiche all'Università di Catania. Interrompe gli studi a seguito della chiamata alle armi e frequenta la scuola A.U.C. dell'Aquila diventando Sottotenente di Complemento di Fanteria. Viene assegnato come prima nomina al 74simo Reggimento Fanteria in servizio presso la caserma "N. Sauro" di Pola dove il 13.09.1943 viene fatto prigioniero dalle truppe tedesche e deportato in Germania nei campi di concentramento di Brema-Bremenvorde, Benjaminovo (Varsavia), Wietzendorf, Kreis-Soltau Hannover. Viene rimpatriato in Italia nel Luglio 1945 laureandosi il 30 novembre dello stesso anno. Nel 1946 comincia ad insegnare a Lipari dove si sposa nel 1949 con Laura De Luca anch'essa insegnante dalla cui unione nascono 5 figli. Inizia la sua attività presso la scuola media, insegna nel contempo in un istituto magistrale parificato di cui diventa preside finendo la sua carriera all'Istituto tecnico commerciale, improntando la sua missione di docente con rigore, ma con massima umanità. Partecipa attivamente alla vita politica e sociale dell'isola diventando punto di riferimento della cultura locale, viene nominato presidente dell'E.C.A. (Ente Comunale Assistenza), scrive poesie, partecipa a convegni e conferenze. Convinto Europeista lascia in eredità ai figli, ai 10 nipoti e a generazioni di alunni i valori di integrità, onestà e tolleranza. Muore a Lipari il 16 dicembre 2007 all'età di 87 anni..
Una foto degli anni 50 con il prof. De Vita in una foto scolastica seduto fra il preside Megna e Leonida Bongiorno e attorniato da un gruppo di alunni.
L'Associazione culturale NOSTROS
L’associazione Culturale NOSTOS (Viaggio) è un centro permanente di vita associativa a carattere volontario, democratico e antifascista. Il termine “viaggio” indica uno spostamento da un preciso luogo di partenza ad un altrettanto preciso punto di arrivo. “Nostos”, il corrispondente greco di “viaggio”, origina la parola “nostalgia”, quindi dolore, mancanza; infatti esso non va inteso soltanto come un qualcosa di concreto e realistico, ma anche in senso simbolico di desiderio, tensione di conoscenza e di ricerca.L’associazione è impegnata:
– A promuovere la cultura e la crescita individuale degli/delle associati/e tramite mezzi audiovisivi, mostre d’arte, letture collettive, convegni a tema, film ecc.
– a promuovere l’affermazione dei diritti individuali e collettivi dei/delle cittadini/e, a promuovere la creazione di una nuova e radicata cultura della partecipazione, a promuovere la affermazione della democrazia partecipata, per questo l’associazione si riserva la facoltà di avvalersi dell’iniziativa popolare per la presentazione di proposte, di utilizzare tutti gli strumenti idonei a stimolare e valorizzare la partecipazione dei/delle cittadini/e alle diverse forme possibili di iniziativa e proposte; a promuovere e gestire per il perseguimento dei propri fini tutte le forme di economia sociale ritenute utili e necessarie; a promuovere l’affermazione dei Diritti dell’Uomo ed un equo rapporto tra i popoli ;
– a creare gli strumenti per la piena attuazione di una società a misura d’uomo mediante la diffusione della cultura di genere;
– a promuovere i diritti del/della cittadino/a che vive condizioni di disagio, a rimuovere le condizioni ambientali che determinano condizioni di disagio.
– a promuovere occasioni di crescita dei/delle soci/e anche attraverso la progettazione di percorsi formativi e di programmi di formazione professionale come previsti dalla normativa vigente in materia;
– a promuovere occasioni di confronto e scambio di esperienze tramite la realizzazione di progetti e programmi promossi dalla Unione Europea, dallo Stato e da tutte le forme di decentramento delle istituzioni nazionali, europee ed internazionali;
– a promuovere i diritti del/della cittadino/a minore, per la piena affermazione del diritto al gioco, alle attività ludiche e motorie, alla scolarizzazione, contro ogni forma di sfruttamento e di violenza, a promuove la piena applicazione della Carta dei Diritti del Minore sancita dalle Nazioni Unite;
– a promuovere il superamento di ogni forma di discriminazione, intolleranza, fanatismo, xenofobia, fascismo, censura, razzismo; ad operare per il pieno rispetto dei diritti delle minoranze, per il riconoscimento e la valorizzazione di ogni diversità, sia etnica, che religiosa che sessuale;
– a promuovere la cultura della pace, della non violenza e della cooperazione fra tutti i popoli, per la riduzione di ogni tipo di armamento e per soluzioni non violente dei conflitti;
– a promuovere la valorizzazione della risorsa ambiente, contro la cultura dello spreco, contro la distruzione del pianeta, per la piena applicazione di tutte le convenzioni internazionali in materia di tutela ambientale;
– ad operare per la valorizzazione e tutela dei beni artistici, architettonici, storici, urbanistici ed ambientali;
– a promuovere la qualificazione della produzione e del consumo nel campo culturale, ricreativo e sportivo.
L’associazione fa proprio il contributo umano e sociale di ogni persona quale soggetto unico ed irripetibile, con le proprie convinzioni politiche e religiose, identità sessuale, cittadinanza, appartenenza etnica, età e professione.