Il libro è di quelli che svagando ammaestrano. Di quelli che badano all'essenza del vivere, che richiamano smarriti valori. È un libro allegro, dedicato a un'isola. Un'isola bellissima delle Eolie, un minuscolo mondo appartato riguardoso ancora di tradizioni antichissime. S'intitola «La mia ricetta di... Filicudi» e l'ha scritto Iona Bertuccio. Per tener fede, lei dice, a una promessa fatta ad amici isolani; ma specialmente per serbar memoria di quelle tradizioni, le quali, come ovunque, stanno anche lì scomparendo. L'ha scritto col cuore, perché nell'isola, lei, assieme al marito e ai figli, vive felice.
In apertura, una breve autobiografia. Nata ad Alì, Iona Bertuccio ha seguito i corsi universitari di Scienze della formazione. Preso poi il diploma d'infermiera, ha lavorato a lungo in ospedale. Nel 1984, la «scoperta» di Filicudi: un amore a prima vista. Per cominciare la casa, quindi un «pezzo di campagna» e l'impianto di un vigneto con la guida preziosa di Carlo Hauner, il notissimo friulano di Salina benemerito vinicoltore che esportava malvasia in tutti i continenti.
Seguono cenni sul più remoto passato di Filicudi: dagli insediamenti preistorici, quale quello di Capo Graziano, alle epoche greca e romana. Volendo trattare di usi e costumi, bisognava scegliere. L'autrice ha scelto le tradizioni gastronomiche. Non si pensi tuttavia alla solita successione di ricette e basta. Le ricette ci sono, naturalmente, ma precedute da vivaci deliziosi «quadretti»: precise pennellate animano luoghi, episodi, figure senza tempo, regalano sorrisi ed emozioni. Tra gli ingredienti tipici delle ricette di Iona Bertuccio, i funghi di ferla, le patelle, i capperi, i cucunci (frutti dei capperi), la cicerchia, i rapudda (cavoletti selvatici), la borragine...
Zu Stefanu Zagami, u Pitrillu, conosceva l'arte di fare i spicchitieddi. Lo chiamavano u Pitrillu (piccolo Pietro) perché da bambino era sempre in campagna col nonno Pietro. Era stato in America e, più a lungo, in Australia. Un 30 dicembre, i spicchitieddi volle prepararli a casa di Iona, nel forno a legna. Impastò la farina con lo zucchero, aggiunse la cannella, la noce moscata, le bucce d'arancia e di limone grattate, il vino cotto... E continuava a impastare con mani sicure...
Peppino Bonica il poeta, vecchio ormai, si levava di rado dal letto. Ma la ricetta del piatto che più gli piaceva, «le polpette al sugo con la cannella», fu contento di darla.
«Quand'ero piccolo – commentò – le cucinava mio padre, poi le cucinavo io». Un giorno aveva cantato la sua gente: «un popolo che piange e ride, ama e soffre, vive tra le lenze infuocate ed echi di vento».
L'indimenticabile giornata dei «ceci», chiusi in casa mentre infuriava il fortunale, tempesta di tramontana, «il mare verde, blu, grigio, il bianco della schiuma degli enormi cavalloni».
Tutta dell'autrice, una fantasiosa specialità: la cucunciagra, cucunci frullati con peperoncino, olio ed altri ingredienti... «segreti».