Stralcio intervista di
Antonio Brundu alla prof.ssa Ida Abate, docente di latino e greco di Rosario
Livatino (Canicattì – Agrigento – ottobre 2007).
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D. Prof.ssa Abate, lei in questi anni ha
partecipato a numerosi incontri sul giovane giudice Rosario Livatino
assassinato, nel 1990, dalla mafia agrigentina. Ci può parlare di questa figura
così singolare ed importante per trasmettere un messaggio ai giovani?
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R. Rosario Livatino è diventato un punto
di riferimento per i giovani, ma direi per tutti. L’ho conosciuto da studente
al Liceo Classico, l’ho seguito quando frequentava l’Università ed anche dopo
la laurea. Mi ricordo bene che nelle sue agende c’era sempre un dato: pendenza
zero, sia quando lavorava all’Ufficio Registro che nella Magistratura. Ciò vuol
dire che faceva esclusivamente il suo dovere con impegno e fedeltà, ben sapendo
a quali rischi andava incontro. Penso che, se ognuno nel proprio campo,
cercasse di adempiere con senso di responsabilità il proprio dovere sino in
fondo al servizio degli altri, io credo che le cose potrebbero cambiare e
migliorare. Molto spesso concludo i miei discorsi ai giovani ricordando quello
che Robiland (regista del film “Il giudice ragazzino”) disse nel 1994: “Questa
nostra Italia, paese dei furbastri, dei pulcinella, dove ha la meglio chi grida
più forte, è anche l’Italia dei Livatino e dei Saetta, di quegli eroi sommersi,
ignorati, che non fanno notizia, perché si muovono senza retorica e senza fanfàre.
Gente che compiono il loro dovere, giorno dopo giorno, con fedeltà, con
coraggio ed anche con paura specie nel campo della magistratura. La salvezza
dell’Italia è nelle loro mani”. La salvezza dell’Italia – afferma Ida Abate – è
anche nelle nostre mani, dico ai giovani, nella misura in cui ognuno, oggi come
studenti, domani in tutti i campi in cui si possa essere inseriti, si faccia
veramente, la propria parte, in quel modo così come Rosario Livatino visse
quella che per lui era una missione. Certo dispiace molto che abbia perso la
vita in quel modo, con quello sparo in bocca, come a dire “ Devi tacere per
sempre”; però non hanno fatto i conti con qualcuno, che vede molto più di noi
poveri uomini! Oggi, però, Rosario Livatino parla tanto, quanto mai avrebbe
parlato in vita.
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D. In realtà la mafia quando uccide una
persona come ha fatto in passato, non fa altro che ampliare il messaggio che la
stessa vittima voleva esprimere e ne rafforza il contenuto ed il significato.
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R. Si, nonostante tutto. Un ragazzo di
una Scuola Media, in un concorso, ha scritto che la mafia ha fatto autogoal nel
caso specifico. Effettivamente è un messaggio che si diffonde dappertutto e mi
arrivano delle lettere molto belle. Ho ricevuto recentemente una del Sindaco di
Quarrata, in Provincia di Pistoia. Le ho fatto pervenire il film di Salvatore
Presti “Luce Verticale. Rosario Livatino. Il martirio”. Lei mi ha risposto e mi
ha inviato uno scritto, dove pone in risalto quel volto giovane, quella
serietà, quell’impegno che parlano al cuore dei giovani.
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D. Quando il Santo Padre Giovanni Paolo
II° è venuto in Sicilia, ad Agrigento, si è incontrato nel Palazzo
Arcivescovile con i genitori di Rosario Livatino e lì cosa è accaduto?
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R. Ero presente, presenti i genitori, il
Cardinale Pappalardo ed il nostro Vescovo. Il Papa ha detto semplicemente e
testualmente così: ”E’ uno dei martiri della giustizia ed indirettamente della
fede”: Solo questo. Poi credo che ci sono stati studi, convegni, perché si è
pensato che si potesse allargare, da parte di Giovanni Paolo II°, il concetto
di martirio, quale martire della fede e martire della carità.