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venerdì 16 ottobre 2015

L’INTERVISTA DI ANTONIO BRUNDU A IDA ABATE NEL 2007 SU ROSARIO LIVATINO

Stralcio intervista di Antonio Brundu alla prof.ssa Ida Abate, docente di latino e greco di Rosario Livatino (Canicattì – Agrigento – ottobre 2007).
-          D. Prof.ssa Abate, lei in questi anni ha partecipato a numerosi incontri sul giovane giudice Rosario Livatino assassinato, nel 1990, dalla mafia agrigentina. Ci può parlare di questa figura così singolare ed importante per trasmettere un messaggio ai giovani?
-          R. Rosario Livatino è diventato un punto di riferimento per i giovani, ma direi per tutti. L’ho conosciuto da studente al Liceo Classico, l’ho seguito quando frequentava l’Università ed anche dopo la laurea. Mi ricordo bene che nelle sue agende c’era sempre un dato: pendenza zero, sia quando lavorava all’Ufficio Registro che nella Magistratura. Ciò vuol dire che faceva esclusivamente il suo dovere con impegno e fedeltà, ben sapendo a quali rischi andava incontro. Penso che, se ognuno nel proprio campo, cercasse di adempiere con senso di responsabilità il proprio dovere sino in fondo al servizio degli altri, io credo che le cose potrebbero cambiare e migliorare. Molto spesso concludo i miei discorsi ai giovani ricordando quello che Robiland (regista del film “Il giudice ragazzino”) disse nel 1994: “Questa nostra Italia, paese dei furbastri, dei pulcinella, dove ha la meglio chi grida più forte, è anche l’Italia dei Livatino e dei Saetta, di quegli eroi sommersi, ignorati, che non fanno notizia, perché si muovono senza retorica e senza fanfàre. Gente che compiono il loro dovere, giorno dopo giorno, con fedeltà, con coraggio ed anche con paura specie nel  campo della magistratura. La salvezza dell’Italia è nelle loro mani”. La salvezza dell’Italia – afferma Ida Abate – è anche nelle nostre mani, dico ai giovani, nella misura in cui ognuno, oggi come studenti, domani in tutti i campi in cui si possa essere inseriti, si faccia veramente, la propria parte, in quel modo così come Rosario Livatino visse quella che per lui era una missione. Certo dispiace molto che abbia perso la vita in quel modo, con quello sparo in bocca, come a dire “ Devi tacere per sempre”; però non hanno fatto i conti con qualcuno, che vede molto più di noi poveri uomini! Oggi, però, Rosario Livatino parla tanto, quanto mai avrebbe parlato in vita.
-          D. In realtà la mafia quando uccide una persona come ha fatto in passato, non fa altro che ampliare il messaggio che la stessa vittima voleva esprimere e ne rafforza il contenuto ed il significato.
-          R. Si, nonostante tutto. Un ragazzo di una Scuola Media, in un concorso, ha scritto che la mafia ha fatto autogoal nel caso specifico. Effettivamente è un messaggio che si diffonde dappertutto e mi arrivano delle lettere molto belle. Ho ricevuto recentemente una del Sindaco di Quarrata, in Provincia di Pistoia. Le ho fatto pervenire il film di Salvatore Presti “Luce Verticale. Rosario Livatino. Il martirio”. Lei mi ha risposto e mi ha inviato uno scritto, dove pone in risalto quel volto giovane, quella serietà, quell’impegno che parlano al cuore dei giovani.
-          D. Quando il Santo Padre Giovanni Paolo II° è venuto in Sicilia, ad Agrigento, si è incontrato nel Palazzo Arcivescovile con i genitori di Rosario Livatino e lì cosa è accaduto?

-          R. Ero presente, presenti i genitori, il Cardinale Pappalardo ed il nostro Vescovo. Il Papa ha detto semplicemente e testualmente così: ”E’ uno dei martiri della giustizia ed indirettamente della fede”: Solo questo. Poi credo che ci sono stati studi, convegni, perché si è pensato che si potesse allargare, da parte di Giovanni Paolo II°, il concetto di martirio, quale martire della fede e martire della carità. 

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