H) Lo attendiamo come Giovanni, che non si adatta al declino.
Nel grembo di Elisabetta, Giovanni scalciava; le note del magnificat di Maria lo preparavano alla sua missione. E venne finalmente il tempo della sua nascita. Il vecchio Zaccaria ha passato la settimana più bella e stupita della sua vita. L’attesa, la consapevolezza di un segno misterioso di Dio, la tensione e la speranza, il timore e lo stupore, il sentirsi ancora muto davanti a questo bambino che presto avrebbe voluto parlare con lui hanno riempito la settimana che ha separato la nascita dalla circoncisione. C’è un nome da dare al bambino. In ogni casa, in ogni famiglia è sempre un momento bello; c’è una tradizione da rispettare: così si chiamava il nonno, così si chiamava la zia, così dovrebbe chiamarsi. Ma che suono avrà questo nome sulla bocca di chi lo chiamerà? Forse lo storpieranno! Ma c’è anche la mia esperienza di papà e mamma, non solo la tradizione, che può portare novità; purtroppo talvolta è solo ideologia o infatuazione televisiva se non un basso servilismo agli idoli del tempo. Ma il nome è una vocazione, è un progetto, è una storia: è un passato aperto al futuro; è l’accoglienza di un compito. E mentre Zaccaria scrive su una tavoletta: Giovanni è il suo nome, ritorna a parlare. E’ finito l’isolamento, ha capito la lezione, ma ha il cuore pieno di gioia e le cose che dirà resteranno memorabili nei secoli. Il silenzio non fu vano. E la gente si chiede. Chi sarà mai questo bambino? Sarà un dito puntato verso il futuro, sarà la fine di una tribù sacerdotale per indicare l’inizio di una nuova era. Lo vedranno tra poco riflettere sul mestiere del padre Zaccaria, ma non ci si troverà più. Il tempio non gli darà più risposte vere al suo anelito di Dio. La gente è stanca di riti morti, di assolutizzazioni cultuali, di commercio di cose di Dio. Ma Dio abita proprio nei riti mercenari, nei culti di facciata? Chi ha ingessato il Signore? Chi tenta continuamente di farlo prigioniero? “ Chi vi ha chiesto di venire a calpestare i miei atri? Misericordia voglio non sacrifici. Come vi permettete di vendere un povero per un paio di sandali e di venire poi a bruciare incenso e sacrificare animali? Le voci dei profeti risuonavano nella vita austera di Giovanni. Lascia la casa, lascia la casta sacerdotale, si stacca dal tempio, lui figlio per parte del padre della classe di Abia e, per parte di madre, discendente di Aronne, si stabilizza nel deserto. Chi ha a cuore i disegni di Dio mi segua. E la gente non lo abbandona più. Fa rinascere solo speranza, li strappa dal torpore dei supermercati anche del sacro, dal chiasso dei propri affari meschini, richiama la gente all’essenziale, fa spegnere le luci di babbo natale, sferza soldati, vigili urbani e banchieri. Dio non si aspetta così. Avete in cuore una profonda sete di Dio, sentite urgere dentro una aspirazione insopprimibile e la spegnete con la droga, con l’ecstasi, con i compromessi! Avete una sete insaziabile di pace e la cercate con armi e tritolo! Sentite desiderio di interiorità e sperate di trovarla nei talk show! Giovanni non ha mezze misure. Avete desideri di affetto pulito e profondo e vi prendete le mogli o i mariti degli altri? Gli costerà caro questo parlare chiaro: la testa stessa come premio di un ballo! Ma lui, Giovanni, non demorde. E Gesù non potrà non seguirlo. I cugini si incontreranno sulle rive del Giordano, in questo rito purificatore necessario per cominciare a vivere in maniera nuova. E quando Giovanni vedrà Gesù, si sentirà subito superato. Lui è la voce, Gesù è la Parola, lui sa di dover aprire una strada, ma la strada di Dio non è quella che decide lui. Dio è più grande di ogni sua vista e si ritirerà perché Gesù sarà il colpo d’ala che staccherà definitivamente il vecchio dal nuovo, il passato dal futuro. - Lo attendiamo come Giuseppe, che si fida completamente di Dio
Giuseppe è un professionista, un carpentiere, un lavoratore deciso, concreto e di poche parole. Non è necessariamente vecchio e pelato come spesso lo si dipinge per dire la nostra incredulità nel pensarlo accanto a Maria innamorato perso e proprio per questo delicatissimo in ogni sfumatura d’amore. L’abbiamo dipinto spesso così per dire la nostra incapacità a pensare un amore pieno, vero, profondo, intenso e nello stesso tempo vergine. Se il centro dell’amore tra Giuseppe e Maria è Gesù, l’amore fatto persona, la sorgente dell’amore, di cui ogni nostro palpito ne è solo una pallida concretizzazione, ogni nostro gesto di affetto, ogni bacio ne è solo una immagine imperfetta… non possiamo non immaginare la pienezza e profondità dell’amore tra Giuseppe e Maria, la sua unicità, se all’interno di esso prende carne proprio Gesù. Ogni amore umano tra uomo e donna chiama in causa l’amore di Dio, ne è una degna, ma velata immagine. E’ Dio che si dà a vedere nell’intensità di amore tra i due. Per Giuseppe e Maria in questo amore non c’è solo l’immagine, ma compare proprio Lui, la sorgente dell’amore, il suo senso, la completezza, la pienezza, Gesù. Il cuore di Giuseppe ha sicuramente rischiato di scoppiare. E’, San Filippo Neri, mi pare, quel santo che aveva le costole del petto dilatate per l’espansione d’amore del suo cuore, a contatto con il Signore Gesù?! E allora come facciamo ad essere increduli nel pensare a Giuseppe entusiasta, felicissimo di questo amore che lo legava in maniera così originale a Maria? Certo se guardiamo a tutte le contraffazioni dell’amore che ci sono nella nostra cultura, se distacchiamo il nostro amore dalla sorgente che è Dio, il nostro orizzonte si chiude su tutte le impossibilità e i tradimenti di cui siamo capaci. Giuseppe invece è nell’amore vero anche se la strada è in salita. L’amore di Dio gli si svela nell’intimo della coscienza con la lama dello stupore, del disorientamento. E’ una esperienza senza via di uscita se non nel massimo dell’abbandono a Dio. Maria è sua promessa sposa, è già orientata a Giuseppe e aspetta un bambino. Giuseppe ne viene a conoscenza, ma quel bambino non è suo. Aveva immaginato un amore pulito, se lo stava cesellando giorno per giorno. Non lo sfiora nessun dubbio su Maria, ma gli si lacera il cuore. Gli crolla tutto il suo progetto. Non riesce a darsene una ragione, non si abbassa a mettere in campo avvocati o leggi o tanto meno l’opinione pubblica. E mentre conosce la sconfitta umana dei suoi progetti, quando il suo cuore è stato svuotato dell’ultimo sentimento, nella sua coscienza, che è dialogo intimo con Dio, dichiara il massimo di adesione a Dio, scritta nella sua onestà. E decise di lasciare libera Maria “In segreto, poiché era giusto”, dice il vangelo. Solo a questo punto Dio si dà a sentire. “Giuseppe, non temere, è da sempre che sto pensando alla tua onestà, alla tua giustizia, alla tua grinta, al dolcissimo amore che ti lega a Maria. Mi ha affascinato la tua delicatissima relazione con Maria. In questo vostro amore meraviglioso, noi, la Trinità, abbiamo deposto Gesù, il Figlio di Dio. Quel bambino è la Parola, che era fin dal principio, è il nostro essere persona umana.”- Il cuore di Giuseppe che già scoppiava di amore per Maria s’è dilatato ancora di più. Quel dialogo con Dio gli ha ridato Maria e ha portato al massimo compimento il suo amore, la sua stessa vita. Aveva cercato come ogni giovane uno scopo alla sua esistenza, ma Maria lo ha fatto andare oltre, gli ha indicato il vero scopo, il vero centro della vita: Gesù.
L’attendiamo come Maria, che se lo sente in corpo
Maria è l’immagine più bella e affascinante di questa attesa. Lei è provocata dall’arcangelo Gabriele, è sconvolta dalla proposta che le taglia i sogni o meglio: capisce che deve sconvolgere i suoi progetti, ma, se dall’altra parte c’è Dio, non possono esserci dubbi, si fa strada solo un allargamento massimo della disponibilità a una pienezza che si cerca a tentoni nella vita e che ti viene collocata su un piatto d’argento, dove l’argento non è la facilità di averlo, ma l’altezza e l’incommensurabilità della proposta rispetto alla fragilità della sua umanità e per noi della nostra vita. Maria però non si acquieta sul fatto meraviglioso avvenuto in lei, ma continua a lasciarsi sfidare da Dio e risponde con la fede. La solitudine in cui si trova dopo la grande emozione e esperienza divina con lo Spirito, che porta con sé non certezze, ma speranze; la socialità difficile con le donne del vicinato che avrebbero visto crescerle in grembo un bimbo, prima di sposarsi; la mentalità omicida del tempo che puniva con la lapidazione ragazze così; ne sarebbe morto anche il figlio che portava in sé. Maria si fida e si abbandona alla grande bontà di Dio: scommette, non tergiversa, si dona completamente, non pone riserve. E Dio si fa in lei l’Emmanuele.