Riceviamo e pubblichiamo:
Sono nato a Ginostra, l’altro lato dell’isola di Stromboli, raggiungibile solo via mare, nel lontano 1949.
Ho già 74 anni ed affinché la memoria delle vicende umane
sopravviva a noi, sento forte il bisogno di condividere con conoscenti, amici e
con il pubblico una bella storia di relazioni umane e sociali che è fra le cose
più meravigliose che mi sono capitate nella mia difficile esistenza nel lembo
più abbandonato ed isolato della nostra Sicilia e forse d’Italia e che porterò
sempre nell’angolino più prezioso del mio cuore dove si celano quelle emozioni
e sensazioni che danno il vero senso della vita.
Al tempo della mia infanzia eravamo rimasti in pochi, umili
famiglie e anziani, a cercare di resistere al destino dell’emigrazione in
Argentina, Usa, Australia che era toccato a tanti nostri familiari e amici. Sin
dall’adolescenza e durante i primi anni di gioventù, avvertivo la sofferenza di
una comunità costantemente all’abbandono, senza speranze e forte cresceva in me
la voglia di ribellione per migliorare le nostre condizioni di vivibilità.
Cominciai, con i pochi abitanti rimasti, a battermi contro l’indifferenza della
politica e dei pubblici poteri per ottenere quei servizi indispensabili ad un
vivere civile e per un futuro migliore, ma con scarsi risultati. Tra la fine
degli anni 60 – inizio anni 70 con l’arrivo dei primi turisti si accendeva in
noi una fiammella di speranza per condizioni di vita più umane, ma con essi
giunse anche una cordata di personaggi potenti della politica e della cultura
che in un posto completamente isolato dal mondo pensarono di aver trovato il
loro Eden, un paradiso terrestre esclusivo per pochi eletti dove passare solo
qualche breve vacanza estiva esclusiva e selvaggia. Parliamo di Ministri,
deputati, senatori, segretari di grandi partiti e loro amici. Speravamo in un
loro aiuto per risolvere i nostri atavici problemi di vivibilità e
invece, loro, formarono una specie di Olimpo degli Dei
moderni dove inscenarono una strumentale gazzarra ambientalista usando tutto il
loro potere per impedire ogni forma di sviluppo di Ginostra e dove gli abitanti
dovevano soltanto rendere i servizi necessari alle loro esigenze vacanziere in
cambio di qualche monetina per sopravvivere, ma non avevano il diritto di
aspirare ad un vivere civile, dignitoso ed a migliorare le proprie condizioni
sociali, perché ciò metteva a rischio la pace del loro paradiso.
Frapposero tutti gli ostacoli possibili alle nostre
rivendicazioni e tutte le nostre battaglie di decenni che ci hanno portato via
le risorse migliori, fisiche, mentali, economiche, di tempo, sottratte agli
affetti più cari, diventavano sempre più vane e senza via d’uscita. Un gruppo
di disperati soli e senza mezzi contro i poteri forti delle Istituzioni e della
politica.
Era l’anno 1995. Gli abitanti si rendevano conto che ormai
era inutile lottare. Chiudevano le poche attività mantenute fino ad allora
trasportando le merci difficili da reperire sulle spalle e a dorso d’asino
lungo le ripide gradinate ed impervie stradine di Ginostra, a lume di candela e
con i piccoli e costosi frigo a gas che una ditta del Nord fabbricava per
inviarli nei paesi del Terzo Mondo.
Proprio quell’estate, anche io come altri avevo vissuto
l’amara esperienza di perdere mia mamma fuori da Ginostra per l’impossibilità
di poterla curare e mantenere sul posto date le sue condizioni. Per sfortunate
circostanze non ero riuscito a stringere al petto la sua mano al momento dell’ultimo
respiro, il dolore più grande della mia vita che mi porterò fin nella tomba.
Si respirava nel piccolo borgo un’aria di rassegnazione, di
resa, di sfiducia.
Era impossibile continuare. Alcuni cartelli venivano esposti
per far conoscere la nostra disperata situazione ed inconsciamente volevano
essere una celata speranza che fra i tanti villeggianti che passavano nelle
brevi escursioni da altre isole, qualcuno raccogliesse il nostro disperato
grido d’aiuto. Tra questi una mia poesia d’addio che rispecchiava il nostro
stato d’animo:
“Paese senza Anima” (Ginostra, estate 1995)
In questo villaggio si vedono ancora le mura,
ma il cuore ha smesso di palpitare.
Mi son convinto di non poter riportare in vita
un cuore che ha cessato di battere
e dell’inutilità d’immolare la propria esistenza
in una società che non ha più valori.
Con un susseguirsi di sentimenti ho seguito le tue vicende,
con grande malinconia ho assistito alla tua agonia
ed è con infinita tristezza che devo dirti addio. Ginostra
mia!
Un giorno, verso la fine di quell’estate, due giovani di passaggio da Stromboli, avendo avvertito l’atmosfera che si respirava nel piccolo borgo, si avvicinarono con molto garbo e cominciarono a farmi delle domande che tendevano ad informarsi su tutta la situazione del villaggio e sul perché non si riuscivano ad ottenere i servizi e le infrastrutture elementari ed indispensabili a poter continuare a lavorare, vivere e morire nella propria terra.
Conversai un bel po' piacevolmente con loro e alla fine si presentarono dicendomi: “Pasquale la vostra storia ci coinvolge tanto emotivamente e ci rendiamo conto che vivete uno stato d’ingiustizia sociale e di abbandono da parte delle Istituzioni che non può essere in nessun modo giustificato. Non dovete arrendervi. Noi siamo i fratelli Enrico e Novella Trantino di Catania. Vi siamo vicini e pensiamo di potervi aiutare perché conoscendo nostro padre siamo certi che non resterà indifferente venendo a conoscenza di questa storia e dei vostri problemi che riferiremo non appena saremo rientrati. Lui se prende a cuore una vicenda simile, come crediamo, non molla e vi sosterrà fino alla fine con buone possibilità di darvi una mano. Siate fiduciosi.”
Mi salutarono con tanta umiltà e dolcezza e si allontanarono.
Era la prima volta che li vedevo.
Subito pensai che possibilmente erano le solite promesse
senza seguito che si fanno e si ricevono in quei brevi e fugaci momenti di
atmosfera vacanziera. Ma ormai avevo imparato dalle esperienze della vita a
leggere nell’animo delle persone e sentivo che in quei giovani c’era qualcosa
di diverso, di eccezionalmente umano, e vedendoli andare via, uno stato di
tristezza e commozione mi pervase come se li conoscessi da sempre.
La notte di Natale di quell’anno, mentre con la mia famiglia
a lume di petrolio e con una radiolina a batterie ci apprestavamo a passare la
serata, sentii squillare il telefono fisso, unica conquista che eravamo
riusciti ad ottenere fino ad allora.
“Pronto! Pasquale!
Sono Enzo Trantino, Buon Natale per te, familiari e tutti
gli abitanti di Ginostra. I miei figli mi hanno parlato dei vostri problemi.
Sappi che noi faremo di tutto per aiutarvi a sostenere la vostra causa. Non scoraggiatevi
e tienimi informato di ogni vostra necessità.
Non molliamo! Mi
raccomando!”
Era l’Onorevole, deputato nazionale di Catania, avv. Enzo
Trantino.
Quasi non volevo crederci.
Quella telefonata che con entusiasmo comunicai ai miei
concittadini, mi ha riempito di gioia e di grandi speranze. Forse avevamo
trovato un valido sostegno per le nostre rivendicazioni.
Sentivo che era sincero e così è stato.
Da quel momento, l’On. Enzo Trantino ed i suoi figli Enrico
e Novella ci sono sempre stati vicini, portando il nostro caso nei palazzi
delle Istituzioni Regionali e Nazionali e non facendo mai mancare il loro
appoggio fino al raggiungimento del grande traguardo, tra gli altri, della luce
elettrica e del pontile.
Noi non li abbiamo mai ringraziati abbastanza, ma non li
abbiamo dimenticati e resteranno sempre nel nostro cuore. Grazie a loro e poche
altre persone oggi Ginostra ha i servizi e le infrastrutture indispensabili per
permettere ai pochi abitanti di poter continuare a vivere con semplicità e
dignità nella propria terra.
Nell’apprendere la notizia della candidatura dell’avv.
Enrico Trantino a Sindaco di Catania, essa risveglia in me tante emozioni,
legate a persone speciali ed importanti per la mia vita e quella del mio
paesino, che sento il bisogno di esternare e condividere con qualcuno.
Non essendo iscritto nelle liste elettorali di quella città,
con rammarico, non posso provare la felicità di dare il mio contributo e votare
con orgoglio una persona che oltre ad essere capace, ritengo portatore di
grandi ideali ed alti valori sociali di amore verso il prossimo e la gente non
solo della propria città ma di tutta la nostra amata terra di Sicilia, come la
mia meravigliosa esperienza di vita, che oggi voglio condividere con amici,
conoscenti, col pubblico e con tutti i cittadini che conoscono e non l’avvocato
Enrico Trantino, sta a dimostrare. Voglio
rendere pubblica questa mia storia, affinchè l’esempio di certi comportamenti
umani resti nella memoria della nostra società, come punto di riferimento
importante specie per tutte quelle persone umili e semplici che chiedono
diritti, giustizia e sperano in un futuro migliore per se ed i propri cari
nella propria terra.
Con umiltà ritengo che per la città di Catania si presenta
la grande opportunità di avere un Sindaco in cui tutti i cittadini si possono
riconoscere e di cui andare fieri ed orgogliosi.
Pasquale Giuffrè dal piccolo borgo di Ginostra
Isola di Stromboli, provincia di Messina
Ginostra 09/05/2023