Prende il via quest'oggi la rubrica, curata per Eolienews da Giuseppe Cirino, dedicata ai caduti Eoliani nella Grande Guerra (1915-18)
100
anni fa, il Primo Caduto Eoliano nella “GRANDE GUERRA”
(28
Luglio 1915 – 28 Luglio 2015)
GIOVANNI FRANGIONE
All’ingresso
nel primo conflitto mondiale dell’Italia, il Regio Esercito aveva schierato in
campo un numero di divisioni e mezzi superiori a quelle degli Austroungarici,
ma le differenze sostanziali furono soprattutto costituite dai livelli di
preparazione di questi ultimi e dal fatto che durante tutto il periodo di
neutralità scelto dalla nostra nazione, i generali Austriaci, fecero realizzare
in località strategiche (passi vallivi, catene montuose e rilievi), poderose
fortificazioni, campi trincerati e reticolati, garantendosi una netta
supremazia e dominanza del territorio. D’altra parte il Generale Cadorna ed il
suo stato maggiore, avevano incentrato
la loro tattica, sulle cosi dette “spallate iniziali” ovvero massicci attacchi
su zone concentrate di fronte, che avrebbero dovuto garantire un rapido
raggiungimento dell’obiettivo con il passaggio dell’Isonzo, per la conquista di Gorizia e di Trieste e sul fronte
Carnico con la conquista del Trentino.
Gli Austriaci, lasciarono dunque
nei primi giorni di conflitto, spazio alla manovra italiana senza operare
consistenti resistenze e consentendo al grosso delle loro truppe, un’ordinata ritirata
strategica sulle linee difensive stabilite dai piani dal generale Conrad.
Dal 23 giugno al 7 Luglio 1915, l’Italia
tentò la prima “Spallata” (1^ Battaglia dell’Isonzo) con l’obiettivo di
avanzare sul fronte della Venezia Giulia verso il campo trincerato di Gorizia
ed allo stesso tempo, svolgere un’azione di diversiva sulla fronte del Cadore e della Carnia. Gli obiettivi
raggiunti si rivelarono però pressoché inconsistenti e le truppe italiane
riuscirono solo a conquistare alcune porzione degli obiettivi strategici prefissati.
Le fanterie si dissangueranno nel primo grande attacco contro i trinceramenti
delle linee Sabotino – Podgora – Oslavia.
All’alba del 18 Luglio del 1915
il fuoco delle nostre artiglierie, fu preludio alla 2^ Battaglia dell’Isonzo (Dal
18 Luglio al 3 agosto 1915) che su uno scenario pressoché immutato, vide
contrapporsi la II e III Armata Italiana guidate dal Duca D’Aosta e dal gen.
Frugoni contro il sistema difensivo austriaco comandato dal generale Boroevic. La
tattica italiana rimase immutata rispetto alla prima battaglia, e sullo stile
delle esperienze risorgimentali, predilesse massicci attacchi frontali alla
baionetta, che dissanguarono le fanterie contro le ben munite e difese
postazioni di mitragliatrici ed i reticolati austriaci. Per favorire ulteriormente l’avanzata, il
Comando Supremo aveva anche organizzato un’ulteriore manovra diversiva
nell’area del Trentino e nell’area di Gorizia. La manovra nel Trentino non era
necessaria, mentre gli attacchi contro la piazzaforte di Gorizia furono inconcludenti. Gli Austriaci riuscirono a respingere i primi attacchi ed a
mantenere le posizioni sul Carso, Gorizia e dintorni. Gli italiani riuscirono
comunque ad occupare una parte del Monte Nero il Colovrat la conca di Plezzo
vicino a Caporetto e postazioni
sull’Alto Isonzo. La battaglia si concluse per mancanza di munizioni di
artiglieria ed armamenti vari, poco prima che la prima linea austriaca stesse
per cedere, costando alla nostra nazione circa 42.000 tra morti, feriti,
dispersi e prigionieri.
Sarà
proprio in questo periodo e nel contesto sopra descritto, che perderà la vita
il primo fante Eoliano:
Frangione Giovanni figlio di Giovanni e Barea Giuseppa nato a Lipari nel 1894 – distretto militare di Messina
Soldato del 49° Reggimento di Fanteria di
linea 6^ Compagnia matricola 42379 (20) – 4^ Armata – 1° Corpo d’Armata - 1^ Divisione di Fanteria .
Morto il 28 luglio 1915 per ferita
mortale ricevuta in combattimento all’età di 21 anni
Sepoltura originaria: Monte Logorai –
sepoltura attuale: Ignota
Unità
di appartenenza
Brigata
Parma – 49 ° e 50° Reggimento di Fanteria
Sede dei
reggimenti in tempo di pace: Torino.
Periodi
di permanenza della Brigata Parma al fronte:
Anno
1915:
-
Dal 24 maggio al 6 novembre: Nel Settore di San Pellegrino – Col Margherita –
Sottosettore di Valles
-
Dal 12 novembre al 31 dicembre: Passo Valles – Zona di Ghirlo.
Circostanze della Morte del Fante Frangione Giovanni
-
Riassunto dai Diari di guerra della Brigata Parma:
La brigata Parma, all’inizio delle
ostilità si trova riunita a Sedico – Bribano. Verso la metà di Luglio ,
risalito il Cordevole, le viene affidato il compito di presidiare i passi san
Pellegrino e di Valles, alle dipendenze della 1^ divisione inquadrata nei
ranghi della IV Armata comandata dal generale Nava. La Brigata svolge in
questo periodo azioni di controllo e pattugliamento e partecipa alle azione
diversive delle prime due “Battaglie dell’Isonzo” nella zona compresa tra l’Alto
Isonzo ed il Trentino”.
Nell’ultima decade di ottobre il IX Corpo
d’Armata svolge un attacco sulla fronte Col del Bois – Col di Lana, e la Parma
vi partecipa, sempre alle dipendenze della 1^ divisione. Il 49° fanteria
muovendo dai passi di San Pellegrino e di Valles, riesce il 22 ottobre , ad
occupare con due compagnie il Monte Castellazzo, mentre il 50° manda i sui
battaglioni a rincalzare altre unità operanti contro il Col di Lan, Sief,
Settsass.
Dal al 23
luglio al 6 dicembre 1915 , il 49°
reggimento subirà le seguenti perdite
Ufficiali
|
Truppa
|
Morti
|
Feriti
|
Dispersi
|
Morti
|
Feriti
|
Dispersi
|
1
|
5
|
/
|
8
|
41
|
/
|
Nel
diario di guerra della brigata Parma, nell’ultima decade di luglio, non si
registra lo svolgimento di particolari azioni di rilievo che abbiano visto
impegnati i reparti alle sue dipendenze; è quindi probabile che il soldato
Frangione Giovanni sia rimasto mortalmente ferito, durante lo svolgimento di
ordinarie operazioni di pattugliamento, presidio o manovre diversive.
Ulteriori informazioni
sull’episodio che vide coinvolto il fante liparese, sono fornite dal registro
dello stato civile del 49° reggimento di fanteria, dove alla pagina 49 riga 49
viene annotato quanto segue:
“ L’anno
millenovecentonovantacinque addì ventotto del
mese di luglio nel monte Lagarnoi (errata
trascrizione il corretto riferimento è monte Logorai – settore delle dolomiti) mancava ai vivi alle ore dodici pomeridiane
in età di anni ventuno, il soldato Frangione Giovanni della 6° Compagnia al n°
42379 (20) di matricola – nativo di Lipari provincia di Messina, figlio di
Giovanni e di Barea Giuseppa. Morto in seguito a ferita d’arma da fuoco per
fatto di guerra. Sepolto a Monte Logorai come consta dal verbale mod.147 e
dall’attestazione delle persone in esso firmate e a piè del presente
sottoscritto testi Capitano Nardi Vito –
Sergente Piga. Il relatore incaricato Capo Divisione Gabrielis.”
I riferimenti alla
morte del Soldato Frangione Giovanni, parlano in modo generico del Monte
Lagorai che costituisce solo una delle cime della catena montuosa o dolomite
del Lagorai, con un’estensione di circa 70 km. Nel periodo storico a cui si fa
riferimento la IV Armata a cui era affidate le operazioni in detto settore, non
controllava ancora le vetta Cima Lagorai che si staglia fino a 2585 mt. di
altezza, ma solo i passi sottostanti e gli sbocchi verso le valli.
Solo nel 1916 azioni
condotte da piccoli nuclei scelti di alpini e fanti, riuscirono a scalare le
impervie cime dove si annidavano insidiose e predominanti (per via
dell’altitudine e dell’accessibilità) le postazioni austriache.
APPROFONDIMENTO:
Per tutto il 1915 l’Esercito italiano aveva sepolto i propri caduti nei cimiteri civili di Primiero e Canal San Bovo, o in piccoli camposanti a ridosso delle prime linee. Il 2 novembre 1916 venne inaugurato invece il cimitero militare italiano di Caoria (ancora oggi esistente), che raccolse la maggior parte dei caduti italiani tra passo Cinque Croci e cima di Cece.
Truppe
italiane su rilievi montuosi
TRATTO DALLE MEMORIE DI GUERRA DI UBALDO
BINOTTI SOLDATO DEL “49°
REGGIMENTO DI FANTERIA BRIAGATA PARMA” PUBBLICATE SULL’ESPRESSO.
Mi
sono imbattuto casualmente in questo articolo, dove il soldato Binotti descrive
in maniera fedele lo spostamento della Brigata Parma verso le prime linee del
Trentino. Certamente la lunga marcia descritta, fu fatica sopportata anche dal
Fante Eoliano Giovanni Frangione.
“ La sveglia fù suonata alle ore 1 di notte e
dopo preso un po' di caffè, ci consegnarono i viveri di riserva e dopo poco
partimmo, non erano ancora le ore 2 quando iniziammo la marcia, con lo zaino
pieno in assetto di guerra con tutte le munizioni pacchetto di medicazione, e
tutti gli attrezzi e pesava circa quaranta Kg.
Si marciò transitando da Agordo quindi
raggiungemmo il paese di Cencenighe, dove a destra c'è il bivio che porta a
Alleghe e Caprile fino a raggiungere Cortina d'Ampezzo, e durante la marcia
transitammo da diversi paesi, e finalmente raggiungemmo il paese di
Falcade Basso, che era l'ultimo paese in terra Italiana.
Si traversò questo paesetto ma a un certo
punto la strada finiva, e dal punto che finiva la strada, si cominciava a
salire per una stretta mulattiera, che era tutta ingombra da grossi ciottoli e
nel centro scorreva un rigagnolo d'acqua, già principiava a farsi scuro, e noi
dovevamo ancora camminare, quando cominciammo a salire per la mulattiera,
sembrava di salire come quando Cristo, salì sul Calvario dalla grande
stanchezza, che tutti sentivamo non essendo abituati a marce cosi lunghe, e su
un terreno cosi faticoso, e quando davano il segnale di alt per un po' di
riposo, non ci si toglieva di dosso lo zaino, ma ci buttavamo a terra come si
butta a terra una balla di cenci.
Dopo una marcia di circa 45 o 46 Km più morti
che vivi, e che a tutti dolevano i piedi, raggiungemmo la vetta di Passo Valles
la cima dove c'erano le trincee questa cima era a oltre i 2000 metri di
altezza, e li si dette il cambio ai fanti del 60F.a.
Era già notte ci fecero montare le tende, e si
credeva cosi di poter un po' riposare, dopo la lunga marcia iniziata alle ore 2
esclamando finalmente e finita, e ci si sarebbe potuti buttare a terra per
poter un po' riposarci
Avevamo appena finito di montare le tende, e
si credeva di poter riposare, gettandosi a terra sopra una coperta, che avevamo
appena disteso per terra per sdraiarsi sopra, udimmo un fischio e nello stesso
istante un grido era il comandante del nostro plotone, che gridava secondo
plotone adunata, e ci ordinò di prendere il telo da tenda e i picchetti, la
coperta e i viveri di riserva, pacchetto di medicazione e tutte le cartucce,
mettersi il telo da tenda e la coperta avvoltolati a tracolla, il resto tutto
dentro il tascapane, lasciare lì lo zaino perché, si doveva andare a dare il
cambio al posto avanzato, che era in una posizione ancora più alta, e c'era da
percorrere un'altra po' di strada in salita.
Eravamo un po' frastornati dalla grande
stanchezza, a causa della lunga e terribile marcia che avevamo fatto per
raggiungere la cima di Passo Valles, e un po' per la rabbia e a qualcuno,
scappò qualche imprecazione, e qualche bestemmia, mentre il nostro sottotenente,
che era pure lui un richiamato, ci esortava a essere calmi e ci incoraggiava,
acciocché ci facessimo animo, con parole paterne dicendoci che questi
strapazzi, a cui si era sottoposti a sopportare erano a causa della guerra, e
che ormai bisognava far si di avere tanta forza, e costanza, onde poter
sopportare con meno disagio possibile, gli sforzi a cui saremo andati incontro,
ma sperando che tutto andrà bene sperando altresì che la guerra finisca presto,
e che il buon Dio veglierà su noi tutti.
Queste erano tutte belle e buone parole e
buone esortazioni, ma le nostre povere membra erano ridotte all'estremo limite
che umana persona può sopportare, e al solo pensare che dovevamo rimetterci in
cammino, e che essendo gia notte e molto buio e non si vedeva, fù un momento
terribile, che non scorderò.
Il cammino fù molto faticoso e lungo, perché
camminavamo su un terreno di montagna, e non era ne una strada ne una
mulattiera, era un susseguirsi di un terreno tutto ineguale e spesso qualcuno
cadeva, ci volle circa due ore prima di giungere al punto dove c'era il posto
avanzato. Appena arrivati i fanti del 60 scapparono come lepri inseguite dai
cani, e a noi non ci diedero ne ci spiegarono, nulla circa a come era il posto
che noi dovevamo difendere, da eventuali attacchi del nemico, solo ci dissero
attenti perché davanti a voi, non c'è nessuno c'è solo il nemico, attenzione a
non addormentarsi perché qui dormire significa morire, e dette queste poche
informazioni essi scesero giù dalla montagna.