Cerca nel blog

martedì 18 agosto 2015

Grande Guerra (1915-18) I caduti eoliani (rubrica a cura di Giuseppe Cirino) Il SECONDO CADUTO EOLIANO: RAFFAELE ANTONINO 18 Agosto 1915 – 18 agosto 2015

Il SECONDO CADUTO EOLIANO NELLA GRANDE GUERRA – RAFFAELE ANTONINO
18 Agosto 1915 – 18 agosto 2015

All’inizio della grande guerra,  il regio esercito italiano era riuscito a penetrare in quello che allora era territorio austriaco, per diversi chilometri senza incontrare consistenti resistenze. Il comandi “imperiali”, già impegnati sul fronte orientale (fronte Russo), avevano preferito accorciare la  loro “linea difensiva” arretrandola su posizioni fortificate e prestabilite.            
La rapida occupazione delle pianura veneta che si estendevano alla base delle dolomiti, del Carso e dei grandi massicci montuosi, avevano fatto sperare in una  rapida conclusione del conflitto e l’esercito austro ungarico, all’inizio di gran lunga inferiore per numero di uomini e mezzi, in molte occasioni parve sul punto di cedere. Non fu però così e le due prime spallate lanciate da Cadorna ( 1^ e 2^ Battaglia dell’Isonzo) raggiunsero scarsi risultati, con un prezzo di vite umane altissimo.
Monte Pasubio - Dente Italiano
                Agli inizi di Agosto del 1915 la spinta iniziale e la rapida avanzata subirò un brusco arresto, dovuto soprattutto alla mancanza di proiettili per le artiglierie italiane e di fucili per la fanteria. La guerra si trasformo come già era avvenuto nel resto del continente Europeo in una “Guerra di Trincea”,resa sul fronte italo – austriaco, ancor più difficile da una terza forza, costituita dal ” il territorio e dalla natura”. I due eserciti dovettero così combattere contro un nemico che riusciva a provare gli animi dei soldati giorno dopo giorno.              Non è infatti retorica, dire che il fronte italiano si dimostro per tutto il conflitto il più difficile e impervio da difendere e controllare. Agli uomini di ambo gli schieramenti, vennero richiesti sforzi sovraumani per una guerra di montagna,  in un territorio in cui mai nessun esercito aveva avuto l’ardire di fronteggiarsi.
                Sul confine Trentino, (anche se era considerato un fronte secondario dai comandanti di Cadorna) l’Italia aveva schierato, per la sua occupazione l’intera 1^ Armata, comandata durante l’anno 1915 dal generale Roberto Brusati.
                 Nei primi giorni di guerra, la 1^ Armata riuscì a compiere nella zona della Vallarsa una rapida avanzata, occupando da subito il “monte Pasubio” con il battaglione Alpini Vicenza a cui si aggiunsero nei giorni successivi i vari reparti di fanteria.
                La conquista e tenuta del monte Pasubio, rappresentò un punto di importanza strategica per “l’Armata del Trentino”. Infatti il massiccio si insinuava nel fianco della pianura vicentina, come una lancia e a giudizio di molti, era proprio da li che poteva arrivare la minaccia maggiore, da un’eventuale controffensiva austriaca. Un contrattacco nemico con sfondamento in detto settore, avrebbe consentito agli austroungarici di dilagare nella pianura, aggirando alle spalle il resto delle armate italiane impiegate nella zona dal Carso fino al mare.
                Per tale motivo durante tutto il 1915 , la guerra sul Pasubio fu sostanzialmente costituita da manovre di consolidamento delle posizioni conquistate ed i vari schieramenti si fronteggiarono in piccole schermaglie dimostrative e scontri tra pattuglie per l’assestamento su punti migliori.
                Fu solo dopo il rigido invento del 1915-1916, che la guerra sul Pasubio si rivelò in tutta la sua tragicità. La Strafexpedition o Spedizione Punitiva (maggio 1916), voluta dal comando austriaco contro l’ex alleato italiano, prevedeva infatti un massiccio attacco contro la 1^ Armata del Trentino, travolgendola e aggirando dalla pianura il resto dell’esercito italiano. Il Pasubio, si trasformo in zona di intensi scontri ed Alpini e Fanti Italiani, dovettero cedere buona parte del massiccio montuoso per l’incalzante azione dei Kaiserjäger (cacciatori imperiali austriaci).
                Solo alla metà di Giugno, essendo chiaramente fallito il tentativo di sfondamento del fronte, il Generale Conrad Von Hotzendorf, diede ordine alle truppe austroungariche di ritirarsi su posizioni più favorevoli, aspettando la reazione italiana che non tardò ad arrivare. A rinforzo degli italiani giunsero in Trentino consistenti Divisioni disimpegnate dal fronte carsico, consentendo un parziale ripristino dell’originaria linea di occupazione, che nel caso del Pasubio divise la montagna in due parti identificate come “Dente Italiano e Dente Austriaco”.
                Il timore da parte dei due comandi, di perdere con azioni troppo avventate il controllo del settore, abbasso la violenza degli scontri e le truppe (viste le abbondanti nevicate dell’inverno 1916), si dedicarono soprattutto a lavori di rafforzamento dei sistemi difensivi, scavando ricoveri in gallerie per le batterie di artiglieria, per l’ammassamento di viveri e munizioni e per la protezione degli uomini.
Strada in caverna sul monte Pasubio
                Dalla primavera del 1917 e per tutto il 1918 la guerra sul monte Pasubio, si trasformò in “guerra di mine”. Se in molti casi le gallerie vennero scavate per creare posizioni più solide, in tanti altri, le stesse mirarono a raggiungere le posizioni avversarie, facendo brillare al disotto di queste grandi quantitativi di esplosivo. Particolarmente significativa fu l’esplosione  causata dagli austriaci sotto il Dente Italiano il 13 marzo del 1918 (vennero stivate in due camere di scoppio circa 50.000 Kg di esplosivi), che oltre a stravolgere la fisionomia della montagna, la trasformò in tomba per molti soldati.


IL SECONDO CADUTO EOLIANO NELLA GRANDE GUERRA
Raffaele Antonino di Salvatore nato a Lipari il 19 aprile 1892 – distretto militare di Messina
Soldato del 79° Reggimento di Fanteria di Linea.
Morto il 18 agosto 1915 sul Monte Pasubio per ferite riportate in combattimento all’età di 20 anni

Sepoltura originaria Monte Pasubio – Sepoltura attuale ignota.

Unità di appartenenza
Brigata Roma – 79 °/ 80° Reggimento di Fanteria


Sede dei reggimenti in tempo di pace: 79° e 80° Fanteria, Verona.-
Distretti di reclutamento: Benevento, Casale, Chieti, Cosenza, Forlì, Messina, Modena, Napoli, Siracusa, Vercelli.

Periodi di permanenza della Brigata Roma:

Anno 1915
-          Dal 24 maggio al 31 dicembre: Val Posina – Pasubio- Monte Maggio – Val Terragnolo – Vallarsa.

Circostanze della Morte  del soldato Raffaele Antonino di Salvatore.

Dai riassunti dei diari di guerra della Brigata Roma:

Durante la mobilitazione la brigata trovasi già dislocata nella zona compresa dalle testate delle Valli Posina, Leogra ed Agno alle dipendenze della 9^ divisione – 1^ Armata . Scoppiate le ostilità essa occupa, senza incontrare resistenza, alcune importanti posizioni di confine: Passo della Lora, Piano delle Fugazze, Monte Pasubio. Colle della Borcola; il 3 giugno prosegue l’avanzata in Vallarsa lungo le sue alture laterali (Col Santo e Zugna) ed in Val Terragnolo, dopo breve lotta, occupa i forti in costruzione di Matassone e di Pozzacchio. La nostra occupazione in quel settore è così stabilita lungo la linea: Zugna Torta, Matassone, Pozzacchio, Monte Spill.
                In ottobre, si svolgono alcune azioni offensive  sull’altipiano di Folgaria alle quali partecipano reparti del 79° che nei giorni dal 19 al 22, attaccando le posizioni di Bocca Valle Orsara e Monte Maronia, ma dopo alterna vicenda le operazioni vengono sospese per la solida consistenza delle difese accessorie e per la viva reazione avversaria. L’80° fanteria, rimasto sul Col Santo ed in Vallarsa riesce, nel novembre – dicembre, a porre saldamente piede sulla sinistra del Torrente Leno di Terragnolo fra San Nicolò e Ponte Colombano e sulle alture della Corna a sud di Rovereto.
                Entrambi i reggimenti provvedono poi, nelle rispettive posizioni raggiunte, ai lavori di rafforzamento e di sistemazione invernale.




Dalle risultanze rilevate dal diario di guerra, in base agli spostamenti della Brigata Roma e dal sui impiego nei fatti  d’armi, si può stabilire che, la morte del soldato Raffaele Antonino, avvenne durante le operazioni di conquista e mantenimento del Pasubio.  Purtroppo i dati ad oggi reperiti, non consento di individuare le circostanze esatte della morte del fante liparese, ne il tipo di ferite ricevute, ma non è improbabile, che egli sia rimasto vittima del fuoco delle artiglierie austriache, che quasi quotidianamente colpivano con piccoli e medi calibri (bombarde,lancia granate e shrapnel) le prime linee italiane.
La sottostante tabella di riepilogo delle perdite, evidenzia come il 79° fanteria abbia subito dal 24 maggio al 31 dicembre solo 29 morti, su un numero di uomini complessivo alle sue dipendenze di circa 3000 unità (solo truppa).
                La lettera scritta alla cugina, da un ufficiale del 79° reggimento di fanteria (A.T.) ,che comandava la 7^ Compagnia, racconta dei bombardamenti subiti dal proprio reparto da parte dei vicini forti austriaci. Infatti dal 15 agosto al 24 agosto, furono compiuti pesanti azioni di bombardamento da parte delle nostre artiglierie contro i forti della linea austriaca che chiudeva il passo verso Trento
L’ufficiale descrive nella prima parte della sua lettera lo spettacolo del bombardamento, mentre sul finire della stessa parla di alcune perdite di uomini dovute proprio a causa del fuoco delle artiglierie avversarie.

“…Un bombardamento intenso, fatto con molti cannoni, è uno spettacolo bellissimo, ma molto impressionante. L'altra sera occupavo con la compagnia alcune trincee tra C.M. e M.M. .e tra le 21 e le 22 i forti nemici vollero farmi un po' di festa. In poco più di mezz'ora oltre 500 tra granate e shrapnels vennero a cadere sulle mie posizioni. Ai sibili rabbiosi dei proiettili di cannone di medio calibro si univa il fruscio lento e maestoso dei proiettili di grosso calibro; allo scoppio fragoroso degli shrapnel seguono i cupi boati delle granate, gli scoppi si succedevano agli scoppi, la pioggia delle pallette si univa alla pioggia delle schegge di granata e di sassi. Era un inferno: appena si sentiva lo scoppio d'un proiettile e si tirava la testa fuori dalla trincea per l'aria si sentiva il sibilo di altri dieci - dodici proiettili che arrivavano; sulle posizioni nemiche, sui forti si scorgevano le vampate di altri proiettili che partivano. E tutta questa pioggia di ferro e fuoco si riversava su le mie trincee, i miei reticolati, sul terreno fra questi e quelle. Appena iniziato il bombardamento i miei soldati si ritirarono in alcune  grotte scavate nella roccia e in prossimità delle trincee e fuori, tra i reticolati, rimasero solo le vedette: credevo trovarle tutte squartate, ma, malgrado molte siano rimaste investite dalla terra e dai sassi lanciati intorno a dalle granate, nessuno ebbe a soffrire. Tutto il danno si ridusse a dei fucili fracassati. Personalmente me la cavai benissimo e posso dire di aver ricominciato a vivere quella sera…
“… Su quel tratto di trincea squarciata le granate intanto continuavano a fioccare, ma noi eravamo quasi al sicuro, malgrado tante volte la caverna sia stata riempita dal fumo delle esplosioni: un fumo acre e fortemente odorante di zolfo. Non sempre però le cose vanno così bene e tremendo è l'effetto delle granate quando colpiscono in pieno. Un sergente del genio da una granata venne nettamente tagliato in due: le gambe e le viscere vennero proiettate lontano, il tronco rimase sul posto e continuò per qualche secondo a lamentarsi: mamma mia muoio. Un alpino da una granata fu lanciato in aria un dieci metri; ricadde a brandelli; un mio soldato ebbe asportato soltanto il piede destro... Ma basta con questa enumerazione macabra. Solo un piccolo episodio: un mio soldato ferito a morte, passandogli vicino il suo comandante di plotone lo chiama per dirgli. Tenente, ti voglio baciare. Morì dopo qualche ora e oggi fu seppellito…”

(tratta da un articolo dell’Espresso – archivio diaristico nazionale)

Il bombardamento descritto da A.T. si riferisce senza dubbio al fuoco di preparazione, praticato dalle artiglierie italiane dal 14 agosto al 24 agosto 1915, sui forti di Luserna, Busa di Verle e Vezzena, in preparazione all’azione da svolgere nella notte del 24 agosto  da parte della Brigata Ivrea contro Vezzena e della Brigata Treviso contro Col Basson e Luserna.                Nella battaglia di Col Basson perderà la vita il 26 agosto un altro fante eoliano,  “Fonti Giovanni”.-

Dal 24 maggio al 31 dicembre il 79° reggimento subirà le seguenti perdite

Ufficiali
Truppa
Morti
Feriti
Dispersi
Morti
Feriti
Dispersi
/
5
/
29
270
/

Approfondimenti:
L’albo d’Oro dei Caduti Italiani nella Grande Guerra, raccoglie i nomi di tutti i caduti a causa del conflitto. Esso, pur fornendo importati informazioni sui combattenti vittime del conflitto, identifica però in modo approssimativo la zona dove avvenne il decesso, stabilendo solo se lo stesso fu causato per ferite dovute a combattimento (non identificando l’evento), malattia, prigionia o infortunio. Maggiori dati possono essere forniti solo dallo stato di servizio del fante deceduto (la dove sia possibile reperirlo) e dal mod. 147 (atto di morte) ad asso allegato, dove una brevissima descrizione data dall’ufficiale, incaricato della tenuta dei registri di morte del reggimento e sottoscritta da due testimoni, indica in modo sintetico la località approssimativa, le cause ed il luogo originario della sepoltura (avvenuta spesso sul campo o nei cimiteri militari o comunali più prossimi alla zona del fronte).
Tutti questi dati vanno poi incrociati con i diari di guerra dell’unità di appartenenza e con i vari racconti  storici disponibili (spesso, memorie o testimonianze dirette).
Sul Monte Pasubio vennero fatti prigionieri durante la Strafexpedition del 1916 gli irredentisti Trentini (ex sudditi austriaci arruolati nell’esercito italiano) Cesare Battini, tenete degli alpini (Battaglione Vicenza) e  Fabio Filzi sottotenente dello stesso reparto. Portati a Trento, vennero processati dagli austriaci come traditori ed impiccati nel fossato del Castello del Buonconsiglio. Invano Cesare Battisti chiese prendendo la parola davanti al giudice, di essere condannato con indosso la divisa di soldato alla pena capitale per fucilazione. La giuria di fantocci, che aveva presenziato il processo falsa sentenziò che i due traditori dell’impero austroungarico (eroi per gli italiani) venissero vestiti con abiti civili (in realtà stracci comprati per due soldi) e condannati a morte per capestro.

Fabio Filzi e Cesare Battisti prigionieri

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.