Questa l'ordinanza che entrerà in vigore il 26 Giugno. Con questo provvedimento si dovrebbe consentire agli operatori di Sottomonastero e della parte terminale del Corso V.E. di poter lavorare - così come avevamo auspicato in un nostro articolo - con più serenità, senza dover "combattare h.24 con motorini ed auto. Conoscendo come vanno le cose in quest'isola, auspichiamo si rispetti questa ordinanza senza che si debba ricorrere all'intervento della Polizia Municipale.
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domenica 24 giugno 2018
Lettere al direttore. "Squadra antincendio di Vulcano...come bestie al macello".
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro direttore,
noi della Squadra antincendio di Vulcano siamo trattati peggio delle bestie destinate al macello, sbattuti in mezzo alla strada, senza nessun riparo, ne servizi igienici.
E' una vergogna, siamo nelle mani di incompetenti che non hanno rispetto per la dignità umana. L'unico che si sta battendo per trovarci una sistemazione idonea é il delegato di Vulcano ma, qualcuno, sembra che gli remi contro, a cominciare da qualche elemento della squadra che, un po' per antipatia, un po' per corrente politica avversa, fa si che questi sforzi vengano meno.
Scusami per questo sfogo ma dopo tanti anni di onorato servizio mi sento preso per i fondelli da tutta l'amministrazione comunale.
Lettera firmata
I nostri auguri ai festeggiati di oggi
Buon Compleanno a Francesco De Rossi, Anna Lisa Triolo, Ivana Caccetta, Rossella Mirabito, Perry Lopez, Ella Di Benedetto, Jessica Greco, Giovanna Mandarano, Loredana Natoli, Vincenzo Lo Schiavo
Svelato il "mistero" della "rotonda" di Calandra. Adesso è più chiaro a cosa serve
La "rotonda" creata a Calandra (Canneto) attraverso un bel disegnino sulla sede stradale ha destato non poca curiosità, unita a perplessità.
Ma, visto il traffico caotico che si sviluppa già da adesso a Canneto, ha un senso (😂). E' il "punto d'atterraggio diurno" per elicotteri di soccorso.
Infatti, considerando che con una fila, come quella creatasi ieri mattina, si impiegano da 15 a 20 minuti per attraversare la Marina Garibaldi, se dovesse essere necessario un soccorso dalla piazza in avanti, è più facile fare giungere più velocemente un elicottero che l'ambulanza del 118. 😂
Ma, visto il traffico caotico che si sviluppa già da adesso a Canneto, ha un senso (😂). E' il "punto d'atterraggio diurno" per elicotteri di soccorso.
Infatti, considerando che con una fila, come quella creatasi ieri mattina, si impiegano da 15 a 20 minuti per attraversare la Marina Garibaldi, se dovesse essere necessario un soccorso dalla piazza in avanti, è più facile fare giungere più velocemente un elicottero che l'ambulanza del 118. 😂
Morte fratellini Messina. Su un presunto ritardo nei soccorsi indagine della Procura. Numero unico "sotto accusa" ?
La Procura di Messina ha aperto un’inchiesta in riferimento ai presunti ritardi d’intervento dei vigili del fuoco per l’incendio in via dei Mille, dove persero la vita i fratellini Francesco e Raniero Messina.
Secondo quanto trapelato dal Palazzo di Giustizia, il procuratore Annalisa Arena coadiuvato dal procuratore capo Maurizio De Lucia sta cercando di fare piena luce sul possibile ritardo con cui sono stati allertati i vigili del fuoco. Infatti, fra la prima chiamata di richiesta di intervento al numero unico d’emergenza (112) e la successiva chiamata con richiesta di intervento dei pompieri, sarebbero trascorsi 6 minuti.
I magistrati della Procura di Messina stanno cercando di accertare eventuali responsabilità. I primi soccorritori, fra i quali alcuni parenti, hanno infatti lamentato ritardi nell’intervento dei vigili del fuoco.
Ritardo che, a questo punto, è chiaro, non sarebbe imputabile ai pompieri di Messina ai quali la richiesta d’intervento è giunta alle 4 e 13, ovvero sei minuti dopo la prima chiamata giunta al centralino unico.
Secondo quanto trapelato dal Palazzo di Giustizia, il procuratore Annalisa Arena coadiuvato dal procuratore capo Maurizio De Lucia sta cercando di fare piena luce sul possibile ritardo con cui sono stati allertati i vigili del fuoco. Infatti, fra la prima chiamata di richiesta di intervento al numero unico d’emergenza (112) e la successiva chiamata con richiesta di intervento dei pompieri, sarebbero trascorsi 6 minuti.
I magistrati della Procura di Messina stanno cercando di accertare eventuali responsabilità. I primi soccorritori, fra i quali alcuni parenti, hanno infatti lamentato ritardi nell’intervento dei vigili del fuoco.
Ritardo che, a questo punto, è chiaro, non sarebbe imputabile ai pompieri di Messina ai quali la richiesta d’intervento è giunta alle 4 e 13, ovvero sei minuti dopo la prima chiamata giunta al centralino unico.
La virtù della pazienza in madre Florenzia (di Michele Giacomantonio)
Premessa
Mi sono convinto, riflettendo sulla vita di Florenzia, che la virtù maggiore che ha connotato tutta la vita della Serva di Dio, dalla fanciullezza alla vecchiaia, sia stata la pazienza. La pazienza più dell’obbedienza. L’obbedienza era naturalmente uno dei tre voti, uno dei tre consigli evangelici, ma questa era così salda e spontanea senza apparire mai come costrizione perché era fondata sulla pazienza e la pazienza a sua volta era fondata sulla certezza incrollabile, senza dubbi e senza incertezze, che il suo progetto – dalla propria vocazione alla promozione dell’Istituto ed alla affermazione di questo – era voluto da Dio. Una certezza che le derivava dall’”ascolto della voce” maturato nella preghiera e nel silenzio.
Ma la pazienza è una virtù così importante? Più dell’obbedienza tanto da poterle fare da fondamento? Ed è importante sotto l’aspetto umano o anche dal punto di vista della fede? Ed ha valore anche nel nostro tempo o è una virtù del passato che nell’era della comunicazione in tempo reale non ha più senso?
Attualità della pazienza
Non ho la pretesa di affrontare il problema a livello interdisciplinare. Per quando riguarda l’importanza della pazienza nella società moderna o post-moderna, come si usa dire, faccio riferimento ad un articolo del sociologo polacco Zygmunt Bauman[1] che sostiene che viviamo un tempo in cui la pazienza si è estinta e desideriamo un mondo sempre più simile al caffè istantaneo ma, a suo avviso, applicare le regole di internet alla vita reale provocherebbe danni gravi sul piano etico e sociale.
“Stiamo perdendo la pazienza – constata Bauman -, eppure i grandi risultati necessitano di grande pazienza. Il periodo di tempo in cui si è in grado di tenere desta la soglia di attenzione, l’abilità a restare concentrati per un tempo prolungato – in definitiva, quindi, la perseveranza, la resistenza e la forza morale, caratteri distintivi della pazienza – sono in calo, e rapidamente”.
Questo influisce sulla disponibilità ad ascoltare e sulle facoltà di comprendere, sulla determinazione ad “andare al cuore della faccenda”, quindi provoca un continuo declino delle capacità di dialogare. “Strettamente connesso ai trend descritti è il danno inferto alla memoria, oggi sempre più spesso trasferita e affidata ai server, invece che immagazzinata nel cervello”.
Naturalmente non possono mancare i riflessi sulla natura stessa dei rapporti umani. “Allacciare e spezzare legami online è più comodo e meno imprudente che farlo offline. Non comporta obblighi a lungo termine, e tanto meno promesse del tipo ‘finché morte non ci separi, nella buona e nella cattiva sorte’; non esige un obbligo così prolungato e coscienzioso come esigono i legami offline. Certo questo è un effetto non ascrivibile solo al diffondersi del digitale ed anche ad un malinteso senso della libertà ma forse soprattutto a quella che viene definita la banalizzazione dell’esistenza con l’affermarsi di stili di vita superficiali non fondati su scelte di vita che investono le basi dell’esistenza. Per quanto riguarda la libertà oggi essa viene spesso immaginata come l’assenza di legami, di vincoli, come possibilità di azzerare il passato rimuovendo tutto ciò in cui prima si viveva, e anzitutto le relazioni e gli impegni assunti, e ricominciare tutto da un nuovo punto di partenza. Oggi la vita di coppia è divenuta fragile, la fedeltà difficile, il compatimento impossibile. Ma non è solo problema delle coppie ma di tutti i rapporti fondati sui sentimenti, sulla fede, sui valori, sull’interiorità e quindi anche le vocazioni, le amicizie.
Dai rapporti umani alla democrazia. “Al contrario delle aspettative abbastanza diffuse secondo le quali Internet rappresenterà un grande salto in avanti nella storia della democrazia e coinvolgerà noi tutti nel processo di dar forma al mondo che condividiamo, osserva Bauman che si vanno accumulando le prove per le quali Internet potrebbe servire anche a perpetuare e a rafforzare conflitti e antagonismi”.
Naturalmente i sociologi lavorano sulle linee di tendenza e sono portati ad accentuare i contorni degli scenari che vanno prefigurando. Ed è lo stesso Bauman a metterci sull’avviso affermando che è prematuro valutare gli effetti aggregati di un cambiamento-spartiacque fra mondo online e mondo offline, così determinante nella condizione umana e nella storia culturale. Ma subito dopo aggiunge che “a conti fatti, d’ora in poi, faremo bene a tenere d’occhio da vicino le conseguenze della spaccatura online/offline”.
E faremo bene quindi a coltivare quella virtù della pazienza che è alla base di quella cultura del dialogo, della responsabilità, dell’affidamento reciproco, della fedeltà, ecc. che hanno garantito forme di convivenza fondate sul rispetto reciproco che hanno consentito di risolvere gravi problemi umani e sociali. Di fronte a tutte le trasformazioni tecnologiche, sociali e politiche vagheggiate o temute la pazienza si è dimostrata come la vera forza rivoluzionaria di cui l’uomo dispone.
La pazienza di Dio
Ma se la pazienza a livello umano e sociale è così influente che ci dice la teologia e quindi la fede? “La virtù dell’anima che chiamiamo pazienza – osserva Sant’Agostino - è un dono di Dio così grande che noi parliamo di pazienza anche riferendoci a colui che a noi la dona; e vi intendiamo la tolleranza con cui egli aspetta che i cattivi si ravvedano. È vero infatti che il nome "pazienza" deriva da patire, ma pur essendo vero che Dio non può in alcun modo patire, tuttavia noi per fede crediamo, e confessiamo per ottenere la salvezza, che Dio è paziente”[2] .
Ed il monaco Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, spiega che noi sappiamo fin dall’Antico testamento che Dio è paziente. Dio lo afferma a Mosè quando lo incontra sul monte Sinai per dargli le tavole della legge: “ Io sono il Signore, il Dio misericordioso e clemente, sono paziente sempre ben disposto e fedele” (Esodo 34,6). L’espressione che sentiamo tornare di frequente per indicare la pazienza di Dio nell’Antico Testamento, è “lento all’ira”[3].
La pazienza del Figlio
La pazienza del Padre si traduce nella pazienza del Figlio. C’è una parabola che dà la misura e la natura di questa pazienza ed è la parabola della remissione dei debiti ( Matteo 18,23 e ss.). Il padrone accoglie la preghiera del servo che chiede pazienza perché non può pagare i propri debiti ma lo punisce duramente quando vede che questi non si comporta, con altrettanta misericordia, verso i propri debitori.
La pazienza di Gesù è scandita da quella che il Vangelo chiama “la sua ora”. Osserva il teologo José Maria Cabodevilla che Gesù vivrà sempre dipendente da quella “ sua ora, tante volte da lui stesso menzionata (Mt 26, 45; Lc l4, 35.41; Gv 12,27; 17,1...)… Non ha alcun potere su quell'ora e nemmeno la conosce (Mc 13, 32). Conoscerla avrebbe significato una forma di potere su di essa, una anticipata notizia relativa agli occulti disegni del Dio dell'Esodo e ciò avrebbe reso psicologicamente impossibile una normale vivibilità umana del tempo…. Ogni uomo ha la sua ora e davanti ad essa dovrà osservare un comportamento simile: «Abbiate pazienza finché arriverà il giorno del Signore» (Gc 5, 7). Come qualsiasi altra virtù cristiana, la nostra pazienza si può solo intendere come imitazione e sequela di Cristo. Non ha niente dell’imperturbabilità e dello stoicismo agnostico[4].
La pazienza di Dio trova la sua espressione più pregnante nella passione e croce di Gesù: lì la dissimmetria fra il Dio che pazienta e si spoglia di tutto per farsi prossimo all’uomo e l’umanità peccatrice si amplia a dismisura nella passione di amore e di sofferenza di Dio nel Figlio Gesù Cristo crocifisso. Da allora la pazienza, come virtù cristiana, è un dono dello Spirito elargito dal Crocifisso-Risorto, e si configura come partecipazione alle energie che provengono dall’evento pasquale. Mentre l’egoismo umano produce immoralità, corruzione e vizio, idolatria, magia, odio, litigi, gelosie, ire, intrighi, divisioni, invidie, ubriachezze, orge ed altre cose di questo genere, lo Spirito produce amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé (Galati 5,22).
Ed ai primi cristiani che si lamentavano che il ritorno del Signore sembrava tardare Pietro ricordava che per il Signore un giorno sono come mille anni e mille anni come un giorno. «Il Signore non ritarda nell’adempire la promessa [...], ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti giungano a conversione» (2 Pietro 3,9). E Giovanni, rifacendosi direttamente al Maestro, aggiungeva: «Se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32) .
Proprio commentando queste parole, Cipriano di Cartagine, vescovo e martire, osserva: “ammessi alla speranza della verità e della libertà, possiamo davvero arrivare alla verità e alla libertà. Il fatto stesso di essere cristiani è questione di fede e di speranza; ma perché la speranza e la fede possano arrivare a portare frutto, è necessaria la pazienza”[5].
San Paolo parlando della carità, unisce ad essa anche la sopportazione e la pazienza. «La carità, dice, è paziente; è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, ... non si adira non tiene conto del male ricevuto. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13, 4-5). Egli ci fa vedere così che essa può perseverare tenacemente per il fatto che sa sopportare tutto.
Ancora San Paolo nella lettera ai Romani ci ricorda che la sofferenza produce perseveranza e la perseveranza ci rende forti nella prova, e questa forza ci apre alla speranza. (5,4). A questo proposito il teologo Cabodevilla ci fa rilevare che apparentemente sembra che debba essere la speranza a generare la pazienza poiché solitamente è la speranza che ci incita ad essere pazienti. Ma la parola dell'apostolo contiene una verità più profonda, e cioè che solo con la pazienza si costruisce la speranza in quanto virtù, come nell'amore coniugale, che necessita del tempo e delle difficoltà inerenti al tempo, per essere qualcosa di più di un innamoramento passeggero. Il superamento di queste difficoltà genera la pazienza, rende ardua la nostra speranza, la consolida e la rivaluta fino a giungere a «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18). Pratica questa non meno dura, non meno paziente, di quella di credere contro ogni evidenza, di amare il nemico come noi stessi[6].
Ancora Enzo Bianchi fa osservare che, per il cristiano, la pazienza è coestensiva alla fede. Sia intesa come perseveranza, cioè come fede che dura nel tempo, sia come arte di accettare e vivere l’incompiutezza che rende capaci di guardare e sentire in grande. Questo secondo aspetto dice come la pazienza sia necessariamente umile: essa porta l’uomo a riconoscere la propria personale incompiutezza, e diventa pazienza verso se stessi; essa riconosce l’incompiutezza e la fragilità delle relazioni con gli altri, strutturandosi così come pazienza nei confronti degli altri; confessa l’incompiutezza del disegno divino di salvezza, configurandosi come speranza, invocazione e attesa di salvezza. La pazienza è la virtù di una chiesa che attende il Signore, che vive responsabilmente il non ancora senza anticipare la fine e senza ergere se stessa a fine del disegno di Dio[7].
Abbiamo parlato di pazienza nei confronti degli altri. Ne abbiamo parlato sopra a proposito delle relazioni umane nell’epoca del digitale e della banalizzazione degli stili di vita. Lo riprendiamo ora per le sue implicazioni religiose. La pazienza è attenzione al tempo dell’altro, nella piena coscienza che il tempo lo si vive al plurale, con gli altri, facendone un evento di relazione, di incontro, di amore. Il pazientare, cioè l’assumere come determinante nella propria esistenza il tempo dell’altro (di Dio e dell’altro uomo), è infatti opera dell’amore. «L’amore pazienta», dice Paolo (1 Corinti 13,4). E la misura e il criterio della pazienza del credente non possono risiedere, in ultima istanza, che nella «pazienza di Cristo»(2 Tessalonicesi 3,5).
Ecco perché spesso la pazienza è stata definita dai Padri della chiesa come la summa virtus (cfr. Tertulliano, De patientia 1,7): essa è essenziale alla fede, alla speranza e alla carità. Innestata nella fede in Cristo, la pazienza diviene «forza nei confronti di se stessi» (Tommaso d’Aquino), capacità di non disperare, di non lasciarsi abbattere nelle tribolazioni e nelle difficoltà, diviene perseveranza, capacità di rimanere e durare nel tempo senza snaturare la propria verità, e diviene anche capacità di sup-portare gli altri, di sostenere gli altri e la loro storia. Nulla di eroico in questa operazione spirituale, ma solo la fede di essere a propria volta sostenuti dalle braccia del Cristo stese sulla croce.
In questa difficile opera il credente è sorretto da una promessa: «Chi persevera fino alla fine sarà salvato» (Matteo 10,22; 24, 13). Promessa che non va intesa semplicemente come un rimanere saldi in una professione di fede, ma come un mettere in pratica la pazienza e l’attiva sopportazione tanto nei rapporti intra-ecclesiali, intra-comunitari («sopportatevi a vicenda», Colossesi 3,13), quanto nei rapporti della comunità cristiana ad extra, con tutti gli altri uomini («siate pazienti con tutti», 1Tessalonicesi 5,14). La pazienza diviene così una categoria che interpella la struttura interna della comunità cristiana e il suo assetto nel mondo, in mezzo agli altri uomini, ai non credenti. E mentre interpella, inquieta.
C’è ancora un aspetto della pazienza su cui vorrei soffermarmi perché ha a che fare con la perfetta letizia e la capacità, di fronte anche a forti tribolazioni di mettere al centro dell’attenzione Dio e non noi stessi. Molto spesso, infatti, a noi sembra che Dio non premi la nostra pazienza. Sebbene Gesù abbia detto “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato” e ancora “Io sono la vite, voi i tralci, se rimarrete legati a me darete molti frutti e tutto ciò che chiederete radicati nelle mie parole, lo otterrete” ci sembra che le nostre richieste rimangano inascoltate. Le riproponiamo con frequenza ma senza risultato. E così ci chiediamo “Fino a quando deve prolungarsi la nostra preghiera perché Dio la ascolti?”. Forse, ci suggerisce il teologo Cabodevilla, bisognerebbe porsi diversamente il problema. Non quale sia il tempo di Dio per accogliere le nostre suppliche, ma quale è il tempo nostro finché non scopriamo e accogliamo e accettiamo la volontà di Dio. Lungo tutto il percorso della nostra preghiera infruttuosa è stato Dio a dimostrarsi paziente alla sordità di un'anima che a forza di parlare, si rendeva incapace di udire. Infatti la comunione di più volontà alla quale tende ogni vera preghiera deve realizzarsi verso l'alto e non verso il basso. Dio esaudirà tutte le sue promesse, ma non è tenuto a soddisfare tutti i nostri desideri. Mai dà una pietra a chi gli chiede un pane, ma neanche dà un coltello al bambino che gli chiede un coltello oppure non intende sacrificare un disegno più grande di quello che chiediamo. Se l'uomo, invece di lamentarsi che Dio non lo ascolta, si immergesse nel silenzio per ascoltare Dio, finirebbe per capire e il suo cuore potrebbe così evolvere dal desiderio all'annientamento, dall'esigenza fino al distacco, dall'impazienza fino alla pazienza.
Infine ancora una considerazione. La pazienza cristiana non ha niente di quelle passività tipiche di tante pazienze umane per cui sarebbe meglio parlare di rassegnazione. La pazienza cristiana non è rassegnazione a qualcosa ma abbandono a qualcuno. Più che sperare in qualcosa noi speriamo in qualcuno.
La pazienza di Florenzia[8]
Abbiamo già detto che la pazienza fu una virtù che accompagnò Florenzia tutta la vita dalla fanciullezza sino alla vecchiaia. Ora, alla luce delle considerazioni fatte, possiamo dire che la pazienza di Florenzia fu una pazienza radicata nella fede ed alimentata dalla fede. Fu il fondamento della sua spiritualità ed a questa spiritualità si alimentò. Se vogliamo partire dall’ultima considerazione che abbiamo fatta e cioè che la pazienza cristiana non è rassegnazione ma abbandono a qualcuno scopriamo che essa si addice a Florenzia pienamente e rimanda al suo affidamento pieno, completo, senza misura a Gesù. Ma se ripercorriamo tutto il ragionamento che abbiamo fatto ci accorgiamo come ogni singolo passaggio si addice pienamente a Florenzia come l’attesa paziente dell’ora , l’attenzione ai tempi degli altri, l’anteporre la volontà di Dio alla nostra supplica, ecc. Certo lungo il corso della vita della Madre questa pazienza è venuta approfondendosi, ha fatto i conti con un temperamento che in gioventù era un po’ impulsivo, impaziente e quindi è arrivata a raggiungere il pieno controllo del proprio carattere. Ma anche questo è un merito della Serva di Dio ed in qualche modo una anticipazione dell’urgente bisogno che abbiamo oggi di formarci alla pazienza. Ella infatti ha compreso che la pazienza non era sì un dono da chiedere nella preghiera ma, ancora prima, un valore da costruire attraverso l’autoformazione e il controllo di sé e che quante maggiori erano le avversità da affrontare tanto più doveva confidare nella pazienza.
Se vogliamo seguire questo cammino lungo i molti problemi che, Giovanna prima e Florenzia dopo, incontra potremmo articolare la sua vita in tre periodi tutti scanditi dal tema della pazienza. La pazienza per realizzare la sua vocazione di suora, prima a Lipari e poi negli Usa, che potremmo chiamare la pazienza della semina. La pazienza nel realizzare e consolidare il suo istituto, alle prese prima con l’apertura della casa a Lipari, poi con la carenza di vocazioni, e quindi con i pregiudizi dei superiori ed i contrasti che ne derivavano. Una pazienza che potremmo chiamare delle prove alle prese con le difficoltà. Infine la pazienza del raccolto e cioè l’attenzione ad accompagnare lo sviluppo dell’istituto dai piccoli paesi di provincia alle città, all’apertura della casa generalizia a Roma, alla missione in America latina.
Parlando di pazienza della semina e del raccolto viene in mente San Giacomo. “Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera” (Gc.5,7).
Per Giovanna anche il periodo della semina non fu privo di problemi. Fin da bambina mostrò subito una spiccata attitudine alla preghiera ed al silenzio. Passava lunghe ore dinnanzi all’immagine della Madonna degli angeli e spesso mamma Nunziata doveva mandarla a chiamare e la sgridava perché trascurava gli impegni di casa fra cui vi era la cura dei fratellini più piccoli. Il silenzio e la preghiera la portarono nel giorno della prima comunione a sentire la voce di Gesù. Non se ne meravigliò ed anzi lo confidò alla sorella più grande che le consigliò di tenere questo segreto per sé se non voleva essere presa per matta.
La pazienza della semina
Giovanna non ne parla più ma continua sentire nel cuore e nelle orecchie la voce di Gesù e della Madonna. A 17 anni confida alla madre che vuole farsi suora. Mamma Nunziata non ne vuole nemmeno sentire parlare. Non è il momento, con la malattia del padre che si protrae ormai da anni e lo rende invalido, c’è bisogno del lavoro di tutti. Giovanna china la testa ma fa nel suo cuore una scelta di vita: se non potrà andare in convento e farsi suora, allora vivrà in casa come una suora abolendo dalle sue consuetudini anche il più innocente atteggiamento mondano: le festicciole con gli amici e parenti, le passeggiate con le amiche, e da ragazza giuliva e gioiosa diventa riservata e schiva. Già da tempo si era dedicata a curare il papà infermo, ora aumenta il suo impegno e se fino allora la madre si era riservata le cure più intime per rispettare il pudore di Giovanna, ora Giovanna non accetta più limitazioni. Se deve curare suo padre come farebbe una suora deve poter fare tutto quello che fanno le suore in ospedale, senza scrupoli e falsi pudori.
Giovanna torna a riparlare della sua intenzione di farsi suora alla morte del padre quando mamma Nunziata annunzia che sono costretti ad andare a New York dove suo fratello garantisce che troverà un lavoro a Giovanna ed i suoi fratelli grandicelli Angelina, Nunziatina, Peppino e Maria mentre Antonino rimarrà a studiare in seminario.
“Perché non posso rimanere anch’io e farmi suora?”, chiede Giovanna. “Perché i risparmi che abbiamo – risponde mamma Nunziata – bastono solo per gli studi di Antonino e non ce ne sono per la tua dote. E poi, questo viaggio costa e costa anche il soggiorno a New York. Lo zio anticipa tutto ma poi bisogna rimborsarlo e questo sarà possibile con gli sforzi di ciascuno di noi. Giovanna, non è questo il momento”. Ed ancora una volta Giovanna china la testa.
Ma a testimoniare che la sua non è rassegnazione ma affidamento alla volontà di Dio, lo dimostra il fatto che il viaggio negli Stati Unità darà i suoi frutti. Infatti è grazie al terribile viaggio in nave ed all’incontro con i frati di Sant’Antonio in Sullivan Street che la vocazione di Giovanna si precisa come vocazione francescana. E proprio a Sant’Antonio Giovanna incontrerà in padre Daniele, una valida guida spirituale, che saprà consigliarla quando, a quasi tre anni dall’arrivo a New York, constatando che tutti i debiti con lo zio erano stati saldati e che ormai aveva compiuto ventisei anni, decide di riproporre con forza la richiesta di farsi suora. Ancora una volta la risposta di mamma Nunziata è negativa. “Solo ora, finalmente abbiamo un po’ di respiro e tu vuoi andartene? Non se ne parla proprio”. Ma questa volta Giovanna non è sola a decidere. Le viene in soccorso a confortarla la “sua voce” e padre Daniele, dopo averle chiesto di fare un ultimo tentativo che sarà ancora infruttuoso, decide di aiutarla. Finalmente anche per Giovanna è giunta la “sua ora”, l’ora di realizzare il suo sogno. E così Giovanna va alla casa delle novizie ad Allegany dalle Franciscan sisters che avevano un convento vicino alla chiesa di Sant’Antonio ed a metà luglio del 1899 vestirà l’abito francescano ed assumerà il nome di Maria Florenzia.
La pazienza dinnanzi alle prove
Superato il periodo della semina si apre per Florenzia un lungo periodo in cui la sua pazienza è messa alla prova e spesso si tratta di prove dure. La prima prova deve superarla negli Stati Uniti a Pittsburg dove è stata inviata con altre compagne per aprire un centro di assistenza sociale e spirituale per gli immigrati italiani. L’esperimento fallisce, non certo per colpa di Florenzia, e lei si trova nella delicata situazione di ricominciare tutto da capo e dover rifare il noviziato. In questo frangente si pone il problema di rientrare a Lipari dove è tornata la sua famiglia. Ma non è questo che la convince a rientrare. Florenzia torna a Lipari perché lì la chiama il vescovo di Lipari che vuole che si occupi delle ragazze madri e dei bambini abbandonati realizzando per loro un istituto. Ma proprio l’apertura di questo istituto sarà una prova durissima. La diocesi non può aiutarla e deve fare tutto da sola ma finalmente col sostegno della famiglia. Deve trovare una sede, deve arredarla, deve cercare delle novizie che accettino di condividere con lei l’esperienza, deve prendere contatto a Roma con il Ministro generale dei Frati minori per ottenere l’aggregazione all’ordine. Il vescovo di Lipari, Mons. Raiti la sostiene ma non può fare molto per non ingelosire le suore di Carità che sono a Lipari dal 1886 e si dedicano alla formazione delle ragazze delle famiglie borghesi.
Finalmente l’1 novembre del 1905, circa dieci mesi dopo il suo rientro a Lipari, nasce l’Istituto ma questo non risolve tutti i problemi. Anzi…Intanto mons. Raiti, che l’aveva richiamata a Lipari, lascia la diocesi per diventare vescovo di Trapani e dopo di lui i successori si susseguiranno con una certa rapidità fino a quando nel 1921 arriverà come amministratore apostolico mons. Salvatore Ballo Guercio che si rivelerà particolarmente ostile nei confronti di Florenzia e verso il suo Istituto. Mons. Guercio, che ritiene Florenzia non all’altezza del suo compito, vorrebbe che confluisse con le sue compagne in una congregazione più radicata e consistente e al suo rifiuto farà quanto è in suo potere per rendergli il cammino difficile. Tenterà inutilmente di non farla eleggere superiora, non riconoscerà la casa del noviziato ad Acireale e bloccherà le professioni di fede e le vestizioni. Saranno anni terribili nei quali ai problemi dell’Istituto si sommano i dolori e le sofferenze per la morte di una bambina, Linuccia, che le suore avevano cresciuto perché rimasta orfana durante il terremoto di Messina, quindi i suoi problemi di salute per le forti tensioni a cui il suo fisico era stato sottoposto, infine lo scandalo per l’abbandono di una suora.
Possiamo dire che solo col 1928 – ventitré anni dalla costituzione - il periodo delle prove può dirsi superato e l’Istituto entra in una fase nuova che abbiamo chiamato del raccolto.
La pazienza del raccolto
Fino a quel momento l’Istituto aveva vissuto in maniera stentata aprendo sedi nei piccoli paesi della provincia dove le suore insegnavano alle ragazze per lo più taglio e cucito ed aiutavano le parrocchie nella liturgia e nel catechismo. Ora Florenzia può pensare alle grandi città della Sicilia dove oltre alle povertà materiali crescono altre povertà che colpiscono l’animo e lo spirito delle persone e così nascono le case di Trapani, Catania ed infine Palermo. Povertà che sono accresciute dalla guerra mondiale con i bombardamenti, il mercato nero, gli sfollamenti. E quando la guerra finisce, il giorno stesso dell’armistizio, Florenzia, che ha ormai settant’anni e la salute malferma, con due suore parte per Roma, traversando un’Italia dalle ferrovie distrutte, dalle strade e ponti dissestati, per andare ad aprire a Roma la Casa generalizia che ha sempre sognato e senza la quale teme che il suo Istituto rimarrà sempre di diritto diocesano mentre lei vuole che diventi di diritto pontificio. Partono il 22 maggio 1945 e dopo due giorni e due notti di passione giungono in una Roma devastata, rifugio di sbandati, alle prese con una grave crisi degli alloggi. Cercano due cose: l’autorizzazione del Vicariato ad aprire una casa in città, un edificio che possa diventare la loro casa generalizia. Un obiettivo più difficile dell’altro perché il Vicariato è diffidente con le congregazioni siciliane che cercano una sede a Roma giudicandole affette di familismo e perché, come abbiamo detto, a Roma, in seguito ai bombardamenti ed alle vicissitudini di “città aperta” alle prese oltre che con la guerra fra americani e tedeschi anche con la guerra civile fra gli italiani, trovare un alloggio libero è praticamente impossibile. Eppure il 30 giugno a cinque settimane dall’arrivo le nostre suore hanno il contratto di un edificio e l’autorizzazione del Vicariato. Un vero e proprio miracolo. Un miracolo della fede e della pazienza.
Ora forse Florenzia potrebbe riposare tranquilla anche se le vicissitudini non mancano come l’infedeltà di una suora che crea molto imbarazzo. Ma c’è ancora una tappa da compiere prima che il raccolto sia completo. E’ una tappa importante a cui Florenzia ha spesso pensato ma che solo ora le si presenta concretamente. La tappa delle missioni. E alla fine di maggio del 1953 suona al cancello di via delle Benedettine un cappuccino missionario in Brasile, Padre Oderico, e, per il suo tramite, prende il via questa nuova avventura. E’ una esperienza che richiede a Florenzia più pazienza del solito perché ormai ha ottant’anni e non può pensare di andare lei in America Latina; perché il Brasile è lontano e la corrispondenza impiega settimane fra una lettera e la risposta, settimane che lei trascorre in trepidazione; perché è un mondo con cui si ha poca dimestichezza con una lingua diversa, costumi diversi, stagioni e clima diversi. Ma ormai Florenzia è maestra di pazienza e può raccomandarla alle proprie figlie. Probabilmente ripete a se stessa quanto scriveva Santa Teresa di Lisieux, la sua santa del cuore, come un’amica per lei: “Nulla ti turbi, nulla ti sgomenti, chi ha Dio nulla gli manca, con la pazienza tutto si acquista”. E questa massima di Teresa è divenuta anche sua e la ripete spesso alle sue figlie “Vi sentite sole? Ma quando avete Gesù nel tabernacolo della cappella, avete tutto”.
Conclusione
Vorrei concludere queste considerazioni sulla pazienza di Florenzia con due riflessioni legate proprio che giorno 24 giugno celebreremo la Venerabilità della Serva di Dio, un passo importante nel cammino del riconoscimento della sua santità. Essere santi vuol dire che il cristiano ha testimoniato la sua fede in modo eroico. Se la pazienza è la virtù principale di Florenzia possiamo dire che lei l’ha esercitata in modo eroico? Mi vengono in soccorso due massime che mi pare rispondano in pieno alla domanda. La prima è di Papa Gregorio Magno: “Noi possiamo essere martiri – osserva il grande pontefice - anche senza gli strumenti del martirio, se siamo pazienti” . La seconda è di Giacomo Leopardi: “La pazienza è la più eroica delle virtù, giusto perché non ha nessuna apparenza d’eroico”. Se la pazienza è una forma di martirio e di eroismo allora Florenzia li ha vissuti in pienezza.
La seconda considerazione riguarda il miracolo che di prassi la Chiesa richiede per riconoscere la santità ( anche se non sempre l’ha ritenuto necessario). Anche noi chiediamo che il Signore, affinché Florenzia venga riconosciuta santa, permetta dei miracoli legati alla sua intercessione ma ci viene da pensare che se leggiamo attentamente la vita di Florenzia proprio la sua vita è un miracolo. Un miracolo di pazienza che le ha permesso di ottenere risultati eccezionali.
Michele Giacomantonio
[1] Zygmunt Bauman, La nostra vita “digitale”, la Repubblica del 25 giugno 2014. Si veda anche Pier Cesare Rivoltella, UCSC, Comunicare al tempo dei media digitali: spazio tempo e relazione, PDF su internet. Mons. Claudio Maria Celli, Cercare la verità per condividerla, in www.ciberteologia.it.
[2] Sant’Agostino, La pazienza, in www.augustinus.it/italiano/pazienza/index2.htm.
[3] Enzo Bianchi, Le parole della spiritualità. Pazienza, in www.donboscoland.it .
[4] José Maria Cabodevilla, Meditazione sulla pazienza, www.collevalenza.it.
[5] San Cipriano da Cartagine, De bono patientiae .I vantaggi della pazienza, 13.
[6] J.M.Cabodevilla, idem.
[7] E.Bianchi, idem
[8][8] I riferimenti a Madre Florenzia sono tratti dal mio libro Florenzia che ha svegliato l’aurora, Edizioni San Paolo, 2009.
Mi sono convinto, riflettendo sulla vita di Florenzia, che la virtù maggiore che ha connotato tutta la vita della Serva di Dio, dalla fanciullezza alla vecchiaia, sia stata la pazienza. La pazienza più dell’obbedienza. L’obbedienza era naturalmente uno dei tre voti, uno dei tre consigli evangelici, ma questa era così salda e spontanea senza apparire mai come costrizione perché era fondata sulla pazienza e la pazienza a sua volta era fondata sulla certezza incrollabile, senza dubbi e senza incertezze, che il suo progetto – dalla propria vocazione alla promozione dell’Istituto ed alla affermazione di questo – era voluto da Dio. Una certezza che le derivava dall’”ascolto della voce” maturato nella preghiera e nel silenzio.
Ma la pazienza è una virtù così importante? Più dell’obbedienza tanto da poterle fare da fondamento? Ed è importante sotto l’aspetto umano o anche dal punto di vista della fede? Ed ha valore anche nel nostro tempo o è una virtù del passato che nell’era della comunicazione in tempo reale non ha più senso?
Attualità della pazienza
Non ho la pretesa di affrontare il problema a livello interdisciplinare. Per quando riguarda l’importanza della pazienza nella società moderna o post-moderna, come si usa dire, faccio riferimento ad un articolo del sociologo polacco Zygmunt Bauman[1] che sostiene che viviamo un tempo in cui la pazienza si è estinta e desideriamo un mondo sempre più simile al caffè istantaneo ma, a suo avviso, applicare le regole di internet alla vita reale provocherebbe danni gravi sul piano etico e sociale.
“Stiamo perdendo la pazienza – constata Bauman -, eppure i grandi risultati necessitano di grande pazienza. Il periodo di tempo in cui si è in grado di tenere desta la soglia di attenzione, l’abilità a restare concentrati per un tempo prolungato – in definitiva, quindi, la perseveranza, la resistenza e la forza morale, caratteri distintivi della pazienza – sono in calo, e rapidamente”.
Questo influisce sulla disponibilità ad ascoltare e sulle facoltà di comprendere, sulla determinazione ad “andare al cuore della faccenda”, quindi provoca un continuo declino delle capacità di dialogare. “Strettamente connesso ai trend descritti è il danno inferto alla memoria, oggi sempre più spesso trasferita e affidata ai server, invece che immagazzinata nel cervello”.
Naturalmente non possono mancare i riflessi sulla natura stessa dei rapporti umani. “Allacciare e spezzare legami online è più comodo e meno imprudente che farlo offline. Non comporta obblighi a lungo termine, e tanto meno promesse del tipo ‘finché morte non ci separi, nella buona e nella cattiva sorte’; non esige un obbligo così prolungato e coscienzioso come esigono i legami offline. Certo questo è un effetto non ascrivibile solo al diffondersi del digitale ed anche ad un malinteso senso della libertà ma forse soprattutto a quella che viene definita la banalizzazione dell’esistenza con l’affermarsi di stili di vita superficiali non fondati su scelte di vita che investono le basi dell’esistenza. Per quanto riguarda la libertà oggi essa viene spesso immaginata come l’assenza di legami, di vincoli, come possibilità di azzerare il passato rimuovendo tutto ciò in cui prima si viveva, e anzitutto le relazioni e gli impegni assunti, e ricominciare tutto da un nuovo punto di partenza. Oggi la vita di coppia è divenuta fragile, la fedeltà difficile, il compatimento impossibile. Ma non è solo problema delle coppie ma di tutti i rapporti fondati sui sentimenti, sulla fede, sui valori, sull’interiorità e quindi anche le vocazioni, le amicizie.
Dai rapporti umani alla democrazia. “Al contrario delle aspettative abbastanza diffuse secondo le quali Internet rappresenterà un grande salto in avanti nella storia della democrazia e coinvolgerà noi tutti nel processo di dar forma al mondo che condividiamo, osserva Bauman che si vanno accumulando le prove per le quali Internet potrebbe servire anche a perpetuare e a rafforzare conflitti e antagonismi”.
Naturalmente i sociologi lavorano sulle linee di tendenza e sono portati ad accentuare i contorni degli scenari che vanno prefigurando. Ed è lo stesso Bauman a metterci sull’avviso affermando che è prematuro valutare gli effetti aggregati di un cambiamento-spartiacque fra mondo online e mondo offline, così determinante nella condizione umana e nella storia culturale. Ma subito dopo aggiunge che “a conti fatti, d’ora in poi, faremo bene a tenere d’occhio da vicino le conseguenze della spaccatura online/offline”.
E faremo bene quindi a coltivare quella virtù della pazienza che è alla base di quella cultura del dialogo, della responsabilità, dell’affidamento reciproco, della fedeltà, ecc. che hanno garantito forme di convivenza fondate sul rispetto reciproco che hanno consentito di risolvere gravi problemi umani e sociali. Di fronte a tutte le trasformazioni tecnologiche, sociali e politiche vagheggiate o temute la pazienza si è dimostrata come la vera forza rivoluzionaria di cui l’uomo dispone.
La pazienza di Dio
Ma se la pazienza a livello umano e sociale è così influente che ci dice la teologia e quindi la fede? “La virtù dell’anima che chiamiamo pazienza – osserva Sant’Agostino - è un dono di Dio così grande che noi parliamo di pazienza anche riferendoci a colui che a noi la dona; e vi intendiamo la tolleranza con cui egli aspetta che i cattivi si ravvedano. È vero infatti che il nome "pazienza" deriva da patire, ma pur essendo vero che Dio non può in alcun modo patire, tuttavia noi per fede crediamo, e confessiamo per ottenere la salvezza, che Dio è paziente”[2] .
Ed il monaco Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, spiega che noi sappiamo fin dall’Antico testamento che Dio è paziente. Dio lo afferma a Mosè quando lo incontra sul monte Sinai per dargli le tavole della legge: “ Io sono il Signore, il Dio misericordioso e clemente, sono paziente sempre ben disposto e fedele” (Esodo 34,6). L’espressione che sentiamo tornare di frequente per indicare la pazienza di Dio nell’Antico Testamento, è “lento all’ira”[3].
La pazienza del Figlio
La pazienza del Padre si traduce nella pazienza del Figlio. C’è una parabola che dà la misura e la natura di questa pazienza ed è la parabola della remissione dei debiti ( Matteo 18,23 e ss.). Il padrone accoglie la preghiera del servo che chiede pazienza perché non può pagare i propri debiti ma lo punisce duramente quando vede che questi non si comporta, con altrettanta misericordia, verso i propri debitori.
La pazienza di Gesù è scandita da quella che il Vangelo chiama “la sua ora”. Osserva il teologo José Maria Cabodevilla che Gesù vivrà sempre dipendente da quella “ sua ora, tante volte da lui stesso menzionata (Mt 26, 45; Lc l4, 35.41; Gv 12,27; 17,1...)… Non ha alcun potere su quell'ora e nemmeno la conosce (Mc 13, 32). Conoscerla avrebbe significato una forma di potere su di essa, una anticipata notizia relativa agli occulti disegni del Dio dell'Esodo e ciò avrebbe reso psicologicamente impossibile una normale vivibilità umana del tempo…. Ogni uomo ha la sua ora e davanti ad essa dovrà osservare un comportamento simile: «Abbiate pazienza finché arriverà il giorno del Signore» (Gc 5, 7). Come qualsiasi altra virtù cristiana, la nostra pazienza si può solo intendere come imitazione e sequela di Cristo. Non ha niente dell’imperturbabilità e dello stoicismo agnostico[4].
La pazienza di Dio trova la sua espressione più pregnante nella passione e croce di Gesù: lì la dissimmetria fra il Dio che pazienta e si spoglia di tutto per farsi prossimo all’uomo e l’umanità peccatrice si amplia a dismisura nella passione di amore e di sofferenza di Dio nel Figlio Gesù Cristo crocifisso. Da allora la pazienza, come virtù cristiana, è un dono dello Spirito elargito dal Crocifisso-Risorto, e si configura come partecipazione alle energie che provengono dall’evento pasquale. Mentre l’egoismo umano produce immoralità, corruzione e vizio, idolatria, magia, odio, litigi, gelosie, ire, intrighi, divisioni, invidie, ubriachezze, orge ed altre cose di questo genere, lo Spirito produce amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé (Galati 5,22).
Ed ai primi cristiani che si lamentavano che il ritorno del Signore sembrava tardare Pietro ricordava che per il Signore un giorno sono come mille anni e mille anni come un giorno. «Il Signore non ritarda nell’adempire la promessa [...], ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti giungano a conversione» (2 Pietro 3,9). E Giovanni, rifacendosi direttamente al Maestro, aggiungeva: «Se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32) .
Proprio commentando queste parole, Cipriano di Cartagine, vescovo e martire, osserva: “ammessi alla speranza della verità e della libertà, possiamo davvero arrivare alla verità e alla libertà. Il fatto stesso di essere cristiani è questione di fede e di speranza; ma perché la speranza e la fede possano arrivare a portare frutto, è necessaria la pazienza”[5].
San Paolo parlando della carità, unisce ad essa anche la sopportazione e la pazienza. «La carità, dice, è paziente; è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, ... non si adira non tiene conto del male ricevuto. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13, 4-5). Egli ci fa vedere così che essa può perseverare tenacemente per il fatto che sa sopportare tutto.
Ancora San Paolo nella lettera ai Romani ci ricorda che la sofferenza produce perseveranza e la perseveranza ci rende forti nella prova, e questa forza ci apre alla speranza. (5,4). A questo proposito il teologo Cabodevilla ci fa rilevare che apparentemente sembra che debba essere la speranza a generare la pazienza poiché solitamente è la speranza che ci incita ad essere pazienti. Ma la parola dell'apostolo contiene una verità più profonda, e cioè che solo con la pazienza si costruisce la speranza in quanto virtù, come nell'amore coniugale, che necessita del tempo e delle difficoltà inerenti al tempo, per essere qualcosa di più di un innamoramento passeggero. Il superamento di queste difficoltà genera la pazienza, rende ardua la nostra speranza, la consolida e la rivaluta fino a giungere a «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18). Pratica questa non meno dura, non meno paziente, di quella di credere contro ogni evidenza, di amare il nemico come noi stessi[6].
Ancora Enzo Bianchi fa osservare che, per il cristiano, la pazienza è coestensiva alla fede. Sia intesa come perseveranza, cioè come fede che dura nel tempo, sia come arte di accettare e vivere l’incompiutezza che rende capaci di guardare e sentire in grande. Questo secondo aspetto dice come la pazienza sia necessariamente umile: essa porta l’uomo a riconoscere la propria personale incompiutezza, e diventa pazienza verso se stessi; essa riconosce l’incompiutezza e la fragilità delle relazioni con gli altri, strutturandosi così come pazienza nei confronti degli altri; confessa l’incompiutezza del disegno divino di salvezza, configurandosi come speranza, invocazione e attesa di salvezza. La pazienza è la virtù di una chiesa che attende il Signore, che vive responsabilmente il non ancora senza anticipare la fine e senza ergere se stessa a fine del disegno di Dio[7].
Abbiamo parlato di pazienza nei confronti degli altri. Ne abbiamo parlato sopra a proposito delle relazioni umane nell’epoca del digitale e della banalizzazione degli stili di vita. Lo riprendiamo ora per le sue implicazioni religiose. La pazienza è attenzione al tempo dell’altro, nella piena coscienza che il tempo lo si vive al plurale, con gli altri, facendone un evento di relazione, di incontro, di amore. Il pazientare, cioè l’assumere come determinante nella propria esistenza il tempo dell’altro (di Dio e dell’altro uomo), è infatti opera dell’amore. «L’amore pazienta», dice Paolo (1 Corinti 13,4). E la misura e il criterio della pazienza del credente non possono risiedere, in ultima istanza, che nella «pazienza di Cristo»(2 Tessalonicesi 3,5).
Ecco perché spesso la pazienza è stata definita dai Padri della chiesa come la summa virtus (cfr. Tertulliano, De patientia 1,7): essa è essenziale alla fede, alla speranza e alla carità. Innestata nella fede in Cristo, la pazienza diviene «forza nei confronti di se stessi» (Tommaso d’Aquino), capacità di non disperare, di non lasciarsi abbattere nelle tribolazioni e nelle difficoltà, diviene perseveranza, capacità di rimanere e durare nel tempo senza snaturare la propria verità, e diviene anche capacità di sup-portare gli altri, di sostenere gli altri e la loro storia. Nulla di eroico in questa operazione spirituale, ma solo la fede di essere a propria volta sostenuti dalle braccia del Cristo stese sulla croce.
In questa difficile opera il credente è sorretto da una promessa: «Chi persevera fino alla fine sarà salvato» (Matteo 10,22; 24, 13). Promessa che non va intesa semplicemente come un rimanere saldi in una professione di fede, ma come un mettere in pratica la pazienza e l’attiva sopportazione tanto nei rapporti intra-ecclesiali, intra-comunitari («sopportatevi a vicenda», Colossesi 3,13), quanto nei rapporti della comunità cristiana ad extra, con tutti gli altri uomini («siate pazienti con tutti», 1Tessalonicesi 5,14). La pazienza diviene così una categoria che interpella la struttura interna della comunità cristiana e il suo assetto nel mondo, in mezzo agli altri uomini, ai non credenti. E mentre interpella, inquieta.
C’è ancora un aspetto della pazienza su cui vorrei soffermarmi perché ha a che fare con la perfetta letizia e la capacità, di fronte anche a forti tribolazioni di mettere al centro dell’attenzione Dio e non noi stessi. Molto spesso, infatti, a noi sembra che Dio non premi la nostra pazienza. Sebbene Gesù abbia detto “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato” e ancora “Io sono la vite, voi i tralci, se rimarrete legati a me darete molti frutti e tutto ciò che chiederete radicati nelle mie parole, lo otterrete” ci sembra che le nostre richieste rimangano inascoltate. Le riproponiamo con frequenza ma senza risultato. E così ci chiediamo “Fino a quando deve prolungarsi la nostra preghiera perché Dio la ascolti?”. Forse, ci suggerisce il teologo Cabodevilla, bisognerebbe porsi diversamente il problema. Non quale sia il tempo di Dio per accogliere le nostre suppliche, ma quale è il tempo nostro finché non scopriamo e accogliamo e accettiamo la volontà di Dio. Lungo tutto il percorso della nostra preghiera infruttuosa è stato Dio a dimostrarsi paziente alla sordità di un'anima che a forza di parlare, si rendeva incapace di udire. Infatti la comunione di più volontà alla quale tende ogni vera preghiera deve realizzarsi verso l'alto e non verso il basso. Dio esaudirà tutte le sue promesse, ma non è tenuto a soddisfare tutti i nostri desideri. Mai dà una pietra a chi gli chiede un pane, ma neanche dà un coltello al bambino che gli chiede un coltello oppure non intende sacrificare un disegno più grande di quello che chiediamo. Se l'uomo, invece di lamentarsi che Dio non lo ascolta, si immergesse nel silenzio per ascoltare Dio, finirebbe per capire e il suo cuore potrebbe così evolvere dal desiderio all'annientamento, dall'esigenza fino al distacco, dall'impazienza fino alla pazienza.
Infine ancora una considerazione. La pazienza cristiana non ha niente di quelle passività tipiche di tante pazienze umane per cui sarebbe meglio parlare di rassegnazione. La pazienza cristiana non è rassegnazione a qualcosa ma abbandono a qualcuno. Più che sperare in qualcosa noi speriamo in qualcuno.
La pazienza di Florenzia[8]
Abbiamo già detto che la pazienza fu una virtù che accompagnò Florenzia tutta la vita dalla fanciullezza sino alla vecchiaia. Ora, alla luce delle considerazioni fatte, possiamo dire che la pazienza di Florenzia fu una pazienza radicata nella fede ed alimentata dalla fede. Fu il fondamento della sua spiritualità ed a questa spiritualità si alimentò. Se vogliamo partire dall’ultima considerazione che abbiamo fatta e cioè che la pazienza cristiana non è rassegnazione ma abbandono a qualcuno scopriamo che essa si addice a Florenzia pienamente e rimanda al suo affidamento pieno, completo, senza misura a Gesù. Ma se ripercorriamo tutto il ragionamento che abbiamo fatto ci accorgiamo come ogni singolo passaggio si addice pienamente a Florenzia come l’attesa paziente dell’ora , l’attenzione ai tempi degli altri, l’anteporre la volontà di Dio alla nostra supplica, ecc. Certo lungo il corso della vita della Madre questa pazienza è venuta approfondendosi, ha fatto i conti con un temperamento che in gioventù era un po’ impulsivo, impaziente e quindi è arrivata a raggiungere il pieno controllo del proprio carattere. Ma anche questo è un merito della Serva di Dio ed in qualche modo una anticipazione dell’urgente bisogno che abbiamo oggi di formarci alla pazienza. Ella infatti ha compreso che la pazienza non era sì un dono da chiedere nella preghiera ma, ancora prima, un valore da costruire attraverso l’autoformazione e il controllo di sé e che quante maggiori erano le avversità da affrontare tanto più doveva confidare nella pazienza.
Se vogliamo seguire questo cammino lungo i molti problemi che, Giovanna prima e Florenzia dopo, incontra potremmo articolare la sua vita in tre periodi tutti scanditi dal tema della pazienza. La pazienza per realizzare la sua vocazione di suora, prima a Lipari e poi negli Usa, che potremmo chiamare la pazienza della semina. La pazienza nel realizzare e consolidare il suo istituto, alle prese prima con l’apertura della casa a Lipari, poi con la carenza di vocazioni, e quindi con i pregiudizi dei superiori ed i contrasti che ne derivavano. Una pazienza che potremmo chiamare delle prove alle prese con le difficoltà. Infine la pazienza del raccolto e cioè l’attenzione ad accompagnare lo sviluppo dell’istituto dai piccoli paesi di provincia alle città, all’apertura della casa generalizia a Roma, alla missione in America latina.
Parlando di pazienza della semina e del raccolto viene in mente San Giacomo. “Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera” (Gc.5,7).
Per Giovanna anche il periodo della semina non fu privo di problemi. Fin da bambina mostrò subito una spiccata attitudine alla preghiera ed al silenzio. Passava lunghe ore dinnanzi all’immagine della Madonna degli angeli e spesso mamma Nunziata doveva mandarla a chiamare e la sgridava perché trascurava gli impegni di casa fra cui vi era la cura dei fratellini più piccoli. Il silenzio e la preghiera la portarono nel giorno della prima comunione a sentire la voce di Gesù. Non se ne meravigliò ed anzi lo confidò alla sorella più grande che le consigliò di tenere questo segreto per sé se non voleva essere presa per matta.
La pazienza della semina
Giovanna non ne parla più ma continua sentire nel cuore e nelle orecchie la voce di Gesù e della Madonna. A 17 anni confida alla madre che vuole farsi suora. Mamma Nunziata non ne vuole nemmeno sentire parlare. Non è il momento, con la malattia del padre che si protrae ormai da anni e lo rende invalido, c’è bisogno del lavoro di tutti. Giovanna china la testa ma fa nel suo cuore una scelta di vita: se non potrà andare in convento e farsi suora, allora vivrà in casa come una suora abolendo dalle sue consuetudini anche il più innocente atteggiamento mondano: le festicciole con gli amici e parenti, le passeggiate con le amiche, e da ragazza giuliva e gioiosa diventa riservata e schiva. Già da tempo si era dedicata a curare il papà infermo, ora aumenta il suo impegno e se fino allora la madre si era riservata le cure più intime per rispettare il pudore di Giovanna, ora Giovanna non accetta più limitazioni. Se deve curare suo padre come farebbe una suora deve poter fare tutto quello che fanno le suore in ospedale, senza scrupoli e falsi pudori.
Giovanna torna a riparlare della sua intenzione di farsi suora alla morte del padre quando mamma Nunziata annunzia che sono costretti ad andare a New York dove suo fratello garantisce che troverà un lavoro a Giovanna ed i suoi fratelli grandicelli Angelina, Nunziatina, Peppino e Maria mentre Antonino rimarrà a studiare in seminario.
“Perché non posso rimanere anch’io e farmi suora?”, chiede Giovanna. “Perché i risparmi che abbiamo – risponde mamma Nunziata – bastono solo per gli studi di Antonino e non ce ne sono per la tua dote. E poi, questo viaggio costa e costa anche il soggiorno a New York. Lo zio anticipa tutto ma poi bisogna rimborsarlo e questo sarà possibile con gli sforzi di ciascuno di noi. Giovanna, non è questo il momento”. Ed ancora una volta Giovanna china la testa.
Ma a testimoniare che la sua non è rassegnazione ma affidamento alla volontà di Dio, lo dimostra il fatto che il viaggio negli Stati Unità darà i suoi frutti. Infatti è grazie al terribile viaggio in nave ed all’incontro con i frati di Sant’Antonio in Sullivan Street che la vocazione di Giovanna si precisa come vocazione francescana. E proprio a Sant’Antonio Giovanna incontrerà in padre Daniele, una valida guida spirituale, che saprà consigliarla quando, a quasi tre anni dall’arrivo a New York, constatando che tutti i debiti con lo zio erano stati saldati e che ormai aveva compiuto ventisei anni, decide di riproporre con forza la richiesta di farsi suora. Ancora una volta la risposta di mamma Nunziata è negativa. “Solo ora, finalmente abbiamo un po’ di respiro e tu vuoi andartene? Non se ne parla proprio”. Ma questa volta Giovanna non è sola a decidere. Le viene in soccorso a confortarla la “sua voce” e padre Daniele, dopo averle chiesto di fare un ultimo tentativo che sarà ancora infruttuoso, decide di aiutarla. Finalmente anche per Giovanna è giunta la “sua ora”, l’ora di realizzare il suo sogno. E così Giovanna va alla casa delle novizie ad Allegany dalle Franciscan sisters che avevano un convento vicino alla chiesa di Sant’Antonio ed a metà luglio del 1899 vestirà l’abito francescano ed assumerà il nome di Maria Florenzia.
La pazienza dinnanzi alle prove
Superato il periodo della semina si apre per Florenzia un lungo periodo in cui la sua pazienza è messa alla prova e spesso si tratta di prove dure. La prima prova deve superarla negli Stati Uniti a Pittsburg dove è stata inviata con altre compagne per aprire un centro di assistenza sociale e spirituale per gli immigrati italiani. L’esperimento fallisce, non certo per colpa di Florenzia, e lei si trova nella delicata situazione di ricominciare tutto da capo e dover rifare il noviziato. In questo frangente si pone il problema di rientrare a Lipari dove è tornata la sua famiglia. Ma non è questo che la convince a rientrare. Florenzia torna a Lipari perché lì la chiama il vescovo di Lipari che vuole che si occupi delle ragazze madri e dei bambini abbandonati realizzando per loro un istituto. Ma proprio l’apertura di questo istituto sarà una prova durissima. La diocesi non può aiutarla e deve fare tutto da sola ma finalmente col sostegno della famiglia. Deve trovare una sede, deve arredarla, deve cercare delle novizie che accettino di condividere con lei l’esperienza, deve prendere contatto a Roma con il Ministro generale dei Frati minori per ottenere l’aggregazione all’ordine. Il vescovo di Lipari, Mons. Raiti la sostiene ma non può fare molto per non ingelosire le suore di Carità che sono a Lipari dal 1886 e si dedicano alla formazione delle ragazze delle famiglie borghesi.
Finalmente l’1 novembre del 1905, circa dieci mesi dopo il suo rientro a Lipari, nasce l’Istituto ma questo non risolve tutti i problemi. Anzi…Intanto mons. Raiti, che l’aveva richiamata a Lipari, lascia la diocesi per diventare vescovo di Trapani e dopo di lui i successori si susseguiranno con una certa rapidità fino a quando nel 1921 arriverà come amministratore apostolico mons. Salvatore Ballo Guercio che si rivelerà particolarmente ostile nei confronti di Florenzia e verso il suo Istituto. Mons. Guercio, che ritiene Florenzia non all’altezza del suo compito, vorrebbe che confluisse con le sue compagne in una congregazione più radicata e consistente e al suo rifiuto farà quanto è in suo potere per rendergli il cammino difficile. Tenterà inutilmente di non farla eleggere superiora, non riconoscerà la casa del noviziato ad Acireale e bloccherà le professioni di fede e le vestizioni. Saranno anni terribili nei quali ai problemi dell’Istituto si sommano i dolori e le sofferenze per la morte di una bambina, Linuccia, che le suore avevano cresciuto perché rimasta orfana durante il terremoto di Messina, quindi i suoi problemi di salute per le forti tensioni a cui il suo fisico era stato sottoposto, infine lo scandalo per l’abbandono di una suora.
Possiamo dire che solo col 1928 – ventitré anni dalla costituzione - il periodo delle prove può dirsi superato e l’Istituto entra in una fase nuova che abbiamo chiamato del raccolto.
La pazienza del raccolto
Fino a quel momento l’Istituto aveva vissuto in maniera stentata aprendo sedi nei piccoli paesi della provincia dove le suore insegnavano alle ragazze per lo più taglio e cucito ed aiutavano le parrocchie nella liturgia e nel catechismo. Ora Florenzia può pensare alle grandi città della Sicilia dove oltre alle povertà materiali crescono altre povertà che colpiscono l’animo e lo spirito delle persone e così nascono le case di Trapani, Catania ed infine Palermo. Povertà che sono accresciute dalla guerra mondiale con i bombardamenti, il mercato nero, gli sfollamenti. E quando la guerra finisce, il giorno stesso dell’armistizio, Florenzia, che ha ormai settant’anni e la salute malferma, con due suore parte per Roma, traversando un’Italia dalle ferrovie distrutte, dalle strade e ponti dissestati, per andare ad aprire a Roma la Casa generalizia che ha sempre sognato e senza la quale teme che il suo Istituto rimarrà sempre di diritto diocesano mentre lei vuole che diventi di diritto pontificio. Partono il 22 maggio 1945 e dopo due giorni e due notti di passione giungono in una Roma devastata, rifugio di sbandati, alle prese con una grave crisi degli alloggi. Cercano due cose: l’autorizzazione del Vicariato ad aprire una casa in città, un edificio che possa diventare la loro casa generalizia. Un obiettivo più difficile dell’altro perché il Vicariato è diffidente con le congregazioni siciliane che cercano una sede a Roma giudicandole affette di familismo e perché, come abbiamo detto, a Roma, in seguito ai bombardamenti ed alle vicissitudini di “città aperta” alle prese oltre che con la guerra fra americani e tedeschi anche con la guerra civile fra gli italiani, trovare un alloggio libero è praticamente impossibile. Eppure il 30 giugno a cinque settimane dall’arrivo le nostre suore hanno il contratto di un edificio e l’autorizzazione del Vicariato. Un vero e proprio miracolo. Un miracolo della fede e della pazienza.
Ora forse Florenzia potrebbe riposare tranquilla anche se le vicissitudini non mancano come l’infedeltà di una suora che crea molto imbarazzo. Ma c’è ancora una tappa da compiere prima che il raccolto sia completo. E’ una tappa importante a cui Florenzia ha spesso pensato ma che solo ora le si presenta concretamente. La tappa delle missioni. E alla fine di maggio del 1953 suona al cancello di via delle Benedettine un cappuccino missionario in Brasile, Padre Oderico, e, per il suo tramite, prende il via questa nuova avventura. E’ una esperienza che richiede a Florenzia più pazienza del solito perché ormai ha ottant’anni e non può pensare di andare lei in America Latina; perché il Brasile è lontano e la corrispondenza impiega settimane fra una lettera e la risposta, settimane che lei trascorre in trepidazione; perché è un mondo con cui si ha poca dimestichezza con una lingua diversa, costumi diversi, stagioni e clima diversi. Ma ormai Florenzia è maestra di pazienza e può raccomandarla alle proprie figlie. Probabilmente ripete a se stessa quanto scriveva Santa Teresa di Lisieux, la sua santa del cuore, come un’amica per lei: “Nulla ti turbi, nulla ti sgomenti, chi ha Dio nulla gli manca, con la pazienza tutto si acquista”. E questa massima di Teresa è divenuta anche sua e la ripete spesso alle sue figlie “Vi sentite sole? Ma quando avete Gesù nel tabernacolo della cappella, avete tutto”.
Conclusione
Vorrei concludere queste considerazioni sulla pazienza di Florenzia con due riflessioni legate proprio che giorno 24 giugno celebreremo la Venerabilità della Serva di Dio, un passo importante nel cammino del riconoscimento della sua santità. Essere santi vuol dire che il cristiano ha testimoniato la sua fede in modo eroico. Se la pazienza è la virtù principale di Florenzia possiamo dire che lei l’ha esercitata in modo eroico? Mi vengono in soccorso due massime che mi pare rispondano in pieno alla domanda. La prima è di Papa Gregorio Magno: “Noi possiamo essere martiri – osserva il grande pontefice - anche senza gli strumenti del martirio, se siamo pazienti” . La seconda è di Giacomo Leopardi: “La pazienza è la più eroica delle virtù, giusto perché non ha nessuna apparenza d’eroico”. Se la pazienza è una forma di martirio e di eroismo allora Florenzia li ha vissuti in pienezza.
La seconda considerazione riguarda il miracolo che di prassi la Chiesa richiede per riconoscere la santità ( anche se non sempre l’ha ritenuto necessario). Anche noi chiediamo che il Signore, affinché Florenzia venga riconosciuta santa, permetta dei miracoli legati alla sua intercessione ma ci viene da pensare che se leggiamo attentamente la vita di Florenzia proprio la sua vita è un miracolo. Un miracolo di pazienza che le ha permesso di ottenere risultati eccezionali.
Michele Giacomantonio
[1] Zygmunt Bauman, La nostra vita “digitale”, la Repubblica del 25 giugno 2014. Si veda anche Pier Cesare Rivoltella, UCSC, Comunicare al tempo dei media digitali: spazio tempo e relazione, PDF su internet. Mons. Claudio Maria Celli, Cercare la verità per condividerla, in www.ciberteologia.it.
[2] Sant’Agostino, La pazienza, in www.augustinus.it/italiano/pazienza/index2.htm.
[3] Enzo Bianchi, Le parole della spiritualità. Pazienza, in www.donboscoland.it .
[4] José Maria Cabodevilla, Meditazione sulla pazienza, www.collevalenza.it.
[5] San Cipriano da Cartagine, De bono patientiae .I vantaggi della pazienza, 13.
[6] J.M.Cabodevilla, idem.
[7] E.Bianchi, idem
[8][8] I riferimenti a Madre Florenzia sono tratti dal mio libro Florenzia che ha svegliato l’aurora, Edizioni San Paolo, 2009.
sabato 23 giugno 2018
Panarea: E' sbarcato l'ex portiere Taibi
Massimo Taibi, ex portiere di diverse formazioni italiane e con una stagione al Manchester United, è sbarcato a Panarea.
Per lui, nella foto con Alessio Ferrara, "doverosa" tappa al Bar - Ritrovo da Carola sul porto
Taibi il 1° Aprile del 2001 passò alla storia calcistica per essere stato il secondo portiere della Serie A, dopo Rampulla, a segnare su azione.
Nella partita Reggina-Udinese, infatti, con i bianconeri friulani in vantaggio per 0-1 all'89', si porta nell'area avversaria colpendo di testa e vedendosi il tiro deviato in angolo. Sul successivo tiro dalla bandierina colpisce ancora di testa, mandando in rete il pallone che consentì alla Reggina di chiudere l'incontro sull'1-1.
Taibi il 1° Aprile del 2001 passò alla storia calcistica per essere stato il secondo portiere della Serie A, dopo Rampulla, a segnare su azione.
Nella partita Reggina-Udinese, infatti, con i bianconeri friulani in vantaggio per 0-1 all'89', si porta nell'area avversaria colpendo di testa e vedendosi il tiro deviato in angolo. Sul successivo tiro dalla bandierina colpisce ancora di testa, mandando in rete il pallone che consentì alla Reggina di chiudere l'incontro sull'1-1.
Fenomeni temporaleschi con moderati rovesci. Previsioni meteomarine Eolie a cura di Giuseppe La Cava
In tarda nottata correnti in quota nord occidentali sospingeranno intorno alle Eolie rovesci di moderata intensità con fenomeni temporaleschi e isolate grandinate che si protrarranno fino alle prime ore del mattino di Domenica 24.
A seguire attenuazione dei fenomeni in attesa di nuovi rovesci e manifestazioni temporalesche nella notte tra il 24 e il 25 in esaurimento all'alba di Lunedi
Nuova accentuazione dei fenomeni nelle ore piu' calde della giornata con coinvolgimento anche dell'area dello Stretto di Messina e nuovi temporali in arrivo nella notte seguente nel basso Tirreno
Martedi 26 giornata dal clima fresco , si attende un moderato calo termico con temperature sotto la media del periodo di circa 6 C .
Nuova accentuazione dei fenomeni nelle ore piu' calde della giornata con coinvolgimento anche dell'area dello Stretto di Messina e nuovi temporali in arrivo nella notte seguente nel basso Tirreno
Martedi 26 giornata dal clima fresco , si attende un moderato calo termico con temperature sotto la media del periodo di circa 6 C .
Nuovi possibili isolati temporali nelle notte tra il 26 e il 27 quando le correnti in quota saranno nord orientali piu' fresche .
Si attende una nuova intensificazione dei fenomeni con nuove piogge e temporali durante la giornata di Mercoledi
PER MAGGIORI INFORMAZIONI VISITATE LA PAGINA FACEBOOK www.facebook.com/meteoeolie.
Previsioni elaborate Sabato 23
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Previsioni elaborate Sabato 23
E solo questione di ore....
Torna a Lipari, dopo otto anni, il Luna Park dei fratelli Tofaro con nuove fantastiche attrative per grandi e piccini. Il Luna Park è al megaparcheggio. Con il Luna Park il divertimento è di casa.
Vi proponiamo un video realizzato nel 2010:
Vi proponiamo un video realizzato nel 2010:
Al via oggi a Stromboli la Festa di Teatro Eco Logico
Per nove giorni Stromboli diventerà il luogo di un'incredibile festa fatta di teatro, arte, musica, incontri e suggestioni, tutti gratuiti e tutti rigorosamente "a spina staccata", ovvero senza uso di corrente elettrica: torna per la quinta edizione da oggi al 1° luglio la Festa di Teatro Eco Logico.
Tantissimi gli artisti che parteciperanno alla festa, tra cui: Vinicio Marchioni, Silvia Gallerano, Maurizio Rippa, Manuela Mandracchia, Gianluca Misiti, Silvia Colombini, Francesco Manenti & Daria Menichetti, Maya Sansa, Le Cardamomo', Cristina Donadio, Laura Mazzi e molti altri.
Come ogni anno la Festa prende spunto da un tema, per il 2018 è "Meravigliose creature" a partire da Frankestein di Mary Shelley che, quest'anno, festeggia 200 anni dalla prima pubblicazione e che sarà protagonista di un reading tutto al femminile in cinque giornate in vari luoghi dell'isola; ma incontreremo anche il Pinocchio di Collodi, passando dalla Galatea di Pigmalione (da Ovidio) e a Jessica Rabbit, dalla Lamìa di John Keats a l'Olimpia dell' "Uomo della Sabbia" di Hoffman.
Tutti esseri che vivono sulla soglia tra l'inanimato e l'animato, creando quell'effetto perturbante che ci porterà ad esplorare la relazione creatore/creatura, realtà/immaginazione, scienza/superstizione in altre storie, da "La Favola del Figlio Cambiato di Luigi Pirandello" allo sciamano Quesalid.
Ad arricchire il programma i laboratori per bambini a cura di Aeolian e Enel Gp, gli incontri letterari,performance site specific, i Tarocchi, la musica e tantissimi appuntamenti che si alterneranno sotto l'ombra benevola del grande vulcano.
La Festa di Teatro Eco Logico è organizzata da Fluidonumero9
Tantissimi gli artisti che parteciperanno alla festa, tra cui: Vinicio Marchioni, Silvia Gallerano, Maurizio Rippa, Manuela Mandracchia, Gianluca Misiti, Silvia Colombini, Francesco Manenti & Daria Menichetti, Maya Sansa, Le Cardamomo', Cristina Donadio, Laura Mazzi e molti altri.
Come ogni anno la Festa prende spunto da un tema, per il 2018 è "Meravigliose creature" a partire da Frankestein di Mary Shelley che, quest'anno, festeggia 200 anni dalla prima pubblicazione e che sarà protagonista di un reading tutto al femminile in cinque giornate in vari luoghi dell'isola; ma incontreremo anche il Pinocchio di Collodi, passando dalla Galatea di Pigmalione (da Ovidio) e a Jessica Rabbit, dalla Lamìa di John Keats a l'Olimpia dell' "Uomo della Sabbia" di Hoffman.
Tutti esseri che vivono sulla soglia tra l'inanimato e l'animato, creando quell'effetto perturbante che ci porterà ad esplorare la relazione creatore/creatura, realtà/immaginazione, scienza/superstizione in altre storie, da "La Favola del Figlio Cambiato di Luigi Pirandello" allo sciamano Quesalid.
Ad arricchire il programma i laboratori per bambini a cura di Aeolian e Enel Gp, gli incontri letterari,performance site specific, i Tarocchi, la musica e tantissimi appuntamenti che si alterneranno sotto l'ombra benevola del grande vulcano.
La Festa di Teatro Eco Logico è organizzata da Fluidonumero9
Festeggiamenti per il Patrono. Il 23 Agosto concerto di Noemi a Lipari
Il Comune di Lipari ha impegnato 30.250,00 euro (Iva incluso) per il concerto che Noemi terrà a Marina Corta il prossimo 23 Agosto nel contesto dei festeggiamenti per il Patrono, San Bartolomeo.
Con determina sindacale 76/18 Massimiliano Taranto è stato nominato come collaboratore volontario esterno - a titolo gratuito - per attività relative all'organizzazione di alcune manifestazioni tra le quali i festeggiamenti del S. Patrono San Bartolomeo.
Con determina sindacale 76/18 Massimiliano Taranto è stato nominato come collaboratore volontario esterno - a titolo gratuito - per attività relative all'organizzazione di alcune manifestazioni tra le quali i festeggiamenti del S. Patrono San Bartolomeo.
Lettere al direttore. Canneto.... invasione....di blatte
Caro direttore,
vorrei porre alla sua attenzione, ma in primis a quell'amministrazione comunale, la vera e propria invasione di blatte che c'è stata ieri sera nella Cesare Battisti di Canneto, tra la scuola, la Via Risorgimento e gli altri vicoli limitrofi.
Tra rumori assordanti di auto e motorini e l'invasione di blatte, dobbiamo chiuderci in casa?
Auspichiamo un pronto intervento per evitare che questo, come temiamo, si riproponga già da stasera.
vorrei porre alla sua attenzione, ma in primis a quell'amministrazione comunale, la vera e propria invasione di blatte che c'è stata ieri sera nella Cesare Battisti di Canneto, tra la scuola, la Via Risorgimento e gli altri vicoli limitrofi.
Tra rumori assordanti di auto e motorini e l'invasione di blatte, dobbiamo chiuderci in casa?
Auspichiamo un pronto intervento per evitare che questo, come temiamo, si riproponga già da stasera.
Le Eolie in "viaggio verso il Sole", grazie all'ingegnere nucleare liparese Salvatore Iacono
Il geometra Elio Mollica ci segnala questo post.
Scrive il geometra Elio Mollica: " Caro Salvatore questa è una bellissima soddisfazione anche per noi Tuoi Amici".
All'ingegnere Iacono le congratulazioni di Eolienews
In questa estate del 2018 verrà lanciata da Cape Canaveral, in Florida, la navicella spaziale Parker Solar Probe, precisamente nella finestra di lancio che va dal 13 luglio al 19 agosto. Si tratta di una missione storica che permetterà all’umanità di visitare da vicino, per la prima volta, una stella, la nostra stella, il Sole, “quelli ch’è padre d’ogni mortal vita”, citando Dante.
La sonda solare Parker (chiamata così in onore di Eugene Newman Parker, fisico statunitense che per primo descrisse il complesso sistema di plasmi, campi magnetici e particelle ad alta energia che costituiscono il “vento solare”) utilizzerà per sette volte il pianeta Venere come fionda gravitazionale giungendo, dopo sette anni di viaggio, ad una distanza minima dal Sole di 6 milioni di chilometri. Potrà così eseguire misure ed osservazioni della parte più esterna dell’atmosfera del Sole, conosciuta come “corona solare”, espandendo la nostra conoscenza delle origini e dell’evoluzione del vento solare. E’ stato calcolato che, al momento di schiantarsi sul Sole, la navicella Parker avrà una velocità di 700 mila chilometri l’ora.
La NASA ha concesso a scienziati, tecnici e tante altre persone, tra queste l'ingegnere nucleare liparese Salvatore Iacono, d’inserire il proprio nome in una memory card che viaggerà con la Parker Solar Probe fin sulla nostra stella.
La fotografia mostra il momento in cui la memory card viene assemblata sulla navicella spaziale
La sonda solare Parker (chiamata così in onore di Eugene Newman Parker, fisico statunitense che per primo descrisse il complesso sistema di plasmi, campi magnetici e particelle ad alta energia che costituiscono il “vento solare”) utilizzerà per sette volte il pianeta Venere come fionda gravitazionale giungendo, dopo sette anni di viaggio, ad una distanza minima dal Sole di 6 milioni di chilometri. Potrà così eseguire misure ed osservazioni della parte più esterna dell’atmosfera del Sole, conosciuta come “corona solare”, espandendo la nostra conoscenza delle origini e dell’evoluzione del vento solare. E’ stato calcolato che, al momento di schiantarsi sul Sole, la navicella Parker avrà una velocità di 700 mila chilometri l’ora.
La NASA ha concesso a scienziati, tecnici e tante altre persone, tra queste l'ingegnere nucleare liparese Salvatore Iacono, d’inserire il proprio nome in una memory card che viaggerà con la Parker Solar Probe fin sulla nostra stella.
La fotografia mostra il momento in cui la memory card viene assemblata sulla navicella spaziale
Scrive il geometra Elio Mollica: " Caro Salvatore questa è una bellissima soddisfazione anche per noi Tuoi Amici".
All'ingegnere Iacono le congratulazioni di Eolienews
Qui Canneto....benvenuti all'inferno! Guarda che...caos!
Nella foto di Antonio Favaloro il caos (prevedibile) che si è creato circa un'ora fa sulla Marina Garibaldi di Canneto con le auto posteggiate da ambo i lati e i mezzi autorizzati in transito da Calandra verso Unci. Quindici minuti per percorrere la strada da Unci a Calandra
Una delle tante situazioni di normale caos. Tra l'altro stamane alle 9,00 una ulteriore fila si è creata dietro una delle barche che vengono trasportate per essere immesse in mare dal molo.
Domanda: Un altro orario no? Ed ancora: Trattandosi di trasporti eccezionali non si dovrebbe concordare con la polizia municipale che dovrebbe "scortarli"?
Dimenticavamo....sarebbe normale in un paese normale!
E siamo ancora a fine Giugno...Rivedere l'ordinanza no? In caso contrario...San Cristoforo ci salvi!
Una delle tante situazioni di normale caos. Tra l'altro stamane alle 9,00 una ulteriore fila si è creata dietro una delle barche che vengono trasportate per essere immesse in mare dal molo.
Domanda: Un altro orario no? Ed ancora: Trattandosi di trasporti eccezionali non si dovrebbe concordare con la polizia municipale che dovrebbe "scortarli"?
Dimenticavamo....sarebbe normale in un paese normale!
E siamo ancora a fine Giugno...Rivedere l'ordinanza no? In caso contrario...San Cristoforo ci salvi!
I nostri auguri ai festeggiati di oggi
- Buon Compleanno ad Andrea Zaia, Rossella Imbesi, Santino Taranto, Giuseppe Bonfante, Laura Costa, Valeria Russo, Guendalina Catena, Morena Greco, Giovanni Tringali, Bartolo Puglisi, Fabrizio Greco, Giorgio Papadarrigo, Giovanni Raffiti, Rina Luca Natoli.
Florenzia e la santità nel quotidiano, una testimone della luce. (di Michele Giacomantonio)
“Educare alla vita
buona del Vangelo” – scrivono i vescovi nel messaggio per la 16.a Giornata
Mondiale della vita consacrata - implica
certamente l’educare alla vita santa di Gesù”. E’ proprio della vita consacrata
riproporre la forma di vita che Gesù ha abbracciato e offerto ai discepoli che
lo seguivano.
E questo ha fatto Florenzia nella sua lunga vita: riproporre
la forma di vita di Gesù. Ma come? Ed è
ancora attuale la proposta di Florenzia ormai a 56 anni dalla sua morte?
Tutti certamente sappiamo di Florenzia non foss’altro perché c’è il suo
Istituto e le sue suore a ricordarcelo ma probabilmente pochi sanno qual è la
sua proposta di vita e come questa non solo continui ad essere attuale ma forse
oggi lo sia ancora di più che nel passato.
Vorrei parlare della proposta di Florenzia in un percorso
che si articola in tre fasi: Florenzia e la vita quotidiana, Florenzia e la
vita spirituale, Florenzia e la santità.
Florenzia e la vita
quotidiana
Florenzia fu una suora ma non scelse il convento. Formò una
comunità religiosa, volle che condividesse l’esperienza quotidiana della gente
comune, si mise al servizio degli ultimi e dei più bisognosi. Creò una comunità
religiosa cioè volle fondare una scuola di fraternità impegnando le sue figlie
alla formazione permanente alle virtù evangeliche: umiltà, accoglienza dei
piccoli e dei poveri, correzione fraterna, preghiera comune, perdono reciproco,
condividendo la fede, l’affetto e i beni materiali”( Messaggio per la 16.a
Giornata mondiale della vita consacrata). Una esperienza forte per chi vi fa
parte, una profezia per il resto del mondo.
Questa comunità religiosa doveva e deve condividere
l’esperienza della gente comune a cominciare dal lavoro e dalle relazioni
sociali, ma con uno stile di vita tutto particolare ispirato alla povertà
evangelica e cioè “all’insegna dell’essenzialità, della gratuità,
dell’ospitalità, superando le derive dell’omologazione e del consumismo”
(Messaggio…).
Ancora, il servizio agli ultimi è rivolto allo sviluppo
armonioso delle persone sia nelle opere assistenziali (Florenzia si dedicò agli
orfanotrofi, ai mendicicomi, alla promozione umana e culturale delle
periferie…), sia negli ospedali, sia nell’attività scolastica. Prima tentando
di dare una risposta ai bisogni più immediati per combattere l’abbrutimento e
risvegliare i tratti dell’umanità che spesso venivano sopraffatti dalla
miseria; poi – soprattutto a contatto con le grandi città – scoprendo che oltre
alle povertà materiali esistono anche le povertà morali e che anche i figli
della borghesia hanno bisogno di una educazione che permetta loro di crescere
in umanità. Ed è questa consapevolezza matura che caratterizza oggi l’Istituto
dall’Italia al Brasile, al Perù.
Florenzia e la vita
spirituale
Florenzia può sviluppare una forte opera caritativa che
procede anche nei momenti di maggiore difficoltà perché quest’opera è
alimentata da una spiritualità profonda ed intensa. Di questa spiritualità vorrei cogliere
soprattutto quattro aspetti.
Il primo aspetto è la preghiera: una preghiera radicata nel
silenzio un silenzio vero che è tale – usava dire – “solo quando l’anima si
incontra con Dio”. Preghiera e silenzio formano in Florenzia un binomio
inscindibile perché aveva capito che la preghiera era dialogo, conversazione.
Era lode, intercessione, supplica ma anche ascolto. E Gesù e la Madonna spesso
rispondevano a Florenzia. Ed è certamente questa confidenza che diede alla madre
quella grande forza per affrontare e superare le difficoltà e le avversità.
Alla preghiera si appoggiava – ricordava suor Gemma che
le fu compagna fin dai primi anni – “nella furiosa procella che sembrava scaraventare tutta la sua opera nel
profondo del mare”
E di fronte alle difficoltà ed alle avversità Florenzia
comprende fino in fondo la grande lezione di Francesco sulla
“perfetta letizia” che è la vera conversione, cioè il passaggio dal proprio
“io” come centro della propria esistenza all’abbandono a Dio facendo di lui il
centro vero ed unico. Ed è questo il secondo aspetto.
Ma che cosa vuol dire “abbandono a Dio” se non percorrerlo
nella sequela di Cristo dal Presepe, alla crocefissione, al farsi Eucaristia.
Questa è la prima concretizzazione della conversione ed il terzo aspetto della
sua spiritualità.
Ed infine il quarto aspetto: la concretizzazione nell’altro,
nel povero, nel sofferente, nel bisognoso. Alle suore missionarie in Brasile
che erano andate a prestare la loro opera negli ospedali scriveva: “Come
sarebbe bello se in uno dei tanti ammalati trovereste Gesù in persona. Ma se
non Lo trovate visibile, Lo troverete sempre invisibile. Quindi quando
avvicinate l’ammalato andate con quel pensiero che vedete Gesù”. E per
Florenzia divennero Gesù i bambini abbandonati e bisognosi, le giovani
universitarie da ospitare, le anziane, gli ammalati, “quanti non trovavano
sulla terra l’atmosfera della pace
cristiana e la fortezza serafica”.
Florenzia e la
santità
Ha scritto il card. Martini commentando quanto la Lumen
Gentiun dice a proposito del fatto che
tutti siamo chiamati ad essere santi: “Oggi nella Chiesa la santità che ci si
presenta è come ogni santità eroica, qualcosa di straordinario ma insieme
semplice: un eroismo semplice, una normalità esemplare, una sublimità a noi
vicina, una santità popolare.
In qualche modo la santità ci appare come
il ponte che collega il “già” ed il “non ancora” del regno di Dio.
Gesù “ interrogato dai farisei
“Quando verrà il regno di Dio?”, rispose. “il regno di Dio, non viene in modo
da attirare l’attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui, eccolo là.. Perché il
regno di Dio è in mezzo a voi!””.(Lc. 17, 20-25).
Si tratta di usare il
discernimento per individuarne i semi di questo regno – e cioè tutti i segmenti
di amore, di carità di solidarietà sparsi nel mondo - ed aiutarli a crescere (
Mt 13, 31-32) come accade al lievito che è una piccola parte della farina ma fa
lievitare tutta la pasta (Mt. 13, 33).
Il pane è ben diverso dalla
farina, ha subìto una profonda trasformazione. E così, potremmo dire, dei
granelli di senapa che diventano piante. E forse lo stesso potremmo dire degli
spezzoni di amore presenti nel mondo che proprio grazie alla loro
trasfigurazione, cioè attraverso la santificazione di chi li impersona, diventano
il “non ancora”. In questo senso parliamo della santità come ponte nella
costruzione del regno.
Di
questa santità popolare, vissuta nel quotidiano, Florenzia fu un caso esemplare.
Ad una
suora che le chiede come farsi santa Florenzia risponde con humor. ”Le sue
parole molto gradite al mio cuore mi spronano ad una risposta. Ma che risposta
posso darle io poverella e figlia di poverello? Ripeto le stesse sue parole:
tra pentole e pentolini vi è la sua santità. Quando accende il fuoco si ricordi
dell’inferno e del purgatorio e così il suo lavoro sarà tra meditazione e
lavoro tutto per Gesù.Cosa vuole di più? Si faccia santa e preghi per me”.
Una “piccola
via” potremmo dire. Ma questa piccola via vissuta nella quotidianità non sempre
e non necessariamente è banale, anzi qualche volta giunge a richiedere un
eroismo molto prossimo a quello dei martiri.
“La sicurezza che la sua missione nella Chiesa
era voluta da Dio – ha scritto di Florenzia suor Gemma -, le fece sostenere con
animo virile le incomprensioni, le defezioni, gli scontri, specialmente con le
autorità ecclesiastiche. Queste lotte scalfirono la sua fibra fisica, ma la sua
fede affondava in più salde radici. Giustamente fu definita “la roccia”…Fidò
nella Divina Provvidenza anche quando la Comunità versava in difficoltà finanziarie.
Quante volte si mancava anche del necessario, ed essa soleva dire che Dio aveva
promesso a S. Francesco: “Anche se tutto il mondo avesse un solo pane, metà
sarebbe dei suoi figli”.
Città Metropolitana di Messina, inaugurata la nuova sede del Liceo Scientifico di Patti
Con l’inaugurazione di ieri è giunto a conclusione, il complesso iter che ha permesso la riunione delle diverse sedi del Liceo Scientifico di Patti “Vittorio Emanuele III” in un’unica struttura moderna e funzionale ubicata a Patti in via Padre Pio, c.da Acquafico.
Ha tagliato il nastro la prof.ssa Grazia Scalisi Gullotti dirigente dell’Istituto alla presenza di numerose autorità: il Vescovo di Patti Mons. Guglielmo Giombanco, il vice Prefetto vicario di Siracusa Dott. Filippo Romano, già Commissario straordinario della Città Metropolitana di Messina che ha portato avanti con costante impegno il progetto di accorpamento del Liceo, il vice Prefetto di Messina dott.ssa Natalia Ruggeri, il dott. Gustavo Ricevuto già Provveditore agli studi di Messina, numerosi Sindaci del comprensorio e il team dell’Ente di responsabili tecnici e amministrati: il R.U.P. dott. Pasquale Costa, il geometra Antonino Miceli, il dott. Antonino Palazzolo.
L’importante traguardo raggiunto ha permesso di riunire i cinque diversi immobili utilizzati come edifici scolastici in un’unica struttura polivalente che presenta tutte le caratteristiche di una moderna scuola superiore, pronta a rispondere pienamente, già dal prossimo anno scolastico, alle aspettative e alle esigenze di studenti, docenti e personale amministrativo.
La nuova struttura è dotata di 20 aule che ospiteranno i Licei Scientifico, Linguistico e Scienze Applicate per un totale di 450 alunni che avranno a disposizione anche 5 laboratori, 2 aree polivalenti, 4 locali di servizio e un ampio spazio riservato alle attività sportive.
L’inaugurazione del nuovo liceo Scientifico di Patti è un ulteriore tassello delle azioni di spending review, intraprese negli ultimi anni e libera l’ex Provincia di un altro gravoso onere legato ai fitti passivi. L’accordo tra la Città Metropolitana e la società proprietaria dell’immobile prevede la formula della locazione con patto di riscatto, con il versamento di un canone annuo di 189.500 euro, per una durata di nove anni ed il pagamento di 3.625.414 euro alla scadenza, per l’acquisizione della proprietà dell’immobile da parte dell’Ente metropolitano.
Ha tagliato il nastro la prof.ssa Grazia Scalisi Gullotti dirigente dell’Istituto alla presenza di numerose autorità: il Vescovo di Patti Mons. Guglielmo Giombanco, il vice Prefetto vicario di Siracusa Dott. Filippo Romano, già Commissario straordinario della Città Metropolitana di Messina che ha portato avanti con costante impegno il progetto di accorpamento del Liceo, il vice Prefetto di Messina dott.ssa Natalia Ruggeri, il dott. Gustavo Ricevuto già Provveditore agli studi di Messina, numerosi Sindaci del comprensorio e il team dell’Ente di responsabili tecnici e amministrati: il R.U.P. dott. Pasquale Costa, il geometra Antonino Miceli, il dott. Antonino Palazzolo.
L’importante traguardo raggiunto ha permesso di riunire i cinque diversi immobili utilizzati come edifici scolastici in un’unica struttura polivalente che presenta tutte le caratteristiche di una moderna scuola superiore, pronta a rispondere pienamente, già dal prossimo anno scolastico, alle aspettative e alle esigenze di studenti, docenti e personale amministrativo.
La nuova struttura è dotata di 20 aule che ospiteranno i Licei Scientifico, Linguistico e Scienze Applicate per un totale di 450 alunni che avranno a disposizione anche 5 laboratori, 2 aree polivalenti, 4 locali di servizio e un ampio spazio riservato alle attività sportive.
L’inaugurazione del nuovo liceo Scientifico di Patti è un ulteriore tassello delle azioni di spending review, intraprese negli ultimi anni e libera l’ex Provincia di un altro gravoso onere legato ai fitti passivi. L’accordo tra la Città Metropolitana e la società proprietaria dell’immobile prevede la formula della locazione con patto di riscatto, con il versamento di un canone annuo di 189.500 euro, per una durata di nove anni ed il pagamento di 3.625.414 euro alla scadenza, per l’acquisizione della proprietà dell’immobile da parte dell’Ente metropolitano.
S. Teresa Riva, bandiera blu come Lipari...cerca la differenza.
S. Teresa Riva è stata insignita come Lipari della bandiera blu....con una "piccola" differenza.
Nella spiaggia libera vi sono, isole ecologiche (pulite), bagnini, docce e bagni chimici.
Da noi a quando?
Nella spiaggia libera vi sono, isole ecologiche (pulite), bagnini, docce e bagni chimici.
Da noi a quando?
venerdì 22 giugno 2018
Sempre più improvvisazione ed assenza di regole e cognizione.
Saremo ripetitivi ma la realtà è questa.
Si può scarificare una strada, ponendo i mezzi sulla carreggiata, senza la presenza di un vigile urbano e, peraltro, in prossimità di una curva, costringendo gli automobilisti ad invadere l'altra corsia, creando pericoli, come ben evidente dal filmato, per la pubblica incolumità?
Le immagini si riferiscono a Bagnamare ma perseverare è diabolico visto che, in mattinata, identica operazione, senza vigili e connessi pericoli, si è creata a Canneto - San Vincenzo.
Per la cronaca a Bagnamare i vigili sono giunti dopo che il cittadino Adolfo Sabatini, che ha realizzato il video, ha allertato i carabinieri.
IL VIDEO: PS. Domani, crediamo, si bitumeranno (pardon, si rappezzeranno)le strade. Ci auguriamo con cognizione ed evitando pericoli ai cittadini
Si può scarificare una strada, ponendo i mezzi sulla carreggiata, senza la presenza di un vigile urbano e, peraltro, in prossimità di una curva, costringendo gli automobilisti ad invadere l'altra corsia, creando pericoli, come ben evidente dal filmato, per la pubblica incolumità?
Le immagini si riferiscono a Bagnamare ma perseverare è diabolico visto che, in mattinata, identica operazione, senza vigili e connessi pericoli, si è creata a Canneto - San Vincenzo.
Per la cronaca a Bagnamare i vigili sono giunti dopo che il cittadino Adolfo Sabatini, che ha realizzato il video, ha allertato i carabinieri.
IL VIDEO: PS. Domani, crediamo, si bitumeranno (pardon, si rappezzeranno)le strade. Ci auguriamo con cognizione ed evitando pericoli ai cittadini
Aliscafi, ripristinato "piano a 4"
E' stato ripristinato da Libertylines il "Piano a 4 " nel settore aliscafi. Ciò consentirà la piena applicazione di quanto previsto negli itinerari orari estivi.
Ceppo d'ancora del periodo romano recuperato a Capistello (Lipari)
Il mare eoliano continua a restituire preziosi reperti archeologici che vanno ad arricchire il Museo archeologico “ Bernabò Brea” di Lipari.
Un ceppo di epoca romana è stato recuperato stamattina, nella secca liparese di Capistello, ad una profondità di circa 70 metri, dai sommozzatori della Guardia Costiera.
L’operazione di recupero, che ha visto impegnati, oltre ai sommozzatori, unità del Circomare Lipari, si è svolta sotto la supervisione dell’archeologo Salvo Emma della Sovrintendenza del mare e davanti alle telecamere di Linea Blu, il programma di Rai Uno che sta girando nelle Eolie la puntata che andrà in onda il 7 Luglio.
Il ceppo d’ancora, una volta recuperato e trasferito a Lipari, è stato preso in carico da personale del museo eoliano.
Donatella Bianchi a Lipari. In previsione di una puntata di Linea blu sulle Eolie
Donatella Bianchi di "Linea blu", il programma di Rai uno, spesso di casa nelle Eolie, è sbarcata a Lipari, intorno alle 11 e 50, da un aliscafo di linea. Ad accoglierla il comandante di porto, Francesco Principale che è stato, poi, intervistato dalla conduttrice.
La "visita" di Donatella Bianchi è legata ad una nuova puntata della trasmissione che avrà come oggetto le Eolie, anche alla luce delle recenti scoperte di Oceana, e che andrà in onda il 7 Luglio.
Puntata che, ovviamente, avrà il supporto del Circomare Lipari.
La troupe, adesso, è ripartita alla volta di Stromboli.
La "visita" di Donatella Bianchi è legata ad una nuova puntata della trasmissione che avrà come oggetto le Eolie, anche alla luce delle recenti scoperte di Oceana, e che andrà in onda il 7 Luglio.
Puntata che, ovviamente, avrà il supporto del Circomare Lipari.
La troupe, adesso, è ripartita alla volta di Stromboli.
...e arrivò il "gran giorno". Ex Pumex disboscano il cimitero di Lipari centro
Finalmente! Obiettivo raggiunto! Le continue sollecitazioni di Eolienews hanno dato il loro frutto. Il cimitero di Lipari centro, grazie agli ex Pumex (c'era dubbio?), sta per essere completamente disboscato.
Soddisfatti, auspichiamo interventi costanti di manutenzione ordinaria, senza bisogno di sollecitazioni. E' così difficile programmare degli interventi periodici? .
Un appello, infine, ai nostri concittadini. Diamo una mano a tenerlo pulito. Infatti, disperse tra le erbacce, sono state ritrovate carte, bottiglie di plastica e fiori secchi a non finire.
N.B. nelle foto in alto: Il cimitero dopo l'intervento degli ex Pumex; in basso: Come era prima dell'intervento
I nostri auguri ai festeggiati di oggi
Buon Compleanno ad Immacolata Rifici, Giusy Riganò, Alessandro Furnari, Rosvan Zavone, Antonella Portelli, Giancarlo Felice, Elide Caruso, Eraldo Biviano, Greco Adilnando, Piero Acquaro
Rigogliose foreste coralline intorno ai vulcani sottomarini eoliani. Gli stupefacenti risultati della spedizione di Oceana
I ricercatori hanno trovato, a un chilometro di profondità, una spettacolare foresta di coralli bambù, rare spugne carnivore e specie mai viste prima nella regione
Giardini di gorgonie (Paramuricea clavata) © OCEANA / Juan Cuetos
| Corallo bambù (Isidella elongata) a nord di Lipari © OCEANA |
Tartaruga caretta impigliata in una lenza © OCEANA / Juan Cuetos
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La spedizione di Oceana, durata un mese, ha svelato la presenza di straordinarie foreste di coralli a rischio attorno ai vulcani sottomarini delle Isole Eolie, a nord della Sicilia. I ricercatori hanno esplorato sette aree di interesse ecologico e hanno trovato coralli bambù in pericolo critico, meravigliosi coralli molli e coralli neri , oltre a molti altri habitat che ospitano un numero elevato di specie. Sulla base di queste scoperte, Oceana sosterrà la designazione di un'area marina protetta nell'arcipelago, con l’obiettivo di preservare il ricco patrimonio naturale delle sue acque.
“Sebbene il mare profondo si trovi appena al largo delle coste delle Isole Eolie, queste acque rimangono in gran parte inesplorate e nascondono una biodiversità molto ricca. Abbiamo trovato decine di elementi che sono protetti a livello internazionale nel Mediterraneo, dagli imponenti fondali coralligeni alle tartarughe caretta e molte specie di coralli e molluschi. Tuttavia, abbiamo potuto constatare gli effetti diffusi dell'attività umana anche nelle aree più lontane e profonde, ed è fondamentale che si impedisca di danneggiare la vita marina se vogliamo preservare l'unicità di questa porzione del Mar Tirreno" ha spiegato Ricardo Aguilar, direttore della ricerca per Oceana in Europa.
Nelle acque più superficiali esaminate, gli scienziati hanno trovato aree dominate da alghe rosse, come i fondali coralligeni e a maerl, che alimentavano giardini densi di gorgonie e grandi banchi di pesci come il sugarello. A profondità intermedie sono stati filmati coralli neri con numerose uova di squalo, coralli rossi e coralli molli gialli, entrambi a rischio nel Mediterraneo.I dati raccolti durante questa spedizione saranno accuratamente analizzati nei prossimi mesi al fine di sostenere la proposta di un'area marina protetta per salvaguardare sia questa preziosa biodiversità, sia i mezzi di sostentamento delle popolazioni locali che dipendono dalle risorse marine. Utilizzando il catamarano di ricerca Oceana Ranger, Oceana ha filmato e scattato fotografie fino a 981 metri di profondità con un robot subacqueo e raccolto campioni dal fondo del mare. I lavori in mare sono stati progettati in modo da studiare ambienti molto diversi tra loro, tra cui montagne sottomarine isolate, banchi sottomarini e le venute idrotermali formate dall'attività vulcanica.
Le aree più profonde, invece, hanno mostrato incredibili foreste di coralli bambù e habitat caratterizzati da specie carnivore, come alcune ascidie e spugne. Sono stati documentati anche una specie di stella marina (Zoroaster fulgens) mai vista prima nel Mediterraneo e una specie ittica (Gobius kolombatovici) che in precedenza si credeva si trovasse solo nel mar Adriatico settentrionale.
In modo preoccupante, la spedizione ha anche filmato gli ingenti effetti degli umani sulla vita marina. Gli scienziati hanno documentato i danni causati dagli attrezzi da pesca persi o intenzionalmente abbandonati, tra cui una tartaruga caretta morta con una lenza agganciata alla bocca, coralli millenari parzialmente uccisi da lenze impigliate e trappole e reti gettate via che continuano a catturare e distruggere animali marini. Si sono trovati anche molti rifiuti domestici, comprese stoviglie in plastica, bottiglie di vetro, batterie e pneumatici.
La spedizione di Oceana contribuirà a un esistente progetto delle Isole Eolie che è stato portato avanti dalla Blue Marine Foundation (BLUE) in collaborazione con Aeolian Islands Preservation Fund. , che mira a garantire la designazione di un'area marina protetta. Il progetto è stato reso possibile grazie al generoso sostegno di IF International Foundation, Pictet Charitable Foundation, SmileWave Fund e diversi singoli donatori.
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