C.V. Rudolph Mayer
Fu perciò organizzata una equipe, che ebbe il compito di infiltrarsi
all’interno della sede del consolato di Zurigo, per cercare prove sui mandanti
ed esecutori dei vili atti. Le informazioni recuperate dall’intelligence, parlavano
in modo chiaro di una cassaforte, che custodiva nomi, piani e libri paga.
Del Comando formato dalla Regio Marina,
facevano parte il Capitano di Corvetta Pompeo Aloisi, il Tennete Stenos Tanzini il
Tenente Salvatore Bonnes, Tenente Ugo
Cappelletti ed il fabbricante di Chiavi Remigio Bronzin.
LO
SCASSINATORE
Il
problema principale, era rappresentato dal come riuscire ad avere accesso alla cassaforte,
senza distruggere gli importanti documenti contenuti e sul come entrare all’interno del consolato.
Il comando della Marina, decise per tale motivo di ingaggiare un famoso
scassinatore di casseforti, certo Natale Papini, fatto uscire dal carcere di
Livorno dopo che vi era finito per avere svaligiato la Banca di Viareggio. Le
alternative date a Paini furono due: O prendere parte all’operazione ed al suo
termine tornare un uomo libero, profumatamente ricompensato, oppure essere
inviato direttamente in prima linea.
Natale Papini
Il comando, grazie ad una spia infiltrata di cui non
verrà mai rivelata l’identità, riuscì a procurasi le chiavi delle sedici porte
che davano accesso al luogo in cui si trovava la cassaforte.
“Cosa c’è in
quella valigia?”
Tratto da
un articolo di “Libero.it”
Quando la notte del 20
febbraio 1917 (martedì grasso ma era già mezzanotte passata quindi il 21 delle
ceneri) Stenos Tanzini si sentì chiedere i documenti da due gendarmi svizzeri,
temette che tutto fosse finito, che l’impresa per la quale aveva sfidato tanti
pericoli e corso così gravi rischi fosse irrimediabilmente naufragata. La pesante valigia con tutto
l’armamentario del perfetto scassinatore che trascinava penosamente lo aveva
tradito aprendosi: il suo arresto sarebbe stato inevitabile. Decise di giocare il tutto per tutto,
pensando che solo un gesto di audacia e faccia tosta poteva salvarlo.
“Come avete potuto
vedere dal mio passaporto sono un ingegnere italiano. Rimpatrio per compiere il
mio dovere di soldato; purtroppo, a quest’ora non sono riuscito a trovare un
tassì disponibile, e adesso devo trascinarmi questo po’ po’ di peso fino alla
stazione “.
Gli andò bene. I gendarmi finirono con l’invitarlo a
bere qualcosa in compagnia in uno dei pochi caffè ancora aperti a quell’ora…
“IL COLPO DI
ZURIGO”
Stralcio da
un articolo de “il Giornale.it”
“Aloisi decide di agire il 22 febbraio in pieno carnevale, la confusione avrebbe reso più facile l'azione. Tanzini, Papini, Bronzin e Bini (incaricato della logistica) scivolano nelle strade piene di gente in festa, entrano nell'edificio, ed aprirono le 16 porte una dopo l'altra. Ma quando sembra fatta, ecco una diciassettesima, porta: l'agente doppiogiochista l'aveva sempre vista aperta e non pensava fosse necessario procurarsi un ulteriore ostacolo. La spia austriaca, si procura anche quel calco, Bronzin fabbrica la chiave a tempo di record e il 24 il gruppo è pronto per il nuovo tentativo. Questa volta non sembra esserci ostacoli, i due guardiani sono assenti, il cane di guardia addormentato con il cloroformio e le porte si aprono una dopo l'altra. Non resta che attaccare la cassaforte con la fiamma ossidrica, ma un ultimo imprevisto per poco non fa strage del commando: dal buco aperto nella parete d'acciaio esce un gas venefico. Una trappola di cui i «nostri» se ne accorgono in tempo, aprono le finestre e continuano a lavorare con stracci bagnati sulla bocca. Dopo quattro ore il forziere cede e rivela i suoi tesori: l'intera rete di spie e le operazioni in corso. Ma anche una grossa somma di denaro, 650 sterline d'oro e 875 mila franchi svizzeri, gioielli e una preziosa collezione di francobolli…”
Le conseguenze furono enormi. I documenti trafugati permisero
di scoprire e arrestare circa quaranta informatori e sabotatori, residenti in
Italia. Tra di essi, i tre responsabili dell’affondamento della corazzata Benedetto Brin: i marinai Achille Moschin
e Guglielmo Bartolini e il caporale Giorgio Carpi, tre volte disertore del 25°
reggimento cavalleggeri di Mantova. Bartolini venne condannato all’ergastolo,
mentre Carpi e Moschin vennero condannati alla pena di morte, tramutata in
ergastolo e graziata tra il 1937 e il 1942.
Per il sabotaggio della Leonardo da Vinci, furono assolti, per insufficienza di prove, una
decina di imputati. Delle due commissioni d’inchiesta nominate
sull’affondamento delle corazzate, la prima (Brin) non riuscì a raccogliere
neppure indizi, la seconda (Da Vinci) stava concludendo i propri lavori quando
ricevette dal Ministero della marina un plico sigillato nel quale il Ministro
dichiarava contenersi le prove delle colpevolezze e le cause dell’affondamento.
La commissione, prima di aprire il plico, chiese i poteri giudiziari, ma il Ministro
dell’interno requisì il plico, non
potendo il Governo, per ragioni di opportunità, concedere alla commissione i
richiesti poteri. Tutto si arenò. Il plico, in parte censurato, fu poi
inviato dal Governo alla Magistratura, la quale emise le condanne di cui sopra.
Allo scoppio della guerra fra l’Italia e l’Austria,
l’Evidenzbureau, al comando del generale Max Ronge, vantava professionalità ed
esperienza secolari. Aveva efficienti sedi periferiche di spionaggio presso i
consolati di Venezia, Napoli e Milano e nell’imminenza dell’inizio delle
ostilità le potenziò tutte. Trasferì poi da Trieste a Zurigo l’Ufficio di Descrizione Costiera, che
divenne Sezione sabotaggio
dell’Evidenzbureau-Marina, con il compito di organizzare attentati alle navi da
guerra e delle installazioni italiane, affidato alla direzione del Capitano di
Fregata Rudolph Mayer, asso dello spionaggio con la copertura di Vice-Console a
Zurigo. A differenza dei nostri servizi, quello austriaco contemplava tra i
suoi compiti quello di organizzare la sovversione, seminare il terrore nei
territori alle spalle del nemico, mantenere i contatti con gli ambienti
italiani contrari alla guerra, sostenendone l’attività di propaganda, per
seminare sfiducia nell’opinione pubblica. Il duello dunque iniziava impari.
Nell’affondamento della Benetto Brin morirono tre marinai eoliani.
Secondo l’Albo d’oro dei caduti, uno per affondamento della nave e due per
infortunio certamente da ricollegare al sinistro della Benedetto Brin:
-
Ravesi Vincenzo di Francesco e
Marturano Angela
Cannoniere scelto C.R.E.M. matr.87075, nato il
10 gennaio 1895 a Lipari, capitaneria di porto di Messina
Scomparso il 27 settembre 1915 all’età di anni
venti in seguito all’esplosione ed
affondamento della Corazzata Benedetto Brin nella rada di Brindisi.
-
Favorito Onofrio di Emanuele
Nato
il 28 agosto 1891 a Lipari - Canneto, distretto militare di Messina
Morto il 27 settembre 1915 a Brindisi all’età
di anni ventiquattro per infortunio per fatto di guerra, riconducibile
all’esplosione ed affondamento della
Corazzata Benedetto Brin.
-
Fonti Vincenzo di Gesuele
Fuochista scelto C.R.E.M., nato il 28 gennaio
1891 a Lipari - Canneto, capitaneria di porto di Messina,
morto il 28 settembre 1915 a Brindisi all’età
di anni ventiquattro per infortunio per fatto di guerra, Riconducibile
all’esplosione ed affondamento della
Corazzata Benedetto Brin.
Dei tre marinai eoliqni morti nell’esplosione della
Brin, solo del cannoniere scelto Ravesi
Vincenzo, sono state reperire informazioni dettagliate, fornite dall’atto di
morte .
“ Ministero della Marina,
divisione generale del Corpo Reale Equipaggi – Divisione Mobilitazione- Atto di
Morte di Ravesi Vincenzo, iscritto al n°280 del registro degli atti di morte di
questo Ministero. L’anno millenovecentoquindici addì ventuno del mese di
Dicembre, alle ore 15:00 nel Ministero della Marina in Roma, avanti a me
Capitano di Vascello Carlo De Luca, Direttore Capo Divisione a ciò delegato da
S.E. il Ministro della Marina, sono comparsi i sottoindicati militari, ambedue
superstiti della R. Nave Benedetto Brin
e presenti a bordo nel momento del disgraziato accidente che nel porto di
Brindisi causò la perdita della R. Nave e di parte del suo equipaggio:
1° Errico Pietro di anni
quarantasette capo cannoniere di 1^ classe nel corpo reali equipaggi, matricola
38586 domiciliato in Spezia;
2° Lantieri Giuseppe di anni
quarantaquattro Aiutante di 1^ classe nel corpo reali equipaggi, matricola
32271 Domiciliato in Spezia
I quali mi hanno dichiarato che
alle ore antimeridiane otto del giorno ventisette Settembre
millenovecentoquindici, nel porto di Brindisi in occasione del disgraziato
accidente suddetto, è morto Ravesi Vincenzo celibe di anni venti, residente a
Lipari imbarcato su detta R. Nave nella sua qualità di cannoniere scelto nel
corpo dei reali equipaggi matricola 87075, nato in Lipari il giorno dieci
Gennaio milleottocentonovantacinque, da Ravesi Francesco e dalla fu Marturano
Angela, domiciliati in Lipari – e che non fu rinvenuto il di lui cadavere. Questo
atto è stato compilato dal sottoscritto, in mancanza del commissario di bordo,
perito nell’accidente sopraindicato.”