Riprendiamo e pubblichiamo questo articolo di “SOCIAL” del 12.12.2014
FESTINI, SESSO E SOLDI FACILI. LE VOCI CHE HANNO SCOSSO LA DIOCESI. NUOVI DOCUMENTI.
SCANDALO CURIA. APPELLO AL PAPA: “FACCIA CHIAREZZA”
L’EX SEGRETARIO NAZIONALE DELLE ACLI MICHELE GIACOMANTONIO HA CHIESTO AL SANTO PADRE DI DISPORRE UNA NUOVA VERIFICA E DI RIABILITARE L’EX VESCOVO DI TRAPANI FRANCESCO MICCICHE’
di MAURIZIO MACALUSO
“Dissolvere le ombre, ricostruire con coraggio e carità la verità dei fatti, ripristinare la giustizia, non è cosa da poco anche se riguarda solo una Diocesi. Santità, lei ci insegna che il fare un passo indietro, il tornare sui propri passi non sempre è segno di debolezza, ma molte volte è dimostrazione di forza. Quella forza che ci viene dal Signore che fa nuove tutte le cose, anche i comportamenti tradizionali, anche le prassi consolidate. Santità, rinnovi il comportamento della burocrazia vaticana, chieda che si riverifichi tutta la vicenda e se non ci sono come in molti crediamo, responsabilità del Vescovo Francesco Miccichè gli si dia la possibilità di riprendere la sua azione pastorale”. E’ un appello accorato quello contenuto in una lettera aperta rivolta a Papa Francesco. A scrivere non è una persona qualunque. Michele Giacomantonio è stato sindaco di Lipari. Da sempre impegnato nel sociale. E’ stato segretario nazionale delle Acli. Persona preparata e stimata. Osservatore attento. Giacomantonio nutre molti dubbi ed ha deciso di prendere posizione. Da cattolico chiede al Santo Padre di fare al più presto chiarezza sull’intera vicenda che ha scosso la Chiesa trapanese. “Santità, l’impressione che si ha – scrive l’ex sindaco di Lipari – è che i comportamenti di questa vicenda siano tutti in controtendenza non solo rispetto alla sua azione pastorale che il mondo intero ha imparato a conoscere ed apprezzare in questi ventuno mesi del suo Pontificato, ma anche con la Chiesa emersa dal Concilio Vaticano II. Lei non ha pensato due volte a compiere scelte coraggiose e fortemente innovative con grandi ripercussioni a livello mondiale. Certo questa vicenda ha dimensioni al più regionali eppure ci sembra che non sia meno importante per la Chiesa ed il popolo di Dio”. I dubbi sollevati dall’ex sindaco Michele Giacomantonio sono gli stessi nutriti da molti cattolici e dagli stessi sacerdoti della Diocesi di trapani che nel 2011 si schierarono compatti accanto a Monsignor Francesco Miccichè.
FESTINI, SESSO E SOLDI FACILI. LE VOCI CHE HANNO SCOSSO LA DIOCESI
Festini a base di sesso, sperpero di denaro e rapporti ambigui. La Chiesa sotto accusa. E con essa il Vescovo Francesco Miccichè, incapace di vigilare sul clero, dedito più ai piaceri terreni che alla preghiera ed alla carità. Voci incontrollate ma che hanno generato grande sconforto tra i sacerdoti. Accuse respinte con sdegno dai diretti interessati. “Se il metodo delle veline passate a giornalisti compiacenti, degli anonimi contro i confratelli stampati e distribuiti per le strade, con la faccia del prete in sottofondo, delle minacce di conversazioni registrate, di festini sessuali, se il giro delle firme false, se questo metodo venisse in qualche modo accettato dalla nostra madre Chiesa come praticabile da un presbitero, noi, cara Eccellenza, non pensiamo di poter continuare come se niente fosse”. Dalla lettera, consegnata il 26 settembre del 2011 dai membri del collegio dei Consultori della Diocesi di Trapani a Monsignor Francesco Miccichè, emerge chiaramente l’amarezza e lo sconforto dei sacerdoti. Un clima di accuse e veleni che ha scosso la Chiesa trapanese. Il 16 novembre 2011 i membri del Collegio dei Consultori scrissero al Cardinale Marc Oullet, prefetto della Congregazione per i Vescovi. Nella missiva vengono manifestati la delusione ed i dubbi del clero trapanese. Ma vengono anche avanzate una seria di critiche sulle modalità dell’ispezione effettuata da Monsignor Domenico Mogavero. Visitatore Apostolico, inviato dalla Santa Sede a Trapani. La fuga di notizie e le conclusioni giudicate affrettate e non rispondenti alla reale situazione. “Com’è potuta accadere - scrivono i componenti del Collegio dei Consultori – una così clamorosa fuga di notizie riguardo la decisione della Santa Sede di mandare un Visitatore Apostolico a Trapani, con l’indicazione più che approssimativa della sua data di arrivo? Perché si è data notizia ai giornali di un evento prettamente intraecclesiale ancor prima che i fedeli fossero adeguatamente informati dal loro Pastore? Sulla base di quali elementi si palesa la conclusione sfavorevole dell’indagine se essa è stata portata avanti con grande discontinuità e se, in ogni caso, il suo esito spetta in ultimo alla stessa Sacra Congregazione che ha inviato il Visitatore? Perché una tale insistenza nel chiedere dei comportamenti negativi del Vescovo, come se, fosse in qualche modo fosse già stato dato un giudizio sul suo operato, senza piuttosto evidenziare il dato positivo del suo scagionamento dalle accuse pubbliche più gravi dopo mesi e mesi di macchina del fango? Non è in fondo tutta la Chiesa ad averne ritrovato una migliore immagine?” Domande ancora oggi rimaste senza risposta. “Ho creduto e pensato alla buona fede dell’altro, mi sono illuso che avesse gli stessi miei sentimenti ed invece aveva ed ha mire che io non ho mai avuto, ha ambito ed ambisce a posti che io non ho mai sognato, ama la ribalta e pur di ottenere tutto questo non si esime dal compiere ogni tipo di azione, anche se ciò comporta l’inflizione di sofferenze inaudite al prossimo”. Lui è Monsignor Francesco Miccichè, ex vescovo di Trapani, sollevato due anni fa dall’incarico con un provvedimento che ancora oggi fa discutere. L’altro è Monsignor Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo, inviato tre anni fa dalla Santa Sede a Trapani per un’ispezione. Nel mezzo lo scandalo che ha travolto la Chiesa trapanese e le polemiche che ne sono seguite. “Ci si è avvalsi - dice Monsignor Miccichè – della connivenza di chi non scrupoli per costruire castelli di sabbia che, grazie al comportamento tipico di chi finge di non vedere un’azione illecita, si sono trasformati in solidi castelli di pietra. Occorreva dimostrare che il sottoscritto, che ha avuto il solo torto di far rivivere una struttura come la fondazione Auxilium, avesse compiuto degli imbrogli in combutta con l’Azienda Sanitaria Provinciale. La relazione di Mons. Mogavero recita testualmente: “Alla luce delle informazioni riservate fatte pervenire al sottoscritto, il tenore e l’oggetto di tali informazioni lasciano trapelare un’attività sotterranea, parallela a quella ufficiale, che potrebbe riservare sorprese assai gravi con risvolti anche penalistici che, una volta venuti alla luce, difficilmente potrebbero essere dissimulati e, nello stesso tempòo, creerebbero notevole imbarazzo per l’immagine della Chiesa e per le conseguenze penali che ne potrebbero derivare ai soggetti implicati, non escluso il Vescovo”. Nella relazione Monsignor Mogavero cita anche una lettera firmata. Si tratta di inaccettabili falsità prive di fondamento. L’unico riscontro alle affermazioni di Mons. Mogavero si ha nei farneticanti anonimi a cui l’illustre presule dà una così tanta e tale rilevanza da spingerlo, addirittura, ad aggiungere il particolare circa una presunta, e solo tale, inchiesta della Procura.
Urgeva dimostrare che il sottoscritto, che nei quattordici anni del suo servizio alla Chiesa di Trapani si è speso con amore, fosse in realtà un soggetto con “marcata instabilità psicologica e scarsa attitudine al governo che gli ha fatto perdere di mano la realtà diocesana”. Nella sua relazione Monsignor Mogavero scrive che “ il susseguirsi di cambiamenti ravvicinati nell’ufficio di parroco ha creato malcontento in preti e fedeli, determinando scontento nelle persone e precarietà nella Diocesi”. Mons. Mogavero, da grande luminare della psichiatria, attesta che il sottoscritto, allora da ventiquattro anni Vescovo, sarebbe un “soggetto con marcata instabilità psicologica”. Menomale che non ha affermato che ero anche un soggetto socialmente pericoloso e, quindi, meritevole di ricovero presso strutture psichiatriche.
La “scarsa attitudine al governo” è infine la ciliegina sulla torta di ben benservito presentato su un piatto d’argento secondo un piano premeditato. Mi si accusa di avere effettuato troppi cambiamenti di parroci quando chi mi ha seguito nel governo della Diocesi, in due anni e mezzo, ne ha disposti più di quanti io ne abbia operati in quattordici anni. Ma la cosa più grave è che simili ed azzardate conclusioni hanno prodotto l’effetto sperato”. “C’è sempre – conclude Monsignor Miccichè – un supremo consiglio presieduto da un sommo sacerdote che accusa, una folla manovrata che sceglie Barabba al posto del povero Cristo di turno e c’è un Pilato che sa dell’innocenza ma che per viltà e convenienza se ne lava le mani consegnando la vittima al carnefice perché venga prima flagellato e poi crocifisso. Il Pilato di turno ha sempre un nome ed un volto, può indossare abiti confezionati su misura da stilisti di fama quando celebra, cibarsi del successo mediatico e trovare logico bearsi di tali successi. Ma chi sarà il prossimo da giudicare e condannare?