Riceviamo e pubblichiamo:Salina è nota per essere riconosciuta come il polmone verde dell’arcipelago eoliano ma, ancora una volta,
anche per vicende che sfociano in dissapori e denunce.
A pochi giorni dall’udienza plenaria dell’inchiesta giudiziaria che ha preso il nome proprio dalla sua
maggiore caratteristica (isola verde), qualcuno vuole artatamente agitare lo spettro del malaffare relativo
all’edilizia. Infatti, è pervenuto ad alcuni Uffici pubblici un esposto – direi anonimo – contro un cantiere in
corso presso la spiaggia del Barone nel Comune di S. Marina Salina.
Non volendo entrare nel merito della vicenda amministrativa, anche perché la denuncia non fa menzione di
illeciti edilizi e l’intervento gode di tutte le autorizzazioni necessarie, nello scritto si pone l’accento su due
edifici oggetto di demolizione e ricostruzione, indicati nella nuova veste come scempio deturpante il
paesaggio e le valenze storiche locali.
L’esposto, con riferimenti fotografici mirati, inizia con spargere a piene mani calunnie nei confronti della
proprietà, non solo appellandola con il termine “forestiero”, ma anche come “catanese”, dando a questa
provenienza un’accezione chiaramente dispregiativa, laddove accostata a “speculatore e palazzinaro”.
Il termine ”forestiero”, più volte abusato nella mail, significa, secondo i più blasonati dizionari italiani, colui
che proviene da un’altra nazione o da una regione o luogo dello stesso paese, sentito come lontano e,
quindi, diverso.
Tale accezione, però, non rispecchia di certo l’atteggiamento dell’annosa tradizione di ospitalità e cortesia
del popolo eoliano.
Mi chiedo, infatti: cosa ne sarebbe stato dell’arcipelago delle sette sorelle, se non ci fossero stati i
forestieri? Forestieri, o di passaggio o diventati per scelta stanziali, che hanno contribuito a rendere note in
tutto il mondo le isole, con la loro bellezza ed eccellenze, dando vita al business del turismo, che piano
piano si è accostato all’agricoltura ed alla pesca, attività certamente ataviche degli eoliani e sempre degne
di rispetto, ma, diciamolo, ad oggi poco redditizie. Il turismo, invece, ha portato in primis grande benessere
economico, e in secundis possibilità di confronto e accrescimento culturale.
“Forestieri”, dicevo, peraltro come gli stessi eoliani lo sono stati almeno fino al secolo passato, viaggiando
in cerca di fortuna, verso paesi lontanissimi dal loro, come Argentina, Nuova Zelanda, Paraguay ed
Australia.
Laggiù sono stati additati con malevolenza in quanto tali?
Sono stati ritenuti capaci di qualunque misfatto o, piuttosto, sono stati accolti come risorsa positiva per
l’economia del territorio e portatori di un bagaglio culturale diverso sì ma tanto prezioso da meritare di
essere conosciuto ed a volte condiviso?
La mail di che trattasi, sebbene siglata dalla non meglio specificata “associazione ambiente salina”, sembra
avere più che altro l’intento di gettare un’ombra vituperosa sulla correttezza morale degli Uffici, cui è
toccato valutare il progetto, e della signora Manganaro (vedova Rindone), che del progetto stesso, facendo
intendere una connivenza di intenti, anzi una corruzione tale da permettere la distruzione dei magazzini dei
pescatori (peraltro, gli ultimi due rimasti tali di oltre una decina, almeno in solo quel tratto di costa).
A ben vedere, ciò che stride maggiormente con il carattere serafico degli eoliani che, per assurdo,
dovrebbero sentirsi tutelati dall’associazione che scrive (e che poi scopriamo che non esiste!) è il linguaggio
che tende a screditare le persone oltre che a distorcere i fatti, con una bieca animosità che vuole colpire il
lettore per suscitarne l’indignazione, ma che invece fa arrossire per la sua stessa pochezza di toni e
allusioni, soprattutto se lanciati in maniera diretta contro lo Stato (gli Uffici) e il popolo (le figure coinvolte).
Il sapore amaro che questa lettera – ribadiamo, duplicemente calunniosa e diffamatoria - lascia ad una
prima lettura, grazie anche alla furba citazione della monumentale opera dell’Arciduca Luigi Salvatore
d’Austria (d’Asburgo – Lorena), stride però con le stesse parole che l’ottocentesco studioso del
Mediterraneo spende proprio sul popolo eoliano, riferendosi con buona probabilità a se stesso: <<[…] il
forestiero può aggirarsi in piena sicurezza fra questo popolo cortese, gaio, sereno, che fa presto a
conquistarti il cuore>>.
Chi scrive è Dario Iacono, Architetto, eoliano da parte dei nonni paterni (Lipari e Filicudi), e se vogliamo in
parte forestiero come sopra, nonché autore dell’opera contestata in maniera – oso dire - vile da chi, con
buona probabilità, tradisce invece vecchi dissapori con le figure interessate e, perché no, un insano e
pruriginoso desiderio di coltivare odio e sospetti, per vedere confliggere interessi e stati d’animo alle porte
dell’estate, stagione per eccellenza portatrice di ricchezza sull’isola.
Architetto, Dario Iacono