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venerdì 16 novembre 2018
Auguri ai lettori di Eolienews, festeggiati oggi
Buon Compleanno a Anna Puccia Valenti, Mimma Sparacino, Federica Ferraro, Chiara Monteleone, Alessandro Sardella, Deborah Favaloro, Maddalena Amendola, Angelo Bonsignore, Roberto Sauerborn, Lina Tartaro.
Il Santo del giorno oggi a Lipari è San Bartolomeo. Si festeggia per lo scampato terremoto
Il 16 di novembre si festeggia la quarta ed ultima festa dell’anno in onore di S. Bartolomeo. Le spoglie di S. Bartolomeo come tradizione vuole, arrivano dall’Armenia maggiore a Lipari durante il vescovado di Agatone, precisamente il 13 febbraio 254, i Liparoti lo accolsero con devozione, eleggendolo a Protettore dell’intero Arcipelago Eoliano.
Il vero nome dell’Apostolo è Natanaele: “dono di Dio, “Figlio di Colui che solleva le acque” come indicato nel vangelo di Giovanni, mentre nei vangeli sinottici è inteso, non a caso, col nome di Bartolomeo, Bar-Talmai, proveniente probabilmente dall’aramaico «bar»: figlio e «talmai»: “agricoltore”, “Figlio di Talmai, del valoroso”. Egli giunse a Cristo per mezzo di Filippo, era pessimista, diffidente, carico di pregiudizi, non accolse prontamente la chiamata del Maestro, solo davanti alle parole di Gesù: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità” rimane scosso disarmato, e spiazzato da tanta fiducia riesce a donarsi totalmente con traboccante manifestazione di fede: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Portentoso taumaturgo, convertì moltissimi alla fede, fu sottoposto a crudele martirio, scorticato vivo e crocifisso dai pagani ad opera del crudele Astiagi, fratello del re dell’Armenia.
Le feste del S. Patrono inizialmente erano cinque: 13 febbraio (in memoria dell’arrivo delle Sacre spoglie); 24 e 25 agosto (martirio del Santo), festa ufficiale istituita dalla Chiesa Cattolica; 17 giugno per scampato pericolo di pestilenza; 11 gennaio per scampato pericolo di terremoto; 5 marzo per scampato pericolo di terremoto, (istituita su richiesta dei contadini). Successivamente furono soppresse le festività del 17 giugno e 11 gennaio, e sostituite dalla festività del 16 novembreper scampato pericolo di terremoto, così le feste si riducono a quattro, le stesse che si celebrano a tutt’oggi.
La religiosità, la devozione e la fede della comunità eoliana nei confronti del S. Patrono, è caratterizzata da un rapporto speciale e privilegiato, legata da una forte carica di spiritualità che accomuna gli abitanti di tutte le isole, particolarmente nei giorni delle quattro festività.
L’Arcipelago eoliano è un territorio molto soggetto ai terremoti, ma sempre salvato dal veneratissimo Santo, che ha sempre protetto le Eolie e i suoi abitanti, e nonostante le infedeltà umane, continua a vigilare e pregare l’Altissimo perché liberi i suoi devoti figli dai peggiori disastri.
Il popolo eoliano oltre a portarlo sempre nel cuore, durante le festività lo accompagna in preghiera e raccoglimento lungo le vie cittadine, dove il Santo viene trasportato a spalla seguito dall’Amministrazione Comunale, dalle Autorità, dalle confraternite, da adulti, anziani e bambini, recitando o cantando in lingua dialettale a cori alterni, la preghiera per eccellenza molto diffusa tra i devoti: il Rosario di S. Bartolomeo.
Durante il percorso, la possente effigie viene fermata da qualche fedele, che in segno di devozione depone ori votivi o denaro nel drappo rosso adagiato sul Santo, la statua viene abbassata e risollevata, mentre i trasportatori urlano a gran voce: “Tuttu cu bona fidi S. VartulumeuViva!”.
Il rientro in Cattedrale completa la solennità con la celebrazione Eucaristica
Non si può non credere ai Martiri, a coloro che hanno dato la vita per Cristo, davanti a tanto AMORE non si può essere miscredenti, le vicende della vita quotidiana ogni giorno dimostrano l’impotenza dell’uomo davanti alle malattie, davanti ai disastri, l’incapaci di trovare soluzioni adeguate. La lingua di Dio è sommessa, ma i segnali che ci lancia sono multiformi, Egli ci raggiunge attraverso altri uomini, attraverso disgrazie, attraverso un fallimento o una morte, la vita è piena di queste tacite indicazioni.
L’uomo torni ad amare Dio con fiducia, abbandono, e con cuore contrito, perché alla fine non rimarrà altro che il Creatore con la sua Creatura!
Buongiorno con questa "cartolina" dalle Eolie
giovedì 15 novembre 2018
Da commissione ARS via libera a riforma ambiti territoriali e gestione INTEGRATA rifiuti
La quarta Commissione dell’ARS ha approvato il testo del disegno di legge per la riforma degli ambiti territoriali e la gestione integrata dei rifiuti.
“Questa legge – afferma Marianna Caronia – getta le basi per una migliore gestione del ciclo dei rifiuti, aumentando la differenziata ed avviando la fuoriuscita da una situazione di crisi; si innesca finalmente quel circuito virtuoso che può trasformare i rifiuti da un problema in una risorsa per le nostre comunità.”
“Anche in questa ottica – prosegue la presidente del Gruppo Misto – la Commissione ha accolto i miei emendamenti con cui è stato ampliato il bacino di lavoratori cui attingere per le necessità del servizio.”
È stato infatti previsto che siano coinvolti anche i lavoratori delle SRR e delle Cooperative che sono state coinvolte a vario titolo nella gestione dei rifiuti, nonché i lavoratori interinali e quelli che provengono dai consorzi oggi in liquidazione.
“Si tratta di centinaia di figure professionali – afferma Caronia – senza le quali negli anni si sarebbero interrotti i servizi. Mantenere questi lavoratori nel bacino dei servizi legati alla gestione dei rifiuti servirà a dare continuità ai servizi stessi e per questo la Commissione ha redatto un testo che mette finalmente ordine in questa materia”.
“Questa legge – afferma Marianna Caronia – getta le basi per una migliore gestione del ciclo dei rifiuti, aumentando la differenziata ed avviando la fuoriuscita da una situazione di crisi; si innesca finalmente quel circuito virtuoso che può trasformare i rifiuti da un problema in una risorsa per le nostre comunità.”
“Anche in questa ottica – prosegue la presidente del Gruppo Misto – la Commissione ha accolto i miei emendamenti con cui è stato ampliato il bacino di lavoratori cui attingere per le necessità del servizio.”
È stato infatti previsto che siano coinvolti anche i lavoratori delle SRR e delle Cooperative che sono state coinvolte a vario titolo nella gestione dei rifiuti, nonché i lavoratori interinali e quelli che provengono dai consorzi oggi in liquidazione.
“Si tratta di centinaia di figure professionali – afferma Caronia – senza le quali negli anni si sarebbero interrotti i servizi. Mantenere questi lavoratori nel bacino dei servizi legati alla gestione dei rifiuti servirà a dare continuità ai servizi stessi e per questo la Commissione ha redatto un testo che mette finalmente ordine in questa materia”.
Le Origini del Cristianesimo nelle Eolie: nel solco del prof. Iacolino e oltre
(di Michele Giacomantonio) Nel mio intervento a commento della manifestazione
“In ricordo del professore Giuseppe Iacolino” promossa il 9 novembre scorso dal
Rotary club e dal Comune di Lipari scrivevo che forse, fra i tanti aspetti
messi in luce, era stato un po’ trascurato il grande contributo di
Iacolino per fare chiarezza su alcuni
nodi importanti della nostra storia locale: un contributo, aggiungevo. che può
essere paragonato solo a quello di un altro grande protagonista della nostra
cultura, Luigi Bernabò Brea. E fra i contributi citavo la ricerca sulle origini
del Cristianesimo a Lipari ed in particolare sulla storicità della figura del
primo Vescovo di Lipari Sant’Agatone , ritenuto leggendario dai più e perfino
da Bernabò Brea.
Citavo ma non approfondivo perché preferii , allora,
soffermarmi su un altro suo importante contributo del professore: quello sullo
strutturarsi della municipalità eoliana partendo da un atto notariale del 22
maggio 1246.
Ora vorrei
cercare di sviluppare il contributo sulle origini del Cristianesimo nelle
nostre isole.
Sant’Agatone
figura storica o leggendaria?
Luigi Bernabò Brea nel suo libro “Le isole Eolie dal tardo antico ai Normanni”,
pubblicato nel 1989 aveva scritto "E'
del tutto inconsistente, dal punto di vista storico, un primo vescovo,
Sant’Agatone, che risalirebbe al III secolo, al tempo cioè della persecuzione
di Valeriano. La sua figura, è probabilmente immaginaria. Il nome sarebbe stato
preso da quello del vescovo, assai più tardo, ricordato da S.Gregorio Magno,
l’unico dei primi vescovi di Lipari il cui nome fosse ricordato da fonti
letterarie. Sant’Agatone compare infatti solo in fonti tarde e criticamente
inattendibili e cioè nel complesso di leggende, composte fra il VII e il IX
secolo che fioriscono intorno ai santi martiri di Lentini Alfio, Cirino e
Filadelfio. Il primo vescovo – aggiunge il grande archeologo – di cui si abbia notizia certa è Augusto che
partecipa a due concilii tenuti a Roma al tempo del Papa Simmaco: il primo
dell’Ottobre 501 (…); il secondo del Novembre 502(…)” (pag.14-15).
Iacolino parte, nel suo ragionamento, dall’Annuario
Pontificio che alla voce Diocesi di Lipari aggiunge tra parentesi una data: V secolo ed argomenta che visto che un
vescovo di Lipari (Augusto) risulta aver partecipato alle sessioni del sinodo
romano 501 e 502, cioè all’alba del VI secolo, ciò deve avere indotto, giustamente,
i redattori dell’Annuario ad affermare che la Chiesa di Lipari doveva già
esistere nel secolo precedente. Ma a suffragare questa ipotesi, aggiunge
Iacolino, non c’è solo la logica deduttiva dei redattori dell’Annuario ma
chiare testimonianze epigrafiche cristiane in lingua greca, rinvenute a Lipari
, tre delle quali ci riportano diritto al V secolo e molto più a ritroso nel
tempo. E cita l’epigrafe di Proba della seconda metà del V secolo che parla
della Santa e Cattolica Chiesa dei
Liparéi; quella di un anonimo del 470 e soprattutto quella di Asella che è
del 394 ma che ci rivela che a Lipari sul finire del IV secolo si erano
consolidati moduli culturali e di costume così squisitamente cristiani maturati
sicuramente in un secolo ed oltre portandoci a quella metà del III secolo
quando, secondo la tradizione, la Chiesa di Lipari era retta dal vescovo
Sant’Agatone.
Il
quadro di Sant’Agatone nella Cattedrale di Lipari. L’arrivo del corpo di San
Bartolomeo.
Una considerazione forse ardita ma sostenuta anche
da un importante archeologo e storico della Chiesa, mons. Louis Duchesne che
nel 1912 scriveva, proprio a proposito della Chiesa di Lipari, al prof. Carlo
Alberto Gafuri che “ è poco verosimile
che, nei tempi tristi e torbidi del V secolo, si siano fondati vescovadi in
quelle regioni d’Italia” per cui era da ritenere, come quasi dimostrato,
che ogni vescovato constatato prima della guerra gotica, cioè prima del 535,
deve risalire almeno al IV secolo più o meno inoltrato. Anzi, aggiunge, il
Duchesne che si potrebbe giungere sino alla metà del III secolo “ se fosse prudente fidarsi della leggenda
bizantina di Leontini” (C.A. Garufi,
Le Isole Eolie a proposito del ‘Constitutum’ dell’Abate Ambrogio, in
“Archivio storico per la Sicilia Orientale”, anno IX,1912, pag.159 ) .
La
Legenda di Lentini
Ed allo studio di questa Legenda si dedica il prof.
Iacolino che, nel libro citato, vi riserverà ben 24 pagine. Ma che cos’è questa
Legenda bizantina di Lentini? E’ uno scritto del monaco siculo-greco Basilio
che nel 964, ben settecento anni dopo l’accadimento dei fatti e cioè il
supplizio dei martiri Alfio, Cirino e Filadelfio avvenuto fra il 251 ed il 259
al tempo dell’imperatore Valeriano, attingendo a racconti popolari, per lo più
tramandati oralmente, li assembla arricchendoli di particolari fantasiosi e
fantastici. Certo il pio monaco non aveva alcuna intenzione di dare un
contributo rigoroso alla storia ma solo di contribuire alla edificazione ed
alla pietà del popolo, e così lo scritto è risultato zeppo di personaggi
improbabili, di interventi soprannaturali e misteriosi, di un eccesso di
guarigioni miracolose, di apparizioni di Santi fino all’inverosimile senza
trascurare gli errori cronologici.
E’ possibile, si chiede Iacolino, recuperare in
questa prolissa trama romanzesca un qualche elemento di veridicità storica che
possa servire alla nostra ricerca? Una preziosa indicazione, che Iacolino fa
propria, viene dallo storico benedettino Domenico Gaspare Lancia di Brolo
secondo il quale il monaco Basilio avrebbe raccolto le tradizioni locali e le avrebbe
stese “allargandole e infiorandole con
discorsi e dettagli che, sebbene esagerati, pure non ne alteravano il fondo e,
nella sostanza, non dovevano essere privi di fondamento”. Quindi, conclude
lo storico benedettino, “ ritengo questi
atti, con tutti i loro difetti, essere tanto più preziosi per la nostra storia
quanto che ogni altra memoria di quell’epoca è perita” (Storia della Chiesa
in Sicilia nei dieci primi secoli del Cristianesimo, Palermo 1880, p.120).
Bernabò Brea, di fronte all’ampio risalto che la
Legenda dà a Sant’Agatone, aveva avanzato l’ipotesi – da lui stesso, per primo,
giudicata molto fragile – che l’Agatone delle Legenda sia lo stesso Agatone che
nel VI secolo papa Gregorio Magno
esonerava dalla carica di vescovo di Lipari riducendolo allo stato monacale. Probabilmente, aggiunge
Bernabò, questi aveva trovato accoglienza in un convento di Lentini ed era
entrato nella narrazione popolare dalla quale lo recupera Basilio facendolo
protagonista del suo racconto (op,cit, pag.14 nella nota n.5).
Iacolino invece non ha dubbi che l’Agatone di cui si
parla sia proprio il Santo vescovo del III secolo, che -
come dice la Legenda di Lentini - per paura della persecuzione dei romani
abbandona Lipari e si rifugia in una grotta alle pendici dell’Etna dove
incontra Alessandro, braccio destro del tiranno, caduto in disgrazia e anche
lui fuggitivo. Agatone lo incoraggia, lo sostiene , lo guida nel cammino della
conversione e
lo battezza imponendogli il nuovo nome di Neofito. Più tardi gli conferisce il
presbiterato e lo propone vescovo di Lentini. Quindi decide di tornare a Lipari
con “i primi cittadini delle isole e
altri del clero” che erano venuti a trovarlo a Lentini “per divina rivelazione” per annunciargli “che la persecuzione contro i Cristiani è cessata e che essi ormai
vivono tranquilli”.
Secondo Iacolino, al di là delle
digressioni del narratore, il monaco Basilio avrebbe rispettato la verità di
fondo che i racconti popolari contenevano. E la verità è che esiste un vescovo
che è fuggito per paura di fronte ad una persecuzione di cui esistono riscontri
storici, come riscontri storici esistono della successiva pacificazione ai
tempi dell’imperatore Gallieno che ai cristiani restituì beni patrimoniali e
libertà di culto. Se uno degli scopi di Basilio era quello di rievocare la
genesi della Chiesa Leontinese perché, con la sua fervida fantasia, si
chiede Iacolino, non fece risalire quella Chiesa a quella di Siracusa che,
rispetto alla periferica Chiesa di Lipari, vantava più nobili memorie e più
solide tradizioni? E perché affidare il battesimo di questa chiesa ad un
vescovo fuggiasco per paura della persecuzione? Evidentemente – osserva sempre
Iacolino – il ruolo che nella primitiva comunità di Lentini esercitò il vescovo
di Lipari doveva avere radici così profondamente storiche da non potere
sottacersi o subire alterazioni di sorta.
Oltre Iacolino? Il Cristianesimo a Lipari prima del
III secolo?
Fin qui
Iacolino: la Chiesa di Lipari esisteva già nel III secolo e suo vescovo era il
Sant’Agatone che presiede all’arrivo delle spoglie di San Bartolomeo come
affermano Giuseppe l’Innografo e San Teodoro Studita.
E prima
ancora? Esistono credenze popolari che fanno supporre una datazione più antica
dell’arrivo del Cristianesimo a Lipari?
“E’
credenza – scrive il Can. Carlo Rodriquez nel 1841 nel suo saggio Breve cenno storico sulla Chiesa Liparese,
(Palermo,
estratto dal Giornale letterario, n. 225 e 226, 1841, pag. 5 e 6)
– che la fede cristiana si fosse stabilita in Lipari sin dal tempo
degli Apostoli; e Paolo (l’Apostolo) venuto in Reggio, si reputa per mera
tradizione passato da Messina , e per la vicinanza di quella provincia a
quest’isola qui esservi condotto, predicare il Vangelo ed innalzare alla cima
del sacerdozio per la prima volta Liparese Chiesastico. Ma niun documento
esiste per rafforzare opinione siffatta; per il che à uopo di altri tempi più a
noi vicini intertenerci, poiché le Siciliane Storie non furono a noi
tramandate, anzi distrutte nella saracenica invasione…”.
Prima
del Rodiquez , però, nel 1783, della possibilità che la Chiesa di Lipari fosse
stata fondata da San Paolo ne aveva parlato Giuseppe La Rosa nel primo volume
della sua “Pyrologia Topostorigrafica
delle Isole di Lipari”( a cura di Alfredo Adornato, Lipari, 1997).
Come
il Can. Rodriquez, l’avv. La Rosa segue il discorso tradizionale del naufragio
a Malta e, ripreso dopo tre mesi il viaggio,
della sosta a Reggio a cui aggiunge Messina e ipotizza la tappa a
Lipari, lungo il tragitto, grazie al Comandante della nave che avrebbe accolti
i desideri di Paolo. Una ipotesi forse più credibile di quella tradizionale riportata
dal Rodriquez secondo il quale l’evangelizzazione di Lipari e Messina sarebbe
avvenuta durante la sosta a Reggio cioè il tutto – Reggio, Messina e Lipari -
in una mezza giornata che è il tempo che, secondo l’evangelista Luca, la nave
avrebbe sostato a Reggio prima di salpare per Roma (“Poi navigando lungo la costa giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si
levò il vento del sud e così in due giorni potemmo arrivare a Pozzuoli 28,13).
Più credibile, ma comunque sempre improbabile l’ipotesi di La Rosa. Quale tempo
avrebbe potuto concedere un Comandante ad un passeggero che era oltretutto in
cattività? Qualche ora? E sarebbe stata sufficiente per evangelizzare la gente
di Lipari e trovare un Vescovo?
Di
fronte a questi nodi non stupisce che Iacolino non abbia preso in seria
considerazione l’idea che S.Paolo fosse mai passato da Lipari e l’abbia
evangelizzata. Secondo il professore questa di rivendicare una evangelizzazione
diretta degli apostoli sarebbe trattato un vezzo diffusosi in età rinascimentale fra
molte Chiese per darsi una sorta di blasone apostolico.
Pure
avendo condiviso negli anni passati la posizione del prof. Iacolino tanto da
averla sostenuta nel mio “Navigando nella
storia delle Eolie” che è del 2010, in questi ultimi anni mi sono venuto convincendo che l’ipotesi di
un passaggio per Lipari di San Paolo è tutt’altro che peregrina, ma a
differenza di Rodriquez e La Rosa – come ho scritto nel saggio “La nascita del cristianesimo nelle Eolie”
pubblicato nel libretto “La religione
nella Lipari antica”,( Marina di
Patti, 2016) dove faccio un primo resoconto di questa ricerca - nella mia ipotesi questo non sarebbe avvenuto nell’ultimo
tratto del viaggio: da Malta a Roma passando per Reggio ma sostituendo il
naufragio a Malta con un naufragio a Lipari.
Una rilettura di Giuseppe La Rosa
Come nasce questa ipotesi del naufragio a Lipari?
Innanzitutto da una rilettura di quanto scrive l’avv. La Rosa, che al di là del
come e del quando sarebbe avvenuta la sosta di San Paolo alle Eolie, ha una sua
originalità. Egli sottolinea con forza la tradizione esistente a Lipari ai suoi
tempi ( e ormai oggi dimenticata) di essere stati evangelizzati da Paolo.
Che San Paolo sia passato da Lipari e l’abbia
evangelizzata “appresso i Liparoti – scrive il La Rosa - ve n’è antichissima tradizione passata da Padri a Figli, e dall’una
all’altra generazione sino a questi tempi: e tanto appunto pare volesse
significare Innocenzio Papa in una sua epistola scritta a Decenzio, rapportata
dall’Abbate Rocco Pirro nella sua Sicilia Sacra, dove tratta della Chiesa di
Lipari, per le parole di quel Pontefice ci s’insinua in qualche modo essere
stata la Sicilia con l’Isole adiacenti convertita dall’Apostoli che vi crearono
vescovi (Rocco Pirri, in Sicilia Sacra de Ecclesiae Liparensis, nota 8)”.
Che La Rosa dica che ai suoi tempi era viva questa
tradizione non è un dettaglio da
trascurare. Infatti egli scrive in un ‘epoca, il 1783, dove le tradizioni si
conservavano più facilmente perché non c’era il bombardamento giornaliero e
continuo dei mass-media che allargano la conoscenza nello spazio ma la riducono
nel tempo. Inoltre una realtà isolata come erano le Eolie le storie che si
raccontavano in casa e si ripetevano nelle strade e nelle piazze, non dovevano
essere molte. Per di più non si era ancora diffusa nelle isole quella
secolarizzazione che aveva aggredito la centralità del sacro a vantaggio del
profano. La religione era ancora un dato centrale della cultura a cui
ricondurre ogni evento come fa appunto anche un erudito come La Rosa parlando,
ad esempio, dei terremoti.
Una seconda sollecitazione a perseverare in questa
ricerca viene da una scoperta: solitamente
oggi quasi tutte le versioni degli Atti degli Apostoli palano di
Malta come l’isola del naufragio ma, in realtà Luca negli Attii parla di Melita
(Μελιτη ) l’ isola del miele. ”Una
volta in salvo venimmo a sapere che l’isola si chiamava Melita”(At 28,1).
La contesa fra Malta e Meleda
sull’isola del naufragio
E proprio questo termine diede luogo in passato ad
una disputa perché nel “De administrando imperio” l’imperatore
e storico bizantino Costantino Porfirogenito, nell’anno 949, afferma con
sicurezza: il naufragio della nave che trasportava San Paolo avvenne a
Melita-Meleda, isola della Dalmazia a nord di Ragusa ( Costantino
Porfirogenito, De Administrando Imperio,
ed. Gy. Moravcsik,
trans. R.J.H. Jenkins, rev. ed., Washington, Dumbarton Oaks Center for
Byzantine Studies, 1967. “Alteram (insulam) quae Melete sive
Malozeatae, cuius in Acta apostolorum, S. Lucas meminit, Melitem eam appellans,
ubi et vipera divi Pauli digitum mordens ab eo exussa igne conflagravit” ,
cap. 36, pag. 163).
Gli
scogli degli isolotti detti oggi isole di San Paolo, nella baia di San Paolo a Malta.
Meleda oggi Mljet e la costa Dalmata.
Di contro, nel 1600 cominciò a fiorire una ricca
letteratura sul naufragio di San Paolo favorevole alla ben più importante
(politicamente) isola di Malta divenuta nel 1530 la nuova sede dei Cavalieri Ospitalieri con
l’aiuto e la benedizione di Papa Clemente VII e dell’imperatore Carlo V. I
Cavalieri Ospitaleri vennero così
soprannominati Cavalieri di Malta e continuarono la
loro azione contro la guerra di corsa musulmana, combattendo con la loro flotta
i corsari provenienti dal Nordafrica berbero. Malgrado avessero a disposizione
solo poche navi, erano degli esperti navigatori e causarono non poche noie alle
navi ottomane, attirandosi la gratitudine del Papa e degli stati cristiani.
Forte di questo dato di fatto, Malta cercò di affermare la sua candidatura ad isola
del naufragio di Paolo.
Si apre quindi una contesa fra Malta e Meleda. E se
Meleda si affida allo storico e poeta raguseo Ignazio Giorgi (1675-1737),
abbate dei Benedettini Neri di Méleda, consultore e teologo della Repubblica di
Ragusa, che nel suo opuscolo dal titolo “D. Paulus apostolus in mari,
quod nunc Venetus Sinus dicitur, naufragus et Melitale Dalmatensisi insulae
post naufragium hospes” descrive il viaggio avventuroso compiuto
dall’Apostolo sull’Adriatico, ovvero nel Golfo di Venezia, avvalorando la
propria tesi con citazioni attinte da oltre trecento scrittori antichi e suoi
contemporanei, dall’altra il Cavaleriato sviluppa tutta la propria influenza
che è fortissima soprattutto a Roma. Il lavoro del Giorgi, pubblicato a Venezia
nel 1730,diede origine ad una polemica dalmato-maltese che si è
prolungata con varie fasi sino ad oggi anche se nella seconda metà del ‘700
papa Benedetto XIV cercò di chiuderla a favore di Malta.
Proprio questa disputa mi ha richiamato alla mente che nel Mediterraneo oltre a Malta e Méleda c’è una terza isola che si collegava al miele nel suo nome antico: Lipari il cui nome greco era Meligunis (Μελιγουνίς ) che potrebbe voler dire “isola del miele” .
Proprio questa disputa mi ha richiamato alla mente che nel Mediterraneo oltre a Malta e Méleda c’è una terza isola che si collegava al miele nel suo nome antico: Lipari il cui nome greco era Meligunis (Μελιγουνίς ) che potrebbe voler dire “isola del miele” .
Rileggere gli Atti degli Apostoli
A questo punto il terzo passo è stato quello di
rileggere con attenzione cosa Luca dice a proposito del viaggio e del
naufragio.
“Appena cominciò
a soffiare un leggero scirocco, ritenendo di poter realizzare il progetto,
levarono le ancore e si misero a costeggiare Creta da vicino. Ma non molto
tempo dopo si scatenò dall'isola un vento di uragano, detto Euroaquilone. La nave fu travolta e
non riusciva a resistere al vento: abbandonati in sua balìa, andavamo alla
deriva. Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Cauda, a fatica
mantenemmo il controllo della scialuppa”.(Atti
27,13-16 ).
“Come giunse la
quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso
mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava. Calato
lo scandaglio, misurarono venti braccia; dopo un breve intervallo,
scandagliando di nuovo, misurarono quindici braccia. Nel timore di finire
contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che
spuntasse il giorno” (Atti,27,27-29).
“Quando si fece
giorno, non riuscivano a riconoscere la terra; notarono però un'insenatura con
una spiaggia e decisero, se possibile, di spingervi la nave .Levarono le ancore
e le lasciarono andare in mare. Al tempo stesso allentarono le corde dei
timoni, spiegarono la vela maestra e, spinti dal vento, si mossero verso la
spiaggia. Ma incapparono in una secca e la nave si incagliò: mentre la prua,
arenata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava sotto la violenza delle onde”
(Atti 27, 39-41…).
Viaggio di San Paolo a Roma. Itinerario tradizionale con
naufragio a Malta
“[Il centurione diede] ordine che si
gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiungessero terra;44poi
gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti
poterono mettersi in salvo a terra(Atti
27, 43,44).
Viaggio di San Paolo a Roma. Itinerario con naufragio a
Lipari.
Per quanto riguarda il viaggio il vento di uragano che si
scatenò doveva essere un vento che soffiava dal sud verso il nord perché dopo
14 giorni di deriva si trovarono nell’Adriatico che allora comprendeva anche lo
Ionio. Un tragitto che taglia inesorabilmente fuori Malta. La nave entrò nel
canale d’Otranto e prese a risalire l’attuale Adriatico dirigendosi verso le
coste della Dalmazia?
Sembra strano che una nave di Alessandria che faceva
abitualmente il tragitto per l’Italia (Atti, 27, 6) confondesse lo stretto di
Messina col canale d’Otranto per quanto la visuale fosse compromessa e
risalisse la costa greca e quella dalmata,. Più probabilmente come Malta anche
Meleda diventa una meta improponibile.
Rispetto
a Malta e Meleda, Lipari è l’unica che si trova sulla rotta per Roma.
Un riscontro straordinario
E
pare quasi di vedere il bastimento che in una notte d’autunno, sospinto da un
forte scirocco, si approssima alla rocca di Lipari che è circondata da una
scogliera bassa – detta Sottoilpalo - dove la prua del naviglio avrebbe potuto
incagliarsi mentre la poppa rimane esposta ai marosi. E pare sempre di vedere i
naufraghi che si gettano a mare e cercano di raggiungere Marina Lunga che
allora era solo una spiaggia, dove li accolgono gli abitanti che Luca definisce
“barbari” probabilmente perché parlano un linguaggio che non comprende
anche se intorno al 60 d. C. la gente di Lipari avrebbe dovuto comprendere non
solo il latino visto che si trovavano da più di trecento anni sotto la
dominazione di Roma ma anche il greco che era la loro lingua originaria.
Ma siamo all’alba e la gente che incontrano non saranno stati certo membri della borghesia locale ma popolani, forse pescatori che parlano un qualche dialetto locale.
Ma siamo all’alba e la gente che incontrano non saranno stati certo membri della borghesia locale ma popolani, forse pescatori che parlano un qualche dialetto locale.
“Una
volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava Melita
(Μελιτη)”. Gli abitanti ci trattarono con rara umanità, ci accolsero tutti
attorno ad un fuoco che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e
faceva freddo”.(Atti 28, 1-2).
“Là
vicino vi erano i possedimenti appartenenti al governatore dell’isola di nome
Publio, questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni” (Atti
28,7).
Comunque il
governatore doveva essere romano come rivela il nome Publio e Lipari era
governata dai romani fin dal 251 a. C. e la casa di Pubblio avrebbe potuto
essere dove oggi c’è Piazza Mazzini o addirittura il Municipio, quindi a poche
centinaia di metri da Marina Lunga, rendendo realistica una comunicazione a
distanza soprattutto di primo mattino.
Il padre di Publio, racconta Luca, giaceva a letto colpito da febbre e da dissenteria. Paolo lo guarì e guarì anche altri abitanti dell’isola che avevano malattie. Questo procurò a Paolo e i suoi amici molti onori ed, al momento della partenza i rifornimenti necessari.
Il padre di Publio, racconta Luca, giaceva a letto colpito da febbre e da dissenteria. Paolo lo guarì e guarì anche altri abitanti dell’isola che avevano malattie. Questo procurò a Paolo e i suoi amici molti onori ed, al momento della partenza i rifornimenti necessari.
“Dopo tre mesi
salpammo con una nave di Alessandria, recante l’insegna dei Dioscuri, che aveva
svernato nell’isola. Approdammo a Siracusa dove rimanemmo tre giorni. Salpati
da qui giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così
l’indomani arrivammo a Pozzuoli”(Atti 28, 11- 13).
Abbiamo voluto seguire, riprendendoli direttamente da Luca, quei passaggi del racconto che in qualche modo riguardano l’isola e ci sembra di poter dire che tutto sembra adattarsi a Lipari in maniera stupefacente. Il fatto che Paolo possa essere rimasto a Lipari tre mesi aspettando che passasse l’inverno per trovare una nave che lo porti a Roma, rende ancora più suggestiva questa ricostruzione facendo pensare quale grande iniziazione al cristianesimo potrebbe avere ricevuto la chiesa dei Liparei.
Un ultimo interrogativo? Perché una nave di Alessandria, che dopo tre mesi porta i naufraghi via dall’isola, fa scalo prima a Siracusa e poi a Reggio quando Reggio è a poche miglia da Lipari? Questa nave, che fu costretta a svernare a Lipari dalle condizioni meteomarine, potrebbe avere avuto due tappe programmate: quella di Siracusa e quella di Pozzuoli o addirittura Ostia che era il porto di Roma. Siracusa è la vera tappa programmata prima di procedere per il continente ed infatti a Siracusa si ferma tre giorni, mentre Reggio sembra essere solo una tappa di passaggio, una sosta in attesa del vento favorevole..
Abbiamo voluto seguire, riprendendoli direttamente da Luca, quei passaggi del racconto che in qualche modo riguardano l’isola e ci sembra di poter dire che tutto sembra adattarsi a Lipari in maniera stupefacente. Il fatto che Paolo possa essere rimasto a Lipari tre mesi aspettando che passasse l’inverno per trovare una nave che lo porti a Roma, rende ancora più suggestiva questa ricostruzione facendo pensare quale grande iniziazione al cristianesimo potrebbe avere ricevuto la chiesa dei Liparei.
Un ultimo interrogativo? Perché una nave di Alessandria, che dopo tre mesi porta i naufraghi via dall’isola, fa scalo prima a Siracusa e poi a Reggio quando Reggio è a poche miglia da Lipari? Questa nave, che fu costretta a svernare a Lipari dalle condizioni meteomarine, potrebbe avere avuto due tappe programmate: quella di Siracusa e quella di Pozzuoli o addirittura Ostia che era il porto di Roma. Siracusa è la vera tappa programmata prima di procedere per il continente ed infatti a Siracusa si ferma tre giorni, mentre Reggio sembra essere solo una tappa di passaggio, una sosta in attesa del vento favorevole..
Michele Giacomantonio
Auguri ai lettori di Eolienews, festeggiati oggi
Buon Compleanno a Martina Gugliotta, Antonio Stanzione, Silvestro Pipitone, Felicia Fichera, Mary Fiore Caviasca, Maria Grazia, Antonella Mirabito, Tatiana Pais Becher
Buon Compleanno al dottor Gino Spadaro
Compie 90 anni oggi il dottor Gino Spadaro, uomo di spessore e grande professionista.
A lui vanno i più sentiti auguri da Eolienews.
Sabato prossimo, al Comune di Lipari, gli sarà conferita la "Civica Benemerenza"
A lui vanno i più sentiti auguri da Eolienews.
Sabato prossimo, al Comune di Lipari, gli sarà conferita la "Civica Benemerenza"
mercoledì 14 novembre 2018
Divieto di circolazione delle bici nel centro storico di Lipari. La riflessione di Francesco Finocchiaro
OGGETTO: divieto di circolazione delle biciclette nel centro storico
Egregio direttore ,
le scrivo in merito alla recente ordinanza che si propone di vietare il traffico delle biciclette nel centro storico di Lipari, che ha suscitato in me non poche perplessità.
Questo provvedimento, nato presumibilmente in risposta a recenti episodi di cronaca, presenta a mio parere il difetto di voler semplificare oltremodo una tematica che richiederebbe più attenzione, nel senso che sarebbe preferibile affrontare il tema della viabilità urbana nel suo complesso piuttosto che operare attraverso provvedimenti isolati come questo e slegati da un’ approccio a 360 gradi.
La strada che è stata scelta, ossia vietare tout-court il transito delle biciclette nel centro storico, finirebbe a mio parere per privarci di sfruttare una grossa risorsa, cioè di quel ruolo che la bicicletta occupa nel contesto della mobilità urbana sostenibile e che sempre più comuni stanno implementando con successo.
Innanzitutto va preliminarmente fatta una netta distinzione tra i monopattini elettrici e lebiciclette. Mettere le due cose sullo stesso piano è un grosso errore sia materiale che concettuale, e forse questa ordinanza nasce proprio da questa confusione.
I primi, che effettivamente sono presenti in gran numero sull’isola, sono dei mezzi nel 99,9% dei casi non omologati, i quali non potrebbero circolare in nessuna strada pubblica, e dunque tantomeno in una isola pedonale. Sono mezzi che hanno una propulsione unicamente a motore, dotati di spunto e velocità considerevoli, e dunque una netta presa di posizione da parte dell’amministrazione per arginare il fenomeno del transito indiscriminato di questi mezzi, specie in ZTL, è senz’altro doverosa, anzi se vogliamo tardiva.
Ma, a differenza di questi, la bicicletta, a pedalata assistita e non, è un mezzo che innanzitutto è previsto dal Codice della Strada ed è previsto il suo transito nelle aree pedonali insieme ai pedoni ( art. 3, comma 2 del codice della strada ), e che nel corso del tempo è andato ritagliandosi un ruolo importante nell’ambito degli strumenti a disposizione dei Comuni per realizzare Piani di Mobilità Dolce, o mobilità sostenibile.
Il 31 Gennaio di quest’anno è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 11 gennaio 2018, n.2, recante : “Disposizioni per lo sviluppo della mobilita’ in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica.
La legge ha il duplice obiettivo di promuovere l’uso della bicicletta sia come mezzo di trasporto quotidiano sia per le attività turistiche e ricreative, al fine di:
migliorare l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana, contro il traffico e l’inquinamento
accrescere e sviluppare l’attività turistica, tutelando il patrimonio naturale e ambientale e valorizzando il territorio e i beni culturali
Punto centrale del provvedimento è il Piano generale della mobilità ciclistica, parte integrante del Piano generali dei trasporti e della logistica. Le Regioni dovranno predisporre ed approvare con cadenza triennale il piano regionale della mobilità ciclistica e i Comuni adotteranno i Piani urbani della mobilità ciclistica: i Biciplan, finalizzati a promuovere l’uso della bicicletta sia come mezzo di trasporto che per attività turistiche e ricreative, sia per migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni.
Anche la Regione Siciliana ha allo studio un disegno di legge in merito, “INTERVENTI PER FAVORIRE LO SVILUPPO DELLA MOBILITA’ CICLISTICA”, che per esempio dice che :
“Lo sviluppo dell’utilizzo della bicicletta in città per contribuire a migliorare il traffico e l’ambiente urbano è opportuno che venga perseguito sia dagli amministratori pubblici locali, sia dai superiori livelli di governo regionali e nazionale, nell’ambito di appropriate politiche dei trasporti ed ambientali. Ma lo stesso obiettivo dovrebbe essere maggiormente condiviso anche dall’insieme dei cittadini, tenuto conto che, se migliorano traffico ed ambiente, si hanno vantaggi per tutti.”
Questo processo si sta sviluppando in modo esponenziale anche da noi, seppur in netto ritardo rispetto ad altri paesi europei, poichè è ormai assodato che favorire il trasporto con velocipedi migliori la qualità e la sicurezza dei centri storici o aree ad accesso più difficoltoso, e migliora il rapporto del cittadino con il suo comune.
Credo che non sia saggio disperdere il patrimonio costituito da tutte quelle persone che si stanno avvicinando al mondo sano ed ecosostenibile della bicicletta con provvedimenti restrittivi come quello in esame, piuttosto sarebbe necessario un dialogo ed una comprensione del fenomeno in modo da incanalarlo positivamente. Se qualche comportamento sbagliato può essere stato attuato da un ciclista, questo è dovuto più che altro al fatto che a differenza di altri paesi nel nostro non vi è ancora una cultura civica sufficiente a capire certe cose tramite il solo buon senso. Il fatto di poter circolare in isola pedonale non autorizza il ciclista a comportarsi come meglio crede, ma questo vale anche per le abitudini di guida delle auto
Ma il fatto che sempre più cittadini eoliani decidano di spostarsi in bici è un fatto assolutamente positivo che va solo incentivato nel giusto modo. Si può pensare di esplicitare nell’ordinanza alcuni comportamenti, non so ad esempio il fatto che “il transito dei velocipedi nelle aree pedonali deve avvenire a velocità ridotta e senza causare disturbo al traffico pedonale”, o al tempo stesso sensibilizzare le persone al corretto uso della bici, o ancora prevedere misure restrittive nel mese di agosto, prevedere delle fasce orarie, ma sinceramente con questa ordinanza, in mancanza peraltro di altri provvedimenti volti a favorire in altro modo il trasporto ciclabile, questa amministrazione sembra porsi in posizione di netto contrasto con questo tipo di trasporto, in modo del tutto anacronistico con quanto sta avvenendo nei comuni più virtuosi.
Permettemi di dire poi che ovviamente ciò che può sembrare un argomento solo di viabilità, nel nostro arcipelago diventa anche un’opportunità di sviluppo turistico non indifferente.
Sempre il DDL Regionale giustamente afferma:
“Il d.d.l. riprende l’importante novità introdotta dalla L.366/98 rispetto alla precedente normativa e cioè la realizzazione di itinerari ad uso turistico. Oltre che riguardare il miglioramento della mobilità urbana, l’utilizzo della bicicletta può avere infatti una valenza turistica. Si va sempre più sviluppando infatti, specialmente nelle Regioni dell’Europa settentrionale, la realizzazione di itinerari ciclabili lungo luoghi di particolare interesse storico, paesaggistico e culturale, che attraggono flussi turistici notevoli di persone che prediligono questa forma di turismo denominata cicloturismo. Il cicloturismo in una regione come la Sicilia potrebbe avere una forte opportunità di sviluppo grazie alle risorse climatiche, paesaggistiche e culturali.”
Presentare al turista un piano organizzato di mobilità dolce, che preveda l’uso delle bici, anche tramite bike sharing, in un contesto di provvedimenti volti dall’altro lato a disincentivare l’uso delle automobili ( parcheggi a pagamento, incentivi ad usare il mega parcheggio, etc ) potrebbe e dovrebbe essere la strategia per il futuro. Potremmo fare come Verona, che organizza tour nel centro storico di notte, oppure come Prato, che fornisce bici elettriche in dotazione alla polizia municipale, potremmo fare tante cose.
Purtroppo invece, noto che il dibattito avviene sempre e soltanto sui social, sempre “dopo” un’ordinanza, non si riesce mai ad avere un dibattito “prima”, in modo che possa essere proficuo scambio di opinioni, cosicchè la discussione, invece che reciproca comprensione, scade inevitabilmente a pro o contro qualcosa. Non si tratta di fare un favore ad una determinata categoria di persone, si tratta di organizzare la mobilità urbana nel modo migliore, e pare che in tal senso la bicicletta abbia mostrato i suoi indiscutibili pregi.
Le porgo queste brevi considerazioni, rimanendo ovviamente a disposizione per qualunque osservazione, e spero che, nel merito dell’ordinanza in questione, si voglia rivedere l’attuale posizione, magari in senso più inclusivo e meno divisivo nei confronti di questa nuova sensibilità che sta emergendo, e che, a quanto pare, apporta più benefici che svantaggi, e perchè no, far si che questo episodio possa far nascere il desiderio di un nuovo piano per la mobilità urbana per Lipari, moderno e adeguato alla vocazione turistica del nostro arcipelago.
Cordiali saluti
Francesco Finocchiaro
Egregio direttore ,
le scrivo in merito alla recente ordinanza che si propone di vietare il traffico delle biciclette nel centro storico di Lipari, che ha suscitato in me non poche perplessità.
Questo provvedimento, nato presumibilmente in risposta a recenti episodi di cronaca, presenta a mio parere il difetto di voler semplificare oltremodo una tematica che richiederebbe più attenzione, nel senso che sarebbe preferibile affrontare il tema della viabilità urbana nel suo complesso piuttosto che operare attraverso provvedimenti isolati come questo e slegati da un’ approccio a 360 gradi.
La strada che è stata scelta, ossia vietare tout-court il transito delle biciclette nel centro storico, finirebbe a mio parere per privarci di sfruttare una grossa risorsa, cioè di quel ruolo che la bicicletta occupa nel contesto della mobilità urbana sostenibile e che sempre più comuni stanno implementando con successo.
Innanzitutto va preliminarmente fatta una netta distinzione tra i monopattini elettrici e lebiciclette. Mettere le due cose sullo stesso piano è un grosso errore sia materiale che concettuale, e forse questa ordinanza nasce proprio da questa confusione.
I primi, che effettivamente sono presenti in gran numero sull’isola, sono dei mezzi nel 99,9% dei casi non omologati, i quali non potrebbero circolare in nessuna strada pubblica, e dunque tantomeno in una isola pedonale. Sono mezzi che hanno una propulsione unicamente a motore, dotati di spunto e velocità considerevoli, e dunque una netta presa di posizione da parte dell’amministrazione per arginare il fenomeno del transito indiscriminato di questi mezzi, specie in ZTL, è senz’altro doverosa, anzi se vogliamo tardiva.
Ma, a differenza di questi, la bicicletta, a pedalata assistita e non, è un mezzo che innanzitutto è previsto dal Codice della Strada ed è previsto il suo transito nelle aree pedonali insieme ai pedoni ( art. 3, comma 2 del codice della strada ), e che nel corso del tempo è andato ritagliandosi un ruolo importante nell’ambito degli strumenti a disposizione dei Comuni per realizzare Piani di Mobilità Dolce, o mobilità sostenibile.
Il 31 Gennaio di quest’anno è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 11 gennaio 2018, n.2, recante : “Disposizioni per lo sviluppo della mobilita’ in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica.
La legge ha il duplice obiettivo di promuovere l’uso della bicicletta sia come mezzo di trasporto quotidiano sia per le attività turistiche e ricreative, al fine di:
migliorare l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana, contro il traffico e l’inquinamento
accrescere e sviluppare l’attività turistica, tutelando il patrimonio naturale e ambientale e valorizzando il territorio e i beni culturali
Punto centrale del provvedimento è il Piano generale della mobilità ciclistica, parte integrante del Piano generali dei trasporti e della logistica. Le Regioni dovranno predisporre ed approvare con cadenza triennale il piano regionale della mobilità ciclistica e i Comuni adotteranno i Piani urbani della mobilità ciclistica: i Biciplan, finalizzati a promuovere l’uso della bicicletta sia come mezzo di trasporto che per attività turistiche e ricreative, sia per migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni.
Anche la Regione Siciliana ha allo studio un disegno di legge in merito, “INTERVENTI PER FAVORIRE LO SVILUPPO DELLA MOBILITA’ CICLISTICA”, che per esempio dice che :
“Lo sviluppo dell’utilizzo della bicicletta in città per contribuire a migliorare il traffico e l’ambiente urbano è opportuno che venga perseguito sia dagli amministratori pubblici locali, sia dai superiori livelli di governo regionali e nazionale, nell’ambito di appropriate politiche dei trasporti ed ambientali. Ma lo stesso obiettivo dovrebbe essere maggiormente condiviso anche dall’insieme dei cittadini, tenuto conto che, se migliorano traffico ed ambiente, si hanno vantaggi per tutti.”
Questo processo si sta sviluppando in modo esponenziale anche da noi, seppur in netto ritardo rispetto ad altri paesi europei, poichè è ormai assodato che favorire il trasporto con velocipedi migliori la qualità e la sicurezza dei centri storici o aree ad accesso più difficoltoso, e migliora il rapporto del cittadino con il suo comune.
Credo che non sia saggio disperdere il patrimonio costituito da tutte quelle persone che si stanno avvicinando al mondo sano ed ecosostenibile della bicicletta con provvedimenti restrittivi come quello in esame, piuttosto sarebbe necessario un dialogo ed una comprensione del fenomeno in modo da incanalarlo positivamente. Se qualche comportamento sbagliato può essere stato attuato da un ciclista, questo è dovuto più che altro al fatto che a differenza di altri paesi nel nostro non vi è ancora una cultura civica sufficiente a capire certe cose tramite il solo buon senso. Il fatto di poter circolare in isola pedonale non autorizza il ciclista a comportarsi come meglio crede, ma questo vale anche per le abitudini di guida delle auto
Ma il fatto che sempre più cittadini eoliani decidano di spostarsi in bici è un fatto assolutamente positivo che va solo incentivato nel giusto modo. Si può pensare di esplicitare nell’ordinanza alcuni comportamenti, non so ad esempio il fatto che “il transito dei velocipedi nelle aree pedonali deve avvenire a velocità ridotta e senza causare disturbo al traffico pedonale”, o al tempo stesso sensibilizzare le persone al corretto uso della bici, o ancora prevedere misure restrittive nel mese di agosto, prevedere delle fasce orarie, ma sinceramente con questa ordinanza, in mancanza peraltro di altri provvedimenti volti a favorire in altro modo il trasporto ciclabile, questa amministrazione sembra porsi in posizione di netto contrasto con questo tipo di trasporto, in modo del tutto anacronistico con quanto sta avvenendo nei comuni più virtuosi.
Permettemi di dire poi che ovviamente ciò che può sembrare un argomento solo di viabilità, nel nostro arcipelago diventa anche un’opportunità di sviluppo turistico non indifferente.
Sempre il DDL Regionale giustamente afferma:
“Il d.d.l. riprende l’importante novità introdotta dalla L.366/98 rispetto alla precedente normativa e cioè la realizzazione di itinerari ad uso turistico. Oltre che riguardare il miglioramento della mobilità urbana, l’utilizzo della bicicletta può avere infatti una valenza turistica. Si va sempre più sviluppando infatti, specialmente nelle Regioni dell’Europa settentrionale, la realizzazione di itinerari ciclabili lungo luoghi di particolare interesse storico, paesaggistico e culturale, che attraggono flussi turistici notevoli di persone che prediligono questa forma di turismo denominata cicloturismo. Il cicloturismo in una regione come la Sicilia potrebbe avere una forte opportunità di sviluppo grazie alle risorse climatiche, paesaggistiche e culturali.”
Presentare al turista un piano organizzato di mobilità dolce, che preveda l’uso delle bici, anche tramite bike sharing, in un contesto di provvedimenti volti dall’altro lato a disincentivare l’uso delle automobili ( parcheggi a pagamento, incentivi ad usare il mega parcheggio, etc ) potrebbe e dovrebbe essere la strategia per il futuro. Potremmo fare come Verona, che organizza tour nel centro storico di notte, oppure come Prato, che fornisce bici elettriche in dotazione alla polizia municipale, potremmo fare tante cose.
Purtroppo invece, noto che il dibattito avviene sempre e soltanto sui social, sempre “dopo” un’ordinanza, non si riesce mai ad avere un dibattito “prima”, in modo che possa essere proficuo scambio di opinioni, cosicchè la discussione, invece che reciproca comprensione, scade inevitabilmente a pro o contro qualcosa. Non si tratta di fare un favore ad una determinata categoria di persone, si tratta di organizzare la mobilità urbana nel modo migliore, e pare che in tal senso la bicicletta abbia mostrato i suoi indiscutibili pregi.
Le porgo queste brevi considerazioni, rimanendo ovviamente a disposizione per qualunque osservazione, e spero che, nel merito dell’ordinanza in questione, si voglia rivedere l’attuale posizione, magari in senso più inclusivo e meno divisivo nei confronti di questa nuova sensibilità che sta emergendo, e che, a quanto pare, apporta più benefici che svantaggi, e perchè no, far si che questo episodio possa far nascere il desiderio di un nuovo piano per la mobilità urbana per Lipari, moderno e adeguato alla vocazione turistica del nostro arcipelago.
Cordiali saluti
Francesco Finocchiaro
Civica benemerenza al dottor Gino Spadaro. Cerimonia il 17 Novembre
Sabato 17 novembre, alle ore 11, nella Sala Consiliare del Palazzo Municipale, sita in Piazza Mazzini, 1, in occasione della ricorrenza del 90mo anno di età, si terrà la cerimonia per il conferimento della “Civica Benemerenza ” al dottor Giovanni Spadaro.
Il titolo onorifico vuole rappresentare un meritato riconoscimento del Comune di Lipari e della comunità tutta all’attività svolta dal predetto medico durante i suoi lunghi anni di servizio.
IL SINDACO
(Marco Giorgianni)
Il titolo onorifico vuole rappresentare un meritato riconoscimento del Comune di Lipari e della comunità tutta all’attività svolta dal predetto medico durante i suoi lunghi anni di servizio.
IL SINDACO
(Marco Giorgianni)
Auguri ai lettori di Eolienews, festeggiati oggi
Buon Compleanno a Alessandro Lucci, Fabio Marchetta, Giovanni Macrì Pellizzeri, Maria Schneider, Antonella Di Mauro, Mariangela Corrado, Salvatore Rizzo, Noemi Famularo, Armando Famularo, Giuseppe Donato
martedì 13 novembre 2018
LIBERTY LINES: “ANCORA NESSUN LICENZIAMENTO MA PER I 72 DIPENDENTI I TEMPI STRINGONO”
COMUNICATO
“Siamo vicini ai 72 dipendenti e alle loro famiglie che vivono un momento critico della loro attività professionale”. Paola Iracani, presidente del CdA di Liberty Lines, rompe il rispettoso silenzio mantenuto nelle scorse settimane per fare il punto sulla drammatica situazione che riguarda l’incerto futuro di 72 lavoratori della compagnia.
“Stiamo facendo tutto il possibile per scongiurare il loro licenziamento, nel rispetto di quei valori di solidarietà e umanità che hanno sempre contraddistinto i rapporti tra l’azienda e i suoi dipendenti. Ad oggi non abbiamo ancora avuto cenni ufficiali di riscontro da parte del Ministero dei Trasporti nonostante i nostri continui solleciti. Prendiamo atto dalla stampa di una nota in cui si parla di non meglio precisate clausole di salvaguardia occupazionale che non sembrerebbero riguardare i marittimi in forza alla Liberty Lines e riteniamo che la delicatezza della vicenda meriti passaggi istituzionali ben definiti”.
“Voglio precisare che ancora non è stato operato alcun licenziamento - specifica Paola Iracani - ma le procedure vanno avanti e i tempi stringono. Insieme ai sindacati di categoria abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità per salvaguardare il futuro occupazionale dei nostri dipendenti, manifestando in modo chiaro e trasparente la nostra massima disponibilità”.
La vicenda è nota. Il 30 settembre scorso non è stata concessa alla compagnia di navigazione Liberty Lines la proroga per il collegamento via aliscafo tra la Sicilia e la Calabria. Il servizio è stato affidato unilateralmente dal Ministero dei Trasporti a Bluferries, società del gruppo Rfi, con il conseguente rischio di licenziamento per 72 lavoratori in esubero, tra marittimi e amministrativi.
“Siamo vicini ai 72 dipendenti e alle loro famiglie che vivono un momento critico della loro attività professionale”. Paola Iracani, presidente del CdA di Liberty Lines, rompe il rispettoso silenzio mantenuto nelle scorse settimane per fare il punto sulla drammatica situazione che riguarda l’incerto futuro di 72 lavoratori della compagnia.
“Stiamo facendo tutto il possibile per scongiurare il loro licenziamento, nel rispetto di quei valori di solidarietà e umanità che hanno sempre contraddistinto i rapporti tra l’azienda e i suoi dipendenti. Ad oggi non abbiamo ancora avuto cenni ufficiali di riscontro da parte del Ministero dei Trasporti nonostante i nostri continui solleciti. Prendiamo atto dalla stampa di una nota in cui si parla di non meglio precisate clausole di salvaguardia occupazionale che non sembrerebbero riguardare i marittimi in forza alla Liberty Lines e riteniamo che la delicatezza della vicenda meriti passaggi istituzionali ben definiti”.
“Voglio precisare che ancora non è stato operato alcun licenziamento - specifica Paola Iracani - ma le procedure vanno avanti e i tempi stringono. Insieme ai sindacati di categoria abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità per salvaguardare il futuro occupazionale dei nostri dipendenti, manifestando in modo chiaro e trasparente la nostra massima disponibilità”.
La vicenda è nota. Il 30 settembre scorso non è stata concessa alla compagnia di navigazione Liberty Lines la proroga per il collegamento via aliscafo tra la Sicilia e la Calabria. Il servizio è stato affidato unilateralmente dal Ministero dei Trasporti a Bluferries, società del gruppo Rfi, con il conseguente rischio di licenziamento per 72 lavoratori in esubero, tra marittimi e amministrativi.
REGIONE: SOSTENIBILITA’ ENERGETICA, SEI MILIONI PER I COMUNI
I Comuni siciliani potranno dotarsi di un energy manager qualificato per predisporre i Piani di azione per l’energia sostenibile e il clima. Per farlo la Regione metterà a disposizione 6,5 milioni di euro. Lo prevede un bando predisposto dal dipartimento dell’Energia, guidato da Salvatore D’Urso, che sarà pubblicato nei prossimi giorni sul sito web istituzionale.
«Vogliamo promuovere e sostenere - afferma il presidente Nello Musumeci - gli Enti locali nella definizione dei Piani, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 40 per cento entro il 2030, secondo quanto previsto dalla Commissione europea. Attraverso l’istituzione degli energy manager comunali - prosegue il governatore - dotiamo i territori di una figura indispensabile per il miglioramento delle metodiche di efficientamento energetico e per gestire i rapporti con la Regione, in merito alle attività previste nei Piani».
Il contributo previsto per tutti i 390 Comuni siciliani prevede una parte fissa, crescente per fascia demografica di appartenenza, e una variabile, proporzionale al numero di abitanti residenti. Si va da un minimo di diecimila a un massimo di quindicimila euro, quale quota fissa, mentre il contributo variabile è compreso tra 0,10 e 0,80 centesimi di euro per abitante. Il coinvolgimento attivo delle comunità locali rappresenta uno dei requisiti necessari per accedere ai contributi. Previste, dunque, attività di sensibilizzazione verso i cittadini, attraverso azioni di comunicazione mirate, volte alla diffusione di buone pratiche ambientali e finalizzate alla formazione di una coscienza ecologica all'interno del territorio di riferimento.
L'adesione - su base volontaria - dei Comuni al Programma di ripartizione delle risorse per la redazione del Piano prevede: il miglioramento dell'efficienza energetica nell'edilizia (pubblica e privata) e nella pubblica illuminazione; l'integrazione della produzione di energia da fonti rinnovabili; lo sviluppo di forme e di mezzi di trasporto urbano sostenibile; la realizzazione di infrastrutture energetiche locali quali le reti intelligenti (smart grids), incluse quelle per la ricarica e il rifornimento della mobilità verde. Il Piano energetico dovrà essere predisposto e approvato dal Consiglio comunale entro due anni dalla delibera di adesione al Programma triennale, attraverso la figura di un energy manager qualificato all'interno dei Comuni, che si occuperà di gestire i rapporti con la Regione relativi all’invio dei dati del monitoraggio energetico e delle emissioni di CO2 a livello locale. I Comuni che beneficeranno dei contributi provvederanno all'inserimento delle informazioni prodotte in un'apposita banca dati predisposta dalla Regione: un'attività propedeutica alla redazione del Piano energetico ambientale.
«Vogliamo promuovere e sostenere - afferma il presidente Nello Musumeci - gli Enti locali nella definizione dei Piani, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 40 per cento entro il 2030, secondo quanto previsto dalla Commissione europea. Attraverso l’istituzione degli energy manager comunali - prosegue il governatore - dotiamo i territori di una figura indispensabile per il miglioramento delle metodiche di efficientamento energetico e per gestire i rapporti con la Regione, in merito alle attività previste nei Piani».
Il contributo previsto per tutti i 390 Comuni siciliani prevede una parte fissa, crescente per fascia demografica di appartenenza, e una variabile, proporzionale al numero di abitanti residenti. Si va da un minimo di diecimila a un massimo di quindicimila euro, quale quota fissa, mentre il contributo variabile è compreso tra 0,10 e 0,80 centesimi di euro per abitante. Il coinvolgimento attivo delle comunità locali rappresenta uno dei requisiti necessari per accedere ai contributi. Previste, dunque, attività di sensibilizzazione verso i cittadini, attraverso azioni di comunicazione mirate, volte alla diffusione di buone pratiche ambientali e finalizzate alla formazione di una coscienza ecologica all'interno del territorio di riferimento.
L'adesione - su base volontaria - dei Comuni al Programma di ripartizione delle risorse per la redazione del Piano prevede: il miglioramento dell'efficienza energetica nell'edilizia (pubblica e privata) e nella pubblica illuminazione; l'integrazione della produzione di energia da fonti rinnovabili; lo sviluppo di forme e di mezzi di trasporto urbano sostenibile; la realizzazione di infrastrutture energetiche locali quali le reti intelligenti (smart grids), incluse quelle per la ricarica e il rifornimento della mobilità verde. Il Piano energetico dovrà essere predisposto e approvato dal Consiglio comunale entro due anni dalla delibera di adesione al Programma triennale, attraverso la figura di un energy manager qualificato all'interno dei Comuni, che si occuperà di gestire i rapporti con la Regione relativi all’invio dei dati del monitoraggio energetico e delle emissioni di CO2 a livello locale. I Comuni che beneficeranno dei contributi provvederanno all'inserimento delle informazioni prodotte in un'apposita banca dati predisposta dalla Regione: un'attività propedeutica alla redazione del Piano energetico ambientale.
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