Per l’undicesima edizione di Sicilia en Primeur (Sep), Assovini ha scelto una location davvero spettacolare: la piccola isola di Vulcano, nell’Arcipelago delle Eolie. E anche l’approfondimento di quest’anno - non poteva essere diversamente - sarà dedicato alla viticoltura delle piccole isole siciliane. La manifestazione d’altra parte, ormai da tempo ha scelto di essere itinerante e ha l’obiettivo sia di promuovere i vini delle cantine associate, sia di valorizzare i territori di produzione della regione, presentandoli alla stampa nazionale e internazionale: le isole erano un approdo logico. “A Sep 2014 hanno aderito 35 aziende” ci anticipa il presidente di Assovini, Antonio Rallo (Donnafugata) “un record rispetto alle 29 della scorsa edizione. In primis ci sarà l’anteprima dell’annata 2013 che riserva delle sorprese interessanti, specialmente sul fronte dei bianchi”. Per Francesco Ferreri (Valle dell’Acate) la scelta delle Eolie “permette di parlare della viticoltura eroica e fa conoscere un territorio importante dal punto di vista paesaggistico e produttivo che illustra bene la biodiversità siciliana”. Alessio Planeta aggiunge che “proprio perché quella insulare è una viticoltura difficile, occorre dedicargli un’attenzione particolare: l’isolamento delle aziende, per lo più di dimensione assai ridotta, infatti limita molto la commercializzazione dei prodotti”. Il prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano che illustrerà le particolarità dei vini insulari osserva che “Dal punto di vista della sostenibilità la Sicilia è un esempio per tutti, ma la sfida didomanisarà la viticoltura di precisione e le Isole Eolie possono raccontare molto sia per la loro storia enologica che culturale”. Quello della ricchezza della regione è il tema toccato daMariangela Cambria (Cottanera) che sottolinea “Il nostro appeal sta proprio nella grande diversità dei terroir siciliani, Vulcano in primis: per noi che veniamo da un altro vulcano (Etna) sarà un’ottima opportunità di confronto”. “D’altra parte” dice Laurent de la Gatinais (Rapitalà-Giv) “Credo sia importante e nello stile della manifestazione non solo far conoscere i nostri vini, ma anche dare lustro agli splendidi territori che la Sicilia offre”.
Sicilia en primeur 2014 inizierà nel pomeriggio di domani, domenica 25 maggio, quando gli 80 giornalisti provenienti da una ventina di Paesi europei ed extraeuropei, partiranno dagli aeroporti di Palermo e di Catania per 7 diversi itinerari che li porteranno nelle cantine e nelle principali aree vinicole della regione. Il 27 maggio, poi, arrivo in serata all’isola di Vulcano dove il 28 e 29 maggio si svolgerà la manifestazione vera e propria con la degustazione dei vini 2013 e delle annate in commercio delle 35 aziende partecipanti. “Vino e turismo insieme” conclude Antonio Rallo “sono un volano fortissimo per il nostro sviluppo economico. In Sicilia, negli anni scorsi la collaborazione non è stata così forte come in altre regioni. Bisogna migliorare questo connubio per incrementare il turismo e far sì che il turismo enologico spinga anche lo sviluppo turistico della regione”.Alberto Tasca che ha rappresentato la Sicilia nella recente assise dei Master of Wine a Firenze, parla della sua regione “come un modello di sviluppo ormai consolidato tanto da essere preso ad esempio anche da altri. Ora si tratta di costruire un mercato diverso nel quale i nostri valori abbiano i riconoscimenti che meritano”.
Ma come è stata l’annata 2013 in Sicilia? Secondo Stefano Caruso (Caruso&Minini) decisiva è stata la versatilità dei terroir e soprattutto il binomio tra vino e natura. “Il 2013 è stata un’annata equilibrata, non solo per i bianchi: i vini da noi sono maturati nei tempi giusti, senza quelle accelerazioni dovute ai picchi di caldo che favoriscono la durezza dei tannini”. Per Laurent Bernard de la Gatinais (Rapitalà-Giv) “è stata una vendemmia che ha messo a dura prova gli enologi e gli agronomi, nella quale chi ha la stoffa, unita ad un terroir di pregio, ha fatto la differenza. Non la annovererei come la migliore per i rossi da lungo invecchiamento, ma interessante per una ritrovata freschezza e per la speziatura dei nero d’Avola”.
Alberto Tasca (Tasca D’Almerita) nota che “Siamo ritornati alle vendemmie di tanti anni fa con rese più abbondanti e gradazione alcolica più misurate. Comunque anche la 2014 si presenta molto particolare tanto che in qualche caso la fioritura è in grande ritardo”. Continua Alessio Planeta: “Se a Noto l’andamento è stato siccitoso a Menfi è stato più piovoso. Il risultato è stato bianchi molto buoni e rossi un po’ di meno. Però dopo due anni di scarsa produzione abbiamo ricostituito le scorte in cantina: ci voleva proprio”.
Svolgere Sep 2014 a Vulcano e dedicare l’approfondimento alla viticoltura insulare, è una scelta che merita il sostegno e il plauso convinto di tutti. Peccato però che le aziende vinicole di Panarea, Lipari, Vulcano e Salina, ad eccezione di Capofaro Tasca e Barone di Villagrande, non saranno presenti: non essendo socie di Assovini e non partecipando nemmeno alla gravosa gestione economica dell’evento, non hanno potuto essere coinvolte. Di Hauner o Fenech (Salina), di Paola Lantieri (Vulcano), della Tenuta di Castellaro (Lipari) o di Andrea Pedrani (Panarea), solo per citarne qualcuno, si sentirà la mancanza. Un'esclusione comprensibile, per i motivi detti sopra, ma forse stavolta, entrambi le parti, potevano fare di più. L’occasione valeva la pena.
Il vino delle isole proprio a Vulcano esprime il suo carattere più eroico. Del resto la storia della viticoltura stessa dell'isola è un succedersi di coraggiosi passi in avanti e tragici arresti. La sua nascita si deve a uno scozzese, Sir James Stevenson (1822-1903) che dopo aver acquistato gran parte dell’isola (1870) sviluppò l’attività mineraria, impiantò i primi vigneti di cui si ha notizia e contribuì ad accrescere la vegetazione con alberi da frutto e tanti fichi. All’improvviso però, il 3 agosto 1888, il vulcano esplose uccidendo i “coatti” che lavoravano nel cratere. L’eruzione continuò sino al marzo 1890 seppellendo sotto la sabbia e la cenere, buona parte del lavoro di Stevenson, il quale, vista la malaparata, salito a bordo del suo yacht a vapore, il Firefay, fece rotta per l’Inghilterra e non tornò mai più. Sull’isola rimasero pochi vulcanari, ridotti allo stremo, per lo più contadini e pastori della zona di Gelso e di Piano. Attualmente sono presenti le aziende Paola Lantieri – Punta dell’Ufala, Pinnata di Mauro Pollastri mentre Carlo Hauner ha un vigneto.
a cura di Andrea Gabbrielli