Noi della COMPAGNIA PICCOLO BORGO ANTICO di LIPARI, spesso attenti al recupero di un teatro autoriale in “sandali e tunica….mantello e peplo”, abbiamo ridato voce a un pilastro della COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI, portando in scena LA DONNA DI SAMO del succitato MENANDRO.
Tale sodalizio artistico ha avuto luogo ieri, presso la splendida cornice dell’ANFITEATRO DI PUNTA MEGNA-RINELLA. Mentore e pigmalione di lavori di siffatto spessore è l’amico RICCARDO GULLO, sempre pronto a riservare una nicchia classica all’interno del cartellone di eventi culturali con cui è solito fregiare il suo Comune, durante il periodo estivo.
Vincente l’idea di “consegnare” lo spettacolo al pubblico intorno alle 18:30, nel rispetto di una tradizione che – in mancanza di apparecchiature tecnologiche e di elettricità – concepiva il teatro come MOMENTO DIURNO, vita spicciola da indossare ed esibire alla luce del sole.
Al cospetto di una platea selettiva e conoscitrice del genere, la squadra di TINDARA FALANGA ha animato l’intricata vicenda di Demea (Gabriele Famularo), padre burbero che, in età piuttosto avanzata, ha avuto un figlio dalla concubina Crysis (la donna di Samo, per l’appunto, interpretata da Tiziana Lauricella). In sua assenza il neonato muore e il figlio illegittimo di Demea, Moskion (Gianluca Veneroso), pensa bene di operare uno scambio riparatore: spacciare il bambino nato dalla sua relazione segreta con Plangon, giovane figlia del vicino di casa Nikerato (Marco Russo), come prole sua e dell’avvenente concubina. In realtà Demea, d’indole sospettosa, fatica a comprendere la reale paternità della creatura e, offuscato dalla gelosia, caccia di casa la Samia, attribuendole una tresca con Moskion, mai però avvenuta. Con l’aiuto del dinamico servitore Parmenon (Matteo Biviano) e di un’anziana tata (Jasmine Palino), il piano viene portato a compimento: lo scambio d’identità sembra sortire effetto e il pargolo viene allevato come figlio di Crysis, in modo che la giovane Plangon possa avere salvo l’onore. Solo alla fine – in virtù del matrimonio accordato a Moskion e Plangon dai rispettivi padri– la verità trionferà sulla logica dei sotterfugi e tutti i personaggi ricomporranno quell’equilibrio affettivo profondamente minato da egoismo e timori.
Le sequenze dell’intreccio – come da consuetudine letteraria greca – sono state interrotte e contestualizzate dal sapiente narratore, “vestito” da Bartolo Fonti.
Oltre due millenni fa – e questo ha davvero dello straordinario! – il gioco sottile della dissimulazione la faceva da padrone. Già nel IV secolo a.C., insomma, l’umanità entrava in teatro con tutte le sue brutture morali, alla disperata ricerca, tuttavia, di un possibile riscatto. Chi di noi non ha temuto il padre? Desiderato la fuga? Coperto una magagna sacrificando se stesso? Sragionato perché offuscato dall’attrazione fisica? Quanti brontoloni Demea e Nikerato a due passi dalle nostre abitazioni? Quante Crysis vittimizzate dalle ingiurie di cui spesso le donne sono bersaglio? Troppi giovani Moskion e Plangon scoprono precocemente la genitorialità! Troppi Parmenon ruffiani si dilettano con la tattica “d’u CUMMOGGHIU”! Allora…altro che letteratura del passato! Qui c’è in ballo un NOI PRESENTE che trova eco e riflesso “anche” nell’arte scenica! Assistere a Menandro equivale a riscoprire colpe, vizi, limiti, paure scomodamente ancora attuali.
In un mirabile “bagno” di blu e verde, lo splendore della Commedia menandrea ha riottenuto la sua forza nativa. Complici l’amore per la recitazione, l’acerba mediterraneità del sito, la levatura di chi (RICCARDO GULLO e TINA POLLICINO) sa trasformare un incontro di menti in una simbiosi di cuori.
All'inizio dello spettacolo un doveroso momento di raccoglimento per onorare la memoria di ANNAMARIA LOPES, indimenticabile modello di una femminilità fiera e sensibile che nella coraggiosa CRYSIS greca vede un valido cliché. Una donna che avrebbe – come spesso era solita fare in occasioni del genere – elogiare senza retorica, mostrarsi affettuosa con la massima sobrietà.
GIANLUCA VENEROSO