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martedì 26 giugno 2018
ALICUDI, DISASTRO ANNUNCIATO. Senza collegamento in nave, terminate da una settimana le scorte di viveri nelle attività e non arrivano i materiali per il molo
Riceviamo e pubblichiamo:
E’ da mesi
che la piccola comunità di Alicudi, 102 anime, la più defilata delle Isole
Eolie, in provincia di Messina, denuncia una situazione di estrema criticità.
La causa? La realizzazione dei lavori di prolungamento del molo, da oltre 10
anni in corso e non ancora portati a termine, con interventi a singhiozzo di
diverse ditte (alcune delle quali via via fallite) che hanno compromesso
sistematicamente la conclusione dell’opera.
La mancanza
di programmazione nella gestione dei lavori ha provocato un disastro
annunciato.
E’ il caso
dei cassoni destinati al prolungamento, la cui posa è iniziata circa 25 giorni
fa, giusto a ridosso della stagione estiva.
La presenza
di questi cassoni impedisce il regolare attracco del traghetto della SIREMAR, che
infatti da oltre 25 giorni ha sospeso i
collegamenti.
Era stato
quindi previsto, con un piccolo intervento, la possibilità che la nave NGI
(Navigazione Generale Italiana) potesse operare in modo straordinario durante i
lavori, in quanto, grazie al suo minore pescaggio, unico natante in grado di
attraccare, appoggiando il portellone sulla parte sinistra del molo.
Questo però
non è stato possibile in quanto lo stato del fondale, che nessuno si è sognato
di monitorare a questo proposito, non permette assolutamente l’avvicinamento di
navi da quel lato del molo.
Il
risultato di tutto questo?
Da
sette giorni Alicudi è priva degli approvvigionamenti di prima necessità, le
botteghe alimentari hanno esaurito i viveri, non si trova più nulla da mangiare
sugli scaffali e la piccola comunità di Alicudi, che specie in questi mesi vive
solo di turismo, non sa come affrontare la situazione.
Ma il cane,
com’è ovvio, si morde la coda. Non potendo la NGI attraccare, è impossibile
sbarcare i materiali indispensabili per il completamento dei lavori sul molo.
Ad oggi le
soluzioni che il Comune di Lipari sta considerando, dopo le lamentele della
comunità, sono improbabili e in alcuni casi improponibili. E’ stato ventilato
infatti l’intervento di non ben identificato barcone, dalle imprecisate
dimensioni, che dovrebbe coprire le 25 miglia di distanza da Lipari, o
addirittura le 50 da Milazzo (gli approvvigionamenti fondamentali provengono
com’è ovvio dalla Sicilia) non si sa con quale cadenza e regolarità. Né è
possibile avere informazioni ufficiali, in quanto il comune non fornisce alcuna
comunicazione in merito.
A mio avviso non si risolvono in questo
modo le criticità di fondo del problema.
E’ necessario un intervento tempestivo,
urgente e definitivo: l’isola di Alicudi, vera figlia di un Eolo minore, non
può essere di continuo abbandonata a sé stessa.
Certo conta pochi abitanti, è lontana e
scomoda.
Ma
anche gli arcudari fanno parte dell’arcipelago e hanno gli stessi diritti degli
altri isolani.
E
anche gli arcudari accolgono i turisti (la comunità raggiunge nel periodo
estivo le 700 unità), i quali scelgono la nostra isola per le sue
caratteristiche uniche. Vogliamo perciò non solo sopravvivere ma lavorare e
dare il meglio di noi stessi ai visitatori.
Ma istituzioni e organi preposti devono
metterci nelle condizioni di condurre un’esistenza civile, al passo con i
tempi. Lavorando. E, possibilmente, anche nutrendoci.
Aldo
Di Nora - residente
e titolare di Arbatus Editrice con sede ad Alicudi
Squadra antincendio di Vulcano....ecco perchè non è più "ospitata" all'ex inceneritore
Escrementi di capre, con concreta possibilità di contrarre qualche malattia o essere punti da una "zecca", così come la presenza nelle immediatezze di sterco.
E' questo il motivo per cui la squadra antincendio di Vulcano è stata, giustamente, "allontanata" dai locali dell'ex inceneritore in cui in questi anni è stata ospitata.
Una decisione che il commissario della Forestale, Giovanni Giacoppo, ha preso, quindi, a salvaguardia dei componenti la squadra.
Dopo la lettera inviataci nei giorni scorsi da un lettore, abbiamo voluto approfondire la questione, dando spazio "all'altra campana" ed è emerso quanto sopra riportato.
Nelle more di poter disporre di locali all'altezza della situazione e, principalmente, sani, si è, quindi, deciso di posizionare la squadra sul territorio, in aree che rispettano, comunque, le esigenze dei componenti.
Componenti che, tra l'altro, vengono impiegati per fare fronte alle esigenze del territorio e non solo dell'antincendio
La squadra antincendio, comunque, a breve, sarà ospitata, sino a settembre, nei locali della scuola.
NDD - Tanto dovevamo nell'ottica del dare spazio al contradditorio, rispetto a quanto riportato nella lettera al direttore nella quale venivano esposte delle lamentele.
E' questo il motivo per cui la squadra antincendio di Vulcano è stata, giustamente, "allontanata" dai locali dell'ex inceneritore in cui in questi anni è stata ospitata.
Una decisione che il commissario della Forestale, Giovanni Giacoppo, ha preso, quindi, a salvaguardia dei componenti la squadra.
Dopo la lettera inviataci nei giorni scorsi da un lettore, abbiamo voluto approfondire la questione, dando spazio "all'altra campana" ed è emerso quanto sopra riportato.
Nelle more di poter disporre di locali all'altezza della situazione e, principalmente, sani, si è, quindi, deciso di posizionare la squadra sul territorio, in aree che rispettano, comunque, le esigenze dei componenti.
Componenti che, tra l'altro, vengono impiegati per fare fronte alle esigenze del territorio e non solo dell'antincendio
La squadra antincendio, comunque, a breve, sarà ospitata, sino a settembre, nei locali della scuola.
NDD - Tanto dovevamo nell'ottica del dare spazio al contradditorio, rispetto a quanto riportato nella lettera al direttore nella quale venivano esposte delle lamentele.
Questione di...file e d'inciviltà....a Lipari centro...come a Canneto.
Due file una in pieno centro ed una (manco a dirlo) a Canneto con connesse lunghe ed estenuanti file. A Lipari centro in particolare.
A Lipari centro tra via Garibaldi e via Umberto I° a metà mattinata, complice un'auto posteggiata impropriamente sulla seconda arteria, che impediva il transito del camioncino dei rifiuti, si è formata una fila di almeno una trentina di mezzi.(foto in alto)
L'intervento di un vigile urbano, che ha sanzionato l'auto ed aperto il varco sulla Via Garibaldi per consentire il deflusso, ha risolto la situazione.
Ennesima fila anche a Canneto causata dalle auto posteggiate da ambo i lati, anche dove non consentito, e dal transito (autorizzato) in direzione Unci di mezzi commerciali (foto a lato).
E siamo ancora a Giugno.
I nostri auguri ai festeggiati di oggi
Buon Compleanno a Giovanni Rando, Ornella Cacace, Francesco Delle Donne, Chiara Giorgianni, Jona Favorito, Ornella Cincotta, Antonio Spanò, Daniela Casella, Mattia Puglisi, Ruben Caruso, Rossana Casamento
Smarrito cane
Questo Epagneul Breton di un anno si è perso a Monte, se qualcuno lo avesse trovato può contattare gentilmente il 3474604615. Grazie.
Per chi occupa un posto auto con una sedia, multa fino a 674 euro. A Lipari tra sedie, vasi e cartelloni abusivi sai quante multe
(fonte: teletermini) Quante volte c’è capitato di vedere posto auto “occupati” con sedie o comunque con materiale ingombrante tale da impedire agli automobilisti di parcheggiare? Una prassi consolidata che però è tutt’altro che lecita.
Si tratta di un tipo di comportamento che comporta conseguenze sul piano amministrativo e sul piano penale.
Violazione dell’articolo 20 del Codice della strada
Dal punto di vista amministrativo, il materiale che occupa un parcheggio auto costituisce violazione dell’articolo 20 del Codice della strada che stabilisce come sia «vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili».
E’ consentita invece l’occupazione della carreggiata a patto che «che venga predisposto un itinerario alternativo per il traffico ovvero, nelle zone di rilevanza storico-ambientale, a condizione che essa non determini intralcio alla circolazione». Dunque «chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione (il codice della strada prende comunque l’esempio di una concessione data che non è di certo l’occupazione della strada con una sedia, ndr) non ottempera alle relative prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 a euro 674».
Le conseguenze previste dall’art. 633 del codice penale
Dal punto di vista penale, occupare la sede stradale potrebbe essere una condotta rientrante nell’area penalmente rilevante e, nello specifico, nell’art. 633 del codice penale che punisce, a querela della persona offesa, «chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto», con la reclusione fino a due anni o la multa da 103 a 1032 euro.
Perché vi sia questa grave sanzione però è necessario che si faccia di più che posizionare una sedia sul manto stradale ed occupare un parcheggio. L’elemento del reato richiesto dall’articolo 633 c.p. per l’autore della condotta è l’intenzione di realizzare un’occupazione che sia stabile. Ipotesi valida nei casi in cui ad occupare il parcheggio siano piazzati supporti fissi.
Si tratta di un tipo di comportamento che comporta conseguenze sul piano amministrativo e sul piano penale.
Violazione dell’articolo 20 del Codice della strada
Dal punto di vista amministrativo, il materiale che occupa un parcheggio auto costituisce violazione dell’articolo 20 del Codice della strada che stabilisce come sia «vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili».
E’ consentita invece l’occupazione della carreggiata a patto che «che venga predisposto un itinerario alternativo per il traffico ovvero, nelle zone di rilevanza storico-ambientale, a condizione che essa non determini intralcio alla circolazione». Dunque «chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione (il codice della strada prende comunque l’esempio di una concessione data che non è di certo l’occupazione della strada con una sedia, ndr) non ottempera alle relative prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 a euro 674».
Le conseguenze previste dall’art. 633 del codice penale
Dal punto di vista penale, occupare la sede stradale potrebbe essere una condotta rientrante nell’area penalmente rilevante e, nello specifico, nell’art. 633 del codice penale che punisce, a querela della persona offesa, «chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto», con la reclusione fino a due anni o la multa da 103 a 1032 euro.
Perché vi sia questa grave sanzione però è necessario che si faccia di più che posizionare una sedia sul manto stradale ed occupare un parcheggio. L’elemento del reato richiesto dall’articolo 633 c.p. per l’autore della condotta è l’intenzione di realizzare un’occupazione che sia stabile. Ipotesi valida nei casi in cui ad occupare il parcheggio siano piazzati supporti fissi.
lunedì 25 giugno 2018
Presentato alla “Festa di Teatro Eco Logico a Stromboli” il workshop “The sea of time” sull’inquinamento marino, dedicato ai bambini di Stromboli
COMUNICATO
L’Aeolian Islands Preservation Fund(AIPF) ha a cuore la tutela del mare e del territorio e raccoglie fondi fra coloro che hanno un forte legame con le isole, reinvestendoli su iniziative per salvaguardarne il patrimonio naturalistico e ambientale.
In occasione della V Edizione della Festa di Teatro Eco Logico Stromboli, 9 giorni di teatro, musica, danza e altri incontri “a spina staccata”, dal 23 Giugno all’1 Luglio, l’Aeolian Islands Preservation Fund presenta il workshop “The sea of time” dedicato ai bambini di Stromboli o di passaggio sull’isola.
Il workshop si rivolge a bambini dai 6 anni in su. Dalla lettura del libro ‘Nel paese dei mostri selvaggi’ di Maurice Sendak e attraverso il gioco teatrale, si indagherà il rapporto tra infanzia e natura. Un laboratorio di sensibilizzazione sul tema dei rifiuti marini e sulla presa di coscienza del divenire grandi nel rispetto del luogo che ci accoglie.
I rifiuti marini si trasformano in approdi di nuove storie, bottiglie che portano un messaggio di salvezza, vulcani, mappe geografiche fatte di tappi, plastica, punti, nodi, strappi, disegni.
Due moduli da otto lezioni ciascuno, indagheranno il corpo come spazio e guideranno i bambini attraverso una nuova relazione tra sé e i luoghi in cui vivono, nel rispetto dell’ambiente e della natura che li circonda.
La performance finale che avrà luogo il 27 giugno, metterà in scena la rappresentazione della realtà dei bambini che si rifugiano in un mondo ideale in cui la natura è padrona, utilizzando i rifiuti raccolti dalla spiaggia.
Attraverso il workshop i bambini acquisiranno competenze eco-educativo artistiche, con l’obiettivo di garantire la salvaguardia delle meraviglie che la natura di Stromboli e delle Isole Eolie regalano.
Luca Del Bono, Chairman dell’Aeolian Islands Preservation Fund ha dichiarato: “Siamo entusiasti di sostenere la Festa di Teatro EcoLogico, un festival che riesce a legare natura e arte, traendo ispirazione da un luogo magico e trasmettendo l’energia di questa forza della natura anche aldilà delle isole. Li ringraziamo per averci reso partecipi.”
Il futuro delle isole è nelle mani dei bambini che le abitano e le amano ed è per questo che l’Aeolian Islands Preservation Fund continuerà a sostenere progetti educativi e di sensibilizzazione dedicati ai più piccoli.
Con una piccola donazione ad AIPF nei giorni della festa (https://www.aeolianpreservationfund.org/support-us/?lang=it) è possibile sostenere le iniziative della fondazione per proteggere le Isole Eolie e vincere una cena per due in uno dei migliori ristoranti di Stromboli, il Ristorante Punta Lena che ha generosamente accolto l’iniziativa.
In occasione della V Edizione della Festa di Teatro Eco Logico Stromboli, 9 giorni di teatro, musica, danza e altri incontri “a spina staccata”, dal 23 Giugno all’1 Luglio, l’Aeolian Islands Preservation Fund presenta il workshop “The sea of time” dedicato ai bambini di Stromboli o di passaggio sull’isola.
Il workshop si rivolge a bambini dai 6 anni in su. Dalla lettura del libro ‘Nel paese dei mostri selvaggi’ di Maurice Sendak e attraverso il gioco teatrale, si indagherà il rapporto tra infanzia e natura. Un laboratorio di sensibilizzazione sul tema dei rifiuti marini e sulla presa di coscienza del divenire grandi nel rispetto del luogo che ci accoglie.
I rifiuti marini si trasformano in approdi di nuove storie, bottiglie che portano un messaggio di salvezza, vulcani, mappe geografiche fatte di tappi, plastica, punti, nodi, strappi, disegni.
Due moduli da otto lezioni ciascuno, indagheranno il corpo come spazio e guideranno i bambini attraverso una nuova relazione tra sé e i luoghi in cui vivono, nel rispetto dell’ambiente e della natura che li circonda.
La performance finale che avrà luogo il 27 giugno, metterà in scena la rappresentazione della realtà dei bambini che si rifugiano in un mondo ideale in cui la natura è padrona, utilizzando i rifiuti raccolti dalla spiaggia.
Attraverso il workshop i bambini acquisiranno competenze eco-educativo artistiche, con l’obiettivo di garantire la salvaguardia delle meraviglie che la natura di Stromboli e delle Isole Eolie regalano.
Luca Del Bono, Chairman dell’Aeolian Islands Preservation Fund ha dichiarato: “Siamo entusiasti di sostenere la Festa di Teatro EcoLogico, un festival che riesce a legare natura e arte, traendo ispirazione da un luogo magico e trasmettendo l’energia di questa forza della natura anche aldilà delle isole. Li ringraziamo per averci reso partecipi.”
Il futuro delle isole è nelle mani dei bambini che le abitano e le amano ed è per questo che l’Aeolian Islands Preservation Fund continuerà a sostenere progetti educativi e di sensibilizzazione dedicati ai più piccoli.
Con una piccola donazione ad AIPF nei giorni della festa (https://www.aeolianpreservationfund.org/support-us/?lang=it) è possibile sostenere le iniziative della fondazione per proteggere le Isole Eolie e vincere una cena per due in uno dei migliori ristoranti di Stromboli, il Ristorante Punta Lena che ha generosamente accolto l’iniziativa.
Auto "prigioniera" nella notte nel "fango pomicifero" a Porticello. Il video di Fulvio Musico sull'intervento dei VV.FF
Un'auto è rimasta "prigioniera" nella notte a Porticello, nei pressi della galleria "La Cava", a causa del materiale pomicifero, misto a fango depositatosi sulla sede stradale dopo la pioggia (vedi notizia con foto di stamane).
Per tirare fuori il mezzo che viaggiava in direzione Acquacalda sono dovuti intervenire intorno alle 01 e 40 i Vigili del fuoco.
Per tirare fuori il mezzo che viaggiava in direzione Acquacalda sono dovuti intervenire intorno alle 01 e 40 i Vigili del fuoco.
Per il video si ringrazia Fulvio Musicò.
Ieri sera in Cattedrale è stata proclamata Venerabile, Madre Florenzia. Articolo e primo gruppo di foto.
(Foto del fotografo professionista Gaetano Di Giovanni di Art and Photo) Madre Florenzia Profilio è stata proclamata Venerabile nel corso della partecipata e solenne funzione, tenutasi, ieri sera, nella Cattedrale di Lipari e presieduta dal Vescovo, Giovanni Accolla.
Si è compiuto, così, un altro passo verso la beatificazione per la fondatrice dell’Istituto della Suore Francescane dell’Immacolata Concezione di Lipari.
Istituto che ha allargato, nel tempo, i suoi confini in tutta Italia e in diversi Paesi europei ed extraeuropei.
Madre Florenzia nacque a Pirrera, una frazione dell’isola di Lipari, il 30 dicembre 1873, e da giovane, prima di consacrare la sua vita a Dio, emigrò negli Stati Uniti insieme alla famiglia. Qui iniziò a lavorare in fabbrica.
Nel 1898 ottenne di poter far parte della Congregazione delle Suore Terziarie Francescane di Allegany, nello Stato di New York.
L’anno seguente, ricevette l’abito francescano, assumendo il nome di Florenzia; il 22 luglio 1900 emise i voti temporanei.
Nel 1905 fece ritorno a Lipari convinta dall’allora vescovo Francesco Maria Raiti a formare una nuova congregazione religiosa a servizio degli isolani. Si aprì la prima casa del nuovo Istituto e il vescovo emanò il decreto di approvazione della Congregazione delle Suore Francescane dell’Immacolata Concezione di Lipari.
Il 2 agosto 1906 Florenzia emise la professione perpetua e venne nominata Fondatrice e prima Superiora Generale del nuovo Istituto.
La sua vocazione maturò in un insieme di prove dolorose, che resero sempre più consapevole e generosa la sua vita interiore e la fecero progredire nella pratica della virtù.
Madre Florenzia alimentava la sua spiritualità con la preghiera costante, con un incondizionato amore a Dio, a Cristo e alla Chiesa.
Un altro aspetto del suo profilo spirituale fu il costante esercizio della carità, a servizio dei fratelli afflitti da ogni genere di povertà. In virtù di questa fama, nel 1982 è stato avviato il processo canonico che l’ha portato dapprima ad essere Serva di Dio ed adesso al decreto di Venerabilità.
Il prossimo passo – come anticipato in premessa- è la beatificazione che potrà maturare solo con il riconoscimento di uno dei miracoli attribuiti alla sua intercessione.
I nostri auguri ai festeggiati di oggi
Buon Compleanno a Mariangela De Mariano, Maria De Salvo, Eva Lombardo, Simone Patti, Fatima Sabihi, Alessandro Merlino, Giacomo Macchione, Andrea Costanzo, Catia Fichera, Vittorio Falanga, Marco Basile, Orazio Morabito, Alessandra Garippa, Giusi Contrafatto, Vanessa Giuffrè, Roberta Mollica
Lipari: Cartoline dal passato....recente
Oggi "Giornata mondiale del marittimo". La nota del Capitano Nicocia di UGL - Mare
Il
25 giugno ricorre la Giornata mondiale del Marittimo, dichiarata
dell’International Maritime Organization.
Nell’esprimere gratitudine alla
categoria di tutta la Gente di Mare, al Personale navigante, uomini e donne di
speciale forza di sacrificio; persone che devono essere spesso autosufficienti
e professionalmente qualificati per far fronte alla ridotta vita familiare.
Personale che sparso per il mondo da il proprio insostituibile contributo, al
commercio e all’economia internazionale. E’ per noi sindacati anche un’occasione
per ricordare che quest’anno l’IMO ha messo in risalto la salute del personale
navigante, del cosiddetto marittimo, salvaguardando il benessere, lo stare bene
nell’ambiente di lavoro, a bordo delle
navi, con il motto: “seafarers’
wellbeing”.
Questa giornata e anche per noi è un occasione per informare l’opinione pubblica sull’importanza
di combattere lo stress da eccessivo orario di lavoro che danneggia il
benessere del personale navigante marittimo. I marittimi, sono lavoratori che
compongono il cosiddetto equipaggio di navi passeggeri, traghetti e navi ro-ro,
petroliere, chimichiere, gasiere, rimorchiatori, equipaggi d’imbarcazioni da
diporto commerciale, personale imbarcato sui pescherecci, sulle piattaforme
offshore, sulle navi ed imbarcazioni militari e della Guardia Costiera.
Il segretario provinciale
UGL-Mare Cap. Giacomo Nicocia
Porticello...che disastro e che pericoli per la pubblica incolumità
L’accoglienza verso gli ultimi vissuta da Florenzia e le sue figlie (di Michele Giacomantonio)
Mai come in questa fase della
storia dell’umanità l’accoglienza dei
più poveri ed emarginati è stata posta sotto attacco. Addirittura il presidente
americano Trump se l’è presa con i i bambini degli immigrati che vengono
separati dai loro genitori perseguiti penalmente e rinchiusi in campi di
concentramento per bambini ed è arrivato a dire che la loro morte toglierebbe
di mezzo futuri delinquenti. E solo le forti reazioni degli americani a
cominciare da sua moglie e dalle altre first lady e di Papa Francesco, gli
hanno fatto fare marcia indietro.
Ma non meno sconsiderata è stata la
decisione del Ministro degli interni italiano, Matteo Salvini, di avere
rifiutato l’attracco ad un porto italiano alla nave Acquarius col suo carico di
oltre 600 persone di cui molti bambini e persino donne in cinta pescati nelle
acque Mediterranei e salvati dagli scafi che li portavano via dall’Africa. E
così per giorni questa povera gente è rimasta in balia delle onde in rotta
verso la Spagna che le aveva dato accoglienza.
Il povero sacramento di Gesù
11 gennaio 2015 "Gesù lo
possiamo riconoscere nel volto dei nostri fratelli, in particolare nei poveri,
nei malati, nei carcerati, nei profughi: essi sono carne viva del Cristo
sofferente e immagine visibile del Dio invisibile". E’ una delle tante
immagini che Papa Francesco usa per ricordarci che i poveri sono sacramento di
Cristo. Questa è una citazione presa dall'Angelus dell’11 gennaio del 2015,
ricordando che con la nascita di Gesù "la terra è diventata la dimora di
Dio fra gli uomini e ciascuno di noi ha la possibilità di incontrare il Figlio
di Dio, sperimentandone tutto l'amore e l'infinita misericordia". Così
Gesù, ha spiegato, "lo possiamo incontrare realmente presente nei
sacramenti, specialmente nell'Eucaristia" e ritrovare nel volto degli
ultimi.
Questo collegamento forte fra
l’accoglienza di Gesù e quello dei poveri e degli emarginati in Florenzia è
sempre stato particolarmente presente.
La prima esperienza di accoglienza dei sofferenti scoprendo in
loro il volto di Gesù , Florenzia, ancora Giovanna, dovette farla, al capezzale
del padre durante la lunga malattia che lo portò alla morte.
Alle suore missionarie in Brasile
che erano andate a prestare la loro opera ai malati scriveva – probabilmente
ricordando quelle lunghe giornate passate
a spiare la sofferenza di papà Giuseppe –“Oh come sarebbe bello se in uno dei tanti ammalati trovereste Gesù in
persona! Ma se non lo trovate visibile. Lo trovereste sempre invisibile, Quindi
quando avvicinate l’ammalato andate con
quel pensiero che vedete Gesù”.
Ed una suora commentando questa
lettera osservava che in Madre Florenzia il motivo teologico della carità per
il prossimo era il corpo mistico di Cristo da curare così come si legge in
Matteo 25,26 “Tutto ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo
avete fatto a me”. E per Florenzia divennero Gesù i fanciulli abbandonati e
bisognosi, le giovani universitarie da ospitale, le anziane, gli ammalati “quanti non trovano sulla terra l’atmosfera
della pace cristiana e la fortezza serafica”.
Suor Colomba ricorda che
Florenzia usava dire frequentemente: “Quando un povero bussa alla nostra porta,
bisogna accoglierlo ed aiutarlo, perché in lui c’è l’immagine di Gesù Cristo”
E suor Gemma aggiungeva che “ I poveri bussavano con fiducia alla porta, non
tollerava che se ne andassero a mani vuote e se qualcuno si mostrava avaro nei
loro confronti, ne esigeva la riparazione. Anche alle ammalate andavano le sue attenzioni
ed erano oggetto delle sue predilezioni. Non lasciava intentato alcun rimedio
pur di ridare loro salute e vigore”.
La scuola dell’accoglienza
Questa scuola dell’accoglienza che
per Florenzia cominciò a Pirrera accanto al letto del padre continuò nella
esperienza negli Stati Uniti col viaggio in nave, la quarantena ad Ellis
Island, le immagini di miseria e di emarginazione viste a New York a partire
dai quartieri di Little Italy a poche centinaia di metri da Sullivan Street
dove andò ad abitare con la madre ed i fratelli. La vocazione di Florenzia è
vocazione di accoglienza che trova espressione nel francescanesimo che conobbe
proprio a Sullivan Street dai francescani del distretto dell’Immacolata
Concezione che gestivano la chiesa di Sant’Antonio da Padova.
Certamente la povertà c’era anche a
Lipari, soprattutto negli ultimi decenni dell’800 e c’era anche la miseria dei
bambini senza famiglia, delle donne abbandonate, dell’infame commercio di
alcool e prostituzione che si alimentava grazie alla colonia coatta e ad una
gioventù borghese che si credeva emancipata ma in realtà era solo dissoluta e
priva di ideali. Si, tutto questo c’era anche a Lipari ma probabilmente
Giovanna che viveva a Pirrera – nel tranquillo ritmo della vita contadina, a
pochi chilometri dalla cittadina ma che allora volevano dire più di un’ora di
cammino a piedi per viottoli impervi - non ne coglieva gli aspetti più crudi.
Ora improvvisamente sono proprio questi aspetti che le si impongono, che la
obbligano a considerarli da vicino e quasi dall’interno, sulla nave, a Ellis
Island e per le strade di una New York caotica e violenta dove la gran parte
della gente viveva nella sporcizia, nella sopraffazione, nel degrado. Ed è
sicuramente di questo che parla con i frati francescani e soprattutto con padre
Daniele che era divenuto il suo confessore e consigliere. Ed è proprio perché
convinto che la sua vocazione all’accoglienza è forte e genuina che padre
Daniela fa il nome di Giovanna, divenuta nel frattempo Florenzia, per l’esperienza
a Pittsbourg dove si trattava di assistere i bambini dei lavoratori italiani
immigrati in questa città industriale cresciuta in pochi anni fino a divenirne
una della più importanti del mondo. L’esperienza di Pittsbourg fallirà, non
certo per responsabilità di Florenzia. Ma con la chiusura della casa di
Pittsbourg di fatto si conclude anche la sua esperienza americana e si apre la
storia dell’Istituto delle suore francescane dell’Immacolata Concezione di
Lipari che è, fin dall’inizio, una storia di accoglienza perché per questo era
stata chiamata Florenzia a Lipari da Mons.Raiti, creare una casa di accoglienza
per le i figli di nessuno e le donne abbandonate..
Di questa storia di accoglienza
voglio ricordare quattro di questi momenti voluti e decisi da Florenzia.
L’accoglienza dei bambini abbandonati
Il primo è un episodio dei primi
anni dell’Istituto, che è un po’ il simbolo della passione che Florenzia dedicò
all’accoglienza dei bambini abbandonati. Siamo nel 1908 all’indomani del
terribile terremoto di Messina del 28
dicembre e molti scampati da quella tragedia furono portati a Lipari. Fra
questi vi era pure una bimba di 5 anni rimasta sola che si chiamava
Linuccia. Madre Florenzia, saputo
di questa orfanella chiese alle autorità
l’affidamento come Istituto e l’ottenne. Linuccia divenne la beniamina della
casa circondata dall’affetto della Madre, delle suore, ma anche delle altre
bambine che frequentavano la casa di via Diana. Era intelligente studiava con
amore ed a scuola era fra le più brave. A 8 anni cominciava già a suonare il
piano. Ma cresceva sempre esile
malaticcia e verso il 12 anno di età peggiorò in salute. Si ammalò di tisi polmonare
e fu costretta dal medico ad essere abbandonata dalla comunità per non
infettare gli altri bambini. Florenzia pensò di portarla a Pirrera, a casa sua,
dove si respirava aria pura ed ossigenata. Lì, lei stessa, assieme ad un’altra
suora, la serviva con affetto materno, senza paura del contagio. Ma un giorno
purtroppo Linuccia morì. Sicuramente Florenzia fu affranta dal dolore ma capì
anche che l’accoglienza mette in conto il distacco e non può essere un
sentimento proprietario. E tornò alla sua missione curando la sua ferita con
l’amore per gli altri bambini come Francesca
che nove anni dopo si trovò fra le braccia una notte, messagliela dalla
madre morente e che accudì e seguì nella crescita fino a trovarle lei stressa
una famiglia che poteva offrirle un avvenire che l’Istituto non poteva. E poi
Angelino e poi tanti altri. I bambini di Lipari, i bambini dei paesi della
Sicilia, i bambini di Palermo, di Catania e di Trapani terrorizzati dai
bombardamenti che li costringevano a correre nei rifugi, i bambini di Roma
traumatizzati da una guerra che si era conclusa ma che presentava ancora aperte
tutte le ferite di miseria e di fame, i bambini infine del Brasile e poi del
Perù alle prese con una povertà ancora più profonda di quelle che alla fine
dell’800 c’era a New York.
“L’amore – scriverà nel messaggio di Natale del 1954 – deve essere il movente di ogni vostra aspirazione,
di ogni opera intrapresa, l’amore che innalzi all’Onnipotente un cantico di
gloria, di gratitudine e di riconoscenza nel trambusto di una vita sacrificata,
francescanamente vissuta”.
L’accoglienza richiede amore ma
anche accettazione del distacco. Distacco dalle persone ma anche distacco dalle
esperienze: da quelle con i bambini, con le universitarie, con gli anziani con
i derelitti dell’America Latina. Ed anche distacco dai luoghi Quella di vivere
una vocazione di pellegrinaggio Florenzia la incarnò nella sua esistenza tanto
da farne una costante della sua missione. Un andare da un posto ad un altro che
non vuol dire sradicamento ma capacità di moltiplicare le radici.” Suscitare raggi di luce dovunque –
scriveva nel messaggio natalizio del 1953 –
come da una irradiazione del sole mille riflessi si sprigionano” Le radici
di Lipari, degli Stati Uniti, di Acireale, di Palermo, di Roma, dell’America
Latina.
L’accoglienza non è appartenenza a
qualcuno ma capacità di essere tutto a tutti.
La povertà della borghesia di Palermo
Nel luglio del 1939 c’erano già le
avvisaglie della prossima guerra mondiale. E quando Florenzia ed una suora
partirono per Palermo, perché Florenzia riteneva che fosse giunto il tempo di
una nuova esperienza per il suo istituto, uno stuolo di apparecchi volteggiava
sulla stazione di Catania. Ma questi non preoccupavano la Madre che riteneva la
tappa di Palermo una passo importante nel percorso che serbava nel suo cuore.
Da qualche tempo infatti Florenzia andava
riflettendo sulle povertà che si sviluppavano soprattutto nelle grandi
città. Che non erano quelle tradizionali di chi aveva problemi di sopravvivenza
non sapendo come arrivare al giorno dopo, ma anche di chi viveva nell’agiatezza
e qualche volta nella ricchezza ed era privo di valori che dessero significato
all’esistenza. Era una povertà che colpiva in particolare i giovani delle
famiglie borghesi. Sotto questo aspetto Palermo era il posto ideale giacchè sul
finire dell’Ottocento ed i primi del novecento una nuova classe dirigente aveva
fatto vivere alla città il sogno dell’industrializzazione e della rinascita
commerciale ed era divenuta quindi un faro di sviluppo e di speranza di
progresso per tutta la gente della Sicilia.. L’accoglienza questa volta era
rivolta alle giovani ragazze che venivano a Palermo per studiare. Erano le
figlie di una borghesia agiata ma anche di famiglie modeste che cercavano un
riscatto sociale. Venivano dal circondario ma anche da tutta la Sicilia e
qualcuna anche dalla Sardegna. Quando la casa aprì le sue porte il 1° settembre
tutto era in ordine anche se le camerette riservate alle suore erano piuttosto
spoglie, anzi, siccome arrivavano più pensionate di quante se ne aspettassero,
si dovettero riservare anche i loro materassi e come altre volte era accaduto
esse si adattarono, per qualche tempo, a dormire per terra in serena e
francescana letizia. L’esperienza del pensionato andò avanti malgrado sul
finire del 1940 scoppiasse la guerra ed era un continuo susseguirsi di
bombardamenti, il razionamento dei generi alimentari di prima necessità e poi
anche lo sfollamento quando le suore, con un buon numero di pensionanti, si
rifugiarono a Petralia Sottana.
Ma anche la guerra passò senza
gravi danni per l’Istituto e in seguito al Pensionato si aggiunse un asilo e la
scuola elementare. Le suore erano divenute di pieno diritto cittadine
palermitane e Florenzia decise che fosse giunto il momento di mettere mano ai
risparmi delle varie case ed acquistare una sede propria anche a Palermo.
Il mendicicomio di Giarre
Nel 1954 Florenzia accetta di
assistere gli anziani d un mendicicomio di Giarre. Tutto era nato per
iniziativa di una dama di San Vincenzo che si era imbattuta un giorno in una
capanna su un misero materasso giaceva un paralitico. Qualche passante gli
portava un pezzo di pane ma nessuno s’interessava di sollevarlo dalle sue
sofferenze giunte al punto che nell’immobilità a cui era sottoposto, oltre alle
piaghe, i topi gli avevano rosicchiato le dita dei piedi. Nacque così l’idea di
una casa di riposo per i vecchi abbandonati ed emarginati. Ci fu chi ci mise il
terreno e chi si interessò ad avere i contributi dalla Regione. Si realizzò il
pianterreno e poi anche il primo piano ed i poveri cominciavano ad abitarci.
Era già meglio delle capanne ma c’era bisogno di chi si prendesse cura di
questi derelitti e fu allora che si pensò alle suore francescane la cui fama
cominciava a circolare in quella parte
della Sicilia. Per Florenzia questa era una nuova sfida e l’idea di operare per l’accoglienza a poveri che
languivano nella miseria in cui vedeva accumulato quanto di più penoso vi era
sulla terra – dolori fisici e morali, povertà, amarezza, sconforto, abbandono –
l’appassionava. Ci pensò su molto ma alla fine non seppe resistere alla
richiesta e mandò le sue suore gratuitamente. Ci fu festa in questa casa di
Giarre perché i vecchietti che vi erano ospitati avevano finalmente l’affetto
di una famiglia. Grandi furono i disagi del primo anno perché nel reparto degli
ospiti e delle suore mancava di tutto. Ma questa non era una esperienza nuova
per Florenzia e le sue figlie, la povertà era stata loro compagna in tutte le
iniziative. Le dame di San Vincenzo si misero a raccogliere fondi e Florenzia
che aveva imparato a districarsi nei meandri della burocrazia pubblica ottenne
dal ministero dell’interno materassi, biancheria per i letti, copette di lana,
stoffe per i vestiti. E così passo dopo passo si avviò la casa. Prima le vecchiette che occuparono il pianterreno
mentre i muratori lavoravano al primo piano, poi quando questo fu abitabile le
donne passarono sopra ed a pianterreno furono accolti i vecchietti. Nell’arco
di qualche anno i lavori furono finiti e si arredarono decorosamente i locali e
la chiesa che nelle case di accoglienza delle suore non mancava mai ma aveva il posto più bello nella struttura.
Gli emarginati
di Bosco di Rosarno
Nel maggio del 1942, in piena guerra, le suore vennero
invitate ad occuparsi della direzione di un asilo infantile in una frazione di Rosarno chiamata “Bosco”.
Rosarno, al tempo, era un comune di circa 10 mila abitanti
della provincia di Reggio Calabria e della diocesi di Mileto, situato su una
collina che si affaccia su una pianura ora ricca di aranceti ed uliveti ma
oggetto, a partire dai primi anni dell'800, di una intensa opera di bonifica.
Bosco di Rosarno si stende, guardando il mare, ad est
dell'abitato da cui dista poco più di sette chilometri. Nel passato era stata
zona di caccia rinomata per l'abbondanza della selvaggina e per le sue erbe
medicinali, poi, nell'800 vi trovarono rifugio, per diversi anni, alcune bande
di briganti fedeli ai Borboni. Ora i briganti non c’erano più ma
persisteva una realtà che aveva bisogno di una significativa opera
di redenzione sociale, di bonifica umana perchè era abitata da una popolazione
di agricoltori mezzo inselvatichiti dall'isolamento e dall'abbandono.
Florenzia volle
accompagnare le suore nell’avvio del loro lavoro e rimase con loro circa un
mese finchè non fu sicura che tutto procedeva come previsto. Malgrado
l'isolamento della zona e la miseria di chi l'abitava, il centro era una vera
“oasi di pace” immersa fra gli olivi. Era di recente costruzione e, sulla parte
destra, vi era l'asilo, la casa delle suore e la cappella, mentre sul lato
sinistro si trovava uno “stanzone” in cui veniva organizzata la mensa per i
figli dei contadini; nell'atrio, invece, veniva attivato in alcuni giorni della
settimana, il laboratorio di ricamo.
Quando si aprì
l’Asilo, fin dal primo giorno, molti piccoli riempirono l’aula, lieti di
trovarsi in ambiente nuovo, pulito e ordinato dove vi erano tanti giocattoli e
materiali che non avevano mai visti e che guardavano con grande curiosità
balbettando parole dialettali che la suora si sforzava di capire.
Nelle domeniche,
festività e primi venerdì del mese vi era una lunga fila di ragazzi, padri e
madri di famiglia, vecchi che avanzavano
poggiandosi al bastone, che si snodava
per i campi percorrendo tanta strada a piedi sfidando la polvere e il fango,
sotto il sole cocente o la pioggia, per raggiungere la chiesetta improvvisata
preso i locali dell'asilo e dell'istituto. Era gente che manifestava una grande
fede ma anche una forte ignoranza religiosa perchè per molti era la prima volta
che assistevano ad una funzione religiosa. Così le suore iniziarono la scuola
di catechismo per i grandi e per i piccoli con una notevole partecipazione di
gente desiderosa di ascoltare e di apprendere, anche perchè quello organizzato
dalle suore era, nella zona, l'unico punto di aggregazione.
Oltre che
all’apostolato le suore si dedicarono anche alla carità: visitavano ammalati,
curavano piaghe, consolavano gli afflitti, si interessavano di ogni necessità,
assistevano i moribondi. Con una cassetta di pronto soccorso offerta
dall’ufficio dell'INAIL di Reggio Calabria,
si trasformavano in infermiere per medicare ferite e curare malattie
ricevendo la gente all'asilo o girando per le loro abitazioni. Quante volte,
anche di notte, con la pioggia ed il vento, venivano chiamate per recarsi al
capezzale di qualche agonizzante. Già l'anno dopo, il primo maggio del 1943, si
apriva la scuola di taglio e cucito per le ragazze e a distanza di poco tempo
sorse anche la scuola rurale frequentata
da un buon numero di alunni. Le ragazze
del laboratorio, una cinquantina, insieme al taglio e al cucito e al ricamo
imparavano ad affrontare anche i problemi della vita.
La popolazione,
grazie all’operato delle suore, era cambiata, si notava una nuova
consapevolezza non solo religiosa ma anche civile soprattutto fra le famiglie
che più frequentavano le iniziative.
Le “favelas”
del Mato Grosso in Brasile
Nel 1953 Florenzia ha ottant’anni
ed è piena di acciacchi. Ma non si ripiega sui propri malanni. Pensa che ha
ancora un importante passo da far fare al suo Istituto prima di chiudere gli
occhi. Deve fargli vivere una nuova tappa nel percorso di accoglienza che ha
segnato tutta la sua esperienza. Quello della missione verso i popoli che
vivono una grave situazione di miseria e di emarginazione dove accoglienza vuol
dire prima di ogni altra cosa sopravvivenza e promozione sociale. Alla missione
Florenzia ci pensava da molti anni, dal 1937 quando voleva mandare le suore in
Africa orientale. Ora è il Brasile ed in particolare il Mato Grosso che le
schiude le porte attraverso le parole di un padre cappuccino missionario che le
aveva parlato della drammatica situazione dei poveri e dei bambini in quelle
terre. Una terra dove alla base della fame e della miseria c’erano soprattutto
l’ignoranza e, per quanto riguardava gli indios, un’esistenza disumana e priva
di ogni diritto civile.
Florenzia tutte le volte che le sue
figlie partivano per dare vita ad una nuova esperienza le accompagnava per
condividere con loro i disagi e le difficoltà degli inizi. Ma ormai da diversi
anni aveva dovuto rinunciare a questo rituale perché la salute non glielo
permetteva. Comunque è pienamente partecipe dell’avventura. Sceglie una ad una
le suore da mandare affidando loro, in una funzione solenne, l’incarico
formale. E così il 3’ giugno quattro suore – “nel nome del Signore” - partono per il Brasile. Non è facile
l’insediamento a Jatai anche perché il loro compito è quello di realizzare
l’accoglienza in un ospedale che prendeva le mosse proprio col loro arrivo. E
dove il loro servizio – oltre che per i problemi di ambientamento in un altro
emisfero, la lingua, le abitudini - era complicato dai rapporti con
un’amministrazione che tendeva a scaricare sulle suore le difficoltà di
gestione, con le infermiere dove molte erano protestanti e mal sopportavano la
funzione di controllo che svolgevano le suore.
Florenzia seguiva le sue suore da
Roma con partecipazione e apprensione. Attendeva le loro lettere, le
consigliava, le stimolava, qualche volta non mancava di rimbrottarle quando le
sembrava che si stessero lasciando sopraffare dalle difficoltà. L’esperienza
nell’ospedale di Jatai durerà solo tre
anni ma l’esperienza brasiliana continua ancora oggi e si estesa anche al Perù
dando vita a numerose opere di condivisione e quindi di promozione umana e di
evangelizzazione.
La grande lezione umana di
Florenzia era che nelle situazioni difficili, se si era convinti dell’obiettivo,
bisognava avere pazienza e perseveranza. Alle suore in Brasile scriveva
attingendo ad una saggezza contadina che aveva maturato, senza mai
dimenticarla, nella sua giovinezza a Pirrera. “Il fico maturo si prende dall’albero e si mette in bocca, ma per le
altre cose si richiede tempo e poi la tristezza sarà cambiata in gioia”.
Ecco che cosa era l’accoglienza per
Florenzia: un filo dorato che univa fra di loro l’amore, la perseveranza,
l’accettazione del distacco, la capacità di mettere radici dovunque, un animo missionario
itinerante aperto a tutti con l’impegno di darsi “tutto a tutti”.
Michele
Giacomantonio
Messina, Cateno De Luca è il nuovo sindaco
È Cateno De Luca il sindaco della città di Messina. Con il 65,28% dei consensi, il quaranteseienne deputato regionale di Sicilia Vera ha distanziato nettamente il suo avversario, il prof. Dino Bramanti, candidato del centrodestra, fermatosi al 34,72%. A votare al ballottaggio il 39,23% dei messinesi. De Luca ha festeggiato prima con la famiglia, poi con i suoi sostenitori in piazza Unione europea
domenica 24 giugno 2018
Navi da crociere in arrivo a Lipari a Giugno. Una è in arrivo domani
Grazie al comandante Andrea Magazzù pubblichiamo l'elenco delle navi da crociere in arrivo a Lipari nel mese di Giugno 2018
Ricerca badante
Per persona anziana, quasi autosufficiente, cercasi badante possibilmente tutta la giornata dal 5/7 al 5/8. Ore libere dalle 14 alle 18.Compreso vitto e alloggio. Telefonare allo 090 9811363.
Buona sanità : i ringraziamenti di un liparese allo staff del reparto ortopedia e traumatologia del Papardo
Riceviamo da Sandro Crivelli e pubblichiamo:
La ” buona sanità “; si parla spesso di malasanita’ e, purtroppo, soprattutto al sud, ma credo che bisogna fare delle puntualizzazioni quando c’è da farle: desidero ringraziare tutti i componenti del reparto di ortopedia e traumatologia dell’ospedale Papardo di Messina, principalmente nella persona del primario dott. Calamoneri.
Ringrazio il dott. Danilo Lo Vano e tutto lo staff medico, infermieristico e di sala, per il trattamento avuto e per il lavoro che svolgono in emergenza quotidianamente.
La ” buona sanità “; si parla spesso di malasanita’ e, purtroppo, soprattutto al sud, ma credo che bisogna fare delle puntualizzazioni quando c’è da farle: desidero ringraziare tutti i componenti del reparto di ortopedia e traumatologia dell’ospedale Papardo di Messina, principalmente nella persona del primario dott. Calamoneri.
Ringrazio il dott. Danilo Lo Vano e tutto lo staff medico, infermieristico e di sala, per il trattamento avuto e per il lavoro che svolgono in emergenza quotidianamente.
Sandro Crivellii
Istituita a Sottomonastero una "zona a traffico limitato". Area pedonale a partire dallo studio Formica verso il Corso
Questa l'ordinanza che entrerà in vigore il 26 Giugno. Con questo provvedimento si dovrebbe consentire agli operatori di Sottomonastero e della parte terminale del Corso V.E. di poter lavorare - così come avevamo auspicato in un nostro articolo - con più serenità, senza dover "combattare h.24 con motorini ed auto. Conoscendo come vanno le cose in quest'isola, auspichiamo si rispetti questa ordinanza senza che si debba ricorrere all'intervento della Polizia Municipale.
Lettere al direttore. "Squadra antincendio di Vulcano...come bestie al macello".
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro direttore,
noi della Squadra antincendio di Vulcano siamo trattati peggio delle bestie destinate al macello, sbattuti in mezzo alla strada, senza nessun riparo, ne servizi igienici.
E' una vergogna, siamo nelle mani di incompetenti che non hanno rispetto per la dignità umana. L'unico che si sta battendo per trovarci una sistemazione idonea é il delegato di Vulcano ma, qualcuno, sembra che gli remi contro, a cominciare da qualche elemento della squadra che, un po' per antipatia, un po' per corrente politica avversa, fa si che questi sforzi vengano meno.
Scusami per questo sfogo ma dopo tanti anni di onorato servizio mi sento preso per i fondelli da tutta l'amministrazione comunale.
Lettera firmata
I nostri auguri ai festeggiati di oggi
Buon Compleanno a Francesco De Rossi, Anna Lisa Triolo, Ivana Caccetta, Rossella Mirabito, Perry Lopez, Ella Di Benedetto, Jessica Greco, Giovanna Mandarano, Loredana Natoli, Vincenzo Lo Schiavo
Svelato il "mistero" della "rotonda" di Calandra. Adesso è più chiaro a cosa serve
La "rotonda" creata a Calandra (Canneto) attraverso un bel disegnino sulla sede stradale ha destato non poca curiosità, unita a perplessità.
Ma, visto il traffico caotico che si sviluppa già da adesso a Canneto, ha un senso (😂). E' il "punto d'atterraggio diurno" per elicotteri di soccorso.
Infatti, considerando che con una fila, come quella creatasi ieri mattina, si impiegano da 15 a 20 minuti per attraversare la Marina Garibaldi, se dovesse essere necessario un soccorso dalla piazza in avanti, è più facile fare giungere più velocemente un elicottero che l'ambulanza del 118. 😂
Ma, visto il traffico caotico che si sviluppa già da adesso a Canneto, ha un senso (😂). E' il "punto d'atterraggio diurno" per elicotteri di soccorso.
Infatti, considerando che con una fila, come quella creatasi ieri mattina, si impiegano da 15 a 20 minuti per attraversare la Marina Garibaldi, se dovesse essere necessario un soccorso dalla piazza in avanti, è più facile fare giungere più velocemente un elicottero che l'ambulanza del 118. 😂
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