Ciò che affascina,
però, è la risposta della severissima Soprintendenza di Messina – proprio lei,
il flagello dei proprietari di vetrine, la tomba dei pannelli solari sul tetto.
Il fondo ricade in area archeologica, ed è classificato come TI (tutela
integrale) nel Piano Territoriale Paesistico; ma l’eco lontana dei colpi di
vanga, l’immagine dell’ombra degli ulivi che torna a proiettarsi sul suolo
dell’arido incolto, le erbacce estirpate per far posto ai piedi di cappero, esercitano
evidentemente un richiamo irresistibile sul funzionario della Soprintendenza,
che infatti non resiste e concede l’autorizzazione paesaggistica, con un colpo
da maestro.
Malpensanti e delatori
credano ciò che vogliono. Io invece preferisco pensare che in questo gesto si
celi un momento di nostalgia, di affinità bucolica, un’inconfessabile, languida
passione per l’aratro che lunghi anni di studio e di carriera e una vita
cittadina in mezzo al traffico hanno represso nel funzionario. Peccato.
Pietro Lo Cascio