Nell’incontro promosso dal Sindaco con i proprietari
di concessioni demaniali nell’ambito delle consultazioni per categoria in vista
della realizzazione dell’Area Marina Protetta eoliana, il consigliere Giovanni
Portelli mi ha accusato pubblicamente di essere il responsabile del
riconoscimento dell’Unesco che alle Eolie non ha portato nessun vantaggio
mentre ha determinato la chiusura della Pumex. Ed, in un crescendo di toni,
visto che c’era, mi ha anche accusato di essere responsabile della via crucis
dei dipendenti che prosegue tutt’oggi e dell’intervento dei carabinieri che
impedì loro di continuare a lavorare.
Non ce l’ho con Giovanni Portelli perché ripete solo
una leggenda metropolitana molto diffusa, mi dispiace solo, e di questo mene
scuso col Sindaco, con lui e tutti i presenti, che sono rimasto talmente
colpito da una accusa così spropositata che mi solo alzato e me ne sono andato
non prima di avere replicato non so che a Portelli.
Non varrebbe tornare su questa vicenda se non per
cercare – se ci riusciamo – una volta per tutte, di fare chiarezza su questa
vicenda della nostra storia locale e per questo, visto che io non ho in mano
tutte le carte e tutti i riscontri, sperando che qualcun altro voglia intervenire
a correggere, integrare, replicare.
Partiamo dal fatto se è vero che il riconoscimento
dell’Unesco non ha recato alle Eolie alcun beneficio. Io non lo credo proprio,
a cominciare dal fatto che questo riconoscimento, così ambito ovunque si ha
amore ed orgoglio per la propria terra, certamente almeno un beneficio lo ha
portato anche alle Eolie: un maggiore incentivo a visitarle e quindi un
incremento del nostro turismo di qualità anche se è difficile quantificarlo.
Ma ben maggiori benefici avrebbe potuto portare se
in questi 15 anni che sono trascorsi dal
riconoscimento si fosse riusciti a realizzare il piano di gestione che prevede finanziamenti non indifferenti
mettendo in piedi il Comitato di
Gestione che è ancora in alto mare.
Inoltre un altro beneficio il riconoscimento lo ha
procurato, come ha ricordato lo stesso Sindaco in quella seduta per l’AMP: si è riusciti a
salvaguardare il cono craterico che era già stato intaccato dagli scavi,
preservandolo per le generazioni future.
A questo proposito voglio fare una precisazione. Si
continua a dire che è stato l’Unesco col suo riconoscimento che ha portato alla
chiusura anche traumatica della Pumex con l’intervento, in forze, dei
Carabinieri. Non è così o comunque è un fatto che deve essere spiegato.
L’Unesco non ha messo nessun nuovo vincolo ma ha iscritto le Eolie nel
Patrimonio dell’Umanità perché i vincoli riscontrati dalla Commissione Hamilton
che venne a Lipari intorno al 1990 furono giudicati sufficienti. E questi
vincoli erano quelli del Piano Paesaggistico che aveva messo al centro la
salvaguardia del parco dei vulcani eoliani: quelli ancora in attività e quelli
spenti( fra cui il monte Pelato). L’Unesco negli anni successivi si limitò a
ricordare questo vincolo e minacciare, se non fosse stato rispettato, di
cancellare le Eolie dalla Heritage List (non di mandare i Carabinieri).
Ma siccome non voglio nascondermi dietro nessun dito
dico subito chiaramente che a porre con forza l’esigenza di salvaguardare il
cono craterico già intaccato fui proprio io in incontri pubblici in Consiglio
Comunale e con lettere alla Sovrintendenza. Infatti fra le prime escursioni che
feci appena eletto Sindaco vi fu quella a Lami al cratere detto delle Rocche
rosse. Non c’ero mai stato e fu per me una vera rivelazione: una valletta in
cui il colore delle rocce faceva contrasto col verde degli olivastri e delle
palme nane ed il bianco delle casupole dell’800, il tutto circondato da un orlo
craterico che racchiudeva la valle disegnando un piccolo Eden.
Purtroppo però, proprio questo orlo craterico
presentava un taglio profondo, come un dente mancante, che deturpava lo
scenario.
Scrissi alla Sovrintendenza, ne parlai a ll’arch.
Cabianca quando poco dopo lo conobbi e lo incontrai per parlare del Piano
Paesistico il cui progetto gli era stato affidato dall’Assessorato Regionale
Territorio e Ambiente. Non ho la presunzione di credere che sia stato questa
mia posizione a determinare la tutela ma mi sentirei onerato se solo vi avesse
contribuito in qualche modo.
Un’ultima cosa: non fu l’Unesco a determinare
l’iniziativa della Magistratura che portò all’intervento della forza pubblica.
Anche qui è necessaria una piccola ricostruzione.
Quando divenni Sindaco una delle prime
preoccupazioni fu quello di capire quali erano i termini ed i tempi della
concessione delle aree pomicifere e vidi
che la concessione data con Delibera Consiliare sarebbe scaduta nel 2001.
Quindi mi misi subito all’opera per cercare uno sbocco visto che era
impensabile che si andasse avanti per l’eternità a scavare la pomice. Ricordo,
fra gli altri, che promossi due importanti incontri con investitori stranieri:
una grande industria tedesca prima e alcuni investitori statunitensi in visita
di studio in Sicilia, poi. Ma tutte e due le volte l’esito fu negativo perché
alla domanda degli interlocutori quando la Pumex pensava di smettere di scavare
la risposta dell’imprenditore era “mai”. La riconversione, a suo parere,
sarebbe dovuta avvenire contemporaneamente alla continuazione dell’escavazione.
E questo gelava gli interlocutori. Si giunge così al 2001 senza una strategia
di uscita dalla escavazione.
Dopo qualche mese venne a scadenza la concessione
della Pumex e non mi costa che fu mai rinnovata (io nel frattempo non ero più
Sindaco anche se continuavo a seguire la vicenda come Consigliere Comunale).
Come la Pumex andò avanti negli anni seguenti? Con delle proroghe da parte
dell’Ente minerario della Regione e quindi senza nuove autorizzazioni di scavo
ma, probabilmente, con l’obiettivo dichiarato dir completare il Piano di scavo
già approvato o per mettere in sicurezza l’area di escavazione. Probabilmente,
ma è mia pura presunzione, l’intervento della Magistratura e delle forze
dell’ordine fu dovuto ad una presunta trasgressione della società dai limiti
fissati non certo a causa dell’Unesco.
Questo per quanto è in mia conoscenza.
Michele Giacomantonio