Durante la conferenza stampa, convocata dopo la proclamazione, abbiamo chiesto al presidente dell’Assemblea, Giovanni Ardizzone, se avesse l’intenzione di proporre al Consiglio di presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, appena insediato, la pubblicazione di tutti gli atti, provvedimenti, delibere dell’organismo che andrà a presiedere. Fine della riervatezza, dunque, e controllo pubblico delle decisioni, come si conviene a qualunque amministrazione che fruisce di cospicue risorse pubbliche, delle quali risponde ai cittadini-contribuenti.
Nel porre il quesito, abbiamo ricordato (e confidato nelle…) parole appena pronunciate da Ardizzone, in apertura della conferenza stampa, e cioè la volontà di fare della sede dell’Assemblea un Palazzo di Vetro. Siccome è rimasto sempre e comunque, sin dalla sua fondazione, solo Palazzo dei Normanni con mura molto spesse ed impenetrabili, abbiamo creduto necessario farci dire come questa volontà si sarebbe dispiegata.
Il terreno più concreto e “vicino” sarebbe stato, a nostro avviso, proprio il Consiglio di Presidenza dell’Ars, con il suo ufficio di presidenza, il collegio dei questori, i segretari: l’organismo cui spetta di governare il Palazzo, determinare entità di paghe e delle paghette, contributi e finanziamenti, indennità, benefit, stipendi e regolamenti del personale, spese varie ed eventuali. Il tutto per la modica spesa di 170 milioni di euro, che il predecessore di Giovanni Ardizzone, Francesco Cascio ha cercato disperatamente di “alleggerire”, con volentereso campagne di risparmio infrantesi sugli scogli di una realtà ingrata.
Il presidente aveva detto anche altro, prima che rivolgessimo a lui il quesito, annunciando impegnative novità: non avrebbe posto alcun indugio né modifica di sorta all’applicazione del decreto Monti sui costi, qualunque fosse il sacrificio richiesto ai deputati. Parole inequivocabili, che meritavano considerazione ed incoraggiavano la domanda che avremnmo proposto.
C’erano dunque tutti i presupposti perché la nostra vecchia battaglia sulla trasparenza ottenesse, finalmente, l’attenzione che meritava. La risposta di Giovanni Ardizzone è stata lapidaria, inequivocabile, immediata: “Certamente sì”. Non avrebbe potuto spiegare meglio il suo pensiero il Presidente dell’Assemblea. La qualcosa significa che d’ora in poi tutte le decisioni che verranno assunte dal Consiglio di Presidenza dell’Assemblea, saranno rese pubbliche.
Nei paesi di democrazia parlamentare avanzata, come gli Stati Uniti e il regno Unito, questo metodo viene normalmente osservato. E’ chiamato “Freedom Information Act”. Grazie ad esso i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni sono proposti on line in tempo reale, con il corredo dei documenti.
La trasparenza si è rivelata lo strumento migliore per scoraggiare incursioni malandrine, l’introduzione di privilegi, e atti amministrativi scorretti. Invece che confidare sull’etica e sulla buona volontà, si affida il buoncostume al controllo postumo degli atti. Che non ritarda la loro attuazione ma suggerisce attenzione e buone pratiche. Il pragmatismo, insomma, ha anche una faccia buona e generosa di risultati.
La risposta di Ardizzone lascia ben sperare, anche perché il Presidente non è un uomo politico di primo pelo. Da membro del consiglio di Presidenza, ha avuto modo di accumulare una esperienza notevole nel “governo” del Palazzo, che però è stato espressione di una maggioranza blindata, a differenza di quella attuale, che può contare su un tavolo istituzionale più largo, in grado di concedere al presidente una maggiore rappresentatività e, di conseguenza, una maggiore libertà decisionale. Sulla carta, naturalmente.
La mission di Ardizzone non è affatto facile ed il suo successo per nulla scontato. Ma se così non fosse, non staremmo qui a scriverne, come facciamo malinconicamente, da anni.