Riceviamo e pubblichiamo:
Da qualche giorno,
Michele Benfari ha lasciato il suo posto di dirigente al Museo Archeologico “L.
Bernabò Brea”, per effetto dei recenti – e talvolta imperscrutabili –
meccanismi di turnazione del personale della Regione Siciliana.
La notizia del suo trasferimento
è stata accolta con un silenzio che onestamente riteniamo ingeneroso.
Innanzitutto perché,
da tanti anni ormai, nel bene e nel male, Michele era parte integrante della
nostra comunità, dei suoi piccoli riti, delle sue consuetudini, della vita di
ogni giorno; mentre altri si incontravano quasi sempre con una valigia in mano,
lui aveva scelto di vivere nell’isola perché gli piaceva. Per chi viene da
“fuori”, imparare ad apprezzarne persino i limiti e le contraddizioni è un
esercizio dall’esito non sempre scontato, né immediato.
Invece, immediatamente dopo essersi insediato
al Museo, Michele ha cominciato a tempestare tutti con telefonate,
appuntamenti, incontri. Fondamentalmente, ripeteva “venite, salite al Castello,
facciamo qualcosa”.
Non capita tutti i
giorni che il "messo inviato dall’impero" desideri aprire le porte
del suo feudo alla gente, e quando la gente non è avvezza a tale comportamento,
di solito reagisce con genetica diffidenza.
Chi per natura è meno
sospettoso, però, ha subito apprezzato lo spirito intrinseco di quelle
proposte, che a volte assumevano quasi un tono di supplica, “non abbiamo soldi,
ma facciamo qualcosa lo stesso”. Non c’è dubbio, soldi ce n’erano davvero
pochi; ma questo non ci ha impedito di vivere una bellissima stagione, dove la
parola d’ordine è divenuta presto “restituire il luogo più espressivo di questa
comunità alla comunità stessa”.
Mai come negli ultimi
anni il Museo ha aperto i propri spazi alle più varie e fantasiose iniziative,
che andavano dall’arte contemporanea alla sua riproposizione in suggestive e
provocatorie commistioni con l’antico, dalle tavole rotonde su temi sociali e
letterari alla musica.
Basterebbe pensare
alla mostra “Contaminazioni”, dove per la prima volta sono state esposte le
opere di collezioni private dei nostri concittadini; o al memorabile concerto
della banda della Città di Lipari quest’estate, al tramonto, sulla torre greca
del Castello.
Se glielo avessero
permesso, Michele avrebbe preferito ascoltarlo in mezzo ai musicisti, magari
con una grancassa a tracolla; invece stava seduto tra il pubblico, spiando con
uno sguardo sornione gli spettatori che scoprivano l’inattesa bellezza della
torre, del nostro Castello.
Già, il nostro
Castello.
Adesso che Michele si
dedicherà ad altre cose in un altro posto, ce lo ricorderemo ancora che quel
luogo meraviglioso e millenario è la nostra storia, la nostra identità, il
cuore della nostra cultura?
Vogliamo credere che
sarà così, che gli insegnamenti positivi non si dimenticano. E magari si
ringraziano.
Grazie Michele, e
buona fortuna.
Pietro Lo Cascio, Silvia
Carbone, Massimo Del Bono, Flavia Grita, Michele Bellamy Postiglione