Oggi Lipari ha un piccolo grande evento da celebrare. Si chiama Giada, pesa tre chili e mezzo ed è nata in casa poco dopo le 14.30 grazie a un’ostetrica di Catania, arrivata appositamente sull’isola per far partorire mamma Laura. Merito anche di Facebook, dove le due donne si sono conosciute su un gruppo il cui nome dice già tutto: “Voglio nascere a Lipari, ma forse non potrò più farlo”.
Da qualche anno, infatti, a Lipari non nascono quasi più bambini neanche in ospedale: da quando è stato chiuso il punto nascita nell’isola, le mamme sono costrette a trasferirsi almeno una settimana prima della data presunta del parto a Milazzo o a Messina se non vogliono correre il rischio di essere trasportate in ospedale in elicottero al momento del travaglio, visto che la normativa vigente prevede che solo in caso di urgenza si possa partorire nell’ospedale dell’isola. Una situazione che determina disagi fisici, emotivi ed economici non indifferenti.
Laura Zaia, la mamma di Giada, ci era già passata qualche anno fa: per far nascere Anna, la sua primogenita, si era dovuta trasferire «sulla terraferma – come lei stessa racconta – ben due settimane prima. Ho avuto la fortuna di essere ospitata da una parente, l’albergo sarebbe stato troppo costoso». «In questa seconda gravidanza, però – continua – la mia situazione era molto diversa: ho una bambina piccola, avrei dovuto separarmene per un numero imprecisato di giorni e tra l’altro non avrei nemmeno saputo a chi affidarla a Lipari».
Nove mesi che Laura ha passato «in un perenne stato d’ansia, con la paura che da un momento all’altro potesse succedere qualcosa, che dovessero portarmi via con l’elisoccorso. E’ successo a mia sorella e a mia cugina: essere trasportate in elicottero in un momento di tensione, in cui hai paura e sei in preda ai dolori non è una bella esperienza».
Qualche anno fa su Facebook aveva fatto la sua comparsa il gruppo del comitato spontaneo “Voglio nascere a Lipari” fondato da Saverio Merlino, segretario Pd Lipari-Eolie che sin dal 2011 ha messo su una serie di iniziative per la riapertura del punto nascita di riferimento per l’arcipelago.
A gravidanza inoltrata, Laura ha notato sulla bacheca del gruppo (che oggi conta più di 1500 iscritti) i commenti dell’ostetrica Antonina Giunta, che si era proposta di dare assistenza alle donne eoliane per il parto in casa. «All’inizio avevo paura e poi avevo amici e parenti contro – ammette Laura -. Anche mio marito Andrea era molto perplesso; il parto in casa non fa più parte della nostra cultura, ma una volta era la normalità: mia nonna ha partorito dieci figli nella sua camera da letto. Ho scritto dei messaggi su Facebook alla signora Giunta, le ho esposto i miei dubbi e lei mi ha rassicurato. Del resto – continua – qui non avevo alternative: i nostri medici, che pure sono bravissimi, hanno le mani legate, devono attenersi alle direttive».
L’ostetrica Antonina Giunta
Da lì la decisione di partorire in casa con l’ostetrica catanese, che si è offerta di darle assistenza gratuitamente. Stamattina Antonina Giunta, un’esperienza quarantennale negli ospedali e nelle case di cura di Catania e centinaia di parti a domicilio, è arrivata a Lipari.
«Io amo l’ostetricia ed è per questo che ho deciso di venire oggi – spiega Antonina Giunta –. Il parto è un evento naturale, ma viene fatto vivere alle mamme come una malattia. Le donne di Lipari sono state abbandonate e vivono la gravidanza malissimo; alcune di loro, pur di evitare l’elicottero, provano a presentarsi in ospedale all’ultimo momento, e a quel punto i medici non possono negare il soccorso, ma così facendo i rischi aumentano. Molto meglio il parto in casa, senza stress e in un ambiente tranquillo e familiare».
Poche ore fa, dunque, la nascita di Giada; il pediatra ha confermato lo stato di buona salute della bambina, subito circondata dall’affetto dei parenti. Felicissima la mamma, che a caldo ha commentato: «Ho realizzato il mio sogno. Ho partorito a Lipari a casa della mia nonna, e stiamo bene. Farei di nuovo la stessa scelta? Sicuramente».
Resta irrisolta, intanto, la situazione del punto nascite di Lipari: chiuso insieme agli altri centri con meno di 500 parti l’anno, ne è stata annunciata e smentita più volte l’apertura. Una vicenda giocata a colpi di sentenze e ricorsi, annunci e promesse di decreti mai arrivati.
Saverio Merlino
«La decisione di razionalizzare i punti nascita sulla base del numero di parti effettuati in un anno – sottolinea Saverio Merlino – può avere un senso sulla terraferma, dove in pochi minuti d’automobile si può raggiungere un altro ospedale. Per alcuni paesi di montagna e per le isole come la nostra, però, questa regola non può essere applicata. I tagli alla Salute non si possono fare senza tenere conto delle priorità, e poi se l’Asp di Messina organizzasse meglio le proprie risorse sono certo che il servizio sull’isola potrebbe essere garantito senza oneri eccessivi».
Nel 2011 il comitato guidato da Merlino aveva fatto recapitare al presidente della Repubblica 1500 cartoline con la scritta “Non posso nascere a Lipari” per chiedere la riapertura del punto nascite. «Più volte ci è sembrato di essere a una svolta, e invece niente.Abbiamo incontrato l’ex assessore regionale alla Salute Russo, abbiamo parlato con Crocetta; il Governatore qualche mese fa aveva pure parlato di rimborsi per le madri costrette a partorire fuori . Non che fosse la soluzione, ma almeno avrebbe aiutato le famiglie a sostenere i costi della trasferta forzata. E invece non hanno avuto neanche questo. In ogni caso – conclude Merlino – noi non molliamo. Abbiamo molti motivi per andare avanti, motivi di sicurezza, economici ma anche, mi si permetta, di legame con l’isola. Noi eoliani siamo attaccati allo scoglio come le patelle, e poter dire “sono nato a Lipari” per noi non è cosa di poco conto».