La Lipari di D’Albertis
Enrico Alberto d'Albertis (Voltri, 23 marzo 1846 – Genova, 3 marzo 1932) è stato
navigatore, scrittore, etnologo e filantropo. Il suo spirito avventuroso e
curioso lo portò a legare la sua vita al mare e ai viaggi e a farne un modello
della cultura scientifica sviluppata specialmente sulla base dei suoi viaggi
transoceanici verso rotte esotiche e, al tempo in cui visse, assai spesso poco
conosciute. Fu il fondatore del primo Yacht Club d'Italia
Il suo nome è legato ad un castello che
porta il suo nome - il Castello d'Albertis - oggi sede del Museo delle
Culture del Mondo. All'interno delle pagine
che riguardano le Eolie troviamo degli interessanti riferimenti sulla vita
delle nostre isole, sulle condizioni di vita degli operai addetti
all'estrazione delle zolfo, alle condizioni di vita dei coatti e sull'Arciduca
Luigi Salvatore d'Austria con la sua eccentricità.
Il viaggio del cutter Violante inizia a Genova il 7 luglio 1876, dopo diversi giorni di
navigazione durante i quali approda nelle isole toscane e nell'arcipelago delle
Maddalena il 18 luglio entra nelle acque delle Isole Eolie. Il giorno
successivo visita Malfa e Santa Marina Salina.
Giovedì
20 – verso le 5 antim. Si dichiara una leggera brezza di Maestrale, la quale
gradatamente rinfrescando ci porta all'ancoraggio di Lipari; ivi troviamo libera la boa destinata al vapore e vi
ormeggiamo il cutter. Quest'isola detta dagli antichi Meligunis e Lipara è la
più vasta e la più importante dell'arcipelago eolio. Ha un circuito di miglia
18, il suo aspetto eminentemente vulcanico le è impartito principalmente dai
suoi crateri, dei quali il più alto, detto S. Angelo, si eleva sul livello del
mare 595 m. a tramontata di questo s'innalza il cratere della Castagna alto m. 370,
tutto coperto di pomice, che illuminato dal sole ci sembrava nell'avvicinarci
all'isola, uno strato di neve. Tale cratere con altri monticelli tutti coperti
di pomice diconsi con denominazione complessiva Capo Bianco. A Greco della
città s'innalza il monte Rosa alto 230 m. di un color rossastro e anch'esso
apparentemente vulcanico. A mezzogiorno sorge il monte della guardia, tutto
formato di lave vetrose e ossidiane. La città omonima e capo luogo di tutto
l'arcipelago si presenta scaglionata lungo il versante del lido orientale
dell'isola. Una gran cittadella innalzata sopra una roccia torreggiante sul
mare la domina. Questa fortezza, detta dagli isolani Civita, era per lo passato
e propriamente nel tempo delle incursioni dei pirati barbareschi il solo punto
abitato dell'isola. Molti liparoti hanno tuttavia colà le loro antiche case, ma
vivono al presente fuori della cinta della Civita nella Lipari moderna. Serve
quella fortezza al presente per ricovero ai condannati a domicilio coatto, I
quali vi sono in numero di 200. Presso il palazzo vescovile esistono gli avanzi
di un bagno antico di cui fa parola lo storico greco Polibio.
L'isola
è quasi tutta coltivata a vigneti d'onde gli isolani traggono la dolcissima
malvasia e la passolina, oggetto, come dissi, di importante commercio. La
popolazione è anche dedita alla navigazione e fornisce valenti marinai. Noi vi
giungemmo alle ore 6 del mattino. Era una bellissima giornata; la città colle
sue bianche case, il severo castello, le verdeggianti colline e il mare tranquillo
tutto contribuiva a presentarci quest'isola sotto il più grazioso aspetto.
Vennero
subito al nostro bordo gli agenti della dogana e alcuni barcaioli; rimandammo i
primi e fissammo due giovanotti colla loro barca per tragittarci alla vicina
Vulcano. Mentre questi allestivano la barca scesi in terra co' miei compagni e
ci recammo alla sanità, seguiti da una turba di curiosi, che volevano ad ogni
costo regalarci nazionalità inglese. Uno spedizioniere, il quale “more solito”
era bellamente riuscito ad alleggerirmi del peso delle carte di bordo, andava
cercando di convincerli che eravamo italiani e genovesi.
Aspettando
la barca assistemmo ad una graziosa scena che aveva luogo tra un sudicissimo
frate dei monaci riformati ed un negoziante di cipolle, il quale stava
assistendo al discarico della sua mercanzia da un piccolo bastimento.
Era
il primo un vecchietto magro dal viso arcigno e color di carta pecora, dal naso
aquilino, dal mento aguzzo, dall'occhio grifagno; una lacera e bisunta tonaca
vestiva il buon servo di Dio. Il secondo era il tipo della floridezza e dalla
salute, piccolo di statura e grasso, il sangue gli affluiva alle guance e
gl'imporprava il naso allorché rivolgeva la parola al frate, il quale sembrava
pretendesse una decima sul carico; il veemente litigio si aggirava
principalmente sopra pesi e misure come oncie, cantara e rotoli ed era fiorito
da certi intercalari proprii ai vernacoli del mezzogiorno d'Italia, che
avrebbero fatto arrossire un mussulmano. Il paffuto negoziante teneva duro, ma
non saprei come finisse la questione perché giunta la barca che ci doveva
trasportare a Vulcano, vi feci saltar dentro I miei compagni, agguantai il
timone, e issata la vela diressi per Vulcano.
(…) Alle 3 p.m., preso commiato dal sig. Narlean, riguadagnammo la rada di
Lipari. Si pranzò a bordo e la sera scendemmo in terra, ove si fece conoscenza
col signor Palamara farmacista del paese e appaltatore delle provviste alla
Famiglia dei coatti.
(…) Nella
sera il Palamara ci fece visitare una bellissima palazzina foggiata sullo stile
moresco, ma abbandonata per paura degli spiriti... molte altre di queste case
ci furono insegnate pur esse abbandonate per tale motivo; che sentano esse la
vicinanza del Purgatorio di Stromboli? Prima di separarci combinammo pel domani
col nostro amico liparoto, una gita ai bagni di San Calogero.
Venerdi
21 – alle 6 del mattino del 21, fummo allegramente in marcia per S. Calogero;
tutto lo stato maggiore del Violante a piedi per meglio attendere alle
collezioni d'insetti, ragni e lucertole; unico il Palamara, sotto un immenso
cappello di foggia araba, cavalcava uno scieco (asinello) di puro sangue
liparese. Ritornammo al paese per la stessa strada e prima d'imbarcarci presi
la fotografia della città di Lipari da una bella posizione. A un'ora e mezza il
Violante era in rotta per Messina, spinto da una leggera brezza di ponente.
Per
approfondimenti
Giuseppe La Greca, “Nel Regno di Efesto”, edizioni
del Centro Studi Eoliano, 2009