(di Gianluca Veneroso) Definire VIENTU una raccolta di versi sarebbe semplicistico e riduttivo. Ne tradirebbe l'essenza, svilirebbe l'intensità, appiattirebbe gli scintillanti salti evocativi che si rincorrono di pagina in pagina, proprio come bimbi brulicanti tra i vicoli che una preziosa foto seppia, da tempo cercata, restituisce alla più familiare tenerezza. VIENTU, ultima prodezza poetica dell'eoliano Davide Cortese, è l'alito di un'anima magicamente libera dagli schemi della "parola per dire". E' la parabola di uno spirito che, come un Icaro coraggioso, sa e può volare fin dove le cose scritte "vedono, profumano, stridono, fondono, SCAVANO e SCOVANO!".
Cortese, poeta dimesso, dal viso fanciullesco, grandioso per la capacità di consegnare al "solito" e al "noto" le chiavi di un'inattesa eccezionalità, ci ha accarezzati e travolti col suo VIENTU, giovedì sera, alle ore 19:00, nel cortile del Centro Studi.
In un'atmosfera di colloquiale raccoglimento, la lettura e l'ascolto delle sue multiformi creature hanno smosso impeti e ricordi di cui ciascuno è impastato e vi si immerge piacevolmente, per ritrovare, lontano e ripulito dalle caligini del quotidiano, quei sè smarriti che non vuol perdere. Eh già! Nel suo semplice excursus, in cui nulla (spazio, tempo, logica) ha ordine o senso, se non attraverso uno sguardo introspettivo serrato tra cuore e cuore stesso, abbiamo inalato gli zefiri di una "liparitudine" fatta di personaggi mai estinti ( a Carvunara, u zu'Claudiu, Giacuminu, i defunti accolti Unni Faraci....),perchè il miracolo della poesia ne sublima la fine fisica in immortalità morale.
Abbiamo esposto viso e petto agli scirocchi impetuosi di tradizioni ancora vive (dalla preparazione del pane, definita ritualmente "maharia", al dignitoso dialetto, "scrigno" di NA PALORA ANTICA, TUNNA, SMUSSATA).
Ci siamo abbandonati, con ipnotico trasporto, agli sbuffi generosi di un mare di sirene e sciabordii melodiosi, di "alìvi" verd-argento, di un SILENZIU che ha "ali di sera"..... E che dire delle gentili brezze inarcatesi tra le pieghe di una schiena ANUDA o sorprese tra le foglie che i BABBALACI avvolgono audaci? I cirri più alti a cui Davide ha dato forma e luce li ritrovo nei versi di EOLIANU, appello a un senso di appartenenza che è al contempo corporeo e psichico, passato e presente, geografico e onirico. Li contemplo nelle irregolari sinfonie di VARTULU, più che un nome... un grido di storia e santità che raccoglie disparati figli/padri in un continuum indissolubile. Li scorgo/raccolgo nelle schegge sovrapposte con caotica armonia in INVENTARIO, finissimo abecedario di quanto (cose, persone, identità o astrazioni) popola e costituisce il cosmo eoliano, dandogli vita e materia.
Bravo, Davide! Che il "tuo" VIENTU alimenti altre geniali intuizioni, disegnando traiettorie, ardite ma palpabili, tra scrittura e sentimento.