La notizia
di Procida Capitale della Cultura 2022 ha ricevuto diversi commenti; chi si
congratula con i procidani e suggerisce di seguirne l’esempio, chi la legge in
termini di milioni di euro che avremmo potuto avere se avessimo fatto, e varie
altre declinazioni.
Certo, che
un comune di diecimila abitanti in un’isola di quattro chilometri quadrati abbia
avuto la geniale intuizione e la determinazione di presentare un progetto a
livello nazionale, e forse anche internazionale, un po’ sorprende.
In genere
pensiamo alle isole, o le viviamo, come luogo che si anima un po’ d’estate, più
in stile “passerella”, per ripiombare poi in una latenza invernale di dieci
mesi dove non accade assolutamente nulla.
A dispetto
della risicata geografia, a Procida invece hanno contattato architetti, cercato
artisti, immaginato eventi e location; va anche detto che l’isola ha già un suo
respiro culturale, ha ospitato trenta edizioni del premio Elsa Morante, oggi
ospita Maretica di Alessandro Baricco, e tuttavia per arrivare a essere
capitale ha lavorato sodo. Ma, soprattutto, prima ha sognato.
Qui sembra
che da tanto tempo non sogni più nessuno. Negli anni Ottanta il teatro del
Castello, da giugno a settembre inoltrato, era pieno di spettatori ai concerti
dell’Orchestra sinfonica siciliana e degli artisti in cartellone regionale – lì
ho ascoltato l’indimenticabile Maestro Alirio Diaz, e dopo quella sera ho
deciso di imparare la chitarra; per tutto il decennio successivo, gli spalti
erano gremiti di gente assetata di cinema, alle belle serate organizzate dal
Centro Studi; sempre in quegli anni, da un’idea di Bruno Carbone – e con il
sostegno di sponsor locali e nazionali – era nato il Festival delle Eolie, con
serate memorabili, colossi del jazz come Sarah Vaughan e Lionel Hampton, e
ancora Lucio Dalla, Eugenio Bennato e non ricordo chi altri. Sempre in quegli
anni, l’amministrazione comunale di Michele Giacomantonio inventava “Festa di
Maggio”, straordinaria esperienza culturale che ha riavvicinato gli eoliani alla
loro storia e alle loro radici. Sempre in quegli anni, l’amministrazione
comunale, il museo, il compianto professor Cenzi Cabianca sognavano all’unisono
presentando la candidatura delle Eolie per la World Heritage List, candidatura
poi accettata dall’UNESCO nel 2000. Sempre in quegli anni…
Poi
l’attività onirica in questo paese si è fermata, all’inizio dirottata verso
altre sponde – c’era chi sognava i megaporti – e in seguito più nulla. Eppure,
l’alimentazione non ha subito profondi cambiamenti, e più o meno assumiamo
tutti sufficienti dosi di vitamina B6, che notoriamente stimola la carica
emotiva dei sogni.
Deve essere accaduto
qualcosa. Oppure, semplicemente, non è successo più nulla. I sogni infatti si
nutrono di realtà, e se in questa non accade nulla, è probabile svegliarsi la
mattina senza ricordarsi nemmeno se abbiamo sognato qualcosa.
Pietro Lo
Cascio