La cornice, anche se con grandi sforzi di quadratura, è stata tracciata. Il “bello”, o per meglio il difficile, però, viene proprio adesso, perché la tela che in essa troverà posto, sarà la fotografia della futura sanità siciliana. O almeno di quella che dovrebbe andare a determinarsi da ora al 2016. Questo, secondo il cronoprogramma contenuto nel tanto atteso decreto di “Riqualificazione e rifunzionalizzazione delle rete ospedaliera-territoriale della Regione Sicilia”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 23 gennaio, il termine entro il quale il volto sanitario siciliano cambierà. In sostanza, con il piano firmato dall’assessore regionale Borsellino sono state definite le coordinate entro cui dovranno diventare operative le misure e gli interventi che consentiranno di ridurre gli sprechi. Come? Attraverso una logica di accorpamenti di strutture ospedaliere che avrà come primo effetto concreto, più o meno immediato a seconda della rapidità con cui tali trasformazioni verranno determinate, la riduzione di strutture complesse doppione e dunque dei primariato che fino ad oggi le hanno rette. «La trasformazione – si legge nelle relazione tecnica allegata al decreto – ha come obiettivo non di ridurre l’offerta, ma di rimodularla, fermo restando che in caso di problemi acuti si sarà indirizzati all’ospedale di riferimento. In tal modo i posti letto vengono riconvertiti, non tagliati». Ed infatti, stando alla prime valutazioni effettuate da “addetti ai lavori”, attraverso tale pianificazione la Sicilia “conquisterà” 1300 posti letto in più: dagli attuali 17 mila a poco più di 18 mila. Con una differenza però sostanziale rispetto al passato, rispetto nella tipologia degli stessi: riduzione dei costosi posti letto per acuti, incremento del numero di posti letto ospedalieri per post-acuti. Prima di soffermarci sul dettaglio dei dati e degli accorpamenti che interessano direttamente il territorio di Messina e provincia, va tuttavia messa in evidenza un’altra delle principale conseguenze frutto dell’approvazione del riordino ospedaliero. Quest’ultimo definendo il numero dei posti per ogni struttura, consente anche di procedere alla ridisegnazione delle nuove piante organiche (sulla base di criteri che dovrebbero a breve essere individuati tra Ministero e Regione), la cui “ampiezza” è direttamente connessa al numero delle degenze. In termini pratici, ciò si tradurrà nella possibilità di avviare nuove assunzioni: il 50% verrà riservato ai precari, la restante parte sarà messa a concorso. Tornando invece all’effetto “rete”, sul fronte accorpamenti, viene disposta la creazione di un polo unico per Milazzo-Barcellona-Lipari, e uno per Sant’Agata Militello-Mistretta. Restano indipendenti Patti e Taormina. Riguardo ai tagli, 51 quelli decurtati nel presidio Papardo-Piemonte, rispetto però ad una dotazione negli anni rimasta però sulla carta e che ne rende quindi meno impattante il peso effettivo. 41 con davanti un segno meno per l’Asp di Messina, unica tra le aziende sanitarie provinciale della Sicilia ad essere stata penalizzata. Buone notizie invece per il Policlinico universitario, dove si aggiungono 39 posti letto e per l’Ircss, dove ne vengono confermati 155. Entrando più nello specifico, qualche perplessità la determina la scarsa chiarezza delle previsioni per il “caso” Piemonte-Papardo: nessuna definizione, per i 78 posti del Piemonte, se per acuti o post acuti. Non appare inoltre chiaro quali siano le Unità operative che verranno mantenute nel nosocomio di viale Europa: non si ha certezza, insomma, se troveranno ancora posto la Cardiologia, la Chirurgia, la Rianimazione. Nessun riferimento esplicito infine poi al “nodo” punto nascita: l’unico riferimento presente in una delle tabelle allegate al decreto riguarda 26 posti “Nido” previsti per il Piemonte. E a 48 ore dalla pubblicazione, tuttavia, sul piano targato Borsellino fioccano già le prime critiche. Come quella del direttore generale di Federsanità-Anci, Chilelli, a detta del quale «la nuova rete regionale ospedaliera siciliana presenta qualche “disattenzione”. Le disposizioni nazionali previste dal Piano di Indirizzo per la Riabilitazione - comma 3, articolo 3 Patto per la Salute - sono chiare, ma nel documento della Regione continuano ad essere previste strutture complesse con relativi primari con 4 posti letto e, in contrasto con la legge, vengono individuate alcune strutture semplici che ai sensi delle vigenti normative dovrebbero essere istituite dal direttore generale su indicazione dei responsabili delle strutture complesse. L’impressione che si ha dell’intero provvedimento è quella di scelte più tese a garantire ancora una volta i “clienti”, per mantenere uno stato di fatto delle strutture sanitarie siciliane, invece di tener conto delle soluzioni individuate dalla comunità scientifica per rispondere alle attuali necessità della Regione. Il provvedimento rischia di mantenere e di collocare la Sicilia fuori di quei processi di razionalizzazione necessari ad incrementare il livello di qualità ed efficienza dei servizi erogati».