Ruotava principalmente su due società, con sede legale nel Lazio, la maxi-truffa che ha portato ai "domiciliari" Stefano Triolo, 59 anni, originario delle Isole Eolie ma domiciliato a Roma, e la compagna Samira Nathlouthi, 42 anni di origini tunisine, ultimo domicilio a Napoli, alla quale è stato imposto l'obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
Ad entrambi la Guardia di finanza della Compagnia di Milazzo ha notificato i provvedimenti emessi dal Gip di Messina, Maria Teresa Arena, a Roma.
Gli altri indagati, invece, risiedono a Messina, Malfa e San Filippo del Mela.
Tutti - secondo l'accusa - avrebbero creato una vera e propria associazione a delinquere attraverso al compravendita di case degli emigrati dell'arcipelago eoliano, acquisite in modo illecito.
La Guarda di finanza di Milazzo sotto le direttive del capitano Antonio Ranaudo, ha anche sequestrato 13 immobili a Filicudi, Alicudi e Salina.
Gli inquirenti hanno accertato che tutto ruotava attorno a due società di Albano Laziale, la Cogedil srl e la Grotta Azzurra srl, società delle quali Triolo era amministratore unico.
L'uomo, approfittando del fatto che la maggior parte degli immobili versava in stato di abbandono o erano disabitati da molti anni, si avvaleva della collaborazione di tecnici ai quali di volta in volta conferiva l'incarico di eseguire ricerche e visure catastali, pratiche di successione, perizie di stima di immobili. In tal modo - secondo l'accusa - variando dolosamente i dati catastali del fabbricato e dei terreni oggetto delle future compravendite, ne attribuiva fittiziamente la titolarità in capo ai soggetti da lui rappresentati e a discapito dei legittimi proprietari e degli stessi acquirenti, in buona fede. Quindi, con l'ausilio di una sorta di "sensali" che operavano nelle varie isole, avvicinava i probabili compratori e per avvalorare la paternità del bene scriveva sui muri di ruderi abbandonati persino con una bomboletta spray il proprio nome o quello di chi lo rappresentava nell'azione fraudolenta.
A far saltare il "tappo" ad un'operazione così accuratamente congegnata è stata la proprietaria di un immobile di Filicudi che, nel Giugno del 2010, ha chiesto l'intervento dei carabinieri della locale stazione in quanto una vicina di casa l'aveva avvisata che, sul rudere di sua proprietà, erano stati apposti cartelli con la scritta "Proprietà privata" ed era stato sostituito il lucchetto posto alla porta d'ingresso. Ciò ad opera di quattro persone che non sono state identificate. Sono scattate le verifiche ed è venuto fuori che l'immobile risultava intestato a Samira Nathlouthi alla quale era stato venduto da Stefano Triolo, persona nota alla signora di Filicudi in quanto, originario come lei, delle Isole Eolie.
A quel punto sono scattate le indagini ed è venuto fuori che Triolo, il quale disponeva di procure generali e speciali conferitegli da soggetti immigrati all'estero, ottenute con il pretesto di curare i loro affari, individuava i terreni e gli immobili e poi, dopo averli fatti rientrare nel patrimonio di coloro che gli avevano conferito la procura, li alienava a terze persone all'insaputa dei "rappresentati" il cui nome veniva, dunque, falsamente utilizzato per incassare i ricavati delle vendite.
Per chiudere il cerchio gli inquirenti hanno dovuto avviare un'attività di collaborazione internazionale con l'Australia e lì i reali proprietari dei beni hanno confermato di essere all'oscuro di qualsiasi compravendita e di aver firmato procure in favore del Triolo. Ma dalle indagini sono venute fuori anche trattative di vendita saltate quando un acquirente ha chiesto approfondimenti al Triolo dopo aver versato una caparra che non gli è stata restituita.
Le indagini hanno altresì dimostrato che il Triolo, avuta la certezza dell'avvio del procedimento a suo carico, dopo una perquisizione subita a Messina, si è attivato per continuare a porre in essere una serie di trasferimenti di proprietà, con l'intento di ostacolarne l'illecita provenienza. In questo contesto scaturisce il coinvolgimento di Samira Nathlouthi, convivente dell'uomo, la quale - sostengono gli inquirenti - pur non avendo mai presentato dichiarazione dei redditi - è diventata in un breve lasso di tempo intestataria di numerosi immobili che ha rivenduto alle società Cogedil e Grotta Azzurra delle quali Triolo è amministratore. Ciò consentiva al compagno di rivendere i beni a terzi.
Dagli accertamenti è emerso che, in meno di due anni, Triolo avrebbe incassato assegni per circa 600mila euro.
La verifica dei conti correnti da parte delle Fiamme Gialle ha però portato a rilevare un saldo pari a 0. L'ordinanza del gip Arena, che ha portato Triolo agli arresti domiciliari e la sua compagna all'obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, fa parte di un più ampio e articolato procedimento che vedeva originariamente indagati anche notai, avvocati e tecnici la cui posizione è stata stralciata e definita con decreto di archiviazione.