Un anno e mezzo non è
un’eternità, ma per un’amministrazione è certamente un arco di tempo
sufficiente per mostrare il proprio orientamento, le priorità in termini di
obiettivi da conseguire a breve e lungo termine, e dunque il proprio “volto”
alla comunità che ne viene guidata.
Bene, l’unica novità
ad oggi pervenuta in materia di politica ambientale è la decisione
dell’amministrazione Giorgianni di sostenere il ricorso al T.A.R. promosso
dalle associazioni venatorie contro il Piano Regionale Faunistico-Venatorio
2013/2018, assunta con determina sindacale n. 97 dell’11 novembre di quest’anno.
Se, da un lato, appare assolutamente comprensibile e persino legittimo che i
cacciatori muovano obiezioni a un Piano che vuole limitarne l’attività,
dall’altro stupisce però che un Comune decida di accodarsi a tale iniziativa,
soprattutto quando le motivazioni sono rappresentate dal “problema” del divieto
di caccia agli uccelli migratori nei Siti Natura 2000 e nella fascia dei 150
metri dalla costa e dalla necessità “di pianificare adeguatamente l’attività
venatoria” in un ecosistema “caratterizzato dall’assenza di predatori
naturali”, il cui “riequilibrio” è evidentemente una priorità
dell’amministrazione Giorgianni.
Come potremmo non
complimentarci con un sindaco che, nonostante i tanti e annosi problemi cui
dovrebbe fare fronte, trova il tempo per accorgersi del grave squilibrio
causato dal passaggio degli uccelli migratori, i quali – poveretti – non hanno
predatori naturali?
Peccato che
altrettanta solerzia e perspicacia non siano state riservate ad altri aspetti
che avrebbero potuto qualificare la politica dell’Ente in materia ambientale.
In primo luogo, ci
riferiamo all’area marina protetta, argomento sempre caro quando lo si cita
nelle passerelle televisive ma a favore del quale l’amministrazione, a distanza
di un anno e mezzo dal proprio insediamento, non ha mosso un dito, né scritto
una virgola. Se sul tema del parco nazionale l’atteggiamento del
centro-sinistra è parso fumoso fin dalla redazione del suo programma
amministrativo – un prudente trattato del “dico e non dico” – sull’area marina
protetta che una legge nazionale prevede da ormai un ventennio ci era sembrato
di capire che ci fossero delle aperture, qualche spiraglio possibilista,
soprattutto a fronte della tutela di una categoria – quella del comparto pesca
– che soffre un’evidente crisi e rischia ormai di ridursi a un feticcio di un
folclore antico. Invece, qualche proclama episodico e nulla di fatto, nulla di
concreto. È così difficile chiedere al Ministero dell’Ambiente l’avvio della
procedura di un atto dovuto? Evidentemente sì, o almeno sembra esserlo ben più
che prestarsi a iniziative – come il ricorso al T.A.R. – la cui vera ed unica
finalità è la ricerca di facili consensi.
Tutto tace anche sul
fronte dell’Unesco, o meglio, dell’ente gestore del Sito Unesco delle Eolie che
dovrebbe garantire l’applicazione delle linee guida del piano di gestione e
consentire alle comunità locali l’accesso a una progettualità sostenibile, per
la quale – almeno sulla carta – il Ministero competente dispone di cospicue
risorse. Una recente inchiesta stampa ha mostrato come le Eolie non siano sole
in uno scenario di perdurante apatia; tuttavia, tale parziale consolazione
stride con il fatto che le isole sono parte della World Heritage List da ormai
tredici anni, e che questo tempo prezioso e sprecato sia stato segnato – spesso
– da infelici tentativi di strumentalizzare il ruolo dell’Unesco. Non sarebbe
stata l’ora di cambiare registro? Non era stato dichiarato, durante un
consiglio comunale alcuni mesi fa, che l’amministrazione stava per avviare
iniziative in tal senso? E allora, come mai non è accaduto nulla? Forse il
problema degli uccelli migratori distoglie l’attenzione dei nostri
amministratori?
E, per una logica
connessione, dal sito Unesco alla situazione allarmante delle ex-cave di pomice
il passo è breve. È infatti questa l’altra grande, irrisolta questione
ambientale che l’amministrazione che governa il nostro territorio sembra voler
ignorare. Quale è l’orientamento del “centro-sinistra” sul futuro delle
ex-cave? È stata avanzata qualche proposta, qualche richiesta, una verifica
puntuale delle proprietà dell’Ente, un’eventuale iniziativa per sbloccare il
sequestro giudiziario cui è sottoposta l’area da sette anni? Non era il caso di
valutare un possibile ricorso o altre forme di impugnazione giurisdizionale e,
parallelamente, discutere quale riqualificazione e quale messa in sicurezza
dovranno interessare una significativa porzione del nostro territorio, che
rischia di franare portandosi a valle anche l’unica strada percorribile che
collega Acquacalda al resto dell’isola?
Dobbiamo constatare –
con amarezza – che se il tema dell’ambiente e delle scelte cruciali per il
futuro delle nostre comunità non è probabilmente mai stato una priorità per
quella parte di “centro” dell’attuale “centro-sinistra” che amministra il
paese, dovrebbe però esserlo – per un insieme di ragioni storiche, politiche,
sociali e culturali – per la parte restante, ovvero la “sinistra” che il PD
vorrebbe rappresentarvi. I punti appena citati (e ce ne sarebbero molti altri)
rivelerebbero la sua totale incapacità di influenzare in qualche modo le
politiche ambientali dell’amministrazione Giorgianni. Oppure, semplicemente, il
PD di Lipari ha cambiato strategia e si pone obiettivi diversi rispetto al
passato. Quali essi siano, però, non è chiaro. A eccezione di un fatto:
condividere l’arte del rimandare a tempi imperscrutabili qualsiasi iniziativa
sostenibile per il futuro del paese, e – soprattutto – la preoccupazione –
quella sì, tangibile – per lo squilibrio dell’ecosistema causato dai pennuti
migratori.
La Sinistra eoliana