“Ogni momento è buono per un soggetto fragile per essere vaccinato, poiché la vaccinazione anti-pneumococcica non presenta una stagionalità. Tuttavia, si può approfittare della campagna di vaccinazione anti-influenzale per effettuare anche il vaccino pneumococcico, quando le persone anziane e affette da malattie croniche sono già sensibilizzate alla prevenzione”, afferma Fabrizio Pregliasco, Ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano.
Un recente studio pubblicato su Vaccine nel 2011[1], che ha coinvolto 1.160 pazienti con l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’efficacia della co-somministrazione, ha confermato infatti che le due vaccinazioni possono essere somministrate nella stessa occasione, su braccia diverse, senza rischi di interferenze o di una riduzione della protezione. Il vantaggio è che diversamente dalla vaccinazione anti-influenzale, che va ripetuta annualmente, il vaccino pneumococcico si somministra un’unica volta.
Lo pneumococco è un batterio presente nel cavo naso-faringeo di tutti noi e che, in condizioni di maggiore vulnerabilità, diventa causa di polmoniti anche gravi e setticemie. “Quando interviene un’infezione virale, si altera tale situazione di equilibrio tra ospite e batterio e la lesione a carico dell’albero respiratorio induce la penetrazione dei batteri. – spiega Francesco Blasi, Professore di Medicina Respiratoria dell’Università degli Studi di Milan. – In particolare, l’influenza è associata allo Streptococcus Pneumoniae e lo Staphylococcus Aureus. Ciò è noto sin dalla pandemia spagnola dei primi del ‘900 ed è stato confermato anche nell’ultima pandemia influenzale di pochi anni fa, in cui gran parte delle infezioni gravi era legata alle infezioni batteriche.”
L’infezione da pneumococco colpisce prevalentemente i bambini fino a 2 anni e, negli adulti, vede l’incidenza salire dopo i 50 anni e raggiungere il suo picco dopo i 65. In questa fascia d’età, in particolare, è responsabile sino al 40% di tutti i casi di polmonite. In soggetti con oltre 50 anni in cui sono presenti ulteriori fattori predisponenti, come malattie croniche cardiovascolari e respiratorie (bronchiti croniche o asma), si va incontro più facilmente a infezioni profonde. Inoltre, in questi casi il rischio di sfociare nella cosiddetta setticemia è ovviamente più alto.
L’infezione da pneumococco colpisce prevalentemente i bambini fino a 2 anni e, negli adulti, vede l’incidenza salire dopo i 50 anni e raggiungere il suo picco dopo i 65. In questa fascia d’età, in particolare, è responsabile sino al 40% di tutti i casi di polmonite. In soggetti con oltre 50 anni in cui sono presenti ulteriori fattori predisponenti, come malattie croniche cardiovascolari e respiratorie (bronchiti croniche o asma), si va incontro più facilmente a infezioni profonde. Inoltre, in questi casi il rischio di sfociare nella cosiddetta setticemia è ovviamente più alto.
“L’influenza facilita la penetrazione della polmonite e le sovra-infezioni. Esistono delle casistiche in cui il 10% circa degli ultra 65enni presenta delle complicanze infettive dell’influenza. Le polmoniti negli anziani hanno però lo svantaggio di essere subdole, senza l’evidenza di malattia che si riscontra nell’adulto. Questo ha come conseguenza il fatto che, spesso, non si percepisca l’importanza della vaccinazione, anche se negli over 65 la malattia può far precipitare le condizioni di salute cardiache e respiratorie” – aggiunge Pregliasco.
Per fornire maggiori informazioni sui rischi dello pneumococco è da oggi on-line il sito www.infopneumococco.it, un vero e proprio spazio dedicato alle infezioni da pneumococco e agli strumenti per proteggersi.
“Siamo lieti di offrire il nostro supporto e patrocinio a questa importante campagna di sensibilizzazione che vede in primo piano il riconoscimento e la valorizzazione della prevenzione", afferma Giuseppe Di Maria, Presidente della Società Italiana di Medicina Respiratoria. "La vaccinazione è importante per evitare le polmoniti da pneumococco e le riacutizzazioni delle patologie respiratorie croniche e per ridurre l’ospedalizzazione e la mortalità per cause respiratorie".