Sulle province non si capisce più niente. Tutti contro tutti, o quasi. Chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, così le cose sono destinate a restare a bagnomaria, come sempre. Un limbo dannosissimo per il normale espletamento dei servizi fin qui offerti dagli enti intermedi e per il personale dipendente, che non sa ancora che sorte gli tocca.
Alla legge che le aboliva avrebbe dovuto seguire una legge che riorganizzava la pubblica amministrazione sul territorio. E qui sono venuti i guai. Mentre sull’abolizione si è registrata una normale querelle fra favorevoli e e contrari, su ciò che avrebbe dovuto sostituire le nove province c’è una grande confusione. Gli abolizionisti e i conservatori non la pensano all’interno tutti allo steso modo. Anzi. In più fra due gruppi della maggioranza di governo, o presunta tale, e cioè Udc e Art.4, c’è una vecchia ruggine, figlia della scissione patita dal partito di Casini, che aumenta, se possibile, ancora di più il caos.
I “conservatori” del vecchio assetto, come Nello Musumeci, hanno scavato nuove trincee e mirano a far tornare indietro il Parlamento regionale se non su tutta la linea, almeno su una cospicua parte del fronte.E manifestano considerazione per le province e ne auspicano il risorgimento su nuove basi.
Nel campo degli abolizionisti, le novità più rilevanti: l’Udc, per il tramite di Giovanni Pistorio, coordinatore del partito in Sicilia, ribadisce la sua propensione all’abolizione, ma dichiara la sua contrarietà verso i consorzi di comuni, che dovrebbero sostituire le province, come pretenderebbe lo Statuto della regione siciliana, la carta più tradita della storia dell’Isola. Pistorio sollecita la costituzione delle aree metropolitane ma suggerisce di lasciar perdere gli enti intermedi.
“L’Udc, pur apprezzando lo sforzo dell’assessore Patrizia Valenti e del presidente della I Commissione dell’Ars Antonello Cracolici ritiene la bozza di riforma delle province non soddisfacente”, scrive in una nota il segretario regionale dell’Udc siciliana dopo una riunione con il gruppo parlamentare dello scudocrociato all’Ars sul tema inderogabile della riforma degli enti locali. “L’Udc – continua la nota di Pistorio – ritiene che vadano attivate con convinzione le Città metropolitane, che rappresentano un fattore di sviluppo e sono ritenute strategiche nei programmi dell’Unione europea”.
I comuni possono fare da sé in tutti i settori, con l’eccezione di quelle funzioni che appartengono alla Regione. Un bel salto, dunque. Se poi i comuni vogliono mettere in piedi sinergie e coordinare i loro interventi ed i servizi possono unirsi, di loro spontanea volontà, fra loro, costituendo le “unioni di comuni”.
“Non ci convince per nulla – precisa il segretario regionale dei centristi – la soluzione relativa ai cosiddetti liberi consorzi, che liberi non sono e che ripropongono solo un surrogato della vecchie province a scartamento ridotto in cui cambia soltanto il meccanismo di elezione degli organi di governo”.
“Aboliamo le province, che non servono a niente e costano molto - sostiene Pistorio – ma passiamo la mano ai comuni”. E se proprio vogliamo lasciare in piedi le province, sia abbia il coraggio di chiamarle con il loro nomem, assegnando ai cittadini il potere di eleggere gli ammi nistratori.
Il capogruppo di Articolo 4 all’Ars Luca Sammartino bacchetta Giovanni Pistorio: “Appare quantomeno singolare che, vestiti i panni di capo della segreteria tecnica dell’assessore regionale agli Enti Locali, Patrizia Valenti, e indossati quelli di segretario dell’Udc, critichi un disegno di legge che lui stesso avrebbe dovuto quantomeno conoscere in fase di predisposizione”.
E gli altri? Il capogruppo Pdl, D’Asero, ribadisce la necessità di lasciare in vita, invece, l’ente intermedio, semmai incrementandone le competenze, mentre il governo mantiene la sua volontà di abolire le province e sostituirle con i consorzi, che – man mano che passa il tempo – assomigliano sempre di più alle province per numero, assetto e competenze.