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sabato 30 novembre 2013

ETNA, EMERGENZA SENZA FINE: PIOGGIA NERA, E ORA È “ STATO DI CALAMITA' "

Tanto tuonò, che alla fine la dichiarazione piovve: la Giunta regionale, su proposta del direttore generale della Protezione Civile, ha approvato la dichiarazione di stato di calamità per i comuni etnei colpiti dalla eruzione di cenere vulcanica. Il provvedimento riguarda i comuni di Adrano, Biancavilla, Castiglione di Sicilia, Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Linguaglossa, Piedimonte Etneo, Mascali, Milo, Sant’Alfio, in provincia di Catania. E Castelmola, Giardini Naxos, Letojanni e Taormina per quanto riguarda la provincia di Messina.
“La dichiarazione – ha spiegato il presidente della Regione, Rosario Crocetta – si è resa necessaria per i rischi alla salute umana che ci creano per l’emissione di ceneri nonchè rischi per la circolazione sia veicolare che pedonale, intasamento tombini e caditoie, per le attività produttive, per gli insediamenti industriali, agricoli e turistici, per la necessitá di eliminare l’intasamento delle vie di circolazione e per quanto necessario a eliminare ogni pericolo derivante dal fenomeno”.
Fra gli altri, era stato Lino Leanza, deputato di Articolo 4, ad invitare il governo a non attendere più, di fronte all’ennesima esplosione.
La Sicilia non ha preso atto della presenza di un vulcano attivo, che dorme poco e ad ogni risveglio, bene che va, sparge polvere nera nell’arco di parecchi chilometri. Le città che subiscono la pioggia nera hanno l’onere di ripristinare la normalità e devono perciò sopportare notevoli disagi oltre che alti costi di manutenzione di strade e case.
Le eruzioni “pacifiche” dell’Etna sono considerate “emergenze” e i danni “calamità naturali”cui provvedere con risorse straordinarie. Trattandosi di eventi naturali, seppure speciali, la protezione civile non interviene, ed i comuni – alla canna del gas per una cronica crisi di risorse – non sono in grado di fare la loro parte. La conseguenza è che ogni risveglio del vulcano, un “respiro” più lungo o un colpo di tosse fate voi, si trasforma in una “calamità” e, appunto, in un’emergenza.
I costi delle emergenze sono incontrollabili, perché dovendo agire in fretta e furia, non si possono espletare gare. Circostanza questa che non arreca grandi dispiaceri alle ditte fidelizzate, ma fa spendere più soldi pubblici.
 Quindi l’assenza di lungimiranza dei governanti si traduce in un danno per la pubblica amministrazione e per le popolazioni “colpite” che devono fare i conti con i tempi lunghi degli interventi di ripristino.
Siccome non c’è niente di più imprevedibile dei “conati” di fuliggine dell’Etna, l’emergenza “vulcanica” della Sicilia è lo specchio di una condizione strutturale. I comuni etnei, per esempio, dovrebbero essere dotati di risorse spendibili ogni volta che il vulcano provoca danni, in modo da potere contare su mezzi e uomini in grado di intervenire in tempi brevi, disponendo del know-how necessario e sulla base di una tabella dei costi contrattualizzata. 
Che la giunta di governo debba deliberare provvedimenti urgenti a favore delle città etnee è la spia dei bug della pubblica amministrazione siciliana.

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