Questa curiosità e il rapporto di affettuosa stima che lega questo direttore al carissimo Ezio Roncaglia, ci ha spinti a rivolgerci a lui (leggendo il post capirete perchè è la persona più qualificata, oltre che per la sua preparazione e conoscenza del nostro passato recente) per saperne di più.
Il signor Roncaglia, con la sua competenza, ha svolto in maniera eccezionale il "compitino" (così lo ha definito nel nostro contatto telematico) regalando a noi e ai lettori una "pagina" affascinante e per molti, noi compresi, sino ad oggi, assolutamente inedita.
Di questo lo ringraziamo
Giugno 2016
Questa casa è stata costruita negli anni tra il
1926 ed il 1929.
Il proprietario era un certo sig. Giuseppe Spinella
fu Domenico nato a Canneto, di cui non credo di essere in grado di indicare
l’età.-
Certamente però, la sua data di nascita si colloca
attorno o subito dopo il 1890.
Emigrato negli Stati Uniti d’America
giovanissimo, aveva lavorato in una
compagnia telefonica, andando in pensione abbastanza giovane.-
In virtù del cambio favorevolissimo tra dollaro Usa
e Lira italiana, tornò sull’isola e, con la sua pensione, conduceva una vita da
nababbo.-
Costruì questa casa con il prospetto, dettagli e particolari dichiaratamente
americani, a cominciare dalle finestre
che oggi definiremmo .., “ a
ghigliottina “ ma che per lunghissimi anni in Paese vennero chiamate con uno
strano nome americano (sicuramente
storpiato e probabilmente di autentico “ slang “) … che non saprei riportare.-
Tutta la costruzione venne fatta in mattoni rossi,
cosa estremamente insolita ed altrettanto costosa in un paese dove si costruiva
rigorosamente in muratura di pietre e calce, … e le pietre erano quelle che si
potevano raccogliere a Unci oppure ad Acquacalda, portate dalle mareggiate.-
I muri che trasudavano salmastro, … erano quindi la
regola e la conseguenza.-
Con la precarietà e la farraginosità dei trasporti
via mare dell’epoca, … i mattoni rossi
prodotti sulla terraferma, nell’area del milazzese, erano costosissimi.-
Il Sig. Spinella era sicuramente un personaggio, in
tutti i sensi, da quello fisico a quello caratteriale e comportamentale.
Era molto basso (probabilmente non raggiungeva
quota 1,50) ed aveva uno stomaco enorme
: non so come facesse a vestirsi ed a lavarsi, e sono certo che, se fosse caduto, per rialzarsi avrebbe dovuto
essere aiutato.
La sua conformazione fisica gli valse l’impietoso
soprannome di “ruocciulu“.-
Lui lo conosceva perfettamente, …. e lo usava.-
Io ricordo di averlo sentito, mentre istruiva un ragazzo incaricato di recapitare
un pacchetto …. “” … ccià diri chistu
t’u manna u ruocciulu “”.-
Io lo ricordo come un uomo generoso ed estremamente
espansivo.-
Aveva tratti
di grande umanità che, negli anni in cui aveva denaro a disposizione, si
appalesava con gesti di generosità, ….
generalmente descritti e vissuti come sinceri, ancorché plateali.-
Voglio aggiungere, senza cattiveria ma soltanto per
amore del vero, che uno dei tratti ricorrenti della sua natura, del suo essere
e dei suoi comportamenti, … era una sostanziale, invincibile, incolpevole
volgarità .-
Di Lui e della sua famiglia ho un ricordo patetico
che, per essere compreso ed apprezzato, deve essere contestualizzato al tempo ed alle
situazioni di quegli anni.
Il figlio Guido, nato a Canneto del 1931, aveva
quasi la mia età.
Ogni anno, per il suo compleanno, la sua Mamma
organizzava una festicciola a cui venivamo invitati un certo gruppo di coetanei
: il fascino di questa festicciola era che, secondo lo stile americano, tutti i
partecipanti venivamo dotati di nasi finti,
piccole parrucche, trombette e stelle filanti, …. neppure quel che da noi si fa
per carnevale.-
Una cosa analoga, ed ancora più affascinante, era la stessa festicciola che la sig.ra
Spinella organizzava nella settimana precedente il Natale.
Intanto per l’albero di Natale vero e proprio che,
per noi ragazzi d’epoca, era una novità assoluta, perché conoscevamo il presepe, solamente e
sempre il presepe.-
Ma, in più, l’albero, …. enorme, occupava un intero angolo, alto
fino al soffitto, era addobbato con le palline di vetro luccicanti che da noi non si
erano mai viste prima, ….
Tutti i bambini con i nasi finti, la parrucchine ,
le trombette e le stelle filanti ….. ed un grammofono (78 giri, azionato a
manovella) che suonava ininterrottamente una musichetta lenta e triste, quella che di solito sentivamo soltanto in chiesa, durante
la novena di Natale, …… !
Tutto ciò faceva apparire quella festicciola , come una
fantasmagoria incantevole …….., tant’è
che a quasi 80 anni di distanza, ancora
ne ricordo gli incantevoli
dettagli !
Posso collocare queste festicciole negli anni dal
1936 al 1940.
Voglio narrare un altro aneddoto che getta uno
sguardo dolcissimo sulle cose e le persone degli anni ‘35/40.
Il Sig. Spinella
aveva portato dall’America una macchinetta per fabbricare cubetti di
ghiaccio.
Era un arnese grande come un comodino basso, di
colore nero lucido, che Lui teneva su un tavolino basso e lo spostava vicino ad
una presa di corrente, quando voleva azionarlo.
Di tanto in tanto (con sapiente parsimonia) nelle giornate
di terribile calura di Luglio o Agosto, verso il mezzogiorno, chiamava qualcuno
di noi ragazzi “ limitrofi “ (io, oppure
Alberico Bonica, oppure Umberto Barile, oppure uno dei ragazzi Natoli) e ci
donava un boccale di ghiaccio.-
Erano dei cubettoni poco più piccoli di un
pacchetto di sigarette, fatti con acqua piovana “” d’a isterna pì viviri “ e
dunque potevano essere messi direttamente nel boccale dove c’era l’acqua da
bere.
E Lui, visibilmente compiaciuto ma sempre
disponibilissimo, ci faceva assistere a
quello che a me appariva come un miracolo, un’incredibile magia, …
Questa macchinetta che Lui caricava con acqua e
poche gocce di un altro liquido (forse dell’ammoniaca) che per circa 20 minuti emetteva un ticchettio
simile a quello di un orologio, ma molto più forte ed accelerato, e poi, improvvisamente,
…. da una canalina aperta verso l’esterno, … “ vomitava “ questi cubettoni
bianchi, luccicanti, ben squadrati , che saltellavano nel recipiente
sottostante ….
A me
sembrava un miracolo, perché a quel tempo il ghiaccio arrivava da Milazzo, con la nave, in lastre da 20 kg. avvolte in
uno o in due sacchi di juta spessi, per
mantenerne al massimo la durata, ed era sporco, con delle impurità visibili
ad occhio nudo, …
E se veniva
usato per raffreddare, bisognava metterlo
in un recipiente che ne raffreddava un
altro …..
In tutto questo, il sig. Spinella assumeva la
figura del generoso donatore, oppure del mago buono, del grande sacerdote che elargiva benefici a chi gli stava intorno, ……
Fino agli anni della guerra la sua pensione in
dollari consentiva al sig. Spinella di
vivere molto agiatamente e di condurre (stavo per dire ostentare) un tenore di vita superiore ai migliori standard dell’isola.-
Aveva anche costruito una casa a Vulcano dove
andava per i fanghi e dove restava per almeno due mesi all’anno.-
Fu anche coinvolto in una pseudo-avventura
industriale, nel senso che comprò un terreno pomicifero, costruì un fabbricato
ed avviò una improbabile produzione nell’area di Pietraliscia.-
Ritengo che si tratti della prima e basilare
cellula di quello che poi divenne, molto più ampio ed articolato, lo
stabilimento F. La Cava.-
La guerra cambiò radicalmente la situazione.-
Prima
determinò l’interruzione del pagamento della pensione, perché lo stato
di belligeranza aveva tagliato tutti i rapporti tra i due paesi , e quindi la
sua famiglia si trovò ad affrontare alcuni anni con le spese di sempre ( tante)
e senza nessun introito .-
Tentarono di
compensare questo terribile stravolgimento del quotidiano vendendo tutto quello che potevano.-
Dopo la guerra, quando incassò anche gli arretrati
della pensione, si trovò a fare i conti con un cambio lira-dollaro molto meno
vantaggioso ma, soprattutto, dovette confrontarsi con un’inflazione a due cifre
che, mese dopo mese, con una progressione devastante, rendeva la sua pensione
un’autentica miseria.-
Non credo di esagerare, ma negli anni ‘44/45 la
famiglia Spinella toccò soglie di quasi povertà.-
Fu questo il
motivo che lo spinse a ritornare negli
Stati Uniti dove aveva altri parenti benestanti che gli garantirono un supporto
sufficiente per affrontare dignitosamente
i suoi ultimi anni.-
Non ho memoria molto precisa di quando tornò in
America.- Ritengo di poter collocare
questo accadimento nell’anno 1946 : ho certezza documentata che già nell’anno 1947 la sua casa di Canneto
era occupata dalle Suore Francescane.-
Il Sig. Spinella morì in Brooklyn nel Luglio del
1953.-
Negli USA lo sostenne in maniera
più particolare un cognato di nome Giuseppe Ficarra, che io ho conosciuto e che
ricordo come uomo giusto e probo, molto
religioso e dotato di un senso altissimo dell’amicizia.-
Negli anni 45/46, appena ripartito per gli Stati Uniti,
vendette tutti i mobili della casa di Canneto, alcuni di autentico pregio, comprese
tutte le stoviglie ed il vasellame : tra questi, un pregevolissimo,
costosissimo ed opulento servizio di piatti decorato in oro zecchino, opera di
una prestigiosa e rinomata casa palermitana.-
La casa venne
ceduta in locazione alle Suore Francescane che la abitavano e vi
tenevano affollati corsi di cucito e ricamo per uno stuolo di ragazze di
Canneto.-
Però, siccome negli ultimi 25 anni, nessuno aveva speso un solo centesimo per
lavori di manutenzione, la casa
denunciava tutta la sua età e la sua stanchezza.-
E le Suore dovettero lasciarla per motivi di
sicurezza.-
Malgrado ciò la casa venne ancora locata ad un
patronato (credo le ACLI) che riuscì ad utilizzare i pochi vani rimasti agibili
per i propri uffici.-
Ma anche questa locazione durò ben poco perché
l’immobile aveva perduto anche gli ultimi barlumi di sicurezza : i tetti erano pericolosamente cadenti ed i
pavimenti, avvallati, minacciavano
anch’essi il crollo.-
Al momento
della morte del sig. Spinella, avvenuta nel Luglio del 1953 a Brooklyn N.Y., la casa venne ereditata dalla moglie Nunziata Spinella fu Cristoforo (nata a
Canneto il 02 settembre 1892) la figlia Antonietta Spinella (nata a Brooklyn il 12 marzo 1914) ed il
figlio Guido Spinella (nato a Canneto il 15 settembre 1931).-
Nel Settembre 1965 la casa era praticamente ridotta
a rudere, con tutti i tetti caduti e,
all’interno, erano pure cresciuti i
rovi.-
La casa venne acquistata da me nel Settembre 1965
attraverso il procuratore sig. Ficarra.-
La ristrutturazione-ricostruzione avvenne negli
anni tra l’inizio del 1966 e la tarda
estate del 1968, praticamente in tre anni.-
Per vicissitudini di Famiglia, la casa, ancorché
sostanzialmente terminata e dotata di tutti i servizi, rimase disabitata ancora tutto il 1979 e
venne abitata stabilmente dal Luglio 1970.-
Nella fase di ristrutturazione dovettero essere
rispettate alcune condizioni che la confusa e spesso balorda normativa regionale
di quegli anni imponeva.-
Poiché nei confronti della costruzione limitrofa
dei Signori Bonica non c’erano le distanze dettate dalle norme antisismiche, si
dovette mantenere molto dell’esistente,
pena l’impossibilità di ricostruirlo.-
E, quindi, vennero mantenuti i muri perimetrali
(mattoni rossi) e l’altezza totale del
fabbricato, con l’assurda imposizione di rispettare la quota del pavimento del
primo piano, con la conseguenza
che i soffitti del piano terra non
raggiungono i mt. 2,50 mentre quelli del
primo piano superano quota mt. 3,60.-
La terrazza anteriore, con scala monumentale, dovette esedre demolita e sostituita con una laterale nord.-
Dopo il terremoto del 1978, la casa venne
rinforzata con dei bastioni laterali
(brutti a vedersi, ma concretamente efficienti) che abbracciano i muri
perimetrali, e con l’aggiunta di un
corridoio-terrazzino sui ¾
della sua estensione nord.-