Riceviamo e pubblichiamo:
Gli avv.ti Alfio
Chirafisi ed Angelo Bonfiglio inoltrano la presente al fine di chiarire la
portata dell’articolo pubblicato sul quotidiano “Gazzetta del Sud”, in data
08.12.2017 (pag. 33, titolo “Il business dei ruderi alle Eolie”), in quanto,
nonostante si riferisca al reale dispositivo esitato dal Tribunale, si ritiene fuorviante, per il modo in cui
sono stati riportati i fatti dell’intera vicenda, innestando, nel lettore, la convinzione
che siano stati accertati fatti di falsità, relativi a delle procure rilasciate
da soggetti residenti in Australia.
Infatti, il riferimento
agli atti di indagine, ed al provvedimento giudiziario emesso, induce il
lettore a ritenere che la condanna sia intervenuta a causa dell’esistenza di
false procure a vendere. Tale dato, tuttavia, ha ricevuto una secca smentita a
livello processuale, stante il mancato accertamento della falsità delle
suddette procure. Anzi, in fase dibattimentale, sono emersi elementi che hanno fatto propendere per l’assoluta
autenticità dei suddetti atti. Accertamento da cui è discesa l’assoluzione
dalla contestazione più grave, ovverosia quella relativa al reato associativo. L’unica
condanna riportata è stata inflitta unicamente per un fatto diverso, che nulla
ha a che vedere con l’ esistenza di procure false, che - si intende ribadire
- è stata negativamente accertata in sede processuale. (capo n.13
dell’imputazione).
La presente nota, con finalità, evidentemente,
chiarificatorie, viene divulgata nell’interesse degli assistiti e a garanzia
della correttezza della pubblica informazione. Pertanto, la difesa sopra citata
chiede che venga pubblicata la seguente rettifica, che riassume, più
correttamente, il reale excursus processuale.
In
data 06.12.2017, il Tribunale in composizione collegiale di Messina, presieduto
dal dott. Samperi , ha assolto Triolo Stefano, difeso dall’avv. Alfio
Chirafisi, del foro di Barcellona P.G., ed accusato di essere a capo di un’associazione a
delinquere finalizzata a compiere un numero imprecisato di truffe , relativa
alla vendita di quasi una ventina di immobili, situati alle Isole Eolie,
all’insaputa dei legittimi proprietari, mediante delle false procure a vendere,
da cui discendeva anche la contestazione di ulteriori 11 reati-fine (singole
ipotesi di truffa). Operazione soprannominata “Ruderi d’oro”, proprio per gli
ingentissimi guadagni, che sfioravano il milione di euro, derivati dalle
condotte contestate. Per tale motivo , la notizia aveva suscitato grande
clamore mediatico. Era stata, infatti, divulgata anche dai TG e dalla stampa
nazionale, e per cui il PM aveva chiesto una condanna alla pena di anni 6 e
mesi 8 di reclusione.
L’assoluzione
più importante, dunque, è quella relativa , proprio, al reato associativo, che
aveva visto il Triolo imputato quale capo, ed
esponente di spicco, di una fantomatica associazione, in realtà, mai
esistita. Dall’accertamento dell’innocenza del Triolo e dalla ritenuta liceità
del suo operato (relativamente alle procure sopra citate), sono, dunque, discese le assoluzioni per gli
altri soggetti, accusati di far parte della consorteria, che, tra l’altro,
nessuna puntuale conoscenza di tale operato potevano avere: Cincotta Maria
Bernadette, rappresentata in giudizio dall’avv. Angelo Bonfiglio, del foro di
Messina; Mathlouthi Samira, difesa d’ufficio dall’avv. Angelo Bonfiglio;
Taranto Rutilio.
Il
tutto, dunque, si è risolto in un errore di valutazione, in cui sono incorsi
gli inquirenti, che avevano dato credito a dei testimoni evidentemente
riconosciuti non credibili dal Collegio giudicante, e smentiti dalle emergenze
processuali.
Soddisfatta solo parzialmente la difesa del
Triolo, poiché, nonostante la piena assoluzione nel merito, per il reato più
grave (fondata, evidentemente, sulla ritenuta autenticità delle procure
contestate), è stata pronunciata sentenza di prescrizione per altre ipotesi
che, invece, erano altrettanto infondate nel merito, poiché trovavano il loro presupposto
di illiceità proprio nella falsità delle procure. Unica condanna inflitta,
invece, a carico di Calarese Filippo e Mathlouthi Samira, per una condotta di
truffa, non collegata alle altre imputazioni, di cui è stato ritenuto colpevole
anche il Triolo, solo per aver acquistato, e pagato, l’immobile oggetto della
contestazione, assolutamente slegata da falsità di procure e fondata, invece,
sulla dichiarazione del venditore di essere proprietario del bene, per possesso
ultraventennale. Anche per tale capo di imputazione, tuttavia, la difesa di Triolo si dice tranquilla e certa di un esito
favorevole in grado di appello, giusta l’impossibilità, per il Triolo, di verificare l’autenticità
della dichiarazione del venditore, a causa della incertezza dei dati contenuti
nei pubblici registri. A tal fine, si evidenzia che anche le costituite parti
civili non risultavano essere titolari dei beni ,dall’interrogazione dei
pubblici registri, ma che, come il Calarese, hanno sostenuto di essere
proprietari in base al mero possesso.
In
conclusione, si ribadisce che nessuna falsità di procure di soggetti residenti
in Australia è stata accertata in dibattimento. Tuttavia, si attende il
deposito delle motivazioni della sentenza per ulteriori chiarimenti.
Tanto
si doveva a fini di chiarezza.