Gentile Ingegnere,
certi amici eoliani – che, in forza di una licenza statale, esercitano da decenni l’attività venatoria mi hanno segnalato la Sua pregiata, pubblicata su di un rispettabile notiziario web chiedendomi di chiarire alcuni dubbi insorti a seguito della lettura del Suo scritto. Accogliendo (peraltro di buon grado) il Suo invito a replicare alle opinioni da Lei espresse, Le dico subito che Lei ha ragione allorché afferma che nelle Sue valutazioni “ ci deve essere qualche errore”.
Si tratta, chiaramente, di errori commessi in buona fede da chi non ha una formazione giuridica, ma che non possono non apparire evidenti anche al meno accorto degli operatori del diritto. Passo dunque, di seguito, alla dettagliata replica che Lei attende, confidando di riuscire a dimostrarLe l’erroneità di certi Suoi ragionamenti.
1) La materia del diritto “venatorio” può intanto definirsi “multidisciplinare”, giacché la semplice regolamentazione della caccia non può prescindere dalla sovrapposizione e dal coordinamento di numerose norme regolamentari e legislative regionali, statali e comunitarie, che abbracciano, inevitabilmente, anche la legislazione ambientale, con cui quella venatoria è intimamente connessa. Le dico subito, però, che il D.D.G. dell’ARTA (Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente della Regione Sicilia) non contiene la disciplina dell’attività venatoria, né può intervenire nella materia, salvo che per gli aspetti di cui Le dirò subito infra.
Invero, la L.R. 33/1997 (legge regionale sulla caccia, materia per la quale la Sicilia conserva potestà legislativa esclusiva), peraltro in attuazione e specificazione della legge quadro statale (L. 157/1992), attribuisce all’Assessore all’Agricoltura il compito di normare, nell’ambito dei principi della legge quadro, l’attività venatoria in Sicilia. Solo l’Assessore all’Agricoltura può insomma stabilire quando e dove si può andare a caccia nel rispetto dei limiti generali della L. 157/1992 e della normativa comunitaria. L’Assessorato al Territorio ed all’Ambiente ha viceversa competenza in materia di valutazione di incidenza ambientale per ogni piano o progetto (ivi inclusa la pianificazione e regolamentazione venatoria) suscettibile di esercitare ripercussioni sui Siti della Rete Natura 2000.
Compito dell’ARTA è quindi nella specie quello di esprimere la suddetta valutazione, con le modalità di cui al D.P.R. 357/1997, in relazione agli effetti che l’attività venatoria può esercitare sui Siti Natura 2000; di tale valutazione l’Assessore all’Agricoltura dovrà tenere conto nell’emanare la regolamentazione dell’attività venatoria, che si definisce “Calendario Venatorio” e che troverà pubblicato sulla G.U.R.S. di venerdì 26/8 u.s..
Il presunto divieto di caccia nelle ZPS e nei SIC (o, peggio, nei buffer circostanti) non può nascere, quindi, da un D.D.G. dell’ARTA, anche perché l’attività venatoria è consentita (al pari di altre attività umane) all’interno della Rete Natura 2000, previa opportuna valutazione di incidenza (sito per sito) e con l’applicazione delle misure di conservazione di cui al D.P.R. 357/1997, mentre, per le zone limitrofe circostanti, analoghe misure di protezione possono (ma non debbono) essere adottate (in applicazione dell’art. 1, comma 5 bis, L. 157/1992) qualora ciò non comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2) Contrariamente a quanto Lei afferma, l’attività venatoria nei Siti della Rete Natura 2000 non può costituire illecito penale, quand’anche essa sia esercitata in difformità rispetto ai criteri minimi uniformi o alle misure di conservazione dettate dall’Amministrazione regionale. La pronunzia del Consiglio di Stato cui Lei fa riferimento nella parte centrale del Suo scritto risale al 2006 ed è stata resa in un contesto normativo assai diverso da quello attuale. Effettivamente, il Comitato delle Aree Protette (organo ormai soppresso e sostituito dalla Conferenza Permanente per i rapporti Stato-Regioni), con propria delibera del 2/12/1996 aveva equiparato il regime di protezione di Sic e Zps alle aree protette dalla Legge Quadro sui Parchi (L. 394/1991).
Tuttavia, tale delibera è stata annullata con D.M. del Ministero dell’Ambiente del 25/03/2005, avverso il quale è stato proposto ricorso al TAR Lazio, che ne ha disposto la sospensione; successivamente, con D.M. 17/10/2007, lo stesso Ministero dell’Ambiente ha chiarito quale fosse il regime di protezione applicabile a tali zone, dettando i c.d. criteri minimi uniformi, che prevedono anche l’esercizio dell’attività venatoria; indi, la delibera dell’ormai soppresso Comitato è stata modificata con deliberazione adottata ai sensi dell’art. 2, comma 8, lettera c) D.Lgs. 281/1997 in data 26/03/2008 ad opera della conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome; infine, il TAR Lazio, sez. II bis, con sentenza n° 745/2009, ha dichiarato improcedibile il ricorso promosso avverso il D.M. Ministero dell’Ambiente del 25/03/2005, che aveva annullato la medesima deliberazione del Comitato per le Aree Protette del 2/12/199.
Pertanto, a seguito della reviviscenza del provvedimento ministeriale abrogativo e delle modifiche normative medio tempore intervenute, non esiste nel nostro sistema giuridico alcuna norma che equipari il regime di tutela di SIC e ZPS a quello dei parchi e delle riserve naturali di cui alla L. 394/1991. Conseguentemente, all’esercizio venatorio nelle ZPS e nei SIC non è applicabile il sistema sanzionatorio penale di cui alla Legge quadro sui parchi. Mi permetto sommessamente di ricordare l’esistenza di un principio di riserva di legge statale in materia penale, nonché l’assoluto divieto di interpretazione analogica delle disposizioni incriminatrici: nullum crimen sine lege. Si tratta di una conquista dello Stato civile, che impedisce l’estensione discrezionale della portata delle norme penali e consente ai cittadini di avere esatta percezione delle conseguenze del loro operato.
Si renderebbe invece applicabile il sistema sanzionatorio di natura amministrativa previsto dalla L.R. Sicilia 33/1997.
3) Non mi rimane che di rimarcare, a tale ultimo proposito, il chiaro tenore dell’art. 21, comma III, della L.R. n. 33/1997, secondo il quale “tutte le zone comunque sottratte all'esercizio venatorio devono essere delimitate da apposite tabellazioni, da installare a cura delle ripartizioni faunistico-venatorie, dei soggetti indicati negli articoli 24, 25 e 38, degli altri enti pubblici e privati che sono preposti alla vigilanza delle zone sottratte all'esercizio venatorio” ed osservare che, a delimitazione delle zone ZPS e SIC, non esiste alcuna tabella. I confini delle zone SIC e ZPS non risultano adeguatamente segnalati, essendo anzi rappresentati in mappe ad alta scala di riduzione, reperibili con grande difficoltà solo sul sito internet dell’Assessorato al Territorio ed Ambiente.
Pertanto, anche in applicazione del generale principio di colpevolezza in tema di illecito amministrativo, sancito dall’art. 3 L. 689/1981, l’attività venatoria esercitata nei Sic e nelle Zps in contrasto con le misure di conservazione, intanto potrebbe essere sanzionata amministrativamente in quanto l’area sia agevolmente individuabile dal cacciatore o comunque sia da quegli negligentemente ignorata. Peraltro, in virtù del venir meno dell’equiparazione delle predette zone alle aree protette dalla Legge sui Parchi, non può neppure applicarsi la presunzione di conoscenza colà prevista a seguito della semplice pubblicazione delle cartografie.
4) Contrariamente a quanto Lei sostiene, i tutori della legge e gli Amministratori conoscono benissimo i confini di liceità dell’attività venatoria e vigilano costantemente sulla corretta attuazione delle norme che la regolamentano. Il Calendario Venatorio, specie per ciò che concerne le Isole minori, è il risultato di un lungo confronto, nell’assoluto rispetto delle procedure, tra le Amministrazioni locali, le Ripartizioni Faunistiche ed il Governo regionale e non certo di un’estemporanea valutazione di una cartografia.
5) Concludo quindi col suggerirLe una maggiore prudenza, evitando di attribuire efficacia di legge a Sue personali convinzioni, la cui diffusione potrebbe oltretutto ingenerare equivoci e disguidi di cui Lei soltanto, a questo punto, potrebbe essere ritenuto responsabile. Le Associazioni ambientaliste dispongono della consulenza di abilissimi e stimati legali, alla cui onestà intellettuale potrà rimettere ogni valutazione sulla fondatezza delle Sue riflessioni.
Avv. Nunziello Anastasi