1. Il Comune di Lipari ha chiesto l'annullamento del decreto del 2.12.2011, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 1 del 2012, con cui la Regione ha provveduto al "Riordino e razionalizzazione della rete dei punti nascita", nella parte in cui non prevede il punto nascita di I livello presso l'Ospedale di Lipari.
Premettendo come, con l'impugnato decreto, l'intera rete sia stata organizzata in strutture di I e di II livello, per ogni ambito provinciale, e come nella provincia di Messina siano stati previsti due punti nascita di II livello (Ospedali Papardo/Piemonte e Azienda ospedaliera universitaria policlinico) e quattro di I livello (Patti, Milazzo, Sant'Agata e Taormina), ha contestato la mancata previsione di un punto nascita sull'isola di Lipari e la conseguente disattivazione di quello sinora esistente presso il quale, all'indomani del decreto, non sarebbe più possibile programmare il parto.
Ciò posto, rivendicando la propria legittimazione ad agire quale ente esponenziale della comunità locale, ha dedotto la violazione dell'art. 3, co. 14, del d.lgs. 502/1992, lamentando il mancato coinvolgimento del comune nella nuova programmazione; la violazione dell'art. 32 Cost. e l'eccesso di potere sotto vari profili, sul fondamentale rilievo che il decreto impugnato sarebbe in contrasto con il Piano sanitario regionale 2011/2013, poiché non terrebbe conto della necessità di mantenere i punti nascita nelle zone disagiate, anche laddove non si raggiunga la soglia minima dei 500 parti all'anno.
Il decreto sarebbe inoltre anche contraddittorio, nella parte in cui richiama il Piano nazionale isole minori, all'esame del Ministero della Salute, riservandosi eventuale modifiche a seguito delle determinazioni che con esso saranno adottate.
Infine ha contestato anche le modalità attuative del decreto impugnato, criticando l'immediata disattivazione del punto nascita di Lipari, al di fuori di un apposito piano di riconversione.
2. Il Tar, con sentenza redatta in forma semplificata n. 721/2012, ha accolto il ricorso, essenzialmente quanto al dedotto difetto di motivazione del decreto impugnato a fronte di un Piano Sanitario Regionale che prevederebbe il mantenimento delle strutture ospedaliere presenti nelle isole minori, in particolare dei punti di nascita, per i casi di minore complessità, limitando la disattivazione alle sole gravidanze a rischio; e che, inoltre, prevederebbe il mantenimento in ogni caso dei punti nascita situati in zone disagiate.
3. Avverso la sentenza l'Assessorato regionale ha proposto il presente appello, deducendone l'erroneità sotto due profili.
3.1. Per un verso, con il primo motivo di appello, è dedotta l'inammissibilità del ricorso di primo grado in ragione della mancata impugnazione, a suo tempo, del decreto 25.5.2010 n. 1374 con cui, in attuazione del Piano di rientro concordato con lo Stato, si era proceduto alla distribuzione dei posti letto all'interno di ciascun presidio e sarebbe stata operata, sin da allora, la scelta di fondo di non prevedere più un punto nascita nell'isola di Lipari, scelta semplicemente confermata con l'impugnato decreto del 2011.
3.2. Per altro verso, con il secondo motivo di appello, è escluso qualunque contrasto tra il decreto impugnato e il Piano sanitario regionale 2011-2013, sottolineando come il giudice di primo grado avrebbe erroneamente identificato i "percorsi nascita" con i "punti nascita", e che le eccezioni individuate nel Piano sanitario andrebbero più correttamente riferite ai "percorsi nascita".
3.3. Si evidenzia, inoltre, come la chiusura del punto nascita dell'isola di Lipari abbia riguardo ai soli parti programmati, non certo a quelli cd. precipitosi, che resterebbero possibili, in caso di urgenza e di necessità, grazie alla presenza in pianta stabile sull'isola di tre ginecologi e sei ostetrici.
3.4. Ha proposto appello incidentale l'Azienda sanitaria provinciale di Messina, escludendo il contrasto tra il decreto del 2011 e il Piano sanitario regionale, rimarcando come negli ultimi anni il numero dei parti avvenuti sull'isola fosse comunque in forte riduzione e come tale numero non assicurasse più i necessari standard di qualità e di sicurezza.
3.5. Si è costituito in appello il Comune di Lipari, replicando con articolato controricorso e riproponendo, ai sensi dell'art. 101 c.p.a., i motivi assorbiti dal Tar nel giudizio di primo grado.
3.6. Sono intervenuti ad opponendum un numero cospicuo di abitanti dell'isola di Lipari, chiedendo la reiezione dell'appello e la conferma della sentenza di primo grado.
3.7. Nella camera di consiglio dell'11.7.2012 il Consiglio ha accolto la domanda cautelare di sospensione dell'esecuzione della sentenza, ravvisando il fumus boni iuris quanto al primo motivo di appello proposto.
3.8. Disposta una duplice istruttoria, con ordinanze del 14.1.2013 e del 4.2.2014, all'udienza pubblica del 4.2.2015 la causa è passata in decisione.
4. L'appello è fondato e va accolto, per le seguenti ragioni.
4.1. Deve in primo luogo ribadirsi quanto già a suo tempo delibato in sede cautelare (con l'ordinanza n. 392/2012), in ordine alla fondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso originario proposto dal Comune di Lipari, sollevata dalla Regione sul fondamentale rilievo che la soppressione del punto nascita sull'isola fosse stata già decisa con il Decreto n. 1374 del 25.5.2010, recante il piano di riordino della rete ospedaliera (in attuazione del "Patto per la salute" 2010-2012), avverso il quale il Comune non aveva proposto alcuna impugnazione nei termini di legge. Decisione di cui il decreto 2.12.2011, impugnato in questa sede, costituisce, per la parte che qui rileva, una mera conferma.
4.2. A prescindere da tale rilievo processuale, già da solo comunque in grado di determinare l'accoglimento dell'appello, nel merito della controversia- come già evidenziato in narrativa- si discute sulla legittimità della scelta della Regione di procedere ad una razionalizzazione della rete dei punti nascita che, per quanto concerne gli abitanti del Comune di Lipari, comporterà, d'ora in avanti, l'impossibilità di programmare i propri parti sull'isola e quindi, di conseguenza, di farvi nascere i propri figli.
Tale decisione - che non preclude l'assistenza medica sull'isola durante il periodo della gravidanza (il cd. percorso nascita) e comunque la possibilità di (continuare a) partorirvi nei casi di urgenza e di necessità – è giustificata soprattutto sul presupposto che, per garantire adeguati standard di qualità e sicurezza, non debbano (più) prevedersi punti nascita con numero di parti inferiori a 1000 all'anno. E' fatta salva la possibilità di mantenere punti nascita con un numero di parti non inferiore a 500, in presenza di determinate condizioni, mentre è tassativamente escluso il mantenimento di punti nascita al di sotto di tale numero, disponendone la "disattivazione".
4.3. Se questo è in sintesi il contenuto del decreto qui impugnato, la difesa del Comune ne ha prospettato il contrasto con il Piano della salute, nella parte in cui (cfr. punto 9.2.1. di p. 118) questo secondo atto programmatorio ha previsto la possibilità di mantenere punti nascita anche con un numero di parti inferiore a 500 all'anno in quei territori che, per tutta una serie di caratteristiche (che certamente l'isola di Lipari possiede), costituiscano "zona montana e/o disagiata e/o con notevole distanza dalle strutture di riferimento ostetrico/ginecologiche di livello superiore più vicine".
4.4. Ciò posto, reputa il Collegio che questo contrasto, tra il piano dei punti nascita e il piano della salute, accertato dal Tar e posto a fondamento del suo accoglimento, in realtà non sussista, quanto meno nel caso di specie.
Deve muoversi dalla premessa, innanzi tutto, che il Piano della salute contiene ed esprime delle linea direttrici di fondo, cui dovranno ispirarsi i successivi atti di recepimento e di concreta attuazione, e che, in questo caso, la direttiva di consentire – peraltro sembrerebbe solamente in una prima fase, ma non a regime – il mantenimento dei punti nascita con numero di parti inferiore a 500 non indicava la soglia minima, entro la quale far valere l'eccezione alla regola, altrimenti affermata molto chiaramente, della disattivazione dei punti nascita con meno di 500 parti.
E' evidente allora che la concreta individuazione di questa soglia minima fosse rimessa al prudente apprezzamento degli esecutori della direttiva, in una misura che, sebbene non determinabile aprioristicamente e prescindendo dal particolare contesto locale, comunque avrebbe dovuto salvaguardare elementari canoni di sicurezza e di qualità.
Con particolare riferimento all'ospedale di Lipari, risulta dai dati forniti dall'Azienda sanitaria di Messina (non contestati dal Comune) che i parti avvenuti sull'isola negli ultimi anni siano stati 52 nel 2009, 60 nel 2010, 31 nel 2011, 60 nel 2012.
Ebbene, anche concedendo che questa statistica possa essere stata in parte influenzata dalle vicende del presente giudizio, come parrebbe dimostrare la leggera ripresa di parti registratasi nel corso del 2012 all'indomani della sentenza del Tar, è tuttavia innegabile che nel 2009, ben prima quindi della programmata disattivazione, le nascite sull'isola fossero state appena 52.
Un dato obiettivamente molto basso, a fronte del quale è prudente e ragionevole interrogarsi sulla effettiva funzionalità del punto nascita, tanto più se messo a confronto con i presidi ospedalieri più grandi nei quali le risorse e le esperienze professionali a disposizione sono sicuramente di gran lunga maggiori, a garanzia tanto della partoriente quanto dei nascituri.
Il tutto senza neppure considerare ragioni di economia di scala e di razionalizzazione della spesa sanitaria che, per quanto non sottolineate negli atti della Regione (ma stigmatizzate invece dalla difesa comunale), è intuibile che siano tra le (con)cause alla base del riordino della rete, ospedaliera in generale, dei punti nascita in particolare.
4.5. Il nesso tra la razionalizzazione dei punti nascita e l'offerta di un servizio migliore, in termini di garanzia e di sicurezza, merita una precisazione, anche al cospetto dell'intervento ad opponendum di una parte comunque significativa della comunità locale.
4.5.1. Il Collegio è consapevole di come, in astratto, il diritto alla salute degli abitanti del Comune di Lipari possa essere declinato anche in relazione alla scelta del luogo di cura e di assistenza, e di come questo aspetto si saldi, in relazione all'evento del parto, con una componente identitaria ed esistenziale della popolazione, di cui è del tutto comprensibile l'aspirazione a vedere i propri figli nati sull'Isola di Lipari e il disagio, personale e familiare, che può accompagnarsi alla programmazione del parto necessariamente in un posto diverso.
4.5.2. Queste componenti - che in un discorso più generale sono destinate, in misura di volta in volta variabile, ad entrare in tensione con il processo di riordino dei servizi e degli uffici pubblici dislocati sul territorio al quale da alcuni anni assistiamo, e che in altri ambiti, facendo leva sulla nozione di servizio universale, hanno trovato un loro riconoscimento nella giurisprudenza più recente (v., ad esempio, Cons. St., III, n. 2881/2014) - in questo caso devono ritenersi tuttavia recessive.
4.5.3. Ciò per la ragione, già evidenziata, che in favore della decisione assunta dalla regione non militano solamente intuibili ragioni economiche, che comunque andrebbero pur sempre bilanciate e comparate con altri beni costituzionalmente protetti, ma anche - ed anzi (deve ritenersi) soprattutto - motivi legati alla sicurezza e alle garanzie del parto (quindi al fondamentale diritto alla salute della madre e dei figli), che, sulla base di studi e approfondimenti tecnico-scientifici che sono dati in premessa come del tutto notori a fondamento della nuova programmazione (v. memoria dell'Azienda sanitaria del 19.10.2012, a p. 8), indicano come del tutto consigliabile la razionalizzazione e l'accentramento dei punti nascita.
5. Sicché, per quanto sin qui evidenziato, non solo non si ravvisa alcun elemento di effettivo contrasto o di contraddizione tra il decreto qui impugnato e il piano del 2010, ma la scelta operata dalla regione si dimostra, nelle condizioni date, del tutto ragionevole e immune da vizi logici.
6. Il che non toglie che, al mutare delle condizioni date, ossia potenziandosi le strutture sanitarie esistenti sull'isola e quindi contemperando le aspirazione dei residenti sull'isola con le esigenze di sicurezza, la scelta possa essere riveduta, sulla scorta della proposta, riferita più in generale alla situazione che accomuna tutte le isole minori, attualmente in discussione tra alcune regioni (e di cui la Sicilia è capofila) e i competenti ministeri (cfr. nota dell'Assessorato della salute del 23.5.2014), ma si tratta appunto di una prospettiva futura, che presuppone una valutazione di merito, e che esula dal presente giudizio.
7. In conclusione, quindi l'appello della Regione è fondato e deve essere accolto, come anche l'appello incidentale dell'Azienda sanitaria di Messina, il che comporta la riforma della sentenza impugnata.
8. Sono infondati e da respingere gli ulteriori due motivi, assorbiti dal Tar e riproposti in appello dal Comune, ai sensi dell'art. 101 c.p.a.
8.1. Da un lato, la natura confermativa del decreto del 2011, rispetto a quello del 2010, rende irrilevante il mancato coinvolgimento del Comune nella sua adozione; dall'altro, le modalità di concreta esecuzione del decreto qui impugnato, quanto alla disattivazione del punto nascita, non condizionano la legittimità a monte; fermo restando che l'andamento della vicenda processuale ha comunque ritardato, negli effetti, la chiusura del punto nascita e quindi, da questo punto di vista, ha comportato il recupero di quella gradualità che in tesi non sarebbe stata assicurata.
9. Ne consegue, quale effetto finale complessivo, l'integrale reiezione del ricorso di primo grado.
10. La particolare natura della controversia, la novità delle questioni affrontate, sono tutti elementi che giustificano la compensazione delle spese del giudizio tra tutte le parti. P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, così provvede:
1) accoglie l'appello principale e quello incidentale;
2) respinge i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal Tar e qui riproposti ai sensi dell'art. 101 c.p.a.;
3) per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge integralmente il ricorso di primo grado proposto dal Comune di Lipari;
Compensa le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente Ermanno de Francisco, Consigliere Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore Alessandro Corbino, Consigliere Giuseppe Barone, Consigliere