(a cura di Peppe Cirino) Negli anni offuscata dalla
battaglia del Piave avvenuta pochi giorni dopo il 10 giugno 1918, l’impresa di
Premuda compiuta dal comandante Luigi Rizzo e dal comandante Giuseppe Aonzo e
dai loro equipaggi, rispettivamente al comando dei MAS 15 e 21, rappresenta
forse la più grande vittoria della nostra Marina Militare nel 1° Conflitto
Mondiale. La magistrale azione compiuta dai due MAS costituisce ancora oggi
materia di studio presente nei manuali delle Marine di tutto il Mondo.
Partiti dalla base di Ancona nel
pomeriggio del 9 giugno 1918, gli equipaggi al comando di Rizzo e Aonzo,
dirigono al largo dell’isola di Premuda per una missione di pattugliamento e di
avvistamento di sistemi difensivi anti Torpediniere.
Terminata la propria missione i
due Mas stazionano tra Guiza e Banco di Selve in attesa di ricongiungersi a
gruppi di torpediniere d’appoggio, quando alle ore 2:00 Rizzo scorge in
lontananza il fumo prodotto da un imponente convoglio navale austriaco nel
quale si scorgono le sagome di due corazzate, la Szent István (Santo Stefano) e la Tegetthoff, pronte a
congiungersi ad un secondo convoglio di cui fanno parte altre due grandi unità,
la Viribus e la Prinz Eugen, per puntare insieme verso il canale d’Otranto nel
tentativo di forzare il blocco navale imposto dalla Marina Italiana e
Britannica. I due piccoli MAS approfittando
della poca luce si infiltrano a bassa velocità nello schieramento nemico. Rizzo aumenta la velocità a 12 nodi passando a meno di 300
metri dalle torpediniere di scorta e con la prora rivolta alla Santo Stefano,
lancia i due siluri in dotazione al piccolo motoscafo centrando in pieno la
fiancata della corazzata sollevando due alte colonne d’acqua. Nel contempo il
MAS 21 forzando il sistema di scorta riesce a lanciare i suoi siluri contro la Tegetthoff da una
distanza di 400 metri circa, uno dei quali fa centro danneggiandola.
La reazione della Torpediniera 76 di scorta al convoglio non si fece
attendere, lanciandosi immediatamente all’inseguimento del MAS 15. Rizzo e Aonzo riescono a
svicolarsi dall’inseguimento ed alle ore 7:00 entrano nel porto di Ancona, la
bandiera issata segnala ai marinai a terra che le due unità hanno colpito.
Dalla base di Ancona partono squadriglie di idrovolanti che al loro
ritorno comunicano al Comando Italiano che le unità Austriache stanno facendo rientrando
ai porti.
Per l’audacia e lo sprezzo del pericolo dimostrato, il Comandante Rizzo
venne insignito della Croce dell’Ordine Militare di Savoia, che venne
convertita in una seconda Medaglia al Valore Militare visti i suoi convinti
ideali repubblicani. Nel dicembre del 1917 Rizzo era già stato insignito di una
prima Medaglia d’Oro al Valore Militare per l’affondamento della corazzata Wien.
La notizia ebbe in patria ed all’estero un eco enorme e contribuì a
sollevare il morale dei fanti che nelle trincee del Grappa e del Piave
combattevano duramente per arrestare l’avanzata austro-tedesca. Da li a qualche
giorno si sarebbe combattuta la Battagli
del Solstizio, dove i ragazzi del 99 scrissero con il sangue una delle pagine
più memorabili della Grande Guerra.
« A te, che osi l'inosato, distruttore di navi nemiche perdutissimo e tranquillo, converrebbe la corona rostrale, di foggia romana, offerta dalla tua gente marina sopra le acque illustrate in perpetuo dalla vittoria di Roma. Ma la tua semplicità non pregia alcun serto più della rozza berretta di marinaio che sola è la tua insegna di Capo quando conduci la prua disperata di là dalla morte e ne torni con la fortuna attonita. Così la tua gente ha battuto per te in medaglia concisa l'oro della corona classica, a esprimere il suo orgoglio e a perpetuare il ricordo dell'evento fulmìneo. Non mancano all'offerta l'assenso e il sorriso di quell'Eroe che saldò per sempre il suo nome al nome della tua città natale col fuoco della sua più bella battaglia, come ferro a ferro. Colui che grandi imprese compiva con piccoli legni, il capitano della goletta di Rio Grande e del lancione di Camacua, il pilota notturno dei Mille, non considera come uno dei suoi credi il figlio della sua Milazzo garibaldina. Certo, figlio, il tuo atto è a noi un baleno di quella medesima folgore. Con animo figliale accogli questo segno d'amore più che d'onore, capitano Luigi Rizzo. Offrendotelo, la tua gente non spezza il conio. Sa che tu non sei intento se non a superare te stesso e il sangue tuo. »