Innanzitutto la domanda: la riduzione di 1.000.000 di euro al finanziamento regionale per il trasferimento dei rifiuti via nave giunge assolutamente inattesa? Di fronte alla reazione del sindaco di S. Marina e coordinatore di ANCIM Sicilia Lo Schiavo, verrebbe da crederci, ma il dimesso silenzio – almeno pubblico – della nostra amministrazione comunale e della maggioranza che la sostiene genera alcuni sospetti. Sarà l’abitudine al taglio, dato che durante gli ultimi quattro anni ci hanno tagliato quasi tutto (trasporti marittimi, forniture idriche, ospedale e, adesso, il comparto rifiuti)? Oppure era ampiamente prevedibile che la Regione, prima o poi, arrivasse a questa risoluzione?
Il sindaco Bruno, durante le elezioni amministrative del 2007, annunciò che i rifiuti sarebbero stati trasferiti via mare; tale soluzione – probabilmente – era inevitabile, poiché sulla discarica di Lami gravava da tempo un obbligo di chiusura e successiva bonifica (quest’ultima, mai attuata). L’intera operazione comportava però un costo annuo di circa 2.200.000 euro, destinati soltanto a coprire il servizio delle navi, ai quali si sommano quasi 800.000 euro per gli ingressi in discarica; solo uno stolto avrebbe potuto credere di avere eterne garanzie sul supporto regionale e, dunque, le uniche strade praticabili erano 1) preparare la cittadinanza a un aumento esorbitante della TARSU, oppure 2) pianificare una concreta razionalizzazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, secondo criteri di economicità e di rispetto verso gli obblighi di legge per i comuni in materia di differenziata. In un primo tempo, è sembrato che si fosse intrapresa la seconda, ma la sensazione di smarrimento che accompagna – oggi – la notizia del taglio (se confermato, si trasformerà in un’autentica sciagura economica per la nostra comunità), dimostra come ci si sia “persi per strada”, e anche abbastanza in fretta.
Come consigliere comunale, devo rilevare la perenne – e imbarazzante – assenza di un confronto su un tema di cruciale importanza, come quello della gestione della differenziata e, in generale, del servizio. In un’interrogazione del 29/11/2010 (che non ha mai ricevuto risposta) ho lamentato il fatto che l’ATO avrebbe dovuto presentare una relazione trimestrale sulla raccolta differenziata, e che il consiglio comunale questi dati non li ha mai visti, né tantomeno discussi. Non si è mai potuto sapere quante compostiere siano state distribuite nel territorio comunale, per abbattere il “peso” dell’organico, né per quale paradossale ragione non siano mai state distribuite a tutti gli esercizi commerciali, per esempio quelli di ristorazione, certamente i principali produttori di questo tipo di rifiuti. Non si è potuto sapere quanto sia effettivamente diminuito il conferimento di rifiuti in discarica, grazie alle (poche? molte?) compostiere distribuite. Non si è mai saputo nulla sul destino, certamente infausto, della “riduzione sul tributo annuale” promesso nel modulo di richiesta dei composter fornito dall’ATO ai privati volenterosi, né sul perché l’ATO e il Comune non abbiano mai concordato tale riduzione e preferito prendere per i fondelli i cittadini (su tale argomento, ricordo un’altra mia interrogazione dell’8/7/2010, anche questa senza concreta risposta). Non si è mai saputo quale fosse la percentuale di “impurità” dei materiali differenziati: aspetto non trascurabile, se pensiamo che in base a questa vengono corrisposti maggiori o minori pagamenti al conferimento, e che la stessa rappresenta il migliore indicatore dell’eventuale riscontro della famosa campagna di comunicazione sviluppata nel 2007 dall’ATO, il cui costo assomma alla non modica cifra di circa 300.000 euro. Non si è mai saputo a quanto ammontasse la raccolta dei R.A.E., la cui normativa entrata in vigore nel gennaio 2010 prevede per le isole minori un corrispettivo versato dal Consorzio Obbligato di 180 euro a tonnellata, né se esiste – e chi lo effettua – un controllo presso i rivenditori, anche allo scopo di diminuire l’annoso problema dell’abbandono di elettrodomestici nel territorio. Si potrebbe continuare a lungo, con le cose che non si sanno sulle modalità e sui risultati di questa differenziata. A questo si aggiunga che non è stata intrapresa nessuna iniziativa, anche se sollecitata da chi scrive con un’interrogazione del 30/7/2011, per la creazione di “isole ecologiche” sul territorio comunale o per l’acquisto di bio-trituratori, che rappresentano soluzioni con le quali risolvere il disagio di chi – e sono tanti – non sa oggi come smaltire i residui vegetali e rischia di vedersi applicata una sanzione penale; secondo la circolare 16924 del 13/5/2011 dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, questi residui sono rifiuti a tutti gli effetti, e vanno dunque a impinguare il volume di quelli da trasferire via mare, a fronte di una contestuale riduzione del finanziamento.
Il problema può apparire fuorviante, ma non lo è. Non lo è affatto, perché differenziare e smaltire in modo più o meno efficace permette – o non permette – di abbattere i costi e di non trovarsi completamente impreparati di fronte a tagli assolutamente prevedibili, contro i quali protesteremo tutti in coro senza – probabilmente – ottenere granché. Un sistema di compostaggio diffuso avrebbe consentito di trattenere sul territorio percentuali elevate (certamente oltre il 50%) di rifiuti organici, e non è poco; il riciclaggio in loco di materiali differenziati come plastica, vetro, carta, trasferibili con i normali mezzi di trasporto, avrebbe ridotto sensibilmente i costi di una nave dedicata. Non si è poi ritenuto di differenziare l’alluminio: questa è un’anomalia nel panorama nazionale, perché si tratta di un materiale di pregio che consentirebbe di recuperare risorse anche minime, ma oggi irrinunciabili. Ma la cosa peggiore è il fatto che la cittadinanza, in larga parte, abbia perso la fiducia nei risultati e, addirittura, nelle stesse modalità con le quali viene gestita la differenziata; non ha ricavato alcun beneficio economico, e spesso nutre il sospetto che “tanto cummogghiano tutte cose”. Ciò significa che un rapporto mutualistico tra cittadino che usufruisce del servizio e istituzione che lo fornisce è totalmente da ricostruire, ma – oggi – su quali basi si dovrebbe ricominciare? Da zero?
In sintesi, credo di avere argomentato – anche abusando della pazienza di chi legge – i motivi per i quali giudico assolutamente fallimentare l’esperienza dell’amministrazione comunale di Lipari e dell’ATO (attualmente in liquidazione) nella gestione degli RSU e nella pianificazione dell’utilizzo delle risorse disponibili. Questa esperienza fallimentare, purtroppo, la pagheremo tutti. La pagherà un’economia locale già penalizzata da una crisi che non vede facili sbocchi all’orizzonte. Ma la pagherà anche un territorio dove, di fronte alla mancanza di risposte da parte dell’amministrazione, il problema delle discariche abusive di rifiuti – che non è mai stato risolto – rischia di aggravarsi ulteriormente.
Pietro Lo Cascio
consigliere comunale di Sinistra Ecologia Libertà