Il
nostro parroco, Mons. Gaetano Sardella, che giorno 29 giugno compie 40 anni di
sacerdozio tutti vissuti nella Chiesa liparese e moltissimi nella Parrocchia di
San Pietro, ha deciso di preparare la comunità parrocchiale a fare l’esperienza
di un nuovo Consiglio pastorale perché quello in carica scadrà il prossimo
ottobre. Per questo ha voluto che si organizzasse questa riflessione sulla
comunione e che si avviasse un cammino comune verso questo importante
obiettivo. A don Gaetano facciamo i migliori auguri perché la sua missione
continui nello spirito di donazione che ha caratterizzato tutto il suo
sacerdozio e che anche questo nuovo obiettivo rappresenti un traguardo di
grazia per tutta la parrocchia. E concludiamo una riflessione - partita da una
teologia di comunione fondata sulla Trinità, sviluppata su una spiritualità di
comunione a partire dalla “Novo Millennio
Ineunte” di Giovanni Paolo II e
quindi su una ecclesiologia di comunione fondata sulla Lumen Gentium la costituzione del Concilio Vaticano II - con alcune considerazioni sul Consiglio
pastorale parrocchiale.
Il
Consiglio pastorale, in questa visione di Chiesa si pone a servizio della
crescita della comunità ecclesiale mediante il
suo modo di essere e di operare, che ha nella dimensione della Comunione la sua vera identità e la sua
ragione di essere. Esso opera nella consapevolezza che,
in virtù dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana, esiste (vige) una vera
uguaglianza di tutti i fedeli nella dignità, nell’agire e nella universale
vocazione alla santità, pur partecipando all’edificazione del Corpo di Cristo
ciascuno secondo la propria specifica vocazione (cfr. Lumen Gentium.32).
Il
Consiglio pastorale, pertanto, è l’espressione dell’unità dei distinti ossia
del fatto che i cristiani e il loro pastore sono dei fratelli uguali in
dignità, diversi quanto a funzioni e solidalmente responsabili della vita e
della missione della Chiesa. Nell’esercizio
di questa responsabilità il Consiglio opera e vive coniugando il principio sinodale e quello gerarchico. E’
quindi finalità generale del Consiglio quella che il Papa Giovanni Paolo
II indica a tutta la Chiesa nella “Novo
Millennio Ineunte”: fare della comunità cristiana “la casa e la scuola
della comunione”, e promuovere nella
stessa comunità cristiana e al proprio
interno la “casa e la scuola della
comunione”, e promuovere nella stessa comunità cristiana e al proprio
interno la “spiritualità della
comunione” (cfr. NMI, n. 43), per
superare le tentazioni che continuamente insidiano e generano competizione e
diffidenza, rivalità,
divisione e gelosie.
La Chiesa verso la quale il Consiglio guarda e che si
impegna a servire e a costruire è una comunità di discepoli,
chiamata e mandata:
è popolo di Dio missionario nella storia e nel territorio, che
assume la comunione e la sinodalità come stile dei rapporti intraecclesiali
e l’Evangelizzazione come impegno di carità verso il territorio e di servizio necessario al Vangelo.
Il Consiglio si pone, perciò, a servizio della Chiesa che
ha nella parrocchia l’espressione della sua presenza e
della sua missione per la vita della
gente. Essa è, infatti, “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi
figli e delle sue figlie” (Christifideles
Laici,
n.26) e “opera profondamente inserita nella società
umana e intimamente solidale con le sue
aspirazioni e i suoi drammi”, diventando “la casa aperta a tutti e al
servizio di tutti” (ChL, n.27).
L’impegno
per una formazione essenziale e di base, necessaria ad ogni laico per vivere da
cristiano le vicende della vita, è servizio indispensabile
perché una parrocchia possa attuare la scelta di una Evangelizzazione aperta e offerta a tutte le persone presenti nel territorio in cui vive e opera la
comunità dei cristiani. Questo impegno
formativo è teso a rendere i laici consapevoli della loro identità e della loro missione, dei contenuti essenziali della fede cristiana, delle
caratteristiche e delle attese del tempo e
delle persone a cui ci si rivolge, ed è richiesto dalla condizione oggettivamente missionaria che stiamo
vivendo.
Altrettanto impegno formativo deve essere rivolto in forme
specifiche, differenziate e progressive, verso
quei laici che sono più coinvolti nella vita della comunità cristiana e che, con
servizi diversi,
la arricchiscono dei loro carismi.
Il Consiglio Pastorale, dunque, non può non assumersi
espressamente e consapevolmente questo compito della formazione, concretizzandolo con iniziative proprie e
assecondando, sostenendo e rendendo operante, per quanto possibile e con la
gradualità necessaria, all’interno
della propria comunità, l’opera di formazione
espressa dalla Chiesa diocesana.
Compito precipuo del
Consiglio è quello di essere luogo di riflessione
comune, di discernimento comunitario e di progettazione pastorale,
ancor prima di essere luogo di decisioni, in modo da vedere e rilevare, valorizzare e dare
operatività a ciò che lo Spirito suscita nella comunità.
Strumento
fondamentale per realizzare questo compito e per perseguire l’unità di azione
basata su criteri oggettivi, è la predisposizione del Progetto pastorale
parrocchiale, che la parrocchia si deve dare alla luce e in continuità con il
Piano pastorale della Diocesi.
Il
Consiglio, quindi, deve incamminarsi, con gradualità, ma anche con la
determinazione possibile, verso l’elaborazione di questo progetto, la cui funzione è quella di:
•
interpretare i bisogni religiosi e umani del
territorio;
•
prevedere e valorizzare la qualità e il numero
dei ministeri opportuni;
•
individuare mete e obiettivi possibili per la
propria azione e privilegiare quelli urgenti;
•
valorizzare tutti i carismi, favorirne la
presenza e coltivarne la crescita, prevenendo ogni forma di soggettivismo, la
dispersione o l’egemonia di persone o di gruppi particolari;
•
mantenere la memoria dei passi già compiuti;
•
disporsi alla revisione-verifica annuale del
cammino fatto.
Il
Consiglio pastorale è consapevole che il “consigliare” nella Chiesa rappresenta
una necessità e costituisce un momento di fondamentale importanza della
partecipazione dei laici alla azione pastorale
della parrocchia in vista del comune discernimento. Sa, quindi, di essere,
come stabilisce il Codice di Diritto Canonico
organo consultivo, in quanto a servizio della crescita di tutti nella “comunione”, espressione della identità
propria della Chiesa. Per raggiungere questa comunione sono
richiesti, da parte di tutti, ascolto,
umiltà, sottomissione alla Parola di Dio, conoscenza e fedeltà all’insegnamento della Chiesa.
E
anche il ministero della presidenza, proprio del Parroco è proprio in funzione della
realizzazione e della crescita della
comunione di vocazioni, di ministeri
e di carismi per l’utilità comune.
In conclusione, riassumendo, il
Consiglio pastorale, in una corretta visione ecclesiologica, ha un duplice
significato:
-
rappresenta l’immagine della fraternità e della comunione
dell’intera comunità parrocchiale di cui è espressione;
-
costituisce lo strumento di decisione comune dove il
ministero della presidenza esercitato dal parroco e la corresponsabilità dei
fedeli devono trovare la loro sintesi.
Michele Giacomantonio