Forse oggi si farà la nuova
giunta, forse domani. Giorno più giorno meno poco importa. Cambiano le persone,
si attendono idee nuove, energie dedicate al rilancio delle isole. Gli
albergatori piangono, i commercianti piangono, le imprese edili piangono, chi
lavora nei servizi piange. Insomma, un pianto greco che non risparmia nessuno.
In questo clima dimesso e gemebondo l'unico modo per venirne fuori è metter da
parte il vittimismo, prendere il coraggio a due mani e cominciare a fare.
Fare non significa cominciare da
zero, perché noi non partiamo dal nulla. Partiamo da una storia che si perde
nella notte dei tempi, da un museo unico al mondo che conserva le testimonianze
di parte di quella storia. Partiamo dalla presenza di uno dei due unici vulcani
attivi nel Mediterraneo, partiamo da risorse naturali straordinarie ed
inimitabili. Eppure piangiamo; piangiamo perché non c'è la giunta, perché non
ci sono i turisti, perché non ci sono i servizi, e piangiamo. E mentre
piangiamo i servizi non migliorano, i turisti non arrivano e qualche ragazzo
comincia a prendere la via dell'emigrazione.
Non piangiamo sui nostri limiti,
sull'incapacità di promuovere e valorizzare un territorio che non dovrebbe
conoscere la parola crisi, sull'inconsistenza delle nostre qualità imprenditoriali,
politiche, amministrative, culturali, formative. Piangiamo invece imprecando
contro il destino, le tasse, lo Stato, la Regione, la Provincia, il Comune,
l'Europa, l'Unesco, l'Onu.
Siccome lavorare per promuovere,
formare, ben amministrare costa fatica, c'inventiamo scorciatoie deliranti che
spaziano dai megaporti agli aeroporti. Forse sarà meglio liberarsi da qualche
illusione: i nostri problemi dobbiamo risolverli da soli, se aspettiamo che
qualcuno ci tiri fuori dai guai allora possiamo continuare a piangere perché la
situazione non cambierà. E non cambierà nemmeno se ciascuno continuerà a
pensare che il proprio problema, il proprio interesse sia l'unico problema ed
interesse al mondo.
Ripartire da ciò che la fortuna
ci ha concesso, dal patrimonio che abbiamo facendo tesoro delle dure lezioni
del passato. Lavorare insieme ad un programma comune che abbia al centro la
salvaguardia e la promozione del territorio, la formazione dei giovani, la
valorizzazione della cultura locale, quella vera però, non quel surrogato
indigeribile fatto di provincialismo e velleitarismo che talvolta ammorba le
nostre serate estive. Il che vuol dire accettare l'esistenza una dimensione
pubblica e sociale verso la quale ognuno di noi è responsabile. In pratica
significa ordinare il territorio, fornirlo di servizi minimi accettabili,
governare il caos di auto, abusivi, improvvisazioni che stressano i turisti e
li fanno fuggire, ed allo stesso tempo bisogna guardare fuori, alle esperienze
positive che hanno rilanciato altre realtà, entrare in relazione con chi ha
voglia di mettere a disposizione le proprie qualità ed il proprio prestigio per
ridare lustro alle nostre isole. Considerare l'attività di promozione vitale,
ma anche agire onestamente mantenendo sempre ciò che si promette all'ospite.
Avere l'accortezza di guardare lontano, di immaginare come sarà il futuro e
quindi comportarsi di conseguenza. Fare leva sulla creatività, sulla fantasia e
sulla gentilezza. Il tempo dell'arricchimento basato sulla predazione è finito.
Se mai c'è stato, l'arricchimento si è esaurito lasciando inciviltà, ignoranza
e crisi. Ed infine, essere onesti con chi si prende la responsabilità di
amministrare, a qualsiasi livello, in qualsiasi ufficio ed in ogni campo: chi è
inadatto a ricoprire certi ruoli si faccia da parte. Abbiamo vissuto dieci anni
di amministrazione comunale da incubo, adesso il sindaco eserciti i suoi poteri
in piena autonomia sapendo che non potrà condividere le sue responsabilità con
nessuno e non potrà invocare alcuna giustificazione. Faccia quello che deve
senza riguardi per partiti, equilibri politici o irritabilità di consiglieri
comunali. Pretenda sempre qualità ed impegno dai suoi collaboratori, nel suo,
ma soprattutto nel nostro interesse.
Elaboriamo un programma comune e
mettiamoci al lavoro, questo piagnisteo non serve a niente e non commuove più
nessuno.
Lino Natoli