Era in barca ma non ha potuto proseguire la navigazione verso Panarea. Luigi Mazzei è stato arrestato dalla guardia di finanza per truffa, bancarotta fraudolenta, esportazioni di capitali all'estero e altri reati. L'imprenditore lametino, fino all'estate 2009 nel consiglio d'amministrazione del consorzio Asi di Catanzaro-Lamezia, adesso si trova ai domiciliari. E tre aziende sequestrate che gli investigatori attribuiscono a lui: la Cofain di Falerna fallita nel settembre dell'anno scorso per quasi 100 mila euro, la Inveco con sede a Roma e filiale a San Ferdinando, nella zona franca di Gioia Tauro, e la Temesa Hotel & Resort proprietaria del Temesa Village sul litorale lametino. Le prime due producono pannelli fotovoltaici.
La truffa sembra la solita: finanziamenti pubblici ottenuti nel 2006 attraverso la legge 488/92 sugli incentivi all'industria dal ministero dell'Economia e il Por Calabria dalla Regione. In tutto 7 milioni ottenuti dalle società di Mazzei sui 18,6 milioni richiesti. C'è una particolarità rispetto alla norma: le aziende esistono e sono attive (la Cofain è fallita l'anno scorso), ed i finanziamenti vengono ottenuti presentando fatturazioni falsificate con sistemi definiti «sofisticati» dal procuratore lametino Salvatore Vitello e dal sostituto Luigi Maffia che avevano chiesto l'arresto di 14 persone, ottenendo i domiciliari per Mazzei considerato il capo cordata.
Tra gli indagati anche il direttore di una banca con sportello a Lamezia ma facente parte di un grande gruppo creditizio italiano. Con la collaborazione del bancario le tre società riconducibili a Mazzei avrebbero compiuto un travaso di denaro davvero ingegnoso: una prima azienda contraeva uno scoperto bancario da 800 mila a un milione e mezzo di euro per pagare la seconda impresa dello stesso padrone, la quale cedeva alla terza società compiacente la stessa somma. Quest'ultima faceva tornare alla prima azienda il capitale. Chiudendo così il cerchio. L'operazione terminava con zero euro per le tre società, ma ognuna di loro aveva una fatturazione per il pagamento effettuato, indispensabile per ottenere nuovi finanziamenti pubblici.
Tutta l'operazione, grazie alla destrezza del direttore, avveniva in pochissimi minuti. In modo che a fine giornata la banca chiudesse la cassa senza problemi da segnalare per pagamenti sospetti.
La ciliegina sulla torta è il passaggio di capitali a due società olandesi, la Emba e la Nomet di Haarlem, pochi chilometri da Amsterdam, che a loro volta trasferiscono i soldi sporchi ad altrettante aziende del Lussemburgo. Tutte queste imprese sono riconducibili ad un unico amministratore che è stato sentito dal pubblico ministero Maffia. Ma in Olanda "pecunia non olet", non si accerta cioè la provenienza del denaro, quanto il soggetto che lo esporta dall'estero. Ci sono divieti soltanto se la persona è invischiata nel terrorismo o in affari mafiosi, e questo non sembra il caso, sostengono gli inquirenti.
Le aziende olandesi e lussemburghesi non sarebbero altro che "cartiere", cioè non producono nulla se non documentazione per fare sparire capitali di provenienza illecita.
I beni sequestrati alle società di Mazzei arrivano a 30 milioni di euro, quelli personali dell'imprenditore a 284 mila euro. Ma poi sono scattati i controlli della guardia di finanza (tributaria e Scico) che hanno trovato fra le carte di Mazzei 11 milioni di euro di spese che non dovevano essere segnate come deducibili, altri 2 milioni di Iva a rimborso ma non dovuta, e 31 lavoratori in nero.
Eppure Luigi Mazzei, 48 anni, non solo fino a due anni fa siedeva nel consiglio d'amministrazione dell'ente subregionale che gestisce l'area industriale lametina, la più grande della Calabria, ma è anche stato premiato più volte come imprenditore modello. Il 12 luglio 2005 nella sala conferenze della Camera dei deputati a Palazzo Marino per lui c'è stato un riconoscimento consegnato da chi allora era vicepresidente della Camera .
Entro domani l'imputato sarà sentito per l'interrogatorio di garanzia dal Gip Carlo Fontanazza che ha firmato il provvedimento di arresto.