Riceviamo e pubblichiamo una nota dell'arch. Giuseppe Lo Cascio in risposta alla recente circolare inviata dal presidente dell'AGE geom. Bartolo Favaloro sul tema dei colori delle Eolie.Il testo: Sig. Presidente della
Associazione Geometri
delle Isole Eolie
Ho letto con estremo interesse la Sua circolare, avente come Oggetto “tutti i colori delle mie isole…..”, che emotivamente condivido nei suoi intenti, sia come architetto che come cittadino eoliano.
E devo anche aggiungere che non è soltanto il problema dei “fantasmagorici colori”, a provocare la tanto temuta trasformazione dell’ambiente originario, ma vi si aggiunge anche l’utilizzazione (peraltro appositamente vietata dal R.E.C., almeno nel centro storico) di infissi in alluminio anodizzato, di zoccolature in materiali vari, di rivestimenti e mostre decorative diverse.
E perché no, delle stesse insegne !
Vorrei, come architetto, partecipare al dibattito (anche solo epistolare) che certamente non può non nascere, suscitato da questa Sua ottima iniziativa, e che spero possa essere estremamente produttivo e chiarificatore.
E vorrei farlo, facendo alcune precisazioni che ritengo doverose.
La prima: non risponde completamente a verità il fatto che “tutto è affidato agli operatori del settore, non necessitando l’intervento di specifica autorizzazione amministrativa, che, con il proprio estro e gusto, utilizzano tinte estranee all’ambiente eoliano”.
In realtà, una possibilità la prevede persino il R.E.C. dell’ormai vetusto Programma di Fabbricazione, che al suo art. 25 prevede la possibilità, da parte della Commissione Edilizia, di richiedere campionature dei colori e dei rivestimenti.
E potrebbe, a questo punto, risultare sufficiente l’applicazione di quanto prescritto dal Piano Paesistico, all’art. 38, punto c), circa le tipologie di materiali e le tecniche di applicazione.
E’ poi invece verissimo che il R.E.C. annesso al Piano Regolatore non affronta minimamente il problema dei colori; ma non è, purtroppo, la sola carenza del nostro Piano, che ancora deve nascere, e già si presenta drammaticamente vecchio.
Seconda precisazione, che mi coinvolge (e di questo, La ringrazio): l’incarico affidatomi per la redazione di un “Piano quadro dei colori e del decoro urbano” è stata una delle tante iniziative intelligenti (e visto come vanno le cose, lungimiranti) di una passata Amministrazione.
Aveva un solo, drammatico limite: era legato alla remota possibilità di finanziamento di interventi, da parte della Regione; che non aveva i fondi per finanziare nulla.
Io, esclusivamente a mie spese, ho visitato alcuni Comuni dotati di Piano dei Colori; mi sono (ritengo ampiamente) documentato su quanto era stato proposto e/o portato a compimento in questo settore; ho rilevato tutta la parte interessata da un “primo stralcio”, i prospetti di Piazza Ugo di Sant’Onofrio e la Salita di San Giuseppe; ho redatto il Progetto relativo a questa parte, completo di quantificazione degli interventi, e ho presentato il tutto all’Amministrazione.
Sono stato complimentato e ringraziato. Ma mancando la materia prima, il denaro dei finanziamenti, tutto è stato sospeso e, spero, rinviato a tempi migliori.
Come diceva quel genio del teatro che era Eduardo de Filippo, “ha da passà ‘a nuttata”!
Terza precisazione, o meglio, il punto nodale del dibattere: Lei si riporta alla “rappresentazione iconografica” di Luigi Salvatore d’Austria, che La porta ad affermare che “fino agli anni ’80 del secolo scorso……il colore utilizzato nei prospetti dei fabbricati era il bianco e solo il bianco”.
Ricordo che tanti anni fa, il Centro Studi Eoliani organizzò una conferenza-dibattito sui colori di Filicudi (che poi si estese naturalmente ai colori di tutte le Eolie), con il Prof. Brini (progettista di numerosi Piani dei Colori nello hinterland torinese e per la stessa Torino), il dott. Pino Paino, il prof. Giuseppe Jacolino ed il sottoscritto.
Ricordo anche che durante il dibattito, si pose il problema, certamente provocatorio, del perché porre gli anni della visita del d’Austria come punto fermo per codificare i colori delle nostre architetture, e non considerare, ad esempio, quanto certamente avveniva negli anni, che so, della dominazione romana, quando le case e le costruzioni in genere erano decorate con colori anche vivacissimi.
Inoltre devo dirLe che non risulta rispondente interamente al vero, che le costruzioni sino agli anni ’80 del secolo passato fossero solamente bianche.
Per non dilungarmi troppo, Le riporto solo tre esempi.
La torre di Mendolita, che tutti noi ben conosciamo, risalente ai primi anni del 1600, aveva intonaci di colore ocra chiaro.
La casa in cui io abito è stata realizzata nella prima metà del 1700, un secolo prima della venuta di Luigi Salvatore d’Austria, ed ancora oggi, in larga parte dei suoi due prospetti principali (in quell’epoca, si decoravano soltanto i prospetti più importanti), affiorano tracce della colorazione originaria: un azzurro ottenuto certamente con solfato di rame (azzuolo) diluito nel latte di calce, e delle lesene e marcapiani di colore ocra.
La facciata verso Lipari della villa dell’ing. La Rosa, anch’essa della medesima epoca, prima di una “ripresa” del prospetto principale era bianca, ma con lesene e rifasci di un intenso colore giallo.
Con la fine poi del XIX e l’inizio del XX secolo, l’abitudine di decorare con colori ottenuti da pigmenti naturali e latte di calce si diffonde ed interessa larghissima parte delle nuove costruzioni.
Ma va anche ricordato che l’insediamento di genti diverse, provenienti dalla Calabria, dalla Campania e persino da paesi stranieri, ed il mescolarsi delle loro consuetudini, delle loro civiltà, del modo di intendere e decorare le costruzioni, risale già agli anni immediatamente successivi al sacco del Barbarossa.
Oggi, ed in questo Le do ragione, si assiste al progressivo abbandono “dei colori originari, utilizzando tonalità troppo sature e con materiali sintetici”, e di questo ne va dato carico sia al disinteresse della Soprintendenza che non applica quanto prescritto dal Piano Paesistico, ma soprattutto alle scarse conoscenze ed alla mancata voglia di aggiornarsi degli operatori del settore, che potrebbero invece adottare materiali prodotti dalle Ditte specializzate nella commercializzazione di intonaci e colorazioni specifici per il recupero dei Centri Storici.
Abbiamo tutti fatto del male, e le maggiori responsabilità sono a carico di noi Progettisti e Direttori dei Lavori.
Ma devo, al riguardo, citarLe un vecchio detto eoliano, quello secondo cui “il granchio prende in giro l’aragosta, perché cammina all’indietro”, ricordandoLe che la maggior parte dei Tecnici Progettisti e Direttori dei Lavori, di certo almeno numericamente, sono proprio geometri, quelli che oggi, attraverso Lei, esprimono queste lamentazioni.
Infine, concordo pienamente con Lei sulla necessità di un dibattito con l’Amministrazione e l’Ufficio Tecnico comunale, riguardante il corretto impiego del colore, ma anche del decoro urbano, nelle nostre isole, ma non credo alle “precise direttive della Soprintendenza BB. CC. AA.” , il cui lassismo ha, sino ad oggi, consentito tutto questo.
Credo invece che sia fondamentale affiancare, al Piano Regolatore, un idoneo Piano Quadro dei Colori e del Decoro Urbano, riprendendo ed estendendo l’iniziativa la cui necessità era già stata individuata da una Amministrazione precedente.
Passerà così “’a nuttata”?
Cordiali saluti
Giuseppe Lo Cascio, architetto