Che cosa sarebbe oggi la Sicilia se la Regione avesse investito le risorse della formazione nelle innovazioni tecnologiche e nella ricerca scientifica? Se invece che “formare” parrucchieri, per anni, avesse formato informatici? Se avesse “scelto” quale formazione e non quanta formazione?
La risposta non c’è, escludiamo tuttavia che l’immagine della formazione professionale, altrove trainante e decisiva ai fini dello sviluppo, in Sicilia potesse essere associata alla clientela, allo spreco, alle ruberie, alle malandrinate, e trasformarsi in sinonimo di apparati famelici ed insaziabili idrovore delle risorse pubbliche.
Ora è stato scoperchiato il vaso di Pandora. Sono stati depennati ben 235 enti accreditati e in 43 sono state riscontrate irregolarità tali da giustificare la rescissione dei contrati ed il rimborso dei pagamenti effettuati. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha detto che i conti sono stati gonfiati.
Il governo vuole mettere a riposo le idrovore, l’intenzione non può che essere salutata con favore. Gli annunci del presidente della Regione, Rosario Crocetta, riferiscono di centinaia di centri di formazione decapitabili per inutilità, spreco, insipienza, costi ingiustificati. Queste intenzioni non sono piaciute, ed è inevitabile, ed in qualche caso hanno provocato anche reazioni accese e intimidazioni, oggi al vaglio dell’autorità giudiziaria
Ci sono state manifestazioni di protesta nelle piazze siciliane, e altre sono previste da oggi. Ci sta anche questo. Depurato il campo semantico del governatore, unico per la sua radicalità, bisogna convenire che gli affondi nel cuore della formazione non sono campati in aria: talvolta, peraltro, è più conveniente demolire l’edificio e ricostruirlo più solido e funzionale che ristrutturarlo e tenerlo in piedi.
Sarebbe, tuttavia, ingiusto e dannoso, tagliare teste alla cieca, perché la formazione professionale, pur con la sua montagna di peccati mortali che si trascina da mezzo secolo, non è fatta solo di infingardi e profittatori, né di acconciatori parrucchieri, per i quali la Sicilia si guadagnò subito la fama di una regione di insulsi spreconi, ma anche – per fare un esempio di cui abbiamo contezza, quindi non unico – di operai specializzati formati dalla scuola salesiana di Gela conosciuti in ogni parte del mondo grazie alla loro eccellenza.
Ci sono docenti e gestori che hanno usato utilmente il denaro pubblico con sobrietà, diligenza e profitto, pur non costituendo la maggioranza. Salvaguardare quel che di buono c’è, dunque, è importante quanto smantellare centri di formazione che divorano denaro dei contribuenti, creando aspettative irrealizzabili per il loro interesse e tornaconto. Nel migliore dei casi una fabbrica delle illusioni e una sorta di pensionamento anticipato sia per i docenti quanto per i discenti, considerati dei privilegiati perché occupati o sulla soglia dell’occupazione, in realtà vittime magari inconsapevoli di un sistema iniquo.
Nei primi quattro mesi di governo, Crocetta ha affrontato con il machete fra i denti, i santuari del sistema Sicilia, e non si è fatto certo amici, dai trasferimenti del personale all’abolizione delle Province, per citare alcuni casi. Promettendo il benservito a centinaia di centri di formazione, a cominciare dal Ciapi, erogatore di denari pubblici per la promozione piuttosto che per la formazione, si è scontrato con partiti e sindacati. La politica e il sindacato non sono certo estranei alla nascita, alla crescita e alle escrescenze della formazione professionale.
Era inevitabile che Crocetta si scontrasse anche con i vicini di casa, uomini del suo stesso partito, il Pd, e che alle resistenze iniziali, il fronte della formazione si difendesse con le unghia e con i denti. Siccome non si può fare di tutta l’erba un fascio, come prima si ricordava, le reazioni – politiche e sindacali – non vanno criminalizzate, né devono essere considerate lesa maestà. Si deve “disturbare” il manovratore, quando chi governa pianifica la vita di centinaia di migliaia di persone. Ma una cosa è il confronto, che pretende un’analisi, e un’altra la pretesa degli “intoccabili”.
È cambiato tutto, sarà bene che lo capiscano. I santuari del sistema devono essere violati, altrimenti non resterà in piedi niente, santuari compresi. La sanità, la formazione, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la finanza regionale (mutui e prestiti con banche nazionali ed estere, fondi immobiliari, fondi equity, ecc.), e le società partecipate (regionali, provinciali, comunali) hanno dissanguato la Sicilia. Non solo l’esercito di parrucchieri, dunque.
Gli impegni assunti dal governo, con toni definitivi e radicali, dovranno essere onorati, perché non permettono di tornare indietro. Crocetta ha minato i ponti dietro, non può che andare avanti. Dovrebbero averlo compreso quanti, in queste ore, si mettono di traverso. C’è il rischio che si torni alle urne, se la maggioranza “spariglia”.