È terminata la conferenza dei Capigruppo dell’Assemblea regionale siciliana, che si è riunita a Palazzo dei Normanni per decidere sulla data di approdo in Aula dellariforma elettorale che dovrebbe introdurre la doppia preferenza di genere per le prossime amministrative del 9 e 10 giugno. I presidenti dei gruppi parlamentari hanno deciso di far tornare il ddl in commissione Affari istituzionali, che ieri sera aveva esitato un testo che oltre alla doppia preferenza prevedeva anche l’abbassamento della soglia di sbarramento, dal 5 al 4%, e la riduzione dei rimborsi dei consiglieri. Il disegno di legge dovrà tornare in prima commissione per essere riesaminato, verrà data una nuova data di scadenza per la presentazione degli emendamenti e infine sarà discussa in Aula, con ogni probabilità, il 3 aprile prossimo. L’8, invece, Sala d’Ercole si riunirà per discutere il Bilancio.
Nonostante siano tempi di Bilancio, l’Assemblea regionale siciliana è stata chiamata, quindi, ad occuparsi anche di riforma elettorale. La doppia preferenza di genere darebbe agli elettori la possibilità di esprimere due preferenze nella scheda elettorale, ma solo se queste riguardano un uomo e una donna. Un modo, dice Crocetta, per far diventare davvero le donne “l’altra metà della terra” (e non solo del cielo), e favorirne il coinvolgimento in politica.
Con questo obbiettivo davanti agli occhi, il governo ha deciso di rimandare per la terza volta la data delle elezioni amministrative, previste per fine maggio, al 9 e 10 giugno: tutto per consentire al parlamento regionale di varare la riforma prima della convocazione dei comizi elettorali. E, a parte le critiche di chi sostiene che in sessione di bilancio l’Assemblea non possa occuparsi di altre leggi, sulla riforma elettorale si sta consumando una piccola battaglia, tutta tra le mura di Palazzo dei Normanni.
La Prima commissione dell’Ars è stata chiamata a incardinare il ddl in accordo con il governo, che avrebbe spinto per riaprire i lavori d’Aula prima dell’8 aprile e approvare la norma, e oggi pomeriggio, infatti, la conferenza dei capigruppo deciderà quando riaprire Sala d’Ercole. La commissione ha esitato un ddl che vede, però, anche l’abbassamento della soglia di sbarramento per le amministrative, dal 5 al 4%, e il taglio dei rimborsi ai consiglieri. In Aula, invece, potrebbero essere approvati alcuni emendamenti aggiuntivi che prevedono interventi sul premio di maggioranza e l’eliminazione dei simboli dalla scheda del sindaco, dove sarebbe riportato solo il nome e cognome.
Così, ieri in commissione si è rischiato di non raggiungere il numero legale per votare la riforma: a parte qualche assente, un gruppo di deputati dell’opposizione ha denunciato che tre donne del Partito Democratico avrebbero abbandonato la seduta prima del voto, “un atto da irresponsabili”, hanno commentato.
E l’opposizione rivendica il proprio ruolo, “fondamentale per fare approvare il ddl – ha detto Vincenzo Vinciullo (Pdl) – che senza di noi sarebbe stato accantonato”. ”Merito della minoranza dell’Ars – ha aggiunto Vincenzo Figuccia (Pds) -: la dimostrazione che si può fare un’opposizione costruttiva. Il Pd, invece, si è dimostrato un mostro a due facce, incurante e arrogante rispetto a quello che si stava facendo”.
Le tre democratiche in questione sono Marika Cirone Di Marco, Antonella Milazzo e Mariella Maggio, che con una delega sostituivano in commissione Affari istituzionali i colleghi Giovanni Panepinto e Mario Alloro. La quota rosa del Partito democratico, però, si difende dalle accuse: “Abbiamo chiesto una sospensione della seduta perché c’era un accordo per discutere unicamente la legge sulla doppia preferenza di genere”, ha spiegato Mariella Maggio, vicepresidente della commissione Lavoro. “Ma c’è stato – ha continuato – il tentativo furbo di chi ha fatto finta di sostenere il disegno di legge per poi operare uno stravolgimento della legge elettorale e fare un ‘colpo di mano’ per salvaguardare determinati interessi”.
Senza contare che, come ha spiegato anche Antonella Milazzo, “una riforma elettorale così articolata aprirebbe una discussione troppo lunga e che non permetterebbe di andare avanti con la sessione di bilancio, a meno che non si sacrifichi la qualità del lavoro”.
D’altro canto, il disegno di legge ha come prima firmataria Concetta Raia del Partito Democratico, e la battaglia per introdurre la doppia preferenza “appartiene storicamente proprio al Pd, che già nella scorsa legislatura aveva presentato una riforma in tal senso”. Tutte loro hanno affermato di avere sempre auspicato l’approvazione della legge in Aula prima della data delle amministrative, “perché la doppia preferenza di genere – ha detto la Cirone Di Marco – è uno strumento formidabile per dar voce alla rappresentanza femminile, e lo hanno dimostrato anche le ultime primarie per i parlamentari”. Ma una battaglia come questa, hanno aggiunto, non può diventare il “cavallo di troia dell’opposizione”: in sostanza, niente riforma elettorale, si approvi la doppia preferenza di genere e si torni al Bilancio.
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