Rosario Crocetta è tornato a confrontarsi con i leader del Pd e dell’Udc a Roma: Casini e Bersani, non i dirigenti regionali. È un segno eloquente che la questione siciliana è tenuta in grande considerazione e che i problemi non mancano.
Le aspettative in Sicilia sono tante - quelle della gente comune e le altre, degli eletti, che nutrono legittime ambizioni – affrontarle a Roma concede qualche vantaggio. Crocetta non ha una maggioranza, è bene tenerlo presente, e deve necessariamente guardare con attenzione all’opposizione per trovare l’entente cordiale con una parte di essa. La scelta ha delle implicazioni politiche nazionali, non solo siciliane perché le politiche sono vicine e ogni decisione, iniziativa, alleanza siciliana possono entrare in campagna elettorale.
Tra l’altro, la Sicilia costituisce una anomalia, tanto per cambiare, rispetto al quadro politico nazionale: nell’Isola l’asse Pd-Udc è sopravvissuto, tutto sommato piuttosto bene, alle urne, mentre a Roma è in crisi a causa della nuova legge elettorale (l’Udc ha votato con Pdl e Lega una soglia alta per il premio alla coalizione, avvantaggiando il Monti-bis).
Il patto con l’opposizione “responsabile” passa attraverso gli incarichi di vertice del Parlamento regionale, a cominciare dalla presidenza dell’Assemblea. Ma affidare all’esterno del centrosinistra la presidenza potrebbe trasformarsi in un boomerang: senza il vertice dell’Ars e senza la maggioranza, le carte passano dalla maggioranza (relativa) alle opposizioni. Una spada di Damocle.
E allora occorre mettere sul piatto altre fiches. Un governo di tecnici, per esempio, potrebbe rappresentare uno strumento utile al fine di aggiustare “il tavolo”. Se entrano in giunta uomini e donne di indubbia competenza, senza storia politica alle spalle, ma graditi all’opposizione responsabili, la quadra si trova.
L’idea di Giampiero D’Alia, il coordinatore regionale dell’Udc in Sicilia, di mettere in piedi un governo di tecnici, non è campata in aria. Magari il senatore aveva in testa altro, chi lo sa?, ma la sua proposta non potrà essere archiviata facilmente. Beppe Lupo, segretario regionale del Pd, invece pare che non abbia gradito, al contrario di Crocetta. Il presidente ha tutto da guadagnare da un governo di tecnici: ne trae vantaggi in termini di immagine – la fiducia verso i rappresentanti dei partiti è assai debole – e di competenza. Senza contare che una cosa è avere a che fare con i tecnici, lontani dai bisogni territoriali e di partito, un’altra con i partiti.
Le cose si sono messe in modo tale che tocca ancora una volta a Gianpiero D’Alia fare le carte. È stato lui a mettere d’accordo tutte le anime del Pd sul nome di Crocetta, spazzando via altre soluzioni. Ed è lui che indica la rotta nella ricerca della maggioranza parlamentare. Tenendo per sé la seconda carica, la presidenza dell’Ars?
Se si apre il tavolo all’esterno della coalizione, seppure in modo informale, anche D’Alia dovrà mettere sul piatto tutto per favorire un accordo. La presidenza dell’Ars, proprio a causa dell’assenza di una maggioranza parlamentare, fa gola a tutti. Un pensierino l’ha fatto anche Francesco Cascio. Nonostante il benservito ricevuto da due suoi autorevoli colleghi del gruppo Pdl – Scoma e Caputo – avrebbe messo in circolo una moral suasion.
Se vi chiedete come si faccia a considerare possibile una simile investitura, fareste bene e riflettere sulla necessità di allargare i paletti della duttilità. Ciò che è fuori dalla realtà, non è fuori dalla politica, che vive un’altra realtà, cui non intende rinunciare. Qualche volta, si verificano convergenze parallele. Che non sono da buttar via quando si deve quadrare il cerchio. C’è però un dettaglio, una cosa è Aldo Moro e un’altra Francesco Cascio. Con tutto il rispetto, beninteso.