La portualità è certamente un tema centrale per i cittadini di tutte le piccole isole e, proprio per questo, è stata oggetto di un Decreto della Regione Sicilia: il D.D.G. 3723 del 3 dicembre 2024. Un provvedimento i cui contenuti erano stati anche anticipati al Sindaco Gullo dal Dirigente Generale dell’Assessorato Infrastrutture e trasporti, e che era stato adottato - si badi bene - precedentemente alla data della forte mareggiata del 17 gennaio 2025.
Con tale strumento del 3 dicembre 2024 l’Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità (competente per gli interventi sui porti) ha approvato il “piano degli interventi di messa in sicurezza, di rafforzamento strutturale, di prevenzione del rischio sismico su edifici ed infrastrutture pubbliche lungo le coste del mare e delle isole minori, costituito da 𝟏𝟕 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐢 € 𝟓𝟑.𝟏𝟎𝟐.𝟏𝟐,𝟎𝟎”.
Di seguito gli interventi che riguardano il Comune di Lipari:
- Alicudi - Lavori di consolidamento e riqualificazione del porto di Alicudi;
- Filicudi - Lavori di consolidamento e riqualificazione del porto di Filicudi;
- Lipari Pignataro - Lavori di consolidamento e riqualificazione del porto di Pignataro:
- Panarea - Lavori di consolidamento e riqualificazione del porto di Panarea;
- Stromboli - Lavori di consolidamento e adeguamento molo di protezione civile, Ficogrande
- Lipari Acquacalda - Lavori di manutenzione straordinaria del pontile di Acquacalda.
A proposito di quest’ultimo, tra l’altro, l’Amministrazione Comunale di Lipari ha anche fornito il proprio supporto progettuale per gli interventi d’urgenza.
E’ proprio sul pontile di Ficogrande che ci vogliamo soffermare; è importante sottolineare che questa iniziativa, già avanzata insieme a tante altre l’anno scorso (2024) nell’ambito del primo bando di “Casa Italia” sulla portualità - e che oggi viene riportata come iniziativa strategica di chissà quale luminare del settore - è stata proposta dall’Amministrazione Comunale sopratutto per riparare i danni di chi, prima ha realizzato l’opera, e poi non se ne è curato minimamente, lasciandola incompiuta e inutilizzabile. Chissà se in merito a queste gravi responsabilità gli autori di “news casalinghe dell’ultima ora”, e le istituzioni con le quali interloquiscono, ne sanno più di noi?
Purtroppo, tutte le iniziative portuali presentate l’anno scorso dalle Amministrazioni Comunali delle isole d’Italia nell’ambito del bando “Casa Italia” non sono state finanziate ai Comuni per “mancanza di titolarità sul demanio” – tranne che per le isole minori della Sardegna – e non perché “le schede erano sbagliate”; infatti, nel secondo bando in corso di pubblicazione, parteciperanno tutte le Regioni interessate, sulle base delle iniziative presentate allora dai Comuni.
Dunque, le notizie recentemente diffuse come “news casalinghe dell’ultima ora” riguardano una programmazione già avviata, frutto di interlocuzioni e dell’impegno congiunto e costante delle Istituzioni, che dovrebbero escludere l’apposizione di bandiere di alcun partito e/o di noti personaggi, in quanto iniziative portate avanti con grande senso di responsabilità, e nell’unico interesse della comunità isolana, dagli uffici titolati a farlo.
In occasione della mareggiata del 17 gennaio 2025, che ha causato danni in cinque isole del Comune (tranne Panarea, dove i danni sono stati limitati), l’Amministrazione Comunale ha provveduto ad attivare il COC – Centro Operativo Comunale - coinvolgendo anche l’Assessorato Regionale delle Infrastrutture, per la rilevazione dei danni e l’avvio delle prime operazioni di emergenza (ad Alicudi, Lipari, Stromboli e Vulcano); conseguentemente sono stati disposti gli interventi di somma urgenza da parte dell’Assessorato, costantemente in contatto con il Sindaco di Lipari e con tutte le strutture comunali coinvolte per fronteggiare l’emergenza causata da quell’evento meteorologico eccezionale.
Nessuna risorsa è stata persa o “recuperata”, come erroneamente diffuso; al contrario, in seguito al chiarimento necessario sulla classificazione dei porti delle nostre isole - alcuni di competenza regionale, altri comunali - l’attuale Amministrazione sta provvedendo a presentare progetti di riqualificazione e interventi ordinari e straordinari su tutti gli approdi di rilevanza comunale.
Tanto è dovuto per la corretta informazione dei cittadini e per testimoniare l’impegno delle Istituzioni, spesso ignorato, talvolta anche manipolato da chi si attribuisce ruoli auto-referenziali che non hanno niente a che fare con il mandato e le responsabilità delle Istituzioni che agiscono sempre nell’ambito di concreti e tracciabili atti amministrativi.
Quanto sopra descritto ci porta a considerare che, pur rimanendo indiscutibile la libertà di parola - in questo caso di scrittura - ci si può candidare per quante volte si desidera farlo, curando con maggior precisione la narrazione dei fatti.
Infine, dall’ultima mareggiata una lezione ci viene data: la soluzione è nel Piano Regolatore Portuale, da sempre trascurato - tanto che soltanto l’Amministrazione in carica ha chiesto e ottenuto la deroga per poterlo redigere -, e già ampiamente osteggiato, come la Casa della Salute, che è diventata il capro espiatorio di una irragionevole opposizione, a scapito dei diritti dei cittadini eoliani.
Approvata in giunta la rimodulazione dei fondi per l'acquisto di mezzi green da parte delle aziende del trasporto pubblico locale di tipo urbano. Le risorse sono quelle del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile per un totale di 142 milioni spendibili dal 2019 al 2033, di cui circa 11 milioni cofinanziati dalla Regione Siciliana.
Per il primo quinquennio, dal 2019 al 2023, la copertura dei cofinanziamenti ha previsto un totale di 45 milioni di euro e, in particolare, si è stabilito di ripartire le somme in 65 per cento da destinare all'acquisto di autobus urbani ad alimentazione a metano e 35 per cento da destinare all'acquisto di autobus ad alimentazione elettrica. La restante somma del Piano, ovvero 97 milioni di euro, è stata rimodulata per i prossimi quinquenni: 48,5 milioni tra il 2024 e 2028 e altrettanti dal 2029 al 2033. Di queste somme, 31,5 milioni saranno destinati all'acquisto di autobus a metano e relative infrastrutture e 16,9 milioni per autobus elettrici e a idrogeno.
«Il settore della mobilità vede il governo regionale impegnato nell'adeguamento e potenziamento del parco mezzi e delle infrastrutture al servizio del trasporto pubblico locale, – dice l'assessore regionale alle Infrastrutture, Alessandro Aricò – oltre che nel miglioramento della rete autostradale. Gli obiettivi sono l'efficienza e la sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda la rimodulazione e la distribuzione dei fondi spalmati negli anni, siamo in linea con l'indirizzo della programmazione strategica di spesa dell’amministrazione per il 2025».
Sabato 8 febbraio alle ore 16.30 presso la sala convegni dell’Hotel Gattopardo di Lipari si celebra il DARWIN DAY, un pomeriggio dedicato all’evoluzione, alla scienza e alla conoscenza. La 14a edizione organizzata dall’Associazione Nesos prevede un programma con interessanti approfondimenti sulle Eolie e su altre isole del mondo: Maria Clara Martinelli (Parco archeologico) ci illustrerà alcune novità relative al Neolitico, Cristina Blandino (Università di Catania) spiegherà come funziona una banca del germoplasma, Agata Di Paola (Università di Catania) parlerà del progetto LIFE “Seed Force” e delle azioni per la conservazione di alcune specie iconiche del nostro arcipelago, e Pietro Lo Cascio (Associazione Nesos) concluderà la conferenza con un intervento su una pagina inedita della vita di Charles Darwin e sulla storia delle testuggini giganti delle isole oceaniche. Oltre alla consueta collaborazione con l’Hotel Gattopardo, che ha messo a disposizione il suggestivo spazio della sua sala multiculturale, il Darwin Day di quest’anno si avvale di quella del CIRS di Lipari, che ha curato la preparazione del rinfresco previsto a termine dell’evento.
Le città di Palermo e Catania si contendono l'onore di aver dato i natali a questo mistico fiore reciso dalla bufera nella persecuzione di Decio nell'anno 251. I documenti che narrano il martirio della tanto amata Santa affermano però con certezza che sia nata a Catania.
Discendente d'illustre famiglia, nel fiore dell'età si era consacrata a Dio col voto di perfetta castità. Ma Quinziano, pretore della Sicilia, conosciutane la bellezza e l'immenso patrimonio, decise di sposarla, e vedendo che non riusciva con le lusinghe, pensò di saziare almeno la sua avarizia valendosi dei decreti imperiali allora pubblicati contro i Cristiani. Agata venne arrestata e per ordine del duce consegnata ad una donna malvagia di nome Afrodisia la quale, colle sue figliuole che menavano pure una vita scandalosa, aveva l'incarico di condurla poco per volta al male.
A nulla giovarono contro la giovane vergine le arti di quella spudorata megera, tanto che dopo un mese abbandonò la scellerata impresa.
Quinziano, informato dell'insuccesso, richiamò Agata al tribunale, e con tono benigno le disse: « Come mai tu che sei nobile ti abbassi alla vita umile e servile dei Cristiani? — Perchè, disse ella, sebbene io sia nobile, tuttavia sono schiava di Gesù Cristo. — Ed allora, continuò il giudice, in che consiste la vera nobiltà? — Nel servire Dio — fu la sapiente risposta. Egli irritato dalla fermezza della martire, la fece schiaffeggiare e gettare in carcere.
Il giorno seguente Quinziano trovando in Agata non minore coraggio di prima, la fece stendere sul cavalletto, e più crudele di una belva, comandò che le fossero strappate le mammelle con le tenaglie. Dopo l'esecuzione dell'ordine feroce la fece rimettere in carcere vietando a chiunque di medicarla o di darle da mangiare. Ma Iddio si burla dell'arroganza e dei disegni umani; infatti in una visione apparve ad Agata l'Apostolo S. Pietro il quale, confortatala ricordandole la corona che l'attendeva, fece su di lei il segno della croce e la guarì completamente.
Non si può descrivere la sorpresa e insieme la bile di Quinziano quando, dopo quattro giorni, fatta di nuovo condurre Agata al tribunale, dovette constatare la prodigiosa guarigione. Al colmo della rabbia, preparato un gran braciere, in cui ai carboni ardenti erano mescolati cocci di vasi, vi fece stendere sopra e rigirare la vittima. Ad un tratto, mentre i carnefici compivano quell'orribile ufficio, un terribile terremoto scosse la città, e fra le altre vittime seppellì pure due intimi consiglieri del pretore. Frattanto tutta la città spaventata, cominciò a gridare che quello era un castigo di Dio per la crudeltà usata verso la sua serva e tutti correvano tumultuando verso la casa del pretore, il quale al sentire lo schiamazzo della folla, temendo che gli fosse tolta di mano la preda, nascostamente la rimandò nel carcere. La martire stremata di forze, ma lieta di aver consumato il suo sacrificio, in un supremo sforzo, congiunte le mani, così pregò: « Signore mio Dio, che mi avete protetto fin dall'infanzia ed avete estirpato dal mio cuore ogni affetto mondano e mi avete dato forza nei patimenti, ricevete ora in pace il mio spirito ». Ciò detto chiudeva per sempre gli occhi alla luce del mondo.
PRATICA. È ammirabile in S. Agata la purità dà intenzione con cui santificò l'offerta dei suoi beni e di se stessa cercando, in tutto, solo la gloria e l'onore del suo Dio.
PREGHIERA. O Signore, che fra gli altri prodigi della tua potenza hai dato anche al sesso debole la vittoria del martirio, concedi benigno a noi che celebriamo la festa della beata Agata, vergine e martire tua, di poter giungere a Te seguendo i suoi esempi.
La festa di Sant'Agata
Sant'Agata è la patrona di Catania, nei giorni dal 3 al 6 febbraio i catanesi indossano un tradizionale abito bianco composto da camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. La tradizione vuole che l'abito votivo altro non è che un saio penitenziale, indossata il 17 agosto, quando due soldati riportarono le reliquie a Catania da Costantinopoli.
Il fercolo d'argento con i resti della Santa posto su un carro legato da due cordoni di oltre 100 metri vine sostenuto da centinaia di "Devoti" che fino al 6 febbraio tirano instancabilmente il carro. La Vara viene portata in processione insieme a dodici candelore appartenenti ciascuna alle corporazioni degli artigiani cittadini. Tutto avviene fra ali di folla che agita bianchi fazzoletti e grida Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti. È considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza.
A seguito di interlocuzioni avviate sulla portualità delle nostre isole, apprendiamo da fonti regionali che anche per i danni della recente mareggiata di gennaio, all’approdo di Filicudi Porto, la Regione Siciliana, attraverso il Dipartimento Regionale delle Infrastrutture, della Mobilità e dei Trasporti, ha affidato i lavori di somma urgenza volti al ripristino dell’approdo. Ad aggiudicarsi i lavori è stata la ditta Li.Fra Costruzioni di Falcone (Me). Per far fronte ai lavori è stata impegnata la somma di 62.500,00 euro sul capitolo 672008 del bilancio corrente della Regione.
Ridurre il sovraffollamento nelle aree con maggiori flussi di presenze e limitare l’impatto antropico e ambientale. Con questi obiettivi, la Regione Siciliana seleziona e finanzia progetti per favorire una tipologia di turismo esperienziale, accessibile e responsabile. L'avviso è rivolto agli enti pubblici, anche in forma associata e in partenariato con enti privati non profit, e a istituti e organismi di diritto pubblico senza scopo di lucro. Il budget, a valere sulle risorse del Fesr Sicilia 2021-2027, ammonta inizialmente a due milioni di euro, ma è prevista, successivamente, l’aggiunta di un altro milione. I finanziamenti potranno coprire fino al 90% dei costi delle proposte.
«Portiamo avanti un’attività fortemente orientata – dice l’assessore regionale al Turismo, Elvira Amata – a rafforzare un segmento strategico dell’offerta, come quello del turismo esperienziale e sostenibile. Gli obiettivi sono quelli ormai consolidati della programmazione regionale come la diversificazione e la destagionalizzazione dell’offerta con particolare riguardo ai fenomeni di spopolamento e depauperamento dei territori interni e dei borghi ai margini dei flussi principali. Un approccio ormai consolidato che guarda costantemente a rafforzare il nostro territorio sul mercato turistico privilegiando politiche e azioni sostenibili coerenti con le scelte e le esigenze del turista».
I progetti da sottoporre potranno riguardare percorsi naturalistici e culturali, dotazioni infrastrutturali leggere e servizi per migliorare l’accesso e la fruizione di itinerari turistici (come cammini, piste ciclabili, ippovie), prendendo in considerazione anche particolari tipologie di turisti (ad esempio pet friendly, famiglie e bikers) e soggetti svantaggiati.
Le proposte potranno anche riguardare un’offerta incentrata su marchi di qualità ed ecologici (come bandiere blu o verdi) per proporre servizi ecosostenibili, responsabili e accessibili rivolti a turisti e residenti. Le iniziative potranno coinvolgere aree con ridotta vocazione turistica, anche attraverso la riqualificazione di zone periferiche urbane e la realizzazione di iniziative esperienziali di inclusione sociale, e puntare su sistemi sostenibili di trasporto turistico.
L’avviso con tutti i dettagli sulle modalità di partecipazione e la modulistica è disponibile sul sito istituzionale della Regione Siciliana a questo indirizzo.
MESSINA. «Accolgo con grande soddisfazione il nuovo via libera ai rimborsi per i trasporti marittimi dei pendolari nelle isole minori stabilito dall'assessore regionale alla Mobilità, Alessandro Aricò. Si tratta di un provvedimento molto atteso, per il quale mi ero personalmente battuto con un emendamento a firma mia e del collega Alessandro De Leo approvato dall'Ars alla fine del 2024 per ottenere il rifinanziamento delle agevolazioni tariffarie».
Lo afferma Pino Galluzzo, deputato regionale di Fratelli d'Italia, commentando il decreto di Aricò in base al quale dal 5 febbraio i dipendenti pubblici che per motivi di servizio prestano la loro attività lavorativa nelle isole minori della Sicilia potranno viaggiare ottenendo il rimborso integrale del biglietto, attraverso la richiesta da inserire nell'apposita piattaforma informatica che il dipartimento delle Infrastrutture sta predisponendo e che sarà operativa a giorni.
«Da domani i dipendenti pubblici che per motivi di servizio prestano la loro attività lavorativa nelle isole minori della Sicilia potranno viaggiare ottenendo il rimborso integrale del biglietto, attraverso la richiesta da inserire nell’apposita piattaforma informatica che il dipartimento delle Infrastrutture sta predisponendo e che sarà operativa a giorni». Lo dice l’assessore regionale alla Infrastrutture e alla mobilità Alessandro Aricò che ha firmato l'apposito decreto.
«Insegnanti e altre categoria di dipendenti pubblici - aggiunge - potranno fruire dell’agevolazione istituita dal governo Schifani a partire da febbraio 2023. Prosegue la nostra azione nel sostenere chi è costretto a viaggiare per lavoro da e verso le isole siciliane, pur con dei correttivi che ci consentono di razionalizzare e gestire al meglio le risorse stanziate a copertura di questa importante misura che sostiene i pendolari del comparto pubblico e le comunità locali».
Gli aventi diritto potranno acquistare regolarmente i biglietti presso le compagnie di navigazione e poi chiedere il rimborso del 100% del costo dei viaggi effettuati caricando la documentazione relativa, entro 30 giorni dalla data del viaggio, sull’apposita piattaforma informatica che il dipartimento sta predisponendo, con modalità analoghe a quelle già attive contro il caro-voli per ottenere il parziale rimborso dei biglietti aerei. Nelle more del perfezionamento dell’operatività della piattaforma informatica, si raccomanda di conservare i biglietti dei viaggi effettuati a partire da domani.
Un equilibrio virtuoso tra conservazione della biodiversità e protezione delle attività agricole: questo l'obiettivo cardine del "Piano straordinario regionale per la gestione e il contenimento della fauna selvatica in Sicilia", approvato oggi dalla giunta Schifani. Il documento, in linea con quanto stabilito dal decreto ministeriale 13 giugno del 2023, traccia le linee guida per il quinquennio 2025-2029 ed è stato elaborato dal Dipartimento per lo sviluppo rurale e territoriale, sotto la guida di Fulvio Bellomo, in stretta sinergia con le principali organizzazioni agricole e recentemente avallato anche dall'Istituto superiore per la ricerca ambientale.
«Questo piano - dice l'assessore regionale all'Agricoltura, Salvatore Barbagallo - rappresenta una svolta importante nella gestione del delicato equilibrio tra fauna selvatica e agricoltura in Sicilia. Abbiamo lavorato per mesi a un documento che coniuga il rispetto della biodiversità con la tutela delle nostre produzioni agricole. Le misure che abbiamo previsto sono frutto di un'attenta analisi scientifica e di un costante dialogo con gli agricoltori, che da anni chiedevano interventi concreti. Il monitoraggio continuo ci permetterà di verificare l'efficacia delle azioni intraprese e di calibrare gli interventi futuri. La Sicilia si dota così di uno strumento all'avanguardia per la gestione sostenibile della fauna selvatica».
Il provvedimento, articolato in oltre 200 pagine, risponde alle crescenti sfide poste dalla proliferazione incontrollata di diverse specie selvatiche sul territorio regionale. Si parte dalla presenza sempre più massiccia e invasiva del cinghiale (Sus scrofa) e dei suoi ibridi, che ha causato nell'ultimo ventennio danni significativi all'agricoltura, creando al contempo rischi per la sicurezza stradale e preoccupazioni sanitarie. Il documento approvato oggi si integra con le misure già in atto, come il Piano straordinario per l'eradicazione della peste suina africana (2020-2026), che ha portato finora all'abbattimento controllato di 3.500 esemplari.
La strategia regionale abbraccia anche altre specie che richiedono interventi mirati. Tra queste, il colombaccio (Columba palumbus), la cui presenza sta minacciando seriamente le coltivazioni di Ustica, inclusi i pregiati presidi Slow Food come le leguminose, ma anche i vigneti e altre produzioni.
Non meno rilevante è la gestione delle capre inselvatichite nelle Eolie che mettono a rischio il delicato equilibrio dell'habitat delle piccole isole, del muflone a Marettimo, nell'arcipelago delle Egadi, della nutria nel fiume Irminio, nel Ragusano, e del daino nei Nebrodi, ciascuna specie con specifiche problematiche e necessità di contenimento.
Il piano prevede, inoltre, un sistema di monitoraggio costante e una gestione accurata delle richieste di intervento, assicurando che ogni azione sia realizzata nel pieno rispetto delle normative vigenti e con particolare attenzione alla salvaguardia delle specie sensibili, nel segno di un equilibrio sostenibile tra tutela ambientale, preservazione delle attività agricole tradizionali e sicurezza delle comunità locali.
L’Italia ha uno dei cataloghi storici dei terremoti più importanti al mondo, se non il più importante per ricchezza dei dati e per lunghezza del record storico. Eppure, ancora oggi la ricerca storica sismologica è in grado di individuare eventi o sequenze che per qualche motivo non sono contenuti nei cataloghi.
E’ il caso di una lunga e rilevante sequenza sismica che settant’anni fa colpì l’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie.La sequenza ebbe inizio l’11 dicembre 1954e si fece sentire con scosse leggere fino al successivo 10 gennaio. Siccome gli effetti maggiori si verificarono a fine dicembre e per semplificare diciamosequenza di dicembre 1954.
Salina è la seconda isola più grande delle Eolie dopo Lipari per dimensione e numero di abitanti. Secondo il censimento del 1951, si può stimare che all’epoca del terremoto Salina contasse circa 1870 abitanti, distribuiti nei tre comuni in cui è divisa amministrativamente: Santa Marina Salina, Malfa e Leni.
La sequenza sismica del dicembre 1954 provocò danni “cumulati” tra i gradi 7 e 8 della Scala MCS. Anche se ancora non compare nell’ultima versione del Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (Rovida et al, 2022), la sequenza fu largamente coperta dai mass media dell’epoca.
Figura 1 – Alcuni estratti dalla Stampa e dalla Gazzetta del Sud
La sequenza di Salina è stata riportata alla luce non molto tempo fa ed è ancora in fase di studio. Pochi anni dopo l’accadimento era stata descritta da Mario De Panfilis, sismologo dell’allora Istituto Nazionale di Geofisica (ING), e riportata nel catalogo di terremoti del Progetto Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985) con più di 30 record tra il 14 dicembre 1954 e il 10 gennaio 1955. Tuttavia, in questo momento non interessa indagare le cause della sua scomparsa nei cataloghi più moderni. Quello che è interessante sottolineare, invece, è che questa sequenza testimonia quanto ancora ci sia bisogno della ricerca storico-sismologica, persino quando riguarda anni che apparentemente conosciamo bene.
Breve cenno alla sismicità storica dell’isola di Salina
La storia sismica delle Isole Eolie contiene diversi terremoti nella prima metà del XX secolo, ma non abbonda di eventi nei secoli precedenti, probabilmente per la mancanza di persone che riportassero le informazioni visto che si trattava di abitati molto piccoli. Solo per Lipari, il centro più importante dell’arcipelago, si conserva una storia di risentimenti sismici che risale fino ai grandi terremoti del 1693 in Sicilia e del 1783 in Calabria, con danni stimati rispettivamente del 6° e del 7° grado della Scala MCS. Il primo evento con epicentro locale di cui si conserva memoria è un terremoto con intensità massima del 5° grado MCS a Lipari, accaduto nel 1841. Per quanto riguarda l’isola di Salina, l’evento significativo più antico risale al 1892 (Barbano et al., 2017); quello di maggiori ripercussioni è quello del 17 agosto 1926, in cui i danni raggiunsero, secondo Cavasino (1935), una intensità non precisata tra il 7° e l’8° grado MCS a Pollara (dove sessanta case sarebbero rimaste danneggiate e metà di esse rese inabitabili), e nella maggiormente popolata Malfa (dove quattrocento case sono rimaste danneggiate e si registrarono due feriti). Danni minori risultarono anche in altre due località dell’isola: a Rinella parecchie case sono rimaste lesionate oltre alla chiesa parrocchiale e anche nel paese di Leni sarebbe crollata qualche casa. Riguardo alle altre isole, si ha la sola segnalazione di leggeri danni per il porto di Filicudi e di Lipari e la caduta di qualche frana.
Un altro terremoto accadde il 27 gennaio 1939, produsse danni minori rispetto al precedente e colpì principalmente la parte occidentale di Salina e il porto di Filicudi (Molin et al. 2008). Si può ricordare, infine il terremoto del 13 giugno 1963, che provocò solo lievi danni a Pollara (tra il 6° e il 7° grado MCS) e a Leni, Malfa e Rinella (6° grado MCS).
Sebbene con un epicentro più lontano, è da ricordare il terremoto del Golfo di Patti del 15 aprile 1978, che causò danni leggeri almeno in cinque località dell’isola, con una intensità massima tra il 6° e il 7° grado MCS a Santa Marina Salina.
La sequenza sismica
Secondo il citato De Panfilis, i primi terremoti avvertiti dalla popolazione sono accaduti l’11 e il 14 dicembre 1954. Il Corriere della Sera diede notizia delle tre scosse del 14 dicembre, che spaventarono la popolazione isolana. Dopo qualche giorno di relativa calma, forti scosse sono state avvertite il pomeriggio del 23 dicembre. In particolare, alle 16:41, una scossa danneggiò dei soffitti e fece cadere calcinacci almeno nella località di Pollara, presso il comune di Malfa (Tab.1). Le scosse si ripeterono, in particolare, verso la mezzanotte e fino alle prime ore del mattino del 24 dicembre, apparentemente senza danni materiali. I quotidiani dell’epoca raccontano che da quel giorno si cominciarono ad avvertire tre o quattro scosse al giorno, portando la popolazione dell’isola in uno stato di permanente allarme.
A un’ora non precisata dell’alba del 27 dicembre la popolazione dell’isola fu svegliata da una forte scossa accompagnata da intensi boati. Poco dopo, alle ore 8:59, si sentì una “scossa fortissima”, che è risultata quella principale, seguita da un’altra forte scossa avvenuta una ventina di minuti dopo. Di seguito, secondo le cronache giornalistiche, le scosse si sarebbero ripetute ogni 10-15 minuti. Alla fine della giornata del 27 si sarebbero contate una trentina di terremoti e circa ottanta fino al 30 dicembre. Le scosse furono avvertite soprattutto a Pollara, il paese più colpito. Vista la frequenza delle scosse, né De Panfilis (1959), né i quotidiani ne hanno dato un resoconto dettagliato, pur accennando ai danni che esse continuavano a provocare. Solo la scossa delle 8:45 della mattina del 28 dicembre è menzionata con rilievo da parte delle cronache giornalistiche.
Figura 2 – Estratti dal Giornale di Sicilia e dalla Gazzetta del Sud
Con l’inizio del nuovo anno, la frequenza e l’intensità dei terremoti diminuì: si avvertirono scosse solo nei giorni 1, 2, 3, 6 e 10 gennaio, che provocarono comunque forte apprensione nella popolazione, già sottoposta a forte pressione dalle precedenti scosse (Giornale di Sicilia).
I danni
Per ricostruire lo scenario macrosismico prodotto dai terremoti, oltre al resoconto di De Panfilis (1959), altre notizie sono tratte da diversi quotidiani: Gazzetta di Messina, Giornale di Sicilia, Corriere della Sera, La Stampa, L’Unità e L’Avvenire d’Italia, nonché due cinegiornali, uno della serie “Mondo Libero” e l’altro della “Settimana Incom”, tutti e due datati 7 gennaio e visibili online sul sito dell’archivio dell’Istituto Luce.
Figura 3 – Mappa delle intensità macrosismiche di De Panfilis (1959)
Le prime corrispondenze giornalistiche in cui si dà conto dei danni sono datate la sera del 27 dicembre, per poi susseguirsi con una o due corrispondenze giornaliere fino alla fine dell’anno, con le quali si aggiungevano particolari e si aggiornava sulle nuove scosse. Purtroppo, la cadenza delle notizie e lo stile narrativo giornalistico non permettono di distinguere gli effetti delle diverse scosse avvenute a partire dalla mattina del 27 dicembre. Per questo motivo, i danni rilevati devono essere considerati come il risultato cumulato dell’intera sequenza. In linea generale si dice che “quasi tutte le casette dell’isola, di vecchia e primitiva costruzione, sono rimaste lesionate o fortemente danneggiate”.
La risonanza nazionale che ebbe la sequenza sismica di Salina si evidenzia dai due cinegiornali menzionati. Sebbene questi filmati non consentano di avere una visione d’insieme delle conseguenze delle scosse, mostrano alcuni dettagli degli effetti del terremoto. I filmati si focalizzano nelle località di Pollara e Malfa, le più colpite, e permettono di osservare i danni e i crolli in alcune abitazioni.
Dei tre comuni in cui è suddivisa l’isola, il territorio di Malfa si estende nella costa nord e nella parte occidentale dell’isola; qui si fecero sentire maggiormente gli effetti dei terremoti, in particolare nella frazione di Pollara.
Le località danneggiate
Pollara. Dall’inizio si ebbe la percezione che i danni maggiori si riscontrassero nel paese di Pollara, che si trova sulla costa nord-occidentale dell’isola, di poco meno di cento abitanti, secondo il censimento del 1951 (per dare un’idea del paese di Pollara, vale la pena ricordare che è il luogo in cui è stato girato il film “Il postino” con Massimo Troisi). I diversi resoconti parlano dei danni del paese con diverse sfumature. Si dice che sarebbero crollate alcune vecchie case e numerose altre sarebbero rimaste gravemente danneggiate (De Panfilis). Secondo altri, quasi tutte le abitazioni avevano patito gravi danni ed erano crollati alcuni soffitti. Altre informazioni riportano qualche dettaglio in più: ad esempio, si legge in una notizia che tutte le circa ottanta case del paese erano rimaste danneggiate, ma che solo una cinquantina di esse era effettivamente abitata al momento del terremoto, mentre le altre erano state abbandonate per causa della forte emigrazione della popolazione verso le Americhe e l’Australia. Infine, un altro resoconto riportava che solo undici case erano rimaste lievemente danneggiate, mentre la maggior parte delle rimanenti doveva essere demolita.
Inoltre, le scosse hanno provocato la caduta di grossi massi di roccia dal Monte de Porri -l’antico vulcano che sovrasta l’area a picco sul mare-, i quali, franando, distrussero vecchie casupole di campagna, mentre altri caddero in mare.
A Malfa, capoluogo comunale di circa 720 abitanti (più altri 250 nelle case sparse) che si trova sulla costa nord dell’isola, si segnalarono danni significativi in quasi tutte le abitazioni, gravi in molte di esse. Inoltre, sono rimasti gravemente danneggiati alcuni edifici, tra i quali la caserma della Guardia di Finanza e la chiesa parrocchiale.
Leni è il capoluogo del comune che copre la parte meridionale dell’isola e aveva 655 abitanti circa. Le notizie sostengono che la scossa del 23 dicembre fu avvertita fortemente, destando panico nella popolazione, ma apparentemente senza danni (Giornale di Sicilia). Invece, le informazioni arrivate dopo le principali scosse indicavano che in questo paese la situazione era drammatica, con tutte le abitazioni più o meno seriamente danneggiate e in qualche caso con danni gravi. Buona parte della popolazione rimasta in paese era stata sistemata provvisoriamente nella nuova scuola (che si presume non fosse stata danneggiata).
Rinella. Poche notizie si hanno sugli effetti del terremoto nel porto di Rinella (allora nota ufficialmente con il nome italiano di Arenella), frazione costiera del comune di Leni, che contava più di 120 abitanti. Oltre alle note generiche sui danni generalizzati nelle abitazioni dell’isola, le cronache accennano soltanto ai danni della parrocchia, con il crollo di un pilastro del campanile sul tetto della canonica (Giornale di Sicilia), e nella stazione della Guardia di Finanza, senza peraltro definirne la gravità.
Santa Marina Salina. Oggi è il porto più importante dell’isola e si trova sulla costa orientale. Contava allora 630 abitanti. Le cronache forniscono poche notizie su questo paese. Oltre ai danni più o meno generalizzati nelle abitazioni di tutta l’isola, si dice solo che ha sofferto danni minori rispetto a Pollara; tuttavia, si sarebbe verificato anche qualche crollo. Secondo De Panfilis (1959), anche in questa località (come a Lingua), si verificarono lesioni più o meno gravi in molti edifici. Altri resoconti lascerebbero intendere che non si siano verificati danni di rilievo, tranne che nella frazione di Lingua (Gazzetta del Sud).
Lingua, frazione del comune di Santa Marina Salina con quasi 390 abitanti, è la località più sudorientale dell’isola. Si afferma che in questa località siano state danneggiate numerose case di abitazioni. Una notizia di agenzia pubblicata da più giornali la sera del 28 dicembre informava del crollo del campanile della chiesa e che si prevedeva il crollo totale dell’edificio. Tuttavia, giorni dopo è stato smentito il crollo del campanile, e ridimensionato il danno all’edificio. Anche il personale della stazione della Guardia di Finanza era stato trasferito per danni nella caserma. Secondo De Panfilis (1959), anche a Lingua (come a S. Marina Salina), si verificarono lesioni più o meno gravi in molti edifici.
Altre isole. Le cronache consultate non segnalano con precisione gli eventuali effetti nelle altre isole dell’arcipelago o in Sicilia. Solo una corrispondenza della sera del 30 dicembre riferisce che le scosse più violente sono state avvertite anche nelle isole di Filicudi, Lipari e Stromboli, senza però offrire altri dettagli. Invece De Panfilis, benché consapevole delle poche notizie disponibili, afferma che a Lipari il movimento tellurico fu generalmente avvertito, ma senza destare alcuna apprensione, mentre era stato più leggermente avvertito nelle più lontane isole di Panarea, di Filicudi e di Vulcano.
Oltre alla caduta di massi dal Monte de Porri, accennata per la zona di Pollara, gli unici effetti ambientali accennate dalle corrispondenze giornalistiche sono le falle “nelle piccole vie dei i centri di Malfa, Leni, Pollara e Santa Marina” che si sono aperte con le successive scosse.
A differenza del terremoto del 1926, per il quale risulta che il terremoto abbia causato anche un maremoto (come riportato da Cavasino, 1935, e censito dal Database degli Effetti degli Tsunami Italiani), in questo caso non si accenna a nessun effetto di questo tipo, escludendo la preoccupazione suscitata per un effetto di “alta marea”, difficilmente riconducibile a una causa sismica. Le notizie concordano che non si dovette lamentare nessuna vittima e che la maggior parte della popolazione, dopo la forte scossa del 27 mattina, cominciò a cercare rifugio fuori dall’isola.
Le linee telefoniche e telegrafiche rimasero interrotte durante la sequenza e lo scambio di notizie con Messina si realizzò via radio. Le cronache aggiungono che lo stato di apprensione della popolazione dell’arcipelago si era aggravata con la ripresa, la mattina del 29 dicembre, dell’attività dello Stromboli, con colate laviche dalle tre bocche che dalla Sciara del Fuoco arrivavano fino al mare. All’ultimo dell’anno, con il diradarsi delle scosse, era tornata una certa calma nell’isola, la quale permise agli esperti di fare le prime ricognizioni sugli effetti.
L’attribuzione dell’intensità macrosismica
De Panfilis nel suo studio disegna una mappa isosismica, dividendo l’isola in tre livelli d’intensità macrosismica. All’estremo nord-occidentale dell’isola, corrispondente a Pollara, attribuisce il 7° grado Mercalli. Alla regione centrale, che comprende i paesi di Malfa, Leni e Rinella (e il Monte dei Porri), attribuisce un’intensità indeterminata tra il 6° e il 7° grado. Alla frangia orientale, che comprende le località di S. Marina Salina e di Lingua (e la cima del monte Fosse delle Felci), attribuisce un’intensità del 6° grado. Tuttavia, solo per Pollara esplicita i motivi della scelta, sostenendo che attribuisce a questo paese il 7° grado “anche se gli effetti dinamici sulle abitazioni possono indurre a giudicarla più alta”. La scelta è basata sulla constatazione che le case di Pollara, come del resto dell’isola, sono “in generale poco solide sia perché di costruzione assai difettosa sia perché ormai molto vecchie e indebolite da precedenti fenomeni sismici”.
Nel caso di Malfa e di Leni, l’attribuzione di una intensità indeterminata tra il 6°-7° grado deve essere collegata all’accenno alla violenza della scossa avvertita in quei luoghi che causò “gravi lesioni in molte abitazioni”. Tuttavia, di Rinella, ovvero la terza località compresa in questa area, non abbiamo una simile descrizione di danni. Per quanto riguarda la zona orientale dell’isola, che comprende i porti di S. Marina Salina e il porto di Lingua, De Panfilis attribuisce una intensità del 6° grado.
Probabilmente, lo scenario macrosismico proposto da De Panfilis per Pollara è leggermente sottostimato. Infatti, per il terremoto del 17 agosto 1926, Alfonso Cavasino (1935), assegnò a Pollara un’intensità incerta tra 7°-8° Mercalli sulla base di una descrizione di effetti simili a quelli di questa sequenza, e con un contesto edilizio e abitativo certamente analogo a quello del 1954. Invece, forse sono sovrastimati gli effetti nell’altro estremo dell’isola, ovvero a Santa Maria Salina e a Lingua. Ad ogni modo si presenta il riassunto dello scenario macrosismico provvisorio risultante della scossa del 23 (Tab.1) e del 27 dicembre (Tab.2), cumulativo per quest’ultima fase:
Tabella 1. Piano Quotato Macrosismico del terremoto del 23 dicembre 1954.Tabella 2. Piano quotato macrosismico del terremoto del 27 dicembre 1954.
Come è naturale, le cronache giornalistiche non si limitano a registrare le scosse e i loro effetti, bensì raccontano episodi, voci e timori che circolavano nell’isola. L’inviato della Gazzetta del Sud racconta che quasi tutto il paese di Pollara si era rifugiato in una baracca costruita dopo il terremoto del 1926, e che al momento di avvertire una scossa, tutti corsero disordinatamente verso l’unica porta per uscire all’aperto. Due donne erano rimaste nelle loro abitazioni, una che poco tempo fa aveva partorito con difficoltà e una anziana a letto. Intanto, il sindaco di Malfa ordinò l’allestimento di una cucina popolare, come si vede nei cinegiornali. Appena tornata la calma, si dice che sono arrivati alcuni scienziati da Messina per osservare gli effetti del terremoto e monitorare l’eruzione dello Stromboli. Allo stesso tempo si parlava di una possibile eruzione dell’Etna, cosa che svegliava l’antica idea che l’eruzione contemporanea dei vulcani comportava grandi sconvolgimenti e perfino la fine del mondo (La Stampa). Intanto si danno numeri piuttosto alte delle persone che avrebbero trovato rifugio a Milazzo e della gran quantità di telegrammi arrivati dagli Stati Uniti, dal Cile, dall’Argentina chiedendo notizie dei parenti rimasti nella terra natia.
Conclusioni
Sebbene la ricerca su questa sequenza sismica non sia terminata, si può comunque dire che è una delle più importanti per l’isola di Salina; forse la seconda più forte dopo il terremoto del 1926. In particolare, le ricerche in archivio potrebbero ancora fornire informazioni più accurate sull’entità dei danni nelle diverse località dell’isola, sulle quali le fonti attualmente disponibili sono troppo generiche e mostrano contraddizioni.
COMUNICATO - Si è svolta anche quest'anno, nella mattinata del 03/02/2025 presso il MaxiStore Decò-Centrale, (sempre sensibili e disponibili sulle tematiche ambientali), la campagna di in-formazione per promuovere sistemi virtuosi di gestione della raccolta differenziata, con la fattiva collaborazione dei cittadini del Comune di Lipari.
L’iniziativa promossa dalle società che hanno in appalto, il servizio raccolta rifiuti nel Comune di Lipari, la Ecoburgus srl- Siculcoop srl nella persona del Responsabile Dott.re Francesco La Spada, insieme all’Assessore all’ Ambiente, Gianni Iacolino e del Consigliere Comunale Christian Lampo, hanno iniziato una serie di incontri con la cittadinanza, con la finalità di promuovere e sostenere le buone pratiche, al fine di produrre meno rifiuti e migliorare ed aumentare la percentuale di raccolta differenziata.
Gli incontri hanno il compito di spiegare direttamente al cittadino, le modalità corrette per rendere efficaci le azioni di sostenibilità ambientale attraverso l'atto del differenziare i rifiuti per topologia direttamente a casa, al fine di garantire un corretto smaltimento.
L’iniziativa, la prima di tante pronte a partire quest'anno, si inserisce nell’ambito delle campagne di sensibilizzazione dei cittadini, volte a migliorare l'efficacia del servizio con la collaborazione dei cittadini.
Prigioniero dei Turchi a Costantinopoli, fra Giuseppe era restato per tre giorni appeso a una croce per un piede e per una mano. E non era morto. Dio solo sa come riuscisse a sopravvivere a quel supplizio, e come si rimarginassero le sue terribili ferite. Si parlò dell'intervento miracoloso di un Angelo, che avrebbe sostenuto il suo corpo e curato le sue piaghe. Certo non era facile spiegare in altro modo quella resistenza che sfidava tutte le leggi naturali, comprese quelle - terribilmente logiche - della tortura. E quasi un miracolo fu il fatto che il Sultano, forse ammirato per l'accaduto, commutasse la pena di morte con l'esilio perpetuo. A Costantinopoli, il cappuccino Fra Giuseppe aveva compiuto un gesto degno veramente da folle. Aveva tentato di entrare nel palazzo per predicare davanti al Sultano in persona, sperando di convertirlo. Catturato dalle guardie, era stato giudicato reo di lesa maestà. Bisogna dire che fino allora i Turchi lo avevano lasciato libero di predicare in città, dopo aver assistito i cristiani prigionieri. L'estrema povertà del frate e dei suoi compagni, sotto il saio color tabacco, lasciava perplessi i rappresentanti del potere e della religione ufficiale. Era difficile vedere in quegli umilissimi stranieri, sprovvisti di tutto, altrettanti pericolosi cospiratori contro la sicurezza dello Stato. Giuseppe era nato nel 1556, a Leonessa, e nella cittadina laziale dal fiero nome, presso Spoleto, era entrato sedicenne tra i cappuccini della riforma, mutando il nome di Eufrasio Desiderato in quello dell'umile sposo della Vergine. Aveva compiuto il proprio noviziato nel convento delle Carceri, sopra Assisi, e in quella piega boscosa del Subasio si era temprato alla più dura penitenza e alla più rigorosa astinenza. Con una tipica espressione francescana, chiamava il proprio corpo « frate asino », e diceva che come tale non aveva bisogno di essere trattato come un corsiero, un purosangue. Bastava trattarlo come un asino, con poca paglia e molte frustate. La paglia forse si, ma le frustate - come abbiamo visto - non gli erano mancate durante la sua avventura in Turchia, dove il generale dell'Ordine lo aveva inviato, trentenne, per assistervi i prigionieri cristiani. Tornato in Italia, poté seguire quella vocazione missionaria che l'aveva spinto a predicare davanti al Sultano. Questa volta, però, fu predicatore sull'uscio di casa, nei villaggi e nella città reatina, sua patria. I risultati furono altrettanto consolanti, e il suo zelo di carità ancor più necessario, perché il più difficile terreno di missione è spesso quello stesso sul quale fiorisce la santità in mezzo alle ortiche del vizio e ai rovi dell'indifferenza. Cinquantacinquenne, s'infermò, ritirandosi nel convento d'Amatrice. Gli venne diagnosticato un tumore, e si tentò di operarlo, Dio sa come. Fu quello il suo secondo supplizio, ma rifiutò di essere legato, come suggerivano i medici. E non si sollevò più dal lettuccio chirurgico. Come anestetico si era stretto al petto, lungamente, il Crocifisso.
MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Amatrice nel Lazio, san Giuseppe da Leonessa, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che a Costantinopoli aiutò i prigionieri cristiani e, dopo aver duramente patito per aver predicato il Vangelo fin nel palazzo del Sultano, tornato in patria rifulse nella cura dei poveri.