L’Italia ha uno dei cataloghi storici dei terremoti più importanti al mondo, se non il più importante per ricchezza dei dati e per lunghezza del record storico. Eppure, ancora oggi la ricerca storica sismologica è in grado di individuare eventi o sequenze che per qualche motivo non sono contenuti nei cataloghi.
E’ il caso di una lunga e rilevante sequenza sismica che settant’anni fa colpì l’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie. La sequenza ebbe inizio l’11 dicembre 1954 e si fece sentire con scosse leggere fino al successivo 10 gennaio. Siccome gli effetti maggiori si verificarono a fine dicembre e per semplificare diciamo sequenza di dicembre 1954.
Salina è la seconda isola più grande delle Eolie dopo Lipari per dimensione e numero di abitanti. Secondo il censimento del 1951, si può stimare che all’epoca del terremoto Salina contasse circa 1870 abitanti, distribuiti nei tre comuni in cui è divisa amministrativamente: Santa Marina Salina, Malfa e Leni.
La sequenza sismica del dicembre 1954 provocò danni “cumulati” tra i gradi 7 e 8 della Scala MCS. Anche se ancora non compare nell’ultima versione del Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (Rovida et al, 2022), la sequenza fu largamente coperta dai mass media dell’epoca.
La sequenza di Salina è stata riportata alla luce non molto tempo fa ed è ancora in fase di studio. Pochi anni dopo l’accadimento era stata descritta da Mario De Panfilis, sismologo dell’allora Istituto Nazionale di Geofisica (ING), e riportata nel catalogo di terremoti del Progetto Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985) con più di 30 record tra il 14 dicembre 1954 e il 10 gennaio 1955. Tuttavia, in questo momento non interessa indagare le cause della sua scomparsa nei cataloghi più moderni. Quello che è interessante sottolineare, invece, è che questa sequenza testimonia quanto ancora ci sia bisogno della ricerca storico-sismologica, persino quando riguarda anni che apparentemente conosciamo bene.
Breve cenno alla sismicità storica dell’isola di Salina
La storia sismica delle Isole Eolie contiene diversi terremoti nella prima metà del XX secolo, ma non abbonda di eventi nei secoli precedenti, probabilmente per la mancanza di persone che riportassero le informazioni visto che si trattava di abitati molto piccoli. Solo per Lipari, il centro più importante dell’arcipelago, si conserva una storia di risentimenti sismici che risale fino ai grandi terremoti del 1693 in Sicilia e del 1783 in Calabria, con danni stimati rispettivamente del 6° e del 7° grado della Scala MCS. Il primo evento con epicentro locale di cui si conserva memoria è un terremoto con intensità massima del 5° grado MCS a Lipari, accaduto nel 1841. Per quanto riguarda l’isola di Salina, l’evento significativo più antico risale al 1892 (Barbano et al., 2017); quello di maggiori ripercussioni è quello del 17 agosto 1926, in cui i danni raggiunsero, secondo Cavasino (1935), una intensità non precisata tra il 7° e l’8° grado MCS a Pollara (dove sessanta case sarebbero rimaste danneggiate e metà di esse rese inabitabili), e nella maggiormente popolata Malfa (dove quattrocento case sono rimaste danneggiate e si registrarono due feriti). Danni minori risultarono anche in altre due località dell’isola: a Rinella parecchie case sono rimaste lesionate oltre alla chiesa parrocchiale e anche nel paese di Leni sarebbe crollata qualche casa. Riguardo alle altre isole, si ha la sola segnalazione di leggeri danni per il porto di Filicudi e di Lipari e la caduta di qualche frana.
Un altro terremoto accadde il 27 gennaio 1939, produsse danni minori rispetto al precedente e colpì principalmente la parte occidentale di Salina e il porto di Filicudi (Molin et al. 2008). Si può ricordare, infine il terremoto del 13 giugno 1963, che provocò solo lievi danni a Pollara (tra il 6° e il 7° grado MCS) e a Leni, Malfa e Rinella (6° grado MCS).
Sebbene con un epicentro più lontano, è da ricordare il terremoto del Golfo di Patti del 15 aprile 1978, che causò danni leggeri almeno in cinque località dell’isola, con una intensità massima tra il 6° e il 7° grado MCS a Santa Marina Salina.
La sequenza sismica
Secondo il citato De Panfilis, i primi terremoti avvertiti dalla popolazione sono accaduti l’11 e il 14 dicembre 1954. Il Corriere della Sera diede notizia delle tre scosse del 14 dicembre, che spaventarono la popolazione isolana. Dopo qualche giorno di relativa calma, forti scosse sono state avvertite il pomeriggio del 23 dicembre. In particolare, alle 16:41, una scossa danneggiò dei soffitti e fece cadere calcinacci almeno nella località di Pollara, presso il comune di Malfa (Tab.1). Le scosse si ripeterono, in particolare, verso la mezzanotte e fino alle prime ore del mattino del 24 dicembre, apparentemente senza danni materiali. I quotidiani dell’epoca raccontano che da quel giorno si cominciarono ad avvertire tre o quattro scosse al giorno, portando la popolazione dell’isola in uno stato di permanente allarme.
A un’ora non precisata dell’alba del 27 dicembre la popolazione dell’isola fu svegliata da una forte scossa accompagnata da intensi boati. Poco dopo, alle ore 8:59, si sentì una “scossa fortissima”, che è risultata quella principale, seguita da un’altra forte scossa avvenuta una ventina di minuti dopo. Di seguito, secondo le cronache giornalistiche, le scosse si sarebbero ripetute ogni 10-15 minuti. Alla fine della giornata del 27 si sarebbero contate una trentina di terremoti e circa ottanta fino al 30 dicembre. Le scosse furono avvertite soprattutto a Pollara, il paese più colpito. Vista la frequenza delle scosse, né De Panfilis (1959), né i quotidiani ne hanno dato un resoconto dettagliato, pur accennando ai danni che esse continuavano a provocare. Solo la scossa delle 8:45 della mattina del 28 dicembre è menzionata con rilievo da parte delle cronache giornalistiche.
Con l’inizio del nuovo anno, la frequenza e l’intensità dei terremoti diminuì: si avvertirono scosse solo nei giorni 1, 2, 3, 6 e 10 gennaio, che provocarono comunque forte apprensione nella popolazione, già sottoposta a forte pressione dalle precedenti scosse (Giornale di Sicilia).
I danni
Per ricostruire lo scenario macrosismico prodotto dai terremoti, oltre al resoconto di De Panfilis (1959), altre notizie sono tratte da diversi quotidiani: Gazzetta di Messina, Giornale di Sicilia, Corriere della Sera, La Stampa, L’Unità e L’Avvenire d’Italia, nonché due cinegiornali, uno della serie “Mondo Libero” e l’altro della “Settimana Incom”, tutti e due datati 7 gennaio e visibili online sul sito dell’archivio dell’Istituto Luce.
Le prime corrispondenze giornalistiche in cui si dà conto dei danni sono datate la sera del 27 dicembre, per poi susseguirsi con una o due corrispondenze giornaliere fino alla fine dell’anno, con le quali si aggiungevano particolari e si aggiornava sulle nuove scosse. Purtroppo, la cadenza delle notizie e lo stile narrativo giornalistico non permettono di distinguere gli effetti delle diverse scosse avvenute a partire dalla mattina del 27 dicembre. Per questo motivo, i danni rilevati devono essere considerati come il risultato cumulato dell’intera sequenza. In linea generale si dice che “quasi tutte le casette dell’isola, di vecchia e primitiva costruzione, sono rimaste lesionate o fortemente danneggiate”.
La risonanza nazionale che ebbe la sequenza sismica di Salina si evidenzia dai due cinegiornali menzionati. Sebbene questi filmati non consentano di avere una visione d’insieme delle conseguenze delle scosse, mostrano alcuni dettagli degli effetti del terremoto. I filmati si focalizzano nelle località di Pollara e Malfa, le più colpite, e permettono di osservare i danni e i crolli in alcune abitazioni.
Dei tre comuni in cui è suddivisa l’isola, il territorio di Malfa si estende nella costa nord e nella parte occidentale dell’isola; qui si fecero sentire maggiormente gli effetti dei terremoti, in particolare nella frazione di Pollara.
Le località danneggiate
Pollara. Dall’inizio si ebbe la percezione che i danni maggiori si riscontrassero nel paese di Pollara, che si trova sulla costa nord-occidentale dell’isola, di poco meno di cento abitanti, secondo il censimento del 1951 (per dare un’idea del paese di Pollara, vale la pena ricordare che è il luogo in cui è stato girato il film “Il postino” con Massimo Troisi). I diversi resoconti parlano dei danni del paese con diverse sfumature. Si dice che sarebbero crollate alcune vecchie case e numerose altre sarebbero rimaste gravemente danneggiate (De Panfilis). Secondo altri, quasi tutte le abitazioni avevano patito gravi danni ed erano crollati alcuni soffitti. Altre informazioni riportano qualche dettaglio in più: ad esempio, si legge in una notizia che tutte le circa ottanta case del paese erano rimaste danneggiate, ma che solo una cinquantina di esse era effettivamente abitata al momento del terremoto, mentre le altre erano state abbandonate per causa della forte emigrazione della popolazione verso le Americhe e l’Australia. Infine, un altro resoconto riportava che solo undici case erano rimaste lievemente danneggiate, mentre la maggior parte delle rimanenti doveva essere demolita.
Inoltre, le scosse hanno provocato la caduta di grossi massi di roccia dal Monte de Porri -l’antico vulcano che sovrasta l’area a picco sul mare-, i quali, franando, distrussero vecchie casupole di campagna, mentre altri caddero in mare.
A Malfa, capoluogo comunale di circa 720 abitanti (più altri 250 nelle case sparse) che si trova sulla costa nord dell’isola, si segnalarono danni significativi in quasi tutte le abitazioni, gravi in molte di esse. Inoltre, sono rimasti gravemente danneggiati alcuni edifici, tra i quali la caserma della Guardia di Finanza e la chiesa parrocchiale.
Leni è il capoluogo del comune che copre la parte meridionale dell’isola e aveva 655 abitanti circa. Le notizie sostengono che la scossa del 23 dicembre fu avvertita fortemente, destando panico nella popolazione, ma apparentemente senza danni (Giornale di Sicilia). Invece, le informazioni arrivate dopo le principali scosse indicavano che in questo paese la situazione era drammatica, con tutte le abitazioni più o meno seriamente danneggiate e in qualche caso con danni gravi. Buona parte della popolazione rimasta in paese era stata sistemata provvisoriamente nella nuova scuola (che si presume non fosse stata danneggiata).
Rinella. Poche notizie si hanno sugli effetti del terremoto nel porto di Rinella (allora nota ufficialmente con il nome italiano di Arenella), frazione costiera del comune di Leni, che contava più di 120 abitanti. Oltre alle note generiche sui danni generalizzati nelle abitazioni dell’isola, le cronache accennano soltanto ai danni della parrocchia, con il crollo di un pilastro del campanile sul tetto della canonica (Giornale di Sicilia), e nella stazione della Guardia di Finanza, senza peraltro definirne la gravità.
Santa Marina Salina. Oggi è il porto più importante dell’isola e si trova sulla costa orientale. Contava allora 630 abitanti. Le cronache forniscono poche notizie su questo paese. Oltre ai danni più o meno generalizzati nelle abitazioni di tutta l’isola, si dice solo che ha sofferto danni minori rispetto a Pollara; tuttavia, si sarebbe verificato anche qualche crollo. Secondo De Panfilis (1959), anche in questa località (come a Lingua), si verificarono lesioni più o meno gravi in molti edifici. Altri resoconti lascerebbero intendere che non si siano verificati danni di rilievo, tranne che nella frazione di Lingua (Gazzetta del Sud).
Lingua, frazione del comune di Santa Marina Salina con quasi 390 abitanti, è la località più sudorientale dell’isola. Si afferma che in questa località siano state danneggiate numerose case di abitazioni. Una notizia di agenzia pubblicata da più giornali la sera del 28 dicembre informava del crollo del campanile della chiesa e che si prevedeva il crollo totale dell’edificio. Tuttavia, giorni dopo è stato smentito il crollo del campanile, e ridimensionato il danno all’edificio. Anche il personale della stazione della Guardia di Finanza era stato trasferito per danni nella caserma. Secondo De Panfilis (1959), anche a Lingua (come a S. Marina Salina), si verificarono lesioni più o meno gravi in molti edifici.
Altre isole. Le cronache consultate non segnalano con precisione gli eventuali effetti nelle altre isole dell’arcipelago o in Sicilia. Solo una corrispondenza della sera del 30 dicembre riferisce che le scosse più violente sono state avvertite anche nelle isole di Filicudi, Lipari e Stromboli, senza però offrire altri dettagli. Invece De Panfilis, benché consapevole delle poche notizie disponibili, afferma che a Lipari il movimento tellurico fu generalmente avvertito, ma senza destare alcuna apprensione, mentre era stato più leggermente avvertito nelle più lontane isole di Panarea, di Filicudi e di Vulcano.
Oltre alla caduta di massi dal Monte de Porri, accennata per la zona di Pollara, gli unici effetti ambientali accennate dalle corrispondenze giornalistiche sono le falle “nelle piccole vie dei i centri di Malfa, Leni, Pollara e Santa Marina” che si sono aperte con le successive scosse.
A differenza del terremoto del 1926, per il quale risulta che il terremoto abbia causato anche un maremoto (come riportato da Cavasino, 1935, e censito dal Database degli Effetti degli Tsunami Italiani), in questo caso non si accenna a nessun effetto di questo tipo, escludendo la preoccupazione suscitata per un effetto di “alta marea”, difficilmente riconducibile a una causa sismica. Le notizie concordano che non si dovette lamentare nessuna vittima e che la maggior parte della popolazione, dopo la forte scossa del 27 mattina, cominciò a cercare rifugio fuori dall’isola.
Le linee telefoniche e telegrafiche rimasero interrotte durante la sequenza e lo scambio di notizie con Messina si realizzò via radio. Le cronache aggiungono che lo stato di apprensione della popolazione dell’arcipelago si era aggravata con la ripresa, la mattina del 29 dicembre, dell’attività dello Stromboli, con colate laviche dalle tre bocche che dalla Sciara del Fuoco arrivavano fino al mare. All’ultimo dell’anno, con il diradarsi delle scosse, era tornata una certa calma nell’isola, la quale permise agli esperti di fare le prime ricognizioni sugli effetti.
L’attribuzione dell’intensità macrosismica
De Panfilis nel suo studio disegna una mappa isosismica, dividendo l’isola in tre livelli d’intensità macrosismica. All’estremo nord-occidentale dell’isola, corrispondente a Pollara, attribuisce il 7° grado Mercalli. Alla regione centrale, che comprende i paesi di Malfa, Leni e Rinella (e il Monte dei Porri), attribuisce un’intensità indeterminata tra il 6° e il 7° grado. Alla frangia orientale, che comprende le località di S. Marina Salina e di Lingua (e la cima del monte Fosse delle Felci), attribuisce un’intensità del 6° grado. Tuttavia, solo per Pollara esplicita i motivi della scelta, sostenendo che attribuisce a questo paese il 7° grado “anche se gli effetti dinamici sulle abitazioni possono indurre a giudicarla più alta”. La scelta è basata sulla constatazione che le case di Pollara, come del resto dell’isola, sono “in generale poco solide sia perché di costruzione assai difettosa sia perché ormai molto vecchie e indebolite da precedenti fenomeni sismici”.
Nel caso di Malfa e di Leni, l’attribuzione di una intensità indeterminata tra il 6°-7° grado deve essere collegata all’accenno alla violenza della scossa avvertita in quei luoghi che causò “gravi lesioni in molte abitazioni”. Tuttavia, di Rinella, ovvero la terza località compresa in questa area, non abbiamo una simile descrizione di danni. Per quanto riguarda la zona orientale dell’isola, che comprende i porti di S. Marina Salina e il porto di Lingua, De Panfilis attribuisce una intensità del 6° grado.
Probabilmente, lo scenario macrosismico proposto da De Panfilis per Pollara è leggermente sottostimato. Infatti, per il terremoto del 17 agosto 1926, Alfonso Cavasino (1935), assegnò a Pollara un’intensità incerta tra 7°-8° Mercalli sulla base di una descrizione di effetti simili a quelli di questa sequenza, e con un contesto edilizio e abitativo certamente analogo a quello del 1954. Invece, forse sono sovrastimati gli effetti nell’altro estremo dell’isola, ovvero a Santa Maria Salina e a Lingua. Ad ogni modo si presenta il riassunto dello scenario macrosismico provvisorio risultante della scossa del 23 (Tab.1) e del 27 dicembre (Tab.2), cumulativo per quest’ultima fase:
Come è naturale, le cronache giornalistiche non si limitano a registrare le scosse e i loro effetti, bensì raccontano episodi, voci e timori che circolavano nell’isola. L’inviato della Gazzetta del Sud racconta che quasi tutto il paese di Pollara si era rifugiato in una baracca costruita dopo il terremoto del 1926, e che al momento di avvertire una scossa, tutti corsero disordinatamente verso l’unica porta per uscire all’aperto. Due donne erano rimaste nelle loro abitazioni, una che poco tempo fa aveva partorito con difficoltà e una anziana a letto. Intanto, il sindaco di Malfa ordinò l’allestimento di una cucina popolare, come si vede nei cinegiornali. Appena tornata la calma, si dice che sono arrivati alcuni scienziati da Messina per osservare gli effetti del terremoto e monitorare l’eruzione dello Stromboli. Allo stesso tempo si parlava di una possibile eruzione dell’Etna, cosa che svegliava l’antica idea che l’eruzione contemporanea dei vulcani comportava grandi sconvolgimenti e perfino la fine del mondo (La Stampa). Intanto si danno numeri piuttosto alte delle persone che avrebbero trovato rifugio a Milazzo e della gran quantità di telegrammi arrivati dagli Stati Uniti, dal Cile, dall’Argentina chiedendo notizie dei parenti rimasti nella terra natia.
Conclusioni
Sebbene la ricerca su questa sequenza sismica non sia terminata, si può comunque dire che è una delle più importanti per l’isola di Salina; forse la seconda più forte dopo il terremoto del 1926. In particolare, le ricerche in archivio potrebbero ancora fornire informazioni più accurate sull’entità dei danni nelle diverse località dell’isola, sulle quali le fonti attualmente disponibili sono troppo generiche e mostrano contraddizioni.
A cura di Carlos H. Caracciolo (INGV-BO)
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