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martedì 7 luglio 2020

"Ginostra guarda al tramonto", fumetto di 84 pagine ambientato nel piccolo borgo.

PRESENTAZIONE 
"Ginostra guarda al tramonto" è il resoconto di una permanenza di un mese nell’abitato di Ginostra, piccolissimo e remoto villaggio situato sull’isola di Stromboli. Ginostra è stato conosciuta da molti per notizie come “unico abitato a non essere ancora servito dall’energia elettrica” (2004), “porto più piccolo del mondo”, “evacuazione di Ginostra a seguito della potente eruzione dello Stromboli”. Dagli appunti presi durante quella permanenza nel maggio 2019 ne è nato un fumetto di 84 pagine a colori, interamente concepito, sceneggiato e disegnato dall’autore. 
Ginostra, agli occhi dell’autore, con i suoi conflitti interni tra chi lottava per restare “incontaminato” e chi spingeva per quei servizi da tutti considerati base (banchina, elettricità, raccolta rifiuti), diventa una metafora su tutto ciò che è conflittuale nella mente collettiva dell’uomo, che da sempre si divide in fazioni, si schiera, combatte, e lo fa sempre per ciò che ritiene giusto – e paradossalmente, non c’è mai qualcosa di universalmente considerato giusto. 
Il titolo stesso, Ginostra guarda al tramonto, ha un duplice significato: tecnico, in quanto Ginostra è uno dei pochissimi abitati eoliani affacciato ad ovest (il che rende estremamente difficile gli attracchi per via del maestrale, ma popolarissimi gli aperitivi dei turisti che soggiornano altrove), e metaforico: stiamo agli sgoccioli di una civiltà contadina e peschereccia sopravvissuta per millenni, e all’inizio di qualcos’altro, che ancora non è stato ben definito. 
Questo fumetto nasce probabilmente come nascono tutti i racconti, con idee che appaiono all’improvviso in testa senza una previa progettazione. Man mano che le idee si accumulavano, venivano ordinate, catalogate, e ci si rendeva conto che erano potenzialmente parti di una storia. Ginostra è una realtà sul territorio italiano di cui è stato scritto pochissimo (c’è solo una pubblicazione ufficiale sull’abitato), un villaggio con caratteristiche assolutamente uniche. 
Il pubblico a cui si rivolge è interessato alle storie nascoste di cui è zeppa la realtà che ci circonda, storie vere, che non hanno niente di invidiare al mondo della fantasia. 
SULL’AUTORE 
Jabòn del Chivo, nome d'arte per Valerio Barchi, lascia l'Italia a 18 anni, viaggia ininterrottamente il mondo per i restanti 15, lavorando come e dove può - dalle comparsate a Bollywood in India al bartender in Cina, dalle navi container nell'Australia tropicale ad artista di strada a Taiwan al classico cameriere italiano a Sydney - e quando fa ritorno, a 33 anni, si chiede cosa vuole fare da grande. 
Col peso di tante storie accumulate decide di optare per il fumetto, così da poter provare un giorno a raccontare cosa ha visto e vissuto in giro. 
Nel 2019 partecipa al Crack! Fumetti Dirompenti del CSOA Forte Prenestino con un fanzine intitolato "Ben Fatto, Slavini", che gli consentirà di cominciare a capire come si sviluppa un fumetto nella sceneggiatura e nei disegni. 
Appena finita l' esperienza del Crack! si dedica alla creazione di Ginostra guarda al tramonto, 82 pagine a colori. SINOSSI Due ragazzi romani (non avranno mai un nome) scelgono di passare un mese da qualche parte, in Italia, che sia abbastanza isolato e possibilmente fuori da ogni rotta turistica. 
Tra Alicudi e Ginostra (piccolo abitato sull’isola vulcanica di Stromboli, raggiungibile solo via mare anche da Stromboli stessa), entrambe nelle isole Eolie, viene scelta la seconda, principalmente per il marcato isolamento. L’aliscafo è pieno di turisti tedeschi, il che fa pensare al ragazzo che era meglio Alicudi. Tutto il contenuto umano dell’aliscafo mette piede sulla banchina, ma il comandante specifica che questa “è Ginostra, non Stromboli!”. I tedeschi risalgono quindi sull’aliscafo che li porterà nella ben turistica Stromboli, mentre i due ragazzi si ritrovano, da soli, alla base della lunga scalinata che li porterà nel piccolo villaggio. 
Durante la prima esplorazione del posto, i protagonisti comprano l’unico libro che c’è in circolazione (ossia in tutta Italia) che tratta vagamente la storia e i miti del posto. 
Nel fumetto, alcune delle storie di questo libro verranno illustrate quando avverrà qualche episodio o qualche riflessione che le chiamerà in causa, tramando il presente con il passato. 
Un incidente domestico avvenuto il secondo giorno di vacanza costringe i due a dover recarsi al pronto soccorso di Lipari per cucire una ferita. 
Proprio a causa del forte isolamento, la ragazza verrà curata ore e ore dopo l’incidente, e questo spinge i due ragazzi direttamente nella dura quotidianità dei Ginostresi. 
Rientrati a Ginostra, il ragazzo, sempre più incuriosito da questo posto che doveva essere semplicemente un “resort” di fuga dalla vita di Roma, fa un giro di esplorazione, per le stradine e i sentieri di Ginostra. Arrivato in prossimità della “Sciara del fuoco”, lo scenico pendio dell’isola sul quale scivolano lapilli, detriti e colate laviche, comincia a riflettere ad alta voce su alcuni pensieri che ha nella testa, e sorprendentemente il vulcano risponde. 
Per tutta la durata del mese, il vulcano sarà l’interlocutore dei dubbi e dei ragionamenti del protagonista, che il più delle volte riceverà solo risposte caustiche e ironiche. Le giornate passano tra presente e passato a guardare aliscafi che non attraccheranno per via del maltempo (lasciando Ginostra ancora più isolata rispetto agli altri abitati), feste di villaggio in cui tutto il villaggio è partecipe, memorie di tragiche esplosioni vulcaniche e drammatiche storie di emigrazione, miti del posto tra cui il fantasma di un bambino morto a inizio novecento che visita di notte gli abitanti e gli lascia tre conchiglie bagnate (“ma raccontami invece che c’è dopo la morte! Che significano ste tre conchiglie?” obietta il protagonista) fino all’incontro con due personaggi chiave di Ginostra, che conta un nucleo abitativo inferiore a 30 persone: due anziani. 
Il primo è Kenzo, ex-traghettatore della barchetta a motore che collegava Ginostra alle navi in rada, uscendo dal porto che ufficialmente è il più piccolo del mondo (il Pertuso). Kenzo ora si dedica a curare l’orto e a raccogliere i capperi (fino a pochi decenni fa principale export di Ginostra, ora in estinzione per via della mancanza di manodopera), e rimpiange i tempi recenti in cui la banchina e l’elettricità e tutte le conseguenti comodità non esistevano (fino al 2004 Ginostra era l’unico abitato in Italia non servito dalla corrente elettrica). 
Il secondo anziano, Natale, è invece l’antitesi: grazie alle sue battaglie Ginostra è passata da una sorta di età del bronzo ad usufruire di quel poco che la rende vagamente simile ad un abitato contemporaneo, una persona che per tutta la vita ha lottato per non far diventare Ginostra un ghetto per ricchi che sognavano il paradiso perduto. 
Da questi due incontri, il protagonista non riesce più ad evitare di pensare a quale delle due strade da percorrere sia quella giusta. Il peso della storia contadina del posto, a confronto con il turismo elitario che si sta sviluppando, è grosso. È talmente preso dai suoi dubbi che non si accorge che il vulcano, eterno saggio della zona, gli stia suggerendo una risposta. Resta così col dubbio: anche lui è attratto dal paradiso perduto, da una vita semplice in cui bisogna costantemente confrontarsi con gli elementi, ma è pure fin troppo facile immedesimarsi in Natale, che lui li ci deve vivere d’estate e d’inverno. 
A ridosso della fine della vacanza, i due ragazzi per la prima volta fanno una breve gita dall’altro lato dell’isola. Stromboli li accoglie con taxisti, ristoranti, hotel, un ragazzo che vuole vender loro del fumo, pizza e birra, trolley: insomma, una normale destinazione turistica, che dopo tre settimane di isolamento fa un certo effetto straniante. Tornando, incontrano Kenzo che spiega loro di come stanno i capperi. Già Ginostra era diventata per loro una rassicurante casa. 
Ultima sera, bottiglia di vino in zaino, i due ragazzi tornano alla Sciara del fuoco per ammirare le esplosioni del vulcano: solo di notte si può vedere il fuoco che esce dalla bocca, con una frequenza di più o meno 15 minuti. Lo spettacolo è emozionante. Un cielo fitto di stelle non può che chiamare ulteriori riflessioni sul confronto Kenzo/Natale, conflitto di idee che potrebbe essere applicabile a praticamente qualsiasi argomento. 
Le stelle suggeriscono che forse per quanto stiamo qua su questo piccolo pianeta ad affannarci con le nostre battaglie e le nostre convinzioni “alla fine della fiera non contiamo un cazzo, non contiamo”. Forse Natale dovrebbe riflettere che il vero progresso potrebbe voler dire resistere al mito del progresso che sta distruggendo il nostro spirito e il pianeta, ma anche lì, è facile fare una riflessione del genere dal caldo della nostra casa elettro-riscaldata. 
Sono solo riflessioni che si perdono nel buio, rimane soltanto da contemplare la bellezza del fuoco di notte che esce dalla terra, sicuri del fatto che “tutto continuerà a continuare nonostante noi”. 
Arriva il momento dei saluti. Kenzo li riempie di limoni maturi nonostante le proteste del ragazzo già carico col bagaglio, il traghetto non può attraccare per via delle onde (Ginostra è orientata ad ovest, al tramonto, il che la rende perfetta per gli aperitivi ma non per gli scali) e quindi bisogna andare a Stromboli, dove possono finalmente gustarsi una pizza. 
La ragazza già dorme, il ragazzo prende i suoi ultimi appunti (che poi diventeranno fumetto) e si addormenta anche lui. 
All’alba è sul ponte, e il sole nascente gli ricorda serenamente che tutto ciò che sembra avere una fine, sta andando soltanto verso un nuovo inizio. 
Quando la storia sembra essere finita, il fantasma di un bambino morto ad inizio novecento bussa alla porta. Lascia tre capperi sull’uscio di casa e scompare. Il protagonista prende in mano il cappero. In due tavole conclusive, il cappero darà la soluzione finale a tutti i dubbi.

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